Campagna Pagine contro la tortura


Da più di un anno chi è sottoposto al regime previsto dall'art. 41bis dell'ordinamento penitenziario non può più ricevere libri, né qualsiasi altra forma di stampa, attraverso la corrispondenza e i colloqui sia con parenti che con i propri avvocati: libri e stampa in genere possono essere acquistati soltanto tramite autorizzazione dell'amministrazione. Questa ulteriore forma di censura va ad aggiungersi alla restrizione del numero di libri che è consentito tenere in cella: solo tre. Questo divieto è stato disposto da una circolare del Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria (DAP) del novembre 2011 che, in un primo momento, fu bloccato dai reclami di alcuni reclusi, accolti nelle ordinanze di diversi giudici di sorveglianza, in particolare di Reggio Emilia e di Spoleto. In seguito i ricorsi opposti da almeno tre pubblici ministeri contro queste ordinanze furono confermati con una sentenza della Cassazione, il 16 ottobre 2014 e ratificati da una sentenza della Corte Costituzionale l'8 febbraio 2017, che ha reso definitiva questa restrizione. Dall'agosto del 2015 ha preso avvio la campagna Pagine contro la tortura con lo scopo di contrastare questa ennesima privazione che, come spesso accade con i dispositivi di natura emergenziale – ad esempio l'isolamento prolungato nel tempo, la censura, il processo in videoconferenza – nasce per le sezioni a 41bis per poi generalizzarsi, con nomi e forme diverse, all'intera popolazione carceraria. Una tendenza questa che già ha trovato le sue prime conferme nel respingimento di un libro inviato ad un detenuto "comune" nel carcere di Roma-Rebibbia con la motivazione che il testo non era presente nei circuiti commerciali. Da allora molte sono le iniziative che come librerie e case editrici aderenti alla campagna abbiamo intrapreso per sensibilizzare l'opinione pubblica circa la natura essenzialmente vessatoria di un tale divieto, lesivo dell'accesso all'informazione e allo studio, tanto più se applicato a reclusi in condizioni di isolamento totale e sostanzialmente di deprivazione sensoriale. Un giudizio che trova riscontro tanto nelle argomentazioni di accoglimento dei reclami da parte di alcuni Magistrati di Sorveglianza (MdS) che in quelle contenute nell'"Indagine conoscitiva sul 41bis" redatta nell'aprile 2016 dalla Commissione per i diritti umani del Senato. Non certo da ultimo, fra i riscontri emersi, segnaliamo un reclamo dell'ottobre scorso inviato al MdS di Sassari, in cui un recluso in 41bis nel carcere di Bancali elenca le diverse richieste di acquisto di pubblicazioni tutte rifiutate dalla direzione del carcere, nonostante le pronunce dell'Ufficio di Sorveglianza e del Tribunale di Sorveglianza di Sassari. Tra le iniziative intraprese vi è stato, nel mese di settembre 2015, l'invio di diversi testi alle direzioni di tutte le carceri contenenti sezioni a 41bis e, per conoscenza, ai rispettivi Garanti dei detenuti e MdS. Successivamente, nel giugno del 2016, è stato approntato da una rete di case editrici e librerie un piccolo catalogo di libri ed inviato a diverse decine di reclusi in 41bis, ai Garanti dei detenuti e MdS.

l'appello
il catalogo
Campagna "Pagine contro la tortura"


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