Nel casale al Maglio, appena fuori città, dalla sera prima erano chiuse una trentina di persone
del collettivo che da sei anni porta avanti l’unica esperienza di autogestione dell’intero cantone.
L’annuncio di sgombero era arrivato attraverso i media, che durante la giornata di giovedì
avevano riferito la decisione definitiva del Consiglio di stato. Una risposta repressiva per
chiudere con un taglio netto una vicenda lunga e complicata, piena di promesse non mantenute.
La sede del Molino era stata concessa in via provvisoria dallo stesso governo, che insieme ai
comuni del luganese si era impegnato a procurare agli occupanti uno spazio idoneo e definitivo
per portare avanti le attività culturali, politiche e sociali. Ma sono passate le stagioni e poi gli
anni, ma della soluzione non se n’è vista l’ombra, nonostante i numerosi incontri fra le parti.
Negli ultimi mesi si erano logorate le relazioni con il vicino comune di Canobbio, disturbato dai
volumi delle serate musicali, e il 21 agosto era arrivata l’ordinanza che disponeva l’immediata
interruzione di ogni attività per sei mesi. La risposta non si era fatta attendere: «Il Molino,
simbolo delle culture di tutto il mondo, cibo indispensabile per nutrire le nostre vite di sogni,
continuerà a produrre incontri, dibattiti, musica e socialità al fine di sovvertire l’ordine costituito
da falsi burocrati senza fantasia.Vi aspettiamo all’Etno festival». Una rassegna musicale
costruita insieme alla comunità ecuadoriana ospitata da alcuni mesi nel centro sociale: donne,
uomini e bambini sans-papiers, di cui una cinquantina erano presenti allo sgombero.
Un’operazione chirurgica, condotta con efficenza elvetica. Due ore di perquisizioni, «ma non ci
hanno maltrattato», poi gli occupanti sono stati portati in due bunker della Protezione civile,
dove singolarmente é stato loro chiesto di firmare un documento per prendere atto della
decisione del Consiglio: «comporta che non possiamo più mettere piede al Maglio, o saremo
punibili con un anno di carcere». Foglio che nessuna delle persone fermate ha accettato di
firmare. All’ora di pranzo la polizia li ha rilasciati. Al grido di «non molleremo mai», oggi il
Molino sarà di nuovo in piazza: alle 13.30 presso lo stadio di Cornaredo, a Lugano. Sono
ancora dentro invece le famiglie ecuadoriane, parcheggiate nel centro della Protezione civile di
Vacallo (Chiasso) in attesa di rimpatrio.

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