Set 062016
 

Loc17settembre_Colori-768x1086Riceviamo e pubblichiamo.

Finché dei lager non restino che macerie

Nuovi muri e centri di detenzione, polizie e volontari alle frontiere, nuovi accordi tra gli stati per deportare forzatamente  migranti,  retate  nelle  strade  a  caccia  di  persone “irregolari”  e  militarizzazione  dei  territori  ridisegnano  il  volto  dell’Europa. Un’Europa che  continua  a  trincerarsi  dietro  i  suoi  confini  escludendo  gli indesiderabili  mentre,  allo  stesso  tempo,  si  nasconde  dietro  la  facciata  ipocrita  dell’accoglienza. Un’integrazione che  sfrutta  i/le migranti che, sotto il   ricatto del  permesso di soggiorno, vengono utilizzat* come forza lavoro sottopagata o “volontaria”.

Tra gli strumenti utilizzati dagli stati per controllare e reprimere ci sono i CIE, centri di detenzione per migranti senza documenti  in attesa dell’espulsione. Dei 13 centri costruiti in Italia, a seguito delle rivolte dei migranti reclusi, che li hanno distrutti e resi inagibili, ne sono rimasti funzionanti solo 4: Torino, Roma-Ponte Galeria, Brindisi-Restinco, Pian del Lago-Caltanissetta.

Anche in questi centri, nonostante l’inasprimento delle misure repressive, le rivolte non si fermano. Durante il mese di agosto, con il peggiorare delle condizioni di vita all’interno di queste prigioni, non sono mancate le resistenze dei/delle detenuti/e, individuali o collettive.
A  Brindisi,  l’8  agosto,  mentre  fuori  dal  CIE  si  teneva  un  presidio  solidale,  alcuni  reclusi  danno  fuoco  a materassi  e  lenzuola  al  grido  di  “Libertà”,  rendendo  inutilizzabili  tre  dormitori.  A  seguito  della  rivolta,  i migranti, costretti a dormire per terra nel cortile o nei corridoi, iniziano uno sciopero della fame.
A Torino, il 4 agosto due migranti si procurano dei tagli per resistere alla deportazione; il 9 agosto, un recluso, dopo aver provato a incendiare la sua cella, viene trasferito nel carcere de Le Vallette. Riportato al CIE pochi giorni dopo, completa l’opera di distruzione. Sempre a Torino, un altro migrante si cuce le labbra per chiedere che sia fissata l’udienza per la richiesta d’asilo, riuscendo a ottenere la data.
Anche nell’hotspot di Lampedusa, dopo la grande rivolta di maggio che aveva portato alla distruzione di una delle  tre  sezioni,  la  sera  del  24  agosto  un  altro  incendio  danneggia  l’area  in  cui  sono  detenuti  i  migranti minorenni.

Nel CIE di Roma,  la sezione maschile è ancora chiusa dopo la rivolta di dicembre scorso. In quella femminile, l’unica presente in Italia, sono attualmente detenute circa 40 donne, nonostante si arrivi a recludere anche 120-130 persone nei giorni che precedono le deportazioni di massa.
Nel  tentativo  di  spezzare  la  solidarietà  verso  le  persone  migranti,  si  intensifica  anche  la  repressione  nei confronti di chi, all’esterno, prova a sostenere le lotte di chi è reclusa in questi lager. Sappiamo che i continui controlli in  stazione e in treno e una sempre più massiccia e aggressiva presenza di forze dell’ordine davanti al CIE, puntano a intimidire i/le solidali.

Il  coraggio  e  la  forza  dei/delle  migranti,  che  continuano  a  ribellarsi  in  queste prigioni  per  riconquistarsi  la libertà, ci spingono a tornare sotto quelle mura per unirci con le nostre voci alla loro lotta.

Per questo, il 17 settembre, andiamo in tanti e tante davanti le mura del CIE di Ponte Galeria per sostenere le donne ancora recluse e dire loro che non sono sole.
Appuntamento alle ore 13 fuori dalla stazione Ostiense per prendere il treno insieme.
(Abbiamo  scelto  di  anticipare  l’orario  del  presidio  per  permettere  la  partecipazione di  tutte  e  tutti  alla giornata in ricordo di Fabrizio Ceruso, che si terrà a San Basilio alle 17).

nemiche e nemici delle frontiere