Naufraghi – 11 giugno 2021 – Rocco Bianchi

Ebbene sì, aveva ragione mia nonna quando diceva che le bugie, oltre a far venire il naso lungo, hanno le gambe corte. Dopo giorni di versioni contraddittorie (qualcuno, purtroppo non io, ha scritto che se le si mettesse una in fila all’altra verrebbe fuori il più bel monologo comico mai scritto) e di notizie date, poi smentite e poi di nuovo confermate, ieri l’ultima chicca: al macello hanno trovato l’amianto.

Diciamolo: hanno scoperto l’acqua calda. Non bisogna in effetti essere dei periti edili per sapere che una volta l’amianto era uno dei materiali più usati nelle costruzioni, innocuo finché resta legato ad altre sostanze, pericolosissimo appena si disperdono nell’aria le sue fibre, magari appunto tramite la polvere sollevata da lavori di demolizione; basta abitare, come il sottoscritto, in una casa d’epoca: tocchi un muro (basta anche togliere una tappezzeria per ripitturare) e come un funghetto spunta un impiegato dell’ufficio tecnico comunale di Lugano – sì, proprio di questa città – che ti chiede se hai svolto i controlli per l’amianto. Incroci le dita e speri, perché è vero che non c’è dappertutto, ma sei sicuro al 100% che da qualche parte alla fine lo trovi.

Evidentemente in Municipio ascoltano la polizia ma non i propri impiegati e non lo sapevano. Né evidentemente sapevano che l’amianto fosse così pericoloso per la salute, tant’è che è una delle poche sostanze al mondo a non avere valori limiti o soglie di tolleranza: basta inalare una fibra una, e possono spalancarsi le porte dell’Inferno.

Eppure sarebbe bastato andare sul sito della SUVA (basta anche wikipedia, se si vuole farla facile) affinché il Municipio disponesse tutte le informazioni necessarie su questa sostanza: presenza potenziale in tutti gli edifici costruiti prima del 1990; necessità di accertamento preventivo; pericolosità estrema delle sue fibre, che come detto già a bassissime concentrazioni, se inalate, possono provocare o il carcinoma polmonare o il mesotelioma (tumore maligno della pleura o del peritoneo). Con il primo devi avere una bella botta di culo, ma magari te la cavi, con il secondo lasciate ogni speranza o voi che entrate: la prognosi è infausta. Punto.

Così, malgrado ieri il sindaco Marco Borradori abbia dichiarato alla RSI che il Municipio sta ancora cercando di capire chi ha deciso cosa (sic!), oggi abbiamo la certezza che la maggioranza dell’esecutivo da lui diretto con la sua (in)cosciente decisione di demolire l’ex macello ha messo in pericolo la salute di tutti i presenti della notte del 29 maggio, di tutti coloro che abitavano nei dintorni e, dato che le macerie sono rimaste all’aria senza nessuna protezione fino al 2 giugno, data in cui l’area è stata finalmente messa in sicurezza, pure di chiunque si sia trovato in quei tre giorni a passare di lì. E forse oltre, che come ben si sa il vento prende e porta dove vuole lui. Anche molto lontano.

Fossi in loro, in chiunque si scopra poi abbia preso la decisione di demolire il vecchio edificio, non solo mi scuserei, che è il minimo sindacale dovuto, ma correrei ad accendere un cero in chiesa. Ogni giorno per i prossimi 40, 45 anni, il tempo che il mesotelioma può metterci a manifestarsi.

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