Questo il pronunciamento degli autogestiti nel day-after. Il giorno dopo lo sgombero e la chiusura dell’ex Grotto di Canobbio da parte del Consiglio di Stato. Il fenomeno, insomma, sembra essersi trasferito – in maniera naturale più che artatamente provocatoria – da una zona periferica nel cuore della città. Sabato c’è stato la preannunciata manifestazione di protesta con tanto di corteo dal Cinestar di Molino Nuovo fino in Piazza Dante. Ieri c’è stata un’assemblea, con consueta festa, al Parco del Tassino. E per i giorni a venire? L’intenzione dei protagonisti è quella di un’occupazione a tempo indeterminato delle vie del centro…
Tra il dire e il fare naturalmente ci sono di mezzo coloro che devono fare rispettare la legalità. E se costoro prenderanno atto che l’occupazione di suolo pubblico è abusiva e calpesta i diritti degli altri cittadini, che cosa succederà? Staremo a vedere, nella speranza che non si arrivi ad altri controproducenti tentennamenti o palleggiamenti di responsabilità. Sabato, nonostante la manifestazione non fosse autorizzata, di polizia non se n’è vista o, perlomeno non si è materializzata. Ha lasciato fare. E – vista alla maniera “fascista”, come direbbero i “molinari” stessi – potrebbe trattarsi di un primo pericoloso cedimento… Ma per la verità, di forze dell’ordine non ce n’era assolutamente bisogno. Tutto si è svolto nella più esemplare regolarità e disciplina. Il corteo che si è mosso dall’ex Termica alle 14.45 circa ha fatto solo un’ora e mezza di gran baccano: musica a tutto decibel diffusa dagli altoparlanti installati su un camioncino, tamburi a ritmo indiavolato, slogan contro il sistema repressivo urlati a squarciagola. L’obiettivo era quello di farsi sentire e di gridare ai quattro venti le proprie ragioni, ed è stato centrato alla perfezione. Siccome non s’è verificato il benché minimo gesto inconsulto, non c’è stato bisogno che la polizia si materializzasse. E non erano pochi i manifestanti, non meno di sette centurie. Al centro dei loro anatemi e delle loro invettive, ovviamente, il potere costituito che impedirebbe loro di esercitare il sacrosanto diritto all’autodeterminazione e ad un’area entro la quale esercitarla. Gli slogan in questo senso si sono susseguiti in sintonia con le scritte degli striscioni che hanno spiegato camminando lungo via Trevano, via Franscini, Piazza Dante e Piazza della Riforma. “Il Molino non si tocca”, “Ora e sempre resistenza”, e poi un provocatorio ”Siamo tutti clandestini” e ancora un volgare “Pesenti a Berna a calci in c…”. E ancora, strada facendo – quasi come una tribù di Seminole (o Sioux o Comanche, se volete) che si trasferisce armi, bagagli e docili cani in una riserva sotto gli occhi incuriositi dei visi pallidi (nessun si offenda, per carità) – discorsi e proclami inneggianti la libertà, contro la repressione. «Adesso il Maglio è chiuso da un muro con il filo spinato; a fargli la guardia quattro cani bastardi. E’ stato dimostrato ancora una volta che questa società è governata da fascisti che non sanno che cosa sono i bisogni delle gente. Noi vogliamo pensare sempre con la nostra testa. La nostra vita ce la gestiamo noi. Non ci avranno mai». Infine la méta: Piazza Grande dove alto s’è alzato il grido di ribellione di cui si diceva all’inizio: «L’ottusità e l’ipocrisia ha avuto il sopravvento. Ottanta poliziotti in assetto da rambo hanno tentato di cancellare il nostro progetto, alternativa valida a questo mondo schifoso nel quale ci troviamo a vivere. S’è chiuso il capitolo del Maglio, è vero, ma non ci fermeremo. Oggi, con questa manifestazione che deve essere di buon auspicio, s’inizia una nuova fase. Non sarà facile ma insieme faremo tantissimo. L’autogestione non deve morire. Andremo avanti e il Molino continuerà nelle piazze e per le vie del centro. E così dovrà essere per tutta la prossima settimana perché dobbiamo farci sentire per riprenderci uno spazio». Ah dimenticavamo, visti al seguito del corteo e in piazza Bill Arigoni, Pino Sergi e Christian Marazzi.
Ieri intanto, in concomitanza con la tranquilla “assemblea programmatica” del Tassino, è arrivata la presa di posizione del Partito del Lavoro, che naturalmente rappresenta un atto di sostegno e di solidarietà nei confronti degli autogestiti e dei cittadini ecuadoriani, «anch’essi sgomberati» (sic!). Il PdL in sostanza «condanna – citiamo – lo sfratto manu militari e l’intervento poliziesco ordinato all’unanimità da un governo debole, poco credibile, poco autorevole e perciò autoritario».

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