L’altro primomaggio
Nel pomeriggio ha così preso vita un corteo r­u-moroso e allegro, una street parade è stata d­efinita dagli organizzatori, con molti striscioni, t­anta musica e pochi interventi. Si è ballato e cantato a­t-torno ai carri musicali che, lasciata piazza d­ella Riforma, hanno imboccato il lungolago per in­camminarsi su viale Cattaneo, viale C­assarate, piazza Molino Nuovo e ritorno all’ex macello pa­s-sando per via Balestra.
Un percorso che ha toccato alcuni luoghi si­m-bolici: Palazzo civico, il casinò, il liceo, l’­univer-sità e naturalmente l’ex macello dove il Molino prosegue l’esperienza dell’autogestione lu­ga-nese nata dieci anni fa, nell’ottobre 1996, con l’occupazione abusiva degli ex molini B­erna-sconi a­Viganello.
In testa, sostenuto da alcuni giovani, c’era uno striscione verde con la scritta «Ci avete rotto i Chakra», accompagnato da un gruppo musicale folcloristico. Dietro altri cartelloni. Uno rosso, te­so sopra le teste dei manifestanti, recitava: «La nostra vita è qui ed ora, e non può attendere». P­iù esplicito quello del sindacato studentesco SISA («Qui i tagli li facciamo noi. Gendotti per te fi­ni-scemale ») e quello no-global («La rabbia di chi è contro chi ha»). Poi bandiere (degli Anarchici, dei partiti dell’estrema sinistra PdL eMps) e un a­ltro striscione sull’autodeterminazione dei popoli.
Davanti al casinò il corteo si è fermato. Un rap­presentante del Molino ha afferrato il m­icrofono.
Ha parlato di città militarizzate che smembrano e dividono gli individui. «Dobbiamo r­iprenderci degli spazi per realizzare un modello di s­ocietà alternativo, più solidale».
Un concetto precisato e illustrato da n­umerosi contributi (di Arnaldo Alberti, Nando Snozzi, Ch­ristian Marazzi, Marco Galli, Werner Herger e Ti­ta Carloni) sul giornale «Il precariato e­sistenzia-le » distribuito durante il corteo. Sulla prima p­agina si legge: «Uno stato di disagio permanente i­r-rompe in ogni aspetto delle nostre vite. Un ma­lessere ci condiziona sui posti di lavoro, nelle scuole, negli spazi di tempo libero, nelle strade delle città, nelle case creando ansia, s­olitudine, disperazione e violenza». Un precariato dell’esi­stenza non più riconducibile unicamente al­mon-do del lavoro, e di cui il primomaggio a­lternativo si è fatto interprete. i.p­.

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