CANTO SOCIALE E POPOLARE




TESTI DEL SECONDO INCONTRO


Bella ciao di risaia
Proiezione di un breve video contenente una intervista a Cesare Bermani tratta dal DVD Venti 5 d'Aprile del gruppo Baraban, con in coda uno spezzone dal DVD "Jalla". Musica oltre il muro, in cui si vede cantare Bella Ciao, il 29 agosto 2012, in una piazza di Hebron (Palestina).
Bermani parla della Bella Ciao partigiana, poco conosciuta durante la Resistenza e cantata solo negli ultimi giorni prima dell'insurrezione del 25 aprile. Racconta di come sia diventata popolare anche grazie ad alcuni cantanti, come Yves Montand, che l'hanno messa in repertorio e allo spettacolo, presentato al Festival dei Due Mondi di Spoleto nel 1964, intitolato proprio "Bella Ciao". In tempi più recenti il canto è stato ripreso dal movimento no global.
Bella Ciao di risaia è una canzone che si è diffusa dopo la Resistenza, scritta dal mondino Vasco Scansani, militante comunista, nel 1951-52 per un concorso canoro di mondine.
La musica è un motivo conosciuto in tutt'Europa fin dagli anni Venti del Novecento;
Bella Ciao di risaia è quindi successiva a quella partigiana e non viceversa.
Maggiori notizie si trovano in Cesare Bermani, La "vera" storia di "Bella Ciao", "Il de Martino", Bollettino dell'Istituto Ernesto de Martino, n. 8, 1998


Inno del sangue
[da Cesare Bermani, "Vieni o maggio". Canto sociale, racconti di magia e ricordi di lotta della prima metà del XX secolo nella bassa novarese, Interlinea, Novara, 2009, pp. 43-44]
Registrato a Lumellogno (Novara) al Circolo operaio nel settembre 1963, cantato da Luigi Grassi, che ha ricordato di averlo appreso nel "biennio rosso" (1919-20).
Il canto, con il titolo di Inno del sangue, è stato pubblicato in un canzoniere bilingue italiano e spagnolo edito a Buenos Aires dalla rivista anarchica "La Questione sociale" nel primo decennio del secolo, con questo testo:

Alle grida strazianti, dolenti,
Di una folla che pan domandava,
il feroce monarchico Bava
Gli affamati col piombo sfamò

Furon mille i caduti innocenti
Sotto il fuoco degli armati caini
Al furor dei soldati assassini,
"Morte ai vili!" la plebe gridò

[ritornello]
Coraggio compagni, la plebe rejetta
Ci chiama, ci attende, si faccia vendetta
La scure nel pugno, la fede nel cor,
Lanciamoci uniti sui vili oppressor!

Su piangete mestissime madri
quando scura discende la sera.
Per i figli gettati in galera,
Per gli uccisi dal piombo fatal.

La panciuta caterva dei ladri
Dopo avervi ogni bene usurpato,
La loro sete di sangue han saziato
In quel giorno nefasto e feral!

Coraggio compagni, ecc.

Tu che un dì, nella grande sventura,
Fosti intenta a innalzar barricate,
Tu, che in Cinque gloriose giornate
Disperdesti l'odiato invasor.

Tu, o Milano, che appié di tue mura
Trucidati i tuoi figli hai veduto,
Su, risorgi!... il momento è venuto;
Guerra, guerra, agl'infami oppressor!

Coraggio compagni, ecc.

Deh, non rider, sabauda marmaglia
Se il fucile ha domato i ribelli!
Se "i fratelli hanno ucciso i fratelli"
Sul tuo capo quel sangue cadrà!

Ridi pur... ma la santa canaglia,
Questa plebe sfruttata schernita
Se si desta... qual belva ferita,
Sui potenti avventarsi saprà!

Coraggio compagni, ecc.


Un'altra versione del canto è stata pubblicata da Pier Carlo Masini in Poeti della Rivolta. Da Carducci a Lucini, Rizzoli, Milano, 1977, pp. 399-401. Tratta da una copia manoscritta sequestrata all'anarchico Luigi Fabbri quando si trovava al domicilio coatto a Favignana - quindi risalente al periodo tra il 10 maggio 1898, giorno del suo arresto, e il 17 ottobre 1900, giorno della sua liberazione - e conservata all'Archivio Centrale di stato (Casellario politico, fascicolo Fabbri Luigi, di Curzio). Questo testo, rispetto a quello qui riportato, presenta un'unica variante di rilievo, riguardante gli ultimi due versi del ritornello: "Noi sempre sfidammo miserie ed affanni, / S'innalzi or la fronte: si scac­ci i tiranni". Questo ritrovamento di Masini ha permesso di confermare il titolo del canto, di datarlo al periodo immediatamente posteriore alle giornate del maggio 1898 e di sapere con certezza che il ritornello veniva eseguito ogni due strofe. Purtroppo il ritornello è mancante nelle poche versioni raccolte sul campo (tutte nel Novarese) e quindi non ne conosciamo la melodia, mentre quella delle strofe reperite è sempre da cantastorie (anche se non eguale).
Il canto si è probabilmente diffuso nella provincia di Novara subito dopo i fatti del maggio 1898, ma si è forse mantenuto nell'uso grazie a quei militanti socialisti e anarchici che emigravano e poi tornavano in patria dall'Argentina. I "mille caduti innocenti" stanno a indicare il gran numero di uccisi in quei giorni. Esistono discrepanze sul loro numero esatto: Paolo Valera ne elenca 127, mentre i giornali dell'epoca arrivano anche a parlare di 500. L'accenno alle Cinque giornate di Milano si spiega con il fatto che nel 1898 ne ricorreva il cinquantenario. E fu proprio l'anarchico Pietro Gori, in occasione dell'inaugurazione del monumento alle Cinque giornate, a tenere un acclamato discorso, che fu poi assunto come uno dei capi d'imputazione durante il processo in contumacia intentatogli davanti alla Corte marziale per i fatti del '98.


La ballata del Pinelli
[da Cesare Bermani, "Guerra guerra ai palazzi e alle chiese..." Saggi sul canto sociale, Odradek, Roma, 2003]
Questo è il testo scritto da quattro anarchici mantovani, Giancorrado Barozzi, Dado Mora, Flavio Lazzarini e Ugo Zavanella, il 21 dicembre 1969 e cantato nel Circolo Anarchico "Gaetano Bresci" di Modena con il titolo Il feroce questore Guida sull'aria dell'Inno del Sangue.

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
"Brigadiere, apra un po' la finestra"
ad un tratto Pinelli cascò.

"Signor questore, io gliel'ho già detto,
lo ripeto che sono innocente:
anarchia non vuoI dire bombe,
ma giustizia, amor, libertà".

"Poche storie, confessa Pinelli,
il tuo amico Valpreda ha parlato:
è l'autore del vile attentato
e il suo socio, sappiamo, sei tu".

"Impossibile - grida Pinelli -
un compagno non può averlo fatto
e l'autore di questo misfatto
tra i padroni bisogna cercar".

"Stiamo attenti, indiziato Pinelli,
questa stanza è già piena di fumo;
se tu insisti apriam la finestra
quattro piani son duri da far".

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
"Brigadiere, apra un po' la finestra"
ad un tratto Pinelli cascò.

L'hanno ucciso perché era un compagno
non importa se era innocente;
"era anarchico e questo ci basta".
disse Guida, il feroce questor.

C'è una bara e tremila compagni
stringevamo le nere bandiere
in quel giorno l'abbiamo giurato
"non finisce di certo così".

Calabresi e tu Guida assassini
che un compagno ci avete ammazzato
l'anarchia non avete fermato
ed il popolo alfin vincerà.

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
"Brigadiere, apra un po' la finestra"
ad un tratto Pinelli cascò.

L'11 marzo 1970 il giornale "Lotta Continua" pubblica un testo con il titolo La Ballata del Pinelli con rilevanti differenze rispetto all'originale. Sarà questa la versione che avrà maggiore diffusione nel movimento.

Quella sera a Milano era caldo
Calabresi nervoso fumava
"Tu Lo Grano apri un po' la finestra"
ad un tratto Pinelli cascò.

"Signor questore, io gliel'ho già detto,
lo ripeto che sono innocente:
anarchia non vuoI dire bombe,
ma giustizia, amor, libertà".

"Poche storie, confessa Pinelli,
C'è Valpreda che ha già parlato:
lui l'autore di questo attentato attentato
ed il complice è certo sei tu".

"Impossibile - grida Pinelli -
un compagno non può averlo fatto
e l'autore di questo misfatto
tra i padroni bisogna cercar".

"Stai attento, indiziato Pinelli,
questa stanza è già piena di fumo;
se tu insisti apriam la finestra
quattro piani son duri da far".

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
"Brigadiere, apra un po' la finestra"
ad un tratto Pinelli cascò.

L'hanno ucciso perché era un compagno
non importa se era innocente;
"era anarchico e questo ci basta".
disse Guida, il feroce questor.

C'è una bara e tremila compagni
stringevamo le nostre bandiere
noi quel giorno l'abbiamo giurato
"non finisce di certo così".

Calabresi e tu Guida assassini
se un compagno ci avete ammazzato
questa lotta non avete fermato
la vendetta più dura sarà .

Quella sera a Milano era caldo
ma che caldo, che caldo faceva.
"Brigadiere, apra un po' la finestra"
ad un tratto Pinelli cascò.


Dalle belle città (Siamo i ribelli della Montagna)
Il canzoniere partigiano si compone essenzialmente di rielaborazioni, adattamenti, parodie di motivi precedenti, appartenenti alla tradizione militare o popolare, al repertorio degli inni del movimento operaio nazionale e internazionale, nonché a quello delle canzonette di consumo. Pochi sono i canti originali, nel testo e nella melodia. Dalle belle città (Siamo i ribelli della montagna) viene creato nel marzo 1944 sull'Appennino ligure-piemontese, nella zona del Monte Tobbio, dai partigiani del 5° distaccamento della III Brigata Garibaldi "Liguria" dislocati alla cascina Grilla. Il testo è del comandante Emilio Casalini "Cini", la musica di Angelo Rossi "Lanfranco".
Sulle circostanze e le modalità della genesi di questo originale canto della Resistenza, disponiamo della testimonianza diretta di Carlo De Menech, allora diciottenne commissario politico del distaccamento: "Ad un certo punto avvertiamo la necessità di creare qualcosa che riguardi noi e tutti i giovani della nostra generazione, esaltandone la Resistenza in aderenza alla realtà della lotta che conduciamo. Sarà la nostra storia e traccerà le dure vicende della vita partigiana e gli ideali che la sostengono. Su questi presupposti Cini prende l'iniziativa e un bel giorno comincia a scrivere delle parole su un foglio di carta biancastra da impaccare; in mancanza di tavolo, utilizza una grossa pietra posta all'ingresso della ‘caserma', che serviva ai contadini per battervi le castagne, e noi facciamo circolo attorno a lui proponendo e suggerendo vocaboli e argomenti. Dopo alcuni giorni la bozza è stesa [...]. In distaccamento c'è uno studente di musica, ventenne, Lanfranco, al quale viene consegnato il testo delle parole che si porta appresso durante il servizio di sentinella sul monte Pracaban; al ritorno, le note sono vergate su un pezzo di carta da pacchi [...]. Siamo i ribelli della montagna, con la sua originalità del testo e della musica, diventa così la nostra canzone, la canzone del 5º distaccamento, in cui si potrà riconoscere la storia di tanti altri giovani che, come noi, hanno scelto la montagna e la libertà" (Carlo De Menech, Siamo i ribelli della montagna, dattiloscritto inedito, 1975, depositato presso l'Istituto per la Storia della Resistenza e della Società contemporanea in provincia di Alessandria).
L'autore delle parole, il sopracitato Emilio Casalini, comandante del distaccamento in cui nacque la canzone, rimase ucciso nel corso del rastrellamento del 5-8 aprile 1944 , durante il quale furono trucidati dai tedeschi e dai fascisti oltre cento tra civili e partigiani, fucilati alla Benedicta o al passo del Turchino. Il canto divenne l'inno della divisione "Mingo".


La bella Gigogin
Gigogin, diminutivo di Teresa (in piemontese). Canzone risorgimentale, suonata per la prima volta il 31 dicembre 1858 al teatro Carcano di Milano dalla Banda Civica, eseguita poi l'indomani mattina davanti al palazzo Reale.
La canzone contiene chiari riferimenti patriottici: "daghela avanti un passo" (esortazione a Vittorio Emanuele II affinché dichiari guerra all'Austria) e "per non mangiar polenta" (giallo è il colore degli Austriaci) "bisogna maritarla" (unire la Lombardia al Regno di Sardegna).
La musica fu adottata anche nella battaglia di Magenta, 4 giugno 1859, sia dalle truppe francesi sia da quelle austriache e diede inizio alle operazioni militari di entrambi gli eserciti.


La mensa collettiva
[da Nanni Svampa, La mia morosa cara. Canti della tradizione milanese e lombarda, Mondadori, Milano, 1980, p. 190; nuova edizione: Lampi di Stampa, Milano, 2007]
Tipica canzone milanese di fine Ottocento; la vena ironica dei cantori d'osteria riesce a rendere divertente un argomento che altrimenti risulterebbe drammatico. Le "mense collettive", le sole risorse a disposizione di coloro che vivono soli e con pochi soldi in una grande città come Milano, possono essere prese a simbolo della faccia più nascosta e meno brillante di una metropoli come la nostra, dove tanta gente vive ogni giorno a tu per tu con la solitudine e con miseri bilanci da far quadrare.

La canzone è stata incisa nell'Osteria, un disco registrato alla Briosca, che è giustappunto un'osteria poco lontano dal Conchetta, sui Navigli, gestita da Luciano Sada, detto "El Pinza", e chiusa negli anni Settanta. Oggi esiste un altro locale con lo stesso nome, ma non ha nulla a che vedere con l'originale.

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Inno del Sangue

Alle grida strazianti e dolenti di una folla che pan domandava
il feroce monarchico Bava gli affamati col piombo sfamò.

Furon mille i caduti innocenti sotto il fuoco degli armati caini
e al furor dei soldati assassini "Morte ai vili!" la plebe gridò.

Deh non rider sabauda marmaglia se il fucile ha domato i ribelli,
se i fratelli hanno ucciso i fratelli sul tuo capo quel sangue cadrà.

La panciuta caterva dei ladri dopo avervi ogni bene usurpato
la lor sete han di sangue saziato in quel giorno nefasto e feral.

Su piangete mestissime madri quando scura discende la sera
per i figli gettati in galera per gli uccisi dal piombo fatal.
per i figli gettati in galera per gli uccisi dal piombo fatal.



La ballata del Pinelli

Quella sera a Milano era caldo, ma che caldo, che caldo faceva
"Brigadiere apra un po' la finestra" ad un tratto Pinelli cascò.

"Sciur questore io gliel'ho già detto, lo ripeto che sono innocente,
anarchia non vuol dire bombe, ma giustizia, amor, libertà"

"Poche storie, confessa Pinelli, il tuo amico Valpreda ha parlato,
è l'autore del vile attentato e il suo complice è certo sei tu."

"Impossibile! - grida Pinelli - un compagno non può averlo fatto
e l'autore di questo attentato tra i padroni bisogna cercar"

"Stiamo attenti indiziato Pinelli, questa stanza è già piena di fumo,
se tu insisti apriam la finestra, quattro piani son duri da far"

Quella sera a Milano era caldo, ma che caldo, che caldo faceva
"Brigadiere apra un po' la finestra" ad un tratto Pinelli cascò.

C'è una bara e tremila compagni, stringevamo le nostre bandiere
in quel giorno l'abbiamo giurato "Non finisce di certo così"



La bella Gigogin

Rataplan tamburo io sento
che mi chiama alla bandiera.
O che gioia, o che contento!
Io vado a guerreggiar

  Rataplan non ho paura
  delle bombe e dei cannoni;
  io vado alla ventura...
  sarà poi quel che sarà.

  Io son la Ninetta che fa la pignatara
  e tutte in terra rara pignatte in quantità.

La ven, la ven, la ven a la finestra
l'è tuta, l'è tuta, l'è tuta insipriada
la dis, la dis, la dis che l'è malada
per non, per non, per non mangiar polenta
Bisogna, bisogna, bisogna aver pazienza
lasciarla, lasciarla, lasciarla maridar.

  A 15 anni facevo all'amore
  a 16 anni avevo già marito
  a 17 mi sono spartita

daghela avanti un passo, delizia del mio cuor.
Noi anderemo alla festa di ballo
e balleremo dodici quadriglie
venga la madre con tutte le figlie
daghela avanti un passo delizia del mio cuor.
O la bella Gigogin col trollallarillarillallera
oi la bella Gigogin col trollallarillalillallà.



Dalle belle città date al nemico

Dalle belle città date al nemico
fuggimmo un dì su per l'aride montagne
cercando libertà fra rupe e rupe
contro la schiavitù del suol tradito

Lasciammo case, scuole ed officine
mutammo in caserme le vecchie cascine
armammo le mani di bomba e mitraglia
temprammo i muscoli e i cuori in battaglia.

  Siamo i ribelli della montagna
  viviam di stenti e di patimenti
  ma quella fede che ci accompagna
  sarà la legge dell'avvenir:
  ma quella fede che ci accompagna
  sarà la legge dell'avvenir.

Di giustizia è la nostra disciplina,
libertà è l'idea che ci avvicina,
rosso sangue il color della bandiera,
siam d'Italia l'armata forte e fiera.

Sulle strade dal nemico assediate
lasciammo talvolta le armi straziate,
provammo l'ardor per la grande riscossa,
sentimmo l'amor per la patria nostra.

  Siamo i ribelli della montagna...



Bella Ciao delle mondine

Alla mattina appena alzata
  O bella ciao, bella ciao, ciao ciao
Alla mattina appena alzata
in risaia mi tocca andar.

E tra gli insetti e le zanzare
  O bella ciao...
E fra gli insetti e le zanzare
duro lavoro ci tocca far.

Il capo in piedi col suo bastone
  O bella ciao...
Il capo in piedi col suo bastone
e noi curve a lavorar.

O mamma mia, o che tormento!
  O bella ciao...
O mamma mia, o che tormento
e così ogni doman.

E verrà un giorno che tutte quante
  O bella ciao...
E verrà un giorno che tutte quante
Lavoreremo in libertà.



Alla mensa collettiva

A la mensa collettiva a gh'è il mangià che straca,
se va denter cont la forza, se ven fora cont la fiaca.
  La minestra semper bona perché la dis mai nient (2 volte)
  t'en danno una tazzina ma ghe manca il cundiment.

Ste voret per vint lira, te dann anca el bologna,
la grassa che l'era denter l'è scappada dalla vergogna
  Quatter rav in insalada, fettin ben ben tajà (2 volte)
  El merluzz che te refilen el campana 'me un danà

A la mensa collettiva gh'è i sbarbà de la via Arena,
gh'è anca il sciur Giacobbe con la sciura Maddalena.
  Lisander che starnuda, Enrico el peruchè; (2 volte)
  la mensa collettiva la fa su di grand danè



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Presentazione

Ai canzonieri del lunedì

Prime 4 canzoni (14.1.2013)
  Addio a Lugano
  Bel uselin del bosc
  Fischia il vento
  O cara moglie

Cronache del secondo incontro

Secondo gruppo di canzoni (21.1.2013)
  Inno del Sangue
  La ballata del Pinelli
  La bella Gigogin
  Dalle belle città date al nemico
  Bella Ciao delle mondine
  Alla mensa collettiva

Pillole di personaggi del canto popolare e sociale
  Pietro Gori
  Gianni Bosio
  Giovanna Daffini
  Felice Cascione
  Ivan Della Mea
  Roberto Leydi
  il cantastorie
  Duccio Galimberti
  Belgrado Pedrini

Terzo gruppo di canzoni (28.1.2013)
  Il canto dei deportati
  Fuoco e mitragliatrici
  Rosso levante e ponente
  l Nuovi Stornelli socialisti
  A l’era saber sera

Il sangue nel canto (Film) - Canto di tradizione orale a Serle (BS)

Quarto gruppo di canzoni (4.2.2013)
  O Gorizia
  Il partigiano (il bersagliere ha 100 penne)
  Stornelli d'esilio
  El me gatt

Lettera e quinto gruppo di canzoni (18.2.2013)
  Il canto dei Lavoratori
  Io parto per l'America
  Sciopero interno
  Figli dell'officina
  Noi vogliamo l'eguaglianza

Lettera e sesto gruppo di canzoni (25.2.2013)
  E per le strade
  Voce di una madre
  La povera Rosetta
  Collage di canti di risaia

La povera Rosetta in versione Cox18

Settimo gruppo di canzoni (4.3.2013)
  La brigata Garibaldi
  Marciam Marciam
  Dai monti di Sarzana
  Festa d'Aprile
  Se non ci ammazza i crucchi
  Valsesia
  Banditi della Acqui
  O Germania

Ottavo gruppo di canzoni (11.3.2013)
  Galeone
  Morti di Reggio Emilia

Bibliografia



Archivio Primo Moroni