Serena Boeri nasce il 10 luglio del 1947 a Roma, dove vive e studia, fino alla laurea in Scienze Politiche nel 1969.
Nel 1971 si trasferisce a Milano, dove comincia a lavorare e a occuparsi di politica: partecipa al dibattito e alla battaglia sull’aborto del 1974, e si avvicina ai collettivi femministi, che portano radicalità e originalità di pensiero e di azione. In quegli anni inizia anche la sua attività all'interno dell'organizzazione extra parlamentare Avanguardia Operaia.
Del 1974 è l’esperienza sindacale vissuta presso il posto di lavoro, la metalmeccanica Honeywell dove sarà un’avanguardia nei Comitati Unitari di Base dei lavoratori e svilupperà una forte critica verso le organizzioni sindacali di CGIL, CISL e UIL. Quest’esperienza di lotte nel mondo del lavoro, sui principi dell’autorganizzazione e della critica alla delega, la porterà negli anni successivi (inizio anni ’90) ad essere un punto di riferimento importante anche tra i lavoratori dell’ENAIP dove ha lavorato per diversi anni e dove riuscirà ad organizzare uno sciopero contro la guerra in Iraq con un’importante manifestazione cittadina in occasione dei primi bombardamenti americani. Nel 1975 Serena partecipa e sostiene la prima occupazione del Leoncavallo, pochi anni dopo, nel 1977, critica verso la linea di Avanguardia Operaia, esce dall'organizzazione. In questi anni conosce Antonio e condivide con lui buona parte del suo percorso personale e politico.
Negli anni successivi, Serena partecipa attivamente ai comitati contro la repressione e al Comitato Giuliano Naria. Siamo all’inizio degli anni Ottanta: la repressione si scatena in occasione della manifestazione del luglio 1983 contro il carcere speciale di Voghera, dove la polizia effettua trecento fermi e tre arresti nella giornata.
In questi anni forte è anche l'impegno internazionalista, con esperienze militanti nel Nicaragua post -rivoluzione e in Salvador. Nel 1989 dà vita, insieme ad Antonio e altri compagni, al comitato di appoggio ai lavoratori della Cogefar in Salvador organizzando diverse iniziative di solidarietà militante. Nel 1993 partecipa alla brigata italiana di lavoro nella stazione agricola sperimentale dell'Inifat a Cuba che termina con un concerto finale degli AK47 all'Havana e la consegna di una sottoscrizione raccolta durante varie iniziative in Italia.
Nel 1986 Serena è protagonista attiva della discussione e della riapertura del Centro sociale occupato autogestito Garibaldi. Il 25 settembre di quell’anno il Garibaldi viene inaugurato con una festa, e i lavori di ristrutturazione che seguono segnano l’inizio di una lunga stagione di militanza.
Il periodo tra il 1989 e il 1994 è segnato da un’intensa attività politica, segnata dal primo sgombero del Leoncavallo e dagli scontri di piazza con il servizio d’ordine del sindacato in occasione del Primo maggio 1991. Sarà processata per quei fatti con Antonio ed un’altra trentina di compagni/e del movimento antagonista milanese.
A ottobre del 1994 Serena partecipa insieme a compagne di tutta Italia alla prima Assemblea Nazionale delle Donne che si tiene al Buon Pastore a Roma. Dopo quell’incontro, Serena e altre compagne che frequentano il Garibaldi danno origine al Collettivo femminista Baba Jaga, una realtà che in breve diventa un punto di riferimento dei gruppi femministi a Milano e in Italia. Il Baba Jaga ha segnato un pezzo di storia importante nell’attività politica del Garibaldi: un collettivo femminista in continuo rapporto dialettico con il Movimento dell’autonomia, che non si sottrae al confronto spesso aspro ma sempre ricco. Il personale e il politico, la ricerca dell’identità, l’attuazione di una politica che rivendica la centralità delle donne non solo nella differenza ma nel ribaltamento del concetto stesso di genere sono al centro del lavoro del collettivo. Sono moltissime le iniziative che il collettivo lancia e a cui partecipa nella sua stagione: le “campegge femministe” nazionali, le manifestazioni a sostegno della legge 194 oggetto di attacchi annosi e scellerati, il festival “Librerarsi” insieme al Garibaldi, il dibattito sul lavoro delle donne, il corso di autodifesa tenuto in Garibaldi, il Coordinamento dei collettivi femministi nazionali che ha prodotto moltissimo materiale sui temi del corpo, del lavoro, dell’autodeterminazione. Nel 1997 insieme a tantissime compagne e compagni è in Spagna, al II Incontro Intercontinentale per l'umanità e contro il neoliberismo. Il 2001, anno cruciale, si contraddistingue per la partecipazione alla manifestazione contro il meeting di Davos e poi nel mese di luglio alle mobilitazioni contro il G8 a Genova.
Lo spartiacque di Genova 2001 impone una profonda riflessione sull’agire politico. Negli anni successivi compagni e compagne sono costretti a ripensarsi in una società sempre più sorda ed eterodiretta, incapace di autorganizzarsi. I gruppi di donne ‘istituzionali’ ritengono di affermare una visibilità con lo slogan Usciamo dal Silenzio, a cui molte compagne milanesi rispondono rivendicandosi come Mai State Zitte. Tra queste, le compagne del Baba Jaga, che in buona parte convergono nel gruppo dopo lo scioglimento del collettivo.
L’attività di Mai State Zitte è intensa e varia: Serena, pur non entrando a far parte del gruppo, partecipa molto attivamente alle iniziative contro gli obiettori di coscienza della campagna OGO – Obiettiamo gli Obiettori a quelle contro la legge 40/2004 sulla fecondazione assistita. Salute, lavoro, autodeterminazione sono i temi cruciali dell’attività. Ma la frammentazione dei gruppi e dei collettivi rende spesso difficile riprendere un lavoro unitario.
Serena si allontana dal movimento, ma continua a lavorare con le donne, soprattutto donne di altri paesi giunte in Italia e portatrici di una coscienza e una consapevolezza altra e profondamente ricca e nella costruzione di percorsi specifici e iniziative contro la guerra, il capitalismo e le devastazioni ambientali. Un’attività in cui è stata instancabile, tessendo relazioni preziose per la trasmissione del pensiero politico e femminista.
Nel 2001, proprio nel pieno della guerra contro l'Afghanistan, prende parte ad un gruppo informale di donne, diverse per età, nazionalità, formazione, storia, come avevano scelto di definirsi, che pubblicano la “Corale femminile sulla guerra” con una riflessione collettiva su quella guerra e sulla sporca giustificazione che l’accompagnava: “liberare le donne dal burqa”. Sono donne di quattro continenti i cui sguardi e prospettive si intrecciano, incontro dopo incontro, creando complicità e relazioni che sarebbero rimaste forti negli anni.
Nel 2009 partecipa alla costruzione del collettivo femminista Le25/11, nato dopo una manifestazione a Milano lanciata in occasione della giornata mondiale contro la violenza sulle donne per sostenere la lotta di Joy e di altre ragazze nigeriane che avevano denunciato il tentativo di stupro da parte dell'ispettore capo del Cie di via Corelli e la violenza sistematica che come donne migranti subivano all'interno dei Cie, il collettivo sostiene la lotta delle madri di un gruppo di tunisini dispersi nel Mediterraneo e la campagna Da una sponda all'altra: vite che contano.
Tra il 2008 e il 2009 Serena partecipa ad un percorso milanese sul conflitto all’interno dei gruppi femministi, che lei stessa definisce in questo modo: “Siamo partite, in questo percorso sul conflitto constatando che oggi, anche nei nostri gruppi, che si dichiarano femministi, che vogliono contribuire ad un progetto di trasformazione radicale della società e del ruolo che la donna occupa in essa ci si perde in piccoli interessi particolari, ideologie, giochetti di potere, mancanza di lungimiranza, orgoglio...
Insomma si fa il gioco del Potere .Ogni discussione rischia di diventare interrelazione solo tra chi la pensa allo stesso modo, e la critica diventa un'attività fugace e sospetta. Quindi il percorso che abbiamo intrapreso di cercare di decostruire tutte le miserie che ho elencato corrisponde ad un percorso etico.”
Dal 2014 al 2017 Serena con altre compagne femministe, porta solidarietà alla resistenza e alla lotta di liberazione delle donne kurde, in particolare nel Rojava, Kurdistan siriano, all’interno del percorso del Confederalismo democratico. Queste compagne creano un gruppo di solidarietà attiva e di confronto e lotta qui in Italia, sollecitate dalla pratica delle donne kurde. Nel 2015 organizzano un corteo per l’8 marzo a Milano, rispondendo all’appello delle kurde e aprono un blog “dakobaneanoi!”, in cui si definiscono in questo modo: “Per storie personali e percorsi, il nostro approccio alla lotta di liberazione delle donne kurde rifiuta completamente l’estetica mediatizzata della ‘bella guerrigliera’, che è finalizzata soltanto a sminuire il reale portato del percorso di liberazione che le compagne kurde portano in ogni ambito della vita individuale e comunitaria.
E, al contempo, rifiutiamo la logica noi/voi, che è logica di guerra e non di reciprocità. Nel relazionarci con le compagne kurde in lotta, infatti, vogliamo partire dalle tensioni comuni e dai comuni desideri e pratiche: separatismo, autodifesa, autodeterminazione e orizzontalità.
Partire da noi, dunque, ma senza restare a noi. Perché il partire da sé si fa strumento politico di lotta soltanto se ci fa acquisire consapevolezza e forza per reagire collettivamente ai dispositivi di oppressione del sistema globale di dominio patriarcale e neoliberista.”
Nel 2016/2017 Serena partecipa ad un percorso di donne e femministe in Val di Susa, partito dalla questione dei conflitti all’interno dei movimenti, per poi affrontare i temi dell’autodifesa e dell’autodeterminazione della donna e dei territori in un’ottica anticapitalista e antipatriarcale, in particolar modo all’interno della lotta NO TAV e di tutte le lotte contro le nocività e le devastazioni ambientali.
Nel 2018 nasce a Milano il gruppo di donne e femministe “donne che non danno pace”, contro le operazioni militari “strade sicure” sdoganate già dal 2009 in diverse città in nome della sicurezza e protezione delle donne da parte dello stesso stato patriarcale che le opprime. Il gruppo si forma anche per dare una risposta di autodifesa e autodeterminazione, esplicitando con le idee e la pratica di lotta la propria idea e percezione di sicurezza, antistatale e fatta di solidarietà internazionalista.
Ne nascono diverse iniziative pubbliche, tra cui l’organizzazione di uno spezzone femminista al corteo del 2018 a Milano contro l’ENI e la guerra, organizzato anche con diversi gruppi di autodifesa femminista . Tra le varie iniziative vi sono anche delle camminate di donne in diverse città, Milano, Parma, Genova, che attraversano i quartieri ribadendo e condividendo questi contenuti e presto il percorso si amplia e prende il nome di “donne in cammino”. Nel 2019 questo nuovo gruppo allargato propone un’iniziativa sul femminismo comunitario a Milano, prendendo spunto e motivazione dalle considerazioni e riflessioni che Serena riporta e riassume in uno scritto nella primavera del 2018 di ritorno dal suo viaggio in Chiapas, Messico, dove partecipa al “Primo incontro internazionale politico artistico sportivo culturale delle donne che lottano”.
Nel settembre del 2018 scopre di avere il cancro e il 3 marzo 2019 muore a Milano circondata dall’affetto e dalla cura delle compagne e dei compagni a lei vicini.



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