Intervista all’autore
Musica ed estrema destra nel documentario di Claudio Lazzaro. Proiezione oggi a Lugano
nazi & roll
di Damiano Realini
“Se ci deve essere violenza che violenza sia”. Riecheggia ancora nell’aria il ritornello can­tato a squarciagola di un pezzo ‘nazirock’, quan­do sul palco di un raduno italiano della destra eversiva e neofascista, compare un signore. Bar­colla su due stampelle, si distingue dalla bolgia di ventenni e trentenni scalmanati. Ha i capelli grigi e, quando inizia a parlare nel microfono, parla piano, impone il silenzio: “Il vero nemico, il vero avversario, è il potere finanziario, è il potere sionista. I nemi­ci non sono i ragazzi come noi, fratelli come noi. Noi dobbiamo cercare di ri­costruire questa nostra patria. Io dico una parola che ci si vergogna a dire – leggera pausa – ed è l’amore. Noi dob­biamo amare la nostra patria, dobbia­mo amare i nostri fratelli, dobbiamo – comincia a scaldarsi – amare il nostro futuro, dobbiamo amare questa nostra patria, la dobbiamo far risorgere, e dobbiamo farla risorgere con l’amore.
Amore – ormai è un grido che satura nelle casse degli altoparlanti – per le no­stre città, per la nostra cultura, per la nostra tradizione, per la nostra lingua, per la no­stra fede, per la nostra fede, per la nostra fede”. Un saluto romano, applausi e abbracci.
Il messaggio d’“amore” è stato lanciato da An­drea Insabato, appena uscito dal carcere per ten­tata strage. Il 22 dicembre del 2000 aveva fatto scoppiare una bomba davanti alla sede del quoti­diano comunista il Manifesto. Insabato riportò gravi ferite agli arti inferiori ma, come ben si vede, la sua fede non si è placata. Anzi.
Non sono che sequenze dell’agghiacciante fil­mato girato dal giornalista Claudio Lazzaro du­rante un cosiddetto Campo d’Azione organizza­to da Forza Nuova.
« Non si creda – spiega l’autore di ‘ Nazirock’ (dvd più libro pubblicati di recente da Fel­trinelli e oggi presentati al Centro Sociale di Lugano) – : quello registrato da me non è un fenomeno solo italiano. Durante que­sti meeting oltre ai concerti con contenuti nazisti, saluti fascisti, vendita di libri con titoli ‘Auschwitz, fine di una leggenda’, stemmi con le facce di Hitler, striscioni in cui si chiede più nazifascismo, ho filmato anche gli in­terventi di “ relatori” provenienti da altri movi­menti europei di estrema destra. Per esempio un leader spagnolo è arrivato a dire: ‘ Dobbiamo combattere i nostri nemici fino allo sterminio fi­nale’ ».
Pasolini additava nella società dei consu­mi il nuovo vero fascismo. Di fronte al radi­cale svuotamento delle coscienze da esso operato, manifestazioni nazirock, non im­pallidiscono in una sorta di folklore, pur estremamente violento e riprovevole?
« Pasolini aveva ragione. Ma credo che il suo di­scorso vada aggiornato. Lui puntava l’indice con­tro il consumismo, io oggi lo punterei contro la manipolazione dell’informazione, manipolazio­ne che per molti giornalisti assume anche le for­me dell’autocensura. Quando rivedo il mio filma­to Nazirock, rimango terrorizzato da alcune im­magini di repertorio che ho montato. Sono le im­magini della folla tedesca che saluta, festosamen­te, Adolf Hitler. In essa si intravedono facce di uo­mini e donne perbene. Queste persone non erano cattive, ma erano manipolate. Ora, in italia c’è un gravissimo deficit di informazione corretta, e quindi ci possiamo veramente aspettare di tutto. È da lì che può sorgere il nuovo fascismo. Il consu­mismo ormai, dai tempi di Pasolini in poi, ha già irrimediabilmente vinto ».
La manipolazione produce anche il revi­sionismo, tema affrontato nel suo documen­tario. Da lei intervistati, i ragazzi neofasci­sti delle band, nel loro ottuso ostracismo alla verità (‘i lager sono tutte balle’), fanno di certo paura. Non meno però dei revisioni­sti dotti, cattedratici.
« Quel giovane che ha tatuato Mussolini sul pol­paccio e che dimostra di non sapere nulla della Shoah, non sa niente; ma i suoi cattivi maestri non ignorano di certo i fatti della storia. Tuttavia lo stesso Luca Romagnoli del Movimento sociale fiamma tricolore, ripreso sul palco di una manifestazione a braccetto con Berlusconi, nel documentario sostiene di non possedere prove che dimostrino o neghino l’esistenza delle camere a gas ».
Lei ha citato il presidente del Consiglio italiano. Dunque: Nazi­rock
segue Camicie verdi (film pre­miato al filmfestival di Locarno nel 2006 dalla critica indipendente con il Boccalino d’oro) e dovrebbe precedere, in una programmata trilogia, un documentario su Sil­vio Berlusconi, personaggio già trattato da Nanni Moretti ne Il caimano. È vero che non vuol produrre questo terzo episodio?
« Sì, è vero. Ho parlato con alcuni avvocati e mi hanno garantito che il tipo di documentario che ho in mente non me lo potrei permettere. Nel senso che non potrei sostenere le spese di una denuncia, certa, di diffamazione. Sia che perdessi, sia che vincessi la causa. In Italia vige una legge che sem­bra studiata apposta per imbavagliare i giornali­sti, si immagini poi quelli indipendenti come me ».
E da parte di Forza Nuova, o di altri grup­pi di estrema destra, lei ha ricevuto denun­ce o minacce?
« No. Forza Nuova, che si ritiene diffamata da questo film, non ha intentato causa a me, né all’editore Feltrinelli che sta distri­buendo nelle librerie i testi più Dvd, però ha mandato delle diffide a quelle sale ci­nematografiche intenzionate a proiettare il documentario. ‘Se lo passate vi faremo causa..’, questo il tenore. Diffide persino inviate alle università. E alcune si sono lasciate intimidire. Io ci tenevo che il video venisse divul­gato al cinema, proprio per poter raggiungere chi abitualmente non frequenta le librerie, quindi an­che quei giovani più facili a richiami neonazisti ».
Veniamo al rock. Che cosa affascina i neo­fascisti in questo sound aggressivo? Perché scelgono un genere che in passato era legato anche al pacifismo di sinistra?
« Il rock in questione è molto duro, e fa riferi­mento alla cultura punk, skin, ed esprime una rabbia disperata, viscerale, incontrollabile. In­somma questa musica è la giusta colonna sonora di una generazione che è allo sbando, che si ritie­ne tradita, una generazione di proletari che si sente sempre più proletarizzata, vittima della glo­balizzazione e, per quanto concerne il lavoro, in competizione con le forze del terzo mondo. Da qui scaturisce l’odio nei confronti dello straniero, con­siderato come un invasore e usurpatore. Proprio in questi giorni ho letto che, nei pressi di Firenze, una banda di cinque ragazzi italiani armata di mazze da baseball con incisa la scritta Dux, ha pestato a sangue due kosovari. Dopo Verona, po­teva scapparci un altro morto. Ecco: loro non san­no come cavalcare l’onda del cambiamento. Si af­fidano alla violenza, al rock vissuto come una ri­bellione primitiva, direi prepolitica. Una ribellio­ne che però finisce in contatto con chi la politica invece la fa, e la fa nei parlamenti ».

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