Milano tra locali, centri di aggregazione e malavita
Rino Del Prete
(da MILANO NERA sfuma in GRIGIO/ROSA rassegna e concorso creativo - CSOACox18, Milano, Febbraio 2017)

Dagli anni 70 indietro…

dalla fine della guerra in avanti



Sono nato nel '45 e sono cresciuto a Milano, in zona centro. Da ragazzini eravamo il terrore del postribolo di via Chiaravalle. Andavamo al Porto Franco, dove c'era la compagnia di Primo e i suoi amici più grandi. Siccome la maîtresse non ci faceva entrare, andavamo a prendere i topi e glieli buttavamo dentro apposta, non c'erano i buttafuori allora. Succedeva un casino della madonna e poi la mattina veniva lei… sapeva chi eravamo. Ci aveva buttato fuori e noi per ripicca… Non avevamo neanche l'età, perch&escute; i casini li hanno chiusi nel 1958. Comunque, siccome eravamo nella compagnia dei grandi, qualcheduno riusciva a intrufolarsi dentro. C'era la discesa dalla scala per scegliere le donne e poi si andava in camera, ma noi fatto il giro foera tut, vi siete fatti gli occhi? Ora andate!

Il centro di Milano a quel tempo era una zona ancora popolare; c'era il Bottonuto, un quartiere di ladri che fu sventrato per fare spazio alla Torre Velasca. Il ladro non rubava mai nel suo quartiere, operava altrove perch&escute; se gli succedeva qualcosa veniva coperto in quartiere solo se lì non rubava. C'era omertà, io ti copro, però se mi succede qualcosa tu recuperi quello che mi hanno rubato. Era il quieto vivere. Per lo stesso motivo le donne del quartiere, che erano poi le sorelle del tuo amico, non le toccavi. Anche se magari facevano le zoccole da un'altra parte, tu comunque non potevi andarci assieme. A quei tempi l'etica era uguale dappertutto, in periferia come in centro. I comportamenti erano uguali dappertutto e ti lasciavi andare soltanto quando uscivi dal quartiere.


Comincio dai locali.
Il Bar Jamaica, in via Brera, era frequentato da artisti, intellettuali e, negli anni ‘65-‘66, dai primi beat o capelloni, come si chiamavano allora. Uno dei personaggi del Jamaica, era mamma Lina, la proprietaria. Io ci andavo perch&escute; ero amico di artisti e fotografi, due generazioni di frequentatori dell'Accademia. Questo bar nasce negli anni 30 e da lì in poi non ha mai cambiato arredamento. Ci sono passati artisti come Lucio Fontana, Piero Manzoni, Gianni Dova, Emilio Scanavino; fotografi come Ugo Mulas, Mario Dondero; scrittori come Luciano Bianciardi; nomi che più avanti saranno riconosciuti dal mercato.
Il figlio della Lina apre al primo piano Il Ponte, un locale dove si esibiscono alcuni tra i migliori jazzisti italiani di allorai: Gianni Basso, Oscar Valdambrini, Franco Cerri, Renato Sellani.
Attaccato al Jamaica c'era la trattoria delle sorelle Pirovini, che hanno sfamato gli artisti, ma non solo… Gli artisti con la scusa di fare uno scarabocchio sul tovagliolo, mettendoci la firma, mangiavano gratis. Un po' come alla Toscana, la trattoria di corso di Porta Ticinese, solo che lì per mangiare dovevi dargli un quadro al mese; ci andavano Paolo Baratella, Nino Crociani, Fernando De Filippi, Giangiacomo Spadari, la nuova generazione di pittori neorealisti.
Un altro posto divertente era Il Ragno in via Madonnina. Era frequentato dai beat e anche lì ti arrangiavi, quando avevi i soldi pagavi e quando non li avevi non pagavi: avevano un conto aperto, che magari qualcuno non ha mai saldato.
Uscendo dal giro di Brera c'erano altri punti di aggregazione notturna o anche pomeridiana. I Ronchi, in via san Maurilio, un'enoteca con intrattenimento dove potevi assaggiare i vini o bere quello da corsa e intanto ascoltare musica; un altro posto, sempre in San Maurilio, era Il Refettorio, aperto e gestito da Roberto Brivio (un ex dei Gufi); c'era anche il Si o si, gestito da Primo Moroni dal 1966 fino al ‘70.
Un altro locale in cui potevi passare la serata senza spendere cifre esorbitanti era il Tri Basei, in via Valpetrosa, che adesso è diventato un ristorante degli Hare Krishna. In zona Magenta c'era Pino alla parete, un locale cosiddetto alternativo dove suonava Paolo Baratella, diventato un famoso pittore negli anni 70. Suonava la chitarra e cantava per sostenersi, visto che, appena arrivato da Ferrara, dormiva alla Stazione Centrale.
Uscendo dalla zona di via Torino, andavi verso piazza Beccaria alla famosa Crota Piemontese, se poi avevi voglia di continuare la serata ti spostavi al Teatro Gerolamo, gestito da Umberto Simonetta, e lì ascoltavi da Maria Monti a Paolo Poli o gli stessi Gufi o dei concerti jazz: memorabile la serata con Billie Holiday.
In corso Vittorio Emanuele, nello scantinato delle Tre Gazzelle, trovavi l'Intra club, che faceva principalmente serate jazz. Vi si svolgevano matin&escute;e o pre-serate gestite da giovani. Il sabato e la domenica diventava il Tricheco Club, un locale importante per la storia e il cambiamento della città. Il Tricheco nasce in via Vittorio Emanuele e inizialmente nel periodo estivo si trasferisce al Moncucco, una vecchia trattoria con balera estiva. Poi l'Intra viene chiuso, le Messaggerie Musicali rilevano i locali, allora il Tricheco migrerà in viale Monza al Teatro Officina, dove oggi c'è lo Zelig. Il Moncucco diverrà poi La Strega, locale divenuto famoso per la "strage della Strega" appunto, nel 1979, nel grande disastro del movimento che finisce nell'eroina: un scontro per il controllo delle piazze di Milano. L'unico sopravvissuto fu il cuoco, che quel giorno era a casa ammalato e che per questa circostanza verrà anche inquisito.
Un altro punto di riferimento era il Santa Tecla, dove ha suonato una intera generazione del beat italiano. Da lì sono passati tutti. Il Parco delle Rose faceva da succursale estiva del Santa Tecla, ora è una balera per anziani, ma allora ci suonavano I Camaleonti, Fausto Leali, I Giganti… tutta gente che poi ha fatto parte del primo Cantagiro, nel '65.
Negli anni 70 Giorgio Vanni, un batterista che faceva il turnista, ossia suonava come base musicale per gli altri artisti, aprì il Capolinea che prima era una balera, il Belluria. Si trovava attaccato al Ca' Bianca, un'alternativa più economica al Derby Club di via Monte Rosa, famoso per la quantità di artisti che vi avevano sfondato. Un elemento rappresentativo del Derby sarà Franco Nebbia, che aprirà poi un suo club vicino alla questura di piazza Pio XI. Ci lavorerà, tra gli altri, Lino Robi, amico di Primo Moroni, che era già abbastanza affermato come spalla nelle varie riviste che si tenevano al Lirico, da Macario a Dapporto. Lino era sempre stato una spalla e qui invece aveva uno spazio tutto suo. Poi diventerà un esponente abbastanza famoso della canzone e dell'operetta. Lui e Massimini faranno tutti i percorsi dell'operetta a Trieste, dove ogni anno c'era un festival di questo genere.


Poi ci sono le balere.
Quello delle balere è un altro percorso. Ogni quartiere aveva la sua balera e il Duomo faceva da centro di aggregazione per la periferia. Nel quadrilatero di piazza Duomo trovavi il Carminati, che era un night; un dopolavoro dell'ATM, all'ultimo piano in Galleria. Tutti i partiti avevano i loro punti di aggregazione. Anche il Ragno d'oro, in Porta Romana era un dopolavoro dell'ATM. In Porta Volta un circolo del PSI; in via Cadore un altro punto di riferimento sempre socialista, ma aperto al pubblico. Le stesse sale da ballo con le indicazioni al liscio facevano i matin&escute;e aperti agli studenti: faceva comodo e acquistavano prestigio. In Porta Vittoria c'era la Meridiana, in via Benvenuto Cellini e in via Amatore Sciesa la Fiorentina.
Negli anni successivi, stiamo parlando degli anni '60, i locali che hanno occupato gli spazi lasciati vuoti dalle vecchie balere erano più o meno gestiti dalla mala. Tipo i night in piazza Diaz, come la Porta d'oro e l'Aretusa, dove si esibiva Celentano facendo l'imitazione di Jerry Lewis, insieme con Jack La Cayenne. Oppure il Club 25, dove c'era Julie Driscoll. Alla presentazione di questo locale, che era in un pezzo della vecchia sala per il ballo liscio del bar Commercio in piazza Duomo, c'era Mike Bongiorno, allora in auge col programma "Lascia o raddoppia?". Il Club 59 era di proprietà della EMI, la casa discografica la Voce del Padrone, che aveva sede in Galleria Vittorio Emanuele. Era la casa discografica che, per lanciare i suoi cantanti li mandava lì. Inoltre, sempre nello spazio del Commercio, c'era il Charlie Max, un locale per super ricchi. Però per esempio il Bar del Dom, anch'esso in via Dogana alla fermata del tram, aveva sotto una sala da ballo, non grandissima ma molto frequentata da giovani e a prezzi popolari. A quel tempo il prezzo dell'entrata in sala da ballo era di mille lire, però si pagava la consumazione. Al Santa Tecla non c'era il biglietto, scendevi e se eri minimamente sveglio, appena uno si alzava, prendevi il suo bicchiere e te lo mettevi davanti, così quando arrivava il cameriere gli dicevi: "Ho appena bevuto", e stavi dalle dieci di sera alle sei della mattina senza pagare una lira. Questo anche al night. Io abitavo in via Pantano e i night li avevo tutti lì intorno. Al Marocco, che era in Paolo da Cannobio, di fronte al Comune, scendevi e rimanevi al bar senza sederti, o se ti sedevi facevi la stessa operazione col bicchiere. Purch&escute; non arrivasse l'entreneuse a sedersi, senno erano guai. Quando si andava in giro, si raccoglievano le cento lire con la calamita tra le grate per pagare. Quando si andava al cinema, si faceva una colletta, si comperava un biglietto e chi entrava apriva le porte per far entrare la marea. Quelli erano appunto i soldi raccolti durante la settimana o era quello che, se eri fortunato, ti davano i genitori per andare in giro. Di soldi non ce n'erano davvero molti.
Altri locali del periodo beat sono stati la Triennale, diventato poi il Piper, aperto a Milano sull'onda di quello di Roma, da Leo Wätcher, un impresario che aveva fatto venire i Beatles in Italia. Ci sono passati artisti importanti come Jimi Hendrix, che però ormai era distrutto e non suonò neanche un brano. Lo portarono via in barella...
Altra cosa divertente nella metà degli anni 60 fu l'Onda Verde, che è nata nella sede del Partito Radicale in Porta Vigentina. Loro erano i primi provos italiani, quelli della contestazione contro la leva obbligatoria, i primi obiettori di coscienza. Da Onda Verde nascerà "Mondo Beat". Gerbino, dopo aver fatto fuori Lo Russo, diventerà il leader di Mondo Beat, dentro cui c'era Umberto Tiboni. Era un piccolo distributore editoriale e sarà lui ad accollarsi l'onere di affittare lo spazio di via Ripamonti per il campeggio beat, che non durò neanche un mese perch&escute; ogni giorno il "Corriere" sparava a zero chiamandolo Barbonia city. C'erano i guardoni, c'era un po' di tutto, c'erano le madri che andavano a cercare i figli, c'erano i figli che non volevano tornare indietro. A causa di una discussione con uno di questi che non voleva tornare a casa arrivò la polizia con l'AMSA e fecero pulizia: fu la fine del campeggio. Prima del campeggio i beat avevano vari punti di aggregazione, in piazza Cordusio, in piazza Duomo sotto quello che loro chiamavano "il pirla a cavallo" e infine i sottotetti di via san Maurilio. Lì Claudio Rocchi ospitava tutta questa gente.


Intanto, in piazza Duomo, la sera, c'erano i capannelli politici formati da un esponente per ogni partito…


Le Trattorie (1)
Le trattorie vengono scoperte dopo. In via Magolfa c'era un tabaccaio con un gioco delle bocce sul retro, un posto per tirare tardi, dove mangiavi le salamelle, bevevi… Era molto frequentato da un pubblico più anziano; poi c'era l'Isola Fiorita, che era un altro posto con un club di bocciofili, ma anche la stessa Briosca era una bocciofila prima di diventare frequentatissima dal movimento, soprattutto da quelli del Movimento studentesco. La Briosca è nota per gli spettacolini che la Vanda fa con il proprietario, il Pinza. La Vanda un personaggio ambiguo, allora si chiamava cù, che faceva degli spettacoli di canzoni della mala milanese. Se guardi sono le canzoni che oggi porta in giro il Pel&escute;, niente di nuovo. A ben vedere erano molto più raffinati gli spettacoli fatti da Strehler e da Paolo Grassi che avevano messo in scena al Piccolo "La ragazza della mala" con la Vanoni, o anche "Milanin Milanun" con Jannacci, la Milly e Tino Carraro. Quello era un momento alto, con un certo tipo di lettura della canzone milanese legata al periodo del dopoguerra, con tutto il suo corredo di metafore e doppi sensi.



La Mala
1943: la caduta del fascismo e i bombardamenti a Milano. La gente che si arrangiava a sopravvivere e chi invece si appropriava delle cose, tra cui i gerarchi che avevano incamerato tutto. E chi andava a spazzolargli i magazzini. Da qui nascono sia i primi ladri di polli, come si usava dire allora, sia le bande organizzate: la banda Dovunque di cui faceva parte Ugo Ciappina e la banda dell'Aprilia Nera, messa su da Ezio Barbieri, un noto personaggio dell'Isola, con Sandro Bezzi. Il Barbieri era una vera e propria primula rossa: era riuscito a scappare quattro volte. Una volta dalla camera di sicurezza della questura di Milano uscendo nudo e dicendo ai due poliziotti che l'avevano intercettato di essere in fuga perch&escute; il marito era rientrato… Il Barbieri diventa famoso durante la rivolta di San Vittore nell'aprile 1946, i quattro giorni raccontati da Alberto Bevilacqua nel romanzo "La Pasqua Rossa". Dentro avevano le armi, c'erano fascisti, partigiani, detenuti comuni, c'era di tutto, c'era perfino Caradonna, che sarebbe diventato noto negli anni successivi come picchiatore fascista guidando insieme con Giorgio Almirante l'assalto missino alla facoltà di Lettere di Roma il 16 marzo 1968. Perciò figuriamoci che ambientino era allora San Vittore, era incontrollabile! Il prefetto di Milano era Ettore Troilo. Per sedare la rivolta hanno dovuto chiamare l'esercito. Data la nomea di primula rossa, il Barbieri era in isolamento e fu tirato fuori all'inizio della rivolta, diventandone poi l'interlocutore con l'esterno. Il risultato della rivolta fu di cinque morti, un agente e quattro detenuti. Invece il Bezzi, che era il socio del Barbieri, era morto prima per una soffiata, cercando di fuggire in bicicletta da Greco. Un cecchino l'ha seccato. Lui aveva rubato la bicicletta a un ragazzo…


Ci sarebbe da parlare anche di Luciano Lutring, il solista del mitra. Fatto sta che passa il tempo e ti trovi la rapina in via Montenapoleone, con Bergamelli e i marsigliesi, poi più avanti i torinesi con la banda Cavallero, chiamata anche la banda del lunedì. Una banda del lunedì aveva operato già nel ‘45, è la stampa a recuperare questo nome per la banda Cavallero perch&escute; le rapine le facevano il lunedì. Loro partivano da Torino e ritornavano usando tecniche diverse dalle solite: facevano la rapina e abbandonavano la macchina e ognuno prendeva un treno diverso per il ritorno. è andata male quella in largo Zandonai: è finita con una sparatoria, ci sono stati dei morti. Ch&escute; poi è tutto da vedere se sono stati loro o se è stata la polizia. La rapina di largo Zandonai, il 25 settembre 1967, era l'ultima di una tripletta. Dal film di Lizzani "Banditi a Milano" non esce il fatto che Rovoletto e Lopez dopo l'impatto con un'autocivetta della polizia vengono bloccati, mentre gli altri due, Pietro Cavallero e Sante Notarnicola, saranno arrestati quindici giorni dopo in un casello non custodito sulla Milano-Novara. Erano riusciti a fuggire e dopo qualcuno… C'era il problema della sopravvivenza, il cibo e roba del genere, forse sono state notate delle persone che si muovevano, così hanno chiamato le forze dell'ordine, magari li hanno riconosciuti dalle foto segnaletiche.

Bisogna smitizzare l'idea secondo cui la ligera non usava armi, perch&escute; non è vero. Il coltello è un'arma, bianca, però è un'arma. Non sparavano, questo sì. Bisogna anche capire la cronologia: c'era il balordo di un certo tipo e c'era chi si inseriva nella ligera frequentando determinati ambienti. Non erano ben visti gli sfruttatori, cioè i rucchet&escute;, quelli che usavano le donne per arricchirsi. Loro non erano apprezzati da chi invece rischiava del proprio per arricchirsi.
A Milano, nell'elenco delle grandi rapine, bisogna inserire quella di via Osoppo nel 1958, per la quale si sono poi fatti bere tutti da polli. Tutti, escluso Cesaroni, figlio di un droghiere di corso Magenta, che ha preso il volo ed è espatriato in Venezuela. Donne, macchine: il cambio del tenore di vita dall'oggi al domani non è sfuggito al buon Nardone, che ancora non era commissario, ma soltanto investigatore. Questo, da buon segugio, conosceva le abitudini della mala milanese, perch&escute; frequentava gli stessi posti. Ha lanciato l'amo lungo e alla fine qualcuno ha abboccato. D'altronde l'elenco fatto prima dei locali era conosciuto anche dalla polizia milanese.

La banda Vallanzasca, alla fine del 1976, rapisce Emanuela Trapani, figlia dell'amministratore delegato della Helene Curtis. La ragazza si innamora del bel Ren&escute; e nasce un flirt. Prima del pagamento del riscatto i due giravano indisturbati per Milano tra night e locali. In una delle sue fughe dal carcere, a Piacenza, Vallanzasca si è portato dietro il figlio di Adele Faccio, Dario, che era della colonna Walter Alasia. Una fuga d'altri tempi, attraverso un cunicolo scavato nel cortile fino a raggiungere la rete fognaria. A San Vittore, invece, ha cercato di portarsi dietro Corrado Alunni ma sono stati crivellati di colpi e ribeccati entrambi.



Le Bische
A proposito di mala, bisogna parlare anche delle bische. Le bische esistevano già da prima, sono sempre esistite. A qui tempi le bische più grosse di Milano, erano a cielo aperto: in viale Ungheria, in piazza Tirana, a San Siro, dove oggi c'è il trotto. All'Isola, c'erano invece le bische d'appartamento, frequentate da Francis Turatello, detto Francis faccia d'angelo, e da Renato Vallanzasca, che poi lo ha avuto come testimone di nozze. Tura aveva in mano le bische negli anni 70. Ha spazzolato un club legato ai socialisti dove c'erano persone della Milano bene che giocavano per i cazzi loro, in piazza Formentini, zona Brera. Senza sparare, hanno preso tutte le pellicce, tutti gli ori, tutti i soldi che erano in ballo e li hanno lasciati lì, dicendogli che le bische le gestivano loro che non era gradito che altri gli facessero concorrenza.
Turatello era sempre in via Coni Zugna, in un bar, e da lì controllava… Lui non ha mai usato niente, mandava gli altri: Epaminonda, i sicari e così via. Secondo alcuni era il figlio naturale di Frank Coppola, noto come Tre-dita, che gli aveva ben insegnato come fare.


Tutti questi posti, il Carminati, il Commercio, l'Aretusa, la Storia, la Porta d'Oro, a quei tempi, alla fine degli anni '50, esistevano già ed erano tutti in centro. è vero che ce ne sono alcuni che aprono dopo, tipo l'ondata dei night. Un posto non citato prima è la Taverna Messicana, che è il pre Capolinea, in via Porlezza, una traversa di via Meravigli. Ci suonava Chet Baker. Tra i locali che ho tralasciato prima c'è lo Scoffone in via Cantù, adesso diventato Peck, che era come la Crota Piemontese.


Prostitute
Tutti i magnaccia che avevano le donne a battere in zona centro, in piazza Beccaria e in corso Vittorio Emanuele e traverse. Chi guadagnava di più si trovava alle Tre Gazzelle, chi guadagnava di meno era alla Crota Piemontese. Poi anche lì, dopo la chiusura del '58 con la legge Merlin, nasce un altro modo di prostituirsi sulla strada: le donne hanno la macchina e per adescarti ti lampeggiano, così non possono essere portate via dalle retate di polizia, sono ferme… mentre quelle per strada che facevano avanti e indietro erano più visibili. Poi c'erano anche gli alberghi a ore, che in quel tempo hanno fatto proprio dei gran soldi. Inizialmente erano distribuiti su tutta la città; oggi gli unici rimasti sono in via Vallazze, in zona Lambrate.
La prostituzione di strada andava da via Vitruvio a via Rovello, via Tivoli e anche in centro, in piazza Beccaria. Le case di tolleranza vengono riprese in varie canzoni, da Sergio Endrigo con "Via Broletto 54" e da Herbert Pagani con "Un albergo a ore".


Le Trattorie (2)
Un'altra Crota Piemontese era quella in Alzaia Naviglio Pavese; lì ci andavano Vittorini e Quasimodo. Vittorini abitava in viale Gorizia e i due si incontravano lì all'angolo con l'Alzaia Naviglio Pavese.
Oltre alla Briosca, all'Isola Fiorita e al tabaccaio di via Magolfa, c'era Il Praticello, un ex casello delle Ferrovie dello Stato sull'Ascanio Sforza. Era frequentato dalla mala e anche da tutti quelli che lavoravano in Rai. In Rai chiudevano a mezzanotte e dopo la chiusura, andavano tutti al Praticello. Un posto divertente era il Battivac, in zona Barona, dove c'era il Migliavacca che suonava con i cucchiai; poi c'era il Gallo d'Oro all'Ortica, anche questo frequentato sia da gente normale sia da malavitosi e ladri di polli. Un altro locale che poi è finito con una sparatoria era la Pinuccia Folk, si trovava dove adesso ci sono le Scimmie. Lì c'è stato un regolamento di conti tra calabresi e pugliesi. Hanno chiuso e i proprietari hanno riaperto da un'altra parte. Le Scimmie è stato comprato per quattro lire.


Poi c'è stato l'avvento dei locali alternativi. In corso di Porta Ticinese l'unico bar frequentato da balordi, che poi erano gente di mezza tacca, era il bar dove è stata aperta l'Operetta. Anche quel bar è stato chiuso dalla polizia, era un bar di ricettatori. Poi c'era via Scaldasole, nota per essere la via dei venditori di sigarette di contrabbando o di quelli che ti facevano il pacco: un pacchetto in cima, uno dall'altra parte e dentro segatura,. Poi c'era la Casbah di Porta Genova, dove comperavi di tutto, dalla patente alle macchine rubate, e andavi a recuperare la refurtiva quando ti davano la soffiata.


La Bersagliera in Giambellino era come La Topaia in Argelati: era frequentata da tutti quelli della zona o anche di altrove, da balordi e ladri di polli come il Cerutti Gino della canzone di Giorgio Gaber. C'era la moda di rubare la macchina per farsi un giro e farsi vedere. La aprivi con la chiavetta della carne in scatola o con un tagliaunghie: le serrature si facevano saltare con poco. Tra la mala e il movimento c'era un rapporto che andava di pari passo con la coscienza presa dai sottoproletari nei quartieri, passando dal carcere.


Un altro posto significativo era la Fiera di Sinigaglia, ricettacolo di ladri di biciclette e di espropri ai magazzini delle forze di occupazione americane. La fiera di Sinigaglia in via Calatafimi c'è da prima, ma è dal 1945 che diventa la fiera della roba rubata o dei mezzi dismessi dalle truppe USA, come le Harley Davidson. Quelli che avevano i soldi, lavoravano magari all'Ortomercato, comperavano i Dodge a poco prezzo perch&escute; erano oramai dei mezzi obsoleti. Tutto ciò girava intorno alla fiera di Sinigaglia, c'era un grande mercato nero. A proposito, l'Harley è la moto dei Teddy Boys, che nascono nel 1955 sul filo del mito americano: motocicletta, juke box, giubbotto di pelle. Il loro ideale è Marlon Brando de "Il selvaggio". Si terranno grandi convegni su questo fenomeno. Ogni quartiere aveva la propria banda che si scontrava con le altre per conquistare il centro della città. C'erano grandi risse nelle sale da ballo o nei night.


Merita fare un'altra parentesi sulla cultura negli anni 50-60.
"La vita agra", che poi diventa un film di Lizzani, "Il lavoro culturale" e "L'integrazione" sono esattamente uno spaccato di Milano che Bianciardi, venuto da Grosseto, non sopportava perch&escute; troppo frenetica. Lui era un frequentatore delle case chiuse di via San Pietro all'orto e Chiaravalle. In Chiaravalle la prestazione costava 500 lire la singola, o 1000 lire la doppia. Io non avevo l'età…
Umberto Simonetta ne "Lo sbarbato" parla della prostituzione maschile al parco Ravizza. I giovani della Milano bene derubavano i travestiti. "Tirar mattina" è una storia di come sopravvivere a Milano in modo non tanto regolare, ed è una storia di malavita. Simonetta stesso dava un esempio di come la vita da bar fosse un linguaggio vivo e ricostruibile: il bar come seconda famiglia, una compagnia. Simonetta era omosessuale, come anche Testori. Un romanzo del secondo, "Il fabbricone", racconta una storia di emarginazione e diversità: la vicenda di un ragazzino che si prostituisce alla fossa detta dei serpenti fra i binari delle Ferrovie Nord e viale Alemagna. Da un altro romanzo di Testori, "Il ponte della Ghisolfa", Luchino Visconti trarrà "Rocco e i suoi fratelli", ambientato nel momento della nuova immigrazione meridionale. Il film sarà censurato dalla Democrazia cristiana e avrà dei problemi a circolare nelle sale.
Un altro film girato a Milano da ricordare è quello di Vittorio De Sica con Zavattini come sceneggiatore, "Miracolo a Milano", subito dopo i bombardamenti e il ritorno degli sfollati. "La vita agra", "Rocco e i suoi fratelli" e "Miracolo a Milano" sono tre grandi film, anche se poi su Milano ne verranno girati molti altri, anche delle grandi cazzate.