Le lunghe ombre del diritto

     

spunti di approfondimento in ordine sparso




sovranità e polizia



Il diritto della forza
da una discussione con Milena Mottalini, Ugo Giannangeli, Piergiulio Sodano (18 aprile 2002)
Ugo Giannangeli

"Un altro titolo immaginato per questa serata era Il fascino discreto del diritto, che bene suggerisce la difficoltà che si ha, anche a sinistra, a liberarsi dall'idea del diritto come possibile efficace strumento di risoluzione dei conflitti, interni e internazionali..."
Scarica il testo integrale (98 Kb)


Un dibattito tra Foucault ed alcuni militanti maoisti sulla giustizia popolare
Romano Canosa

scarica il testo (4,6 Mb)


Polizia sovrana
Giorgio Agamben

da "Mezzi senza fine. Note sulla politica", Bollati Boringhieri, 1996
scarica il testo (717 Kb)


Per la critica della violenza
Walter Benjamin(1921)
introduzione di Massimiliano Tomba
Edizioni Alegre, 2010

Il saggio Per la critica della violenza fu pubblicato da Benjamin nel 1921. Le sue riflessioni incrociano le più diverse correnti politiche presenti nella crisi di Weimar, Sorel e il sindacalismo rivoluzionario da una parte, la critica del diritto e della democrazia svolte dai teorici della rivoluzione conservatrice, dall'altra. Il tentativo benjaminiano non mira ad alcuna sintesi, ma ad una ridislocazione delle più importanti questioni emergenti dalla crisi del diritto in una nuova costellazione, nella quale la critica del diritto viene innescata dall'urto tra la sfera giuridica e quella della giustizia.

scarica il testo nella traduzione dal tedesco di Antonello Sciacchitano (246 Kb)


Le fabbriche della triste legge
Giso Amendola da Il manifesto del 10 dicembre 2011

Il diritto come strumento del potere costituito. È stato questo il leit motiv che ha accompagnato la critica al suo ruolo nella modernità. Recentemente si sono fatte però strada riflessioni dove la produzione delle norme può essere liberata del suo carattere oppressivo della realtè sociale. Un percorso di lettura a partire dal volume di Laurent de Sutter "Deleuze e la pratica del diritto"

scarica il testo (61 Kb)


Genealogia della pubblica sicurezza
Giuseppe Campesi

dalla quarta di copertina
Che tipo di potere è quello della polizia, chiamato a governare la pericolosità sociale in una regione ai margini della legge e della giustizia? Da dove viene il complesso di poteri e prerogative che, nella crisi dello Stato sociale, sembra costruire una rinnovata forma di tutela poliziesca delle classi marginali? Questo lavoro prova a rispondere a queste domande descrivendo i diversi modi in cui la polizia ha svolto le sue finzioni di "governo della popolazione" tra antico regime ed età moderna. Esso si inserisce nel filone di studi genealogici inaugurato dall'opera di MichaelFoucault, ponendosi all'incrocio tra la storia delle istituzioni e della cultura politico-giuridica moderna e la sociologia giuridica del controllo sociale, per analizzare tanto l'evoluzione semantica della nozione di "polizia" (sapere), quanto lo sviluppo della struttura e delle funzioni assunte dalle istituzioni poliziesche nelle società moderne (potere).
Come tutte le analisi genealogiche, tuttavia, anche questa della pubblica sicurezza costituisce una vera e propria storia del presente. Nel dispositivo di pubblica sicurezza cristallizzatosi nel XIX secolo e nelle strategie messe in atto per gestire la complessa dinamica tra libertà, pericolo e sicurezza innescata dalla nascita della società industriale moderna, è possibile rintracciare le radici degli strumenti istituzionali che, nel quadro di un contesto politico e sociale fortemente egemonizzato dalla cultura neo-liberale, servono al governo poliziesco della povertà e delle insicurezze sociali nelle società contemporanee.



Il governo della paura
Jonathan Simon

dalla quarta di copertina:

[dalla fine degli anni sessanta] la "guerra alla criminalità" rappresentò una facile soluzione ai problemi [dei leader politici], anzitutto perché permetteva di ridefinire i programmi politici nei termini di un'efficace prospettiva securitaria. In questo scenario, l'identificazione della vittima di azioni criminali con il cittadino comune, per sua natura inerme e vulnerabile, ha aperto la strada a un intervento sempre più ingombrante e punitivo da parte dello stato. Nella teoria di Simon, la percezione della centralità del crimine nella vita sociale americana ha contribuito a ridefinire i poteri del governo, il ruolo della famiglia e della scuola, la posizione dell'individuo nella società non solo negli stati Uniti ma in tutto il mondo occidentale. L'ossessione per la criminalità, in altri termini, ha innescato politiche di controllo penale capaci di minare le fondamenta stesse della nostra convivenza democratica.


Hitler e l'enigma del consenso
Ian Kershaw, Economica Laterza, 2007

Erosione e asservimento della legalità nello "Stato del Fuhrer" (150 Kb)


Seminario contro il diritto (1992)
Giuseppe Pelazza

parte 1 (1.1 Mb)
parte 2 (3.5 Mb)


la grande contesa 1: l'interno



Regolamento dei campi ROM
Comune di Milano

regolamento e patto in rumeno (2 Mb)
regolamento in italiano (150 Kb)


PGT di Milano, Piano di governo del territorio
Comitato No Expo

Alcune brevi considerazioni politiche e alcune proposte
noexpo.it


Urban operations in the year 2020
NATO

Scarica il testo (1,3 Mb)


Città in frantumi. Sicurezza, emergenza e produzione dello spazio
Sonia Paone

dalla quarta di copertina:
Gli scenari urbani si presentano come una dimensione in frantumi in cui aumentano le polarizzazioni sociali e spaziali, mentre lo spazio pubblico, inteso come luogo della possibilità di relazioni democratiche e come momento di rappresentazione di istanze valoriali, tende drasticamente a ridursi.
A partire da queste considerazioni, il volume presenta una serie di riflessioni sulle immagini di dissonanza che le città trasmettono.
Gruppi privilegiati, in nome della sicurezza, si rinchiudono in quartieri edonistici, blindati e sorvegliati, e gruppi in declino sociale sono relegati nelle periferie e in zone di dequalificazione. Nelle aree povere del mondo le città continuano a espandersi, ma si presentano come immense collezioni di slum e sommatoria di carenze. All'aumento della pressione migratoria sono date risposte spaziali che si concretizzano in dispositivi di messa a distanza e controllo, di cui i centri di permanenza temporanea sono esempio paradigmatico: moltiplicando mura e barriere testimoniano ulteriormente la frantumazione della dimensione urbana.
È necessario e possibile ripensare nuovi significati e pratiche spaziali per far sì che la città non sia irrimediabilmente perduta nelle sue promesse di promozione sociale e di valorizzazione delle differenze.



Il malessere della città. Finanza immobiliare e inquietudini urbane
Mario De Gaspari ExCogita Editore, 2005

"La terra è un buon investimento: non se ne produce più". Questa è una battuta dell'umorista Will Rogers, leitmotiv del saggio incentrato sulla commistione, non sempre virtuosa, tra amminstratori pubblici e imprenditori


Malacittà. La finanza immobiliare contro la società civile
Mario De Gaspari Mimesis, 2010

La finanziarizzazione delle città non mette a rischio solo l'ambiente urbano, depauperando il territorio e disgregando le basi della comunità civile. In pericolo sono i fondamentali stessi dell'economia nazionale, i risparmi dei cittadini, il basso indebitamento delle famiglie, la struttura produttiva del paese. Tutti i discorsi disciplinari cedono il passo all'economia. L'urbanistica stessa è ormai una lingua morta. Occorre allora fondere i linguaggi dell'urbanistica e dell'economia. Non per urbanizzare di più, ma per urbanizzare di meno. L'economia della città può contribuire insieme alla rinascita economica e alla rinascita ambientale. In Italia vi sono stati esempi significativi di buona finanza. Anche nel settore immobiliare. Oggi occorre una visione d'insieme, che guardi contemporaneamente al patrimonio sociale presente nelle nostre città e alla necessità di recidere la "mostruosa fratellanza siamese" che lega inestricabilmente gli istituti di credito, e quindi i risparmi dei cittadini, e gli avventurieri immobiliari che si sono impadroniti delle città.


La bolla immobiliare. Le conseguenze economiche delle politiche speculative urbane
Mario De Gaspari Mimesis, 2011

Recentemente un commentatore economico ha parlato di rischio Baumol in riferimento alla situazione economica del nostro paese. Il "morbo di Baumol". La presenza del morbo nell'economia di un paese comporta che "la riallocazione delle risorse verso settori più produttivi e la riqualificazione del capitale (umano) possono durare anche decenni" (Il Sole 24 Ore, 24 aprile 2011). I settori a rischio Baumol sono il turismo e l'edilizia residenziale. Il turismo di cui qui si tratta non è né lo slow tourism, né il turismo integrato, né quello eco-museale, bensì il turismo legato allo sviluppo edilizio e alle grandi strutture. Ebbene, in Italia il governo nazionale, individua proprio nel turismo (che dal 9,7% dovrà arrivare al 20% del Pil entro la fine della legislatura) e nell'edilizia ("vero volano dell'economia") i settori economici su cui imperniare la crescita. Un sistema economico imperniato sul settore immobiliare tende a diventare parassitario anche perché condiziona inevitabilmente l'uso del credito. Già verso la metà dell'800, Cournot chiarì perfettamente la questione: "Si sente dire spesso che il credito raddoppia la ricchezza, e ciò è vero nel senso che una pioggia che venga a proposito può raddoppiare il raccolto del vino, non nel senso che basti mescolare una botte di vino con una botte di acqua per avere due botti di vino. [...] In genere, il credito svolge la sua funzione normale quando mette in gioco le energie produttive applicate alla ricchezza attuale in modo da farle rendere e aumentare: l'uso del credito è invece dannoso o, almeno, molto pericoloso, quando consiste nello scontare un aumento futuro della ricchezza e nel metterlo in circolazione sotto l'uno o l'altro segno, come una ricchezza reale". Come più tardi ha messo in evidenza Schumpeter, per lo sviluppo industriale il credito ha una funzione essenziale, poiché attraverso il credito si apre agli imprenditori l'accesso al frutto dei beni della società prima che abbiano acquisito il normale diritto su di essi. Così viene colmato lo scarto che nell'economia di scambio, dove prevale la proprietà privata, renderebbe straordinariamente difficile, se non impossibile, lo sviluppo. Il sostegno creditizio allo sviluppo immobiliare non è privo di costi sociali, perché si risolve inevitabilmente in una compressione del potere d'acquisto esistente e in una contrazione dei consumi e, in sostanza, in un peggioramento, almeno temporaneo, della situazione sociale nel suo insieme. Solo se il finanziamento al settore immobiliare si risolve in una redistribuzione sociale del reddito e del potere d'acquisto, soprattutto attraverso la creazione di un mercato degli affitti e delle case a basso costo, si può ragionevolmente sostenere che sia utile ai fini dello sviluppo economico. La città può essere il motore di una nuova economia e di un moderno welfare, ma solo se si dota di efficaci dispositivi di regolazione per il consumo di suolo.


La cosiddetta accumulazione originaria. (Il capitale, libro I, sezione VII il processo di accumulazione del capitale)
Karl Marx

Nell'economia politica quest'accumulazione originaria fa all'in circa la stessa parte del peccato originale nella teologia: Adamo dette un morso alla mela e con ciò il peccato colpì il genere umano. Se ne spiega l'origine raccontandola come aneddoto del passato. C'era una volta, in una età da lungo tempo trascorsa, da una parte una élite diligente, intelligente e soprattutto risparmiatrice, e dall'altra c'erano degli sciagurati oziosi che sperperavano tutto il proprio e anche più. Però la leggenda del peccato originale teologico ci racconta come l'uomo sia stato condannato a mangiare il suo pane nel sudore della fronte; invece la storia del peccato originale economico ci rivela come mai vi sia della gente che non ha affatto bisogno di faticare. Fa lo stesso! Così è avvenuto che i primi hanno accumulato ricchezza e che gli altri non hanno avuto all'ultimo altro da vendere che la propria pelle. E da questo peccato originale data la povertà de/la gran massa che, ancor sempre, non ha altro da vendere fuorché se stessa, nonostante tutto il suo lavoro, e la ricchezza dei pochi che cresce continuamente, benché da gran tempo essi abbiano cessato di lavorare. Il signor Thiers per esempio sminuzza ancora ai francesi che una volta erano così intelligenti, tali insipide bambinate con tutta la serietà e solennità dell'uomo di Stato, allo scopo di difendere la p r o p r i é t é. Ma appena entra in ballo la questione della proprietà, diventa sacro dovere tener fermo al punto di vista dell'abbiccì infantile come unico valido per tutte le classi d'età e tutti i gradi di sviluppo. Nella storia reale la parte importante è rappresentata, come è noto, dalla conquista, dal soggiogamento, dall'assassinio e dalla rapina, in breve dalla violenza. Nella mite economia politica ha regnato da sempre l'idillio. Diritto e « lavoro » sono stati da sempre gli unici mezzi d'arricchimento, facendosi eccezione, come è ovvio, volta per volta, per «questo anno». Di fatto i metodi del l'accumulazione originaria sono tutto quel che si vuole fuorché idillici.
leggi il testo


Creating defensible space
Oscar Newman

Concern over high crime rates and deteriorating inner-city neighborhoods has reawakened interest in Defensible Space, architect Oscar Newman's groundbreaking physical design approach to crime prevention. Creating Defensible Space, written by Newman and recently published by HUD's Office of Policy Development and Research, draws on Newman's experience carrying out and analyzing "Defensible Space" projects since the early 1970s. This publication provides an expert review of the "Defensible Space" concept and three step-by-step Case Studies to help communities redesign neighborhoods for greater safety.

Scarica il testo (5,2 Mb)


la città nella storia
Lewis Mumford

Ieri la città era un mondo, oggi il mondo è diventato una città

leggi il testo


la grande contesa 2: l'esterno



Architettura dell'occupazione. Spazio e controllo territoriale in Palestina e Israele
Weizman Eyal Bruno Mondadori

Prefazione all'edizione italiana
Introduzione: Architettura di frontiera
1. Gerusalemme: pietrificare la Città Santa
2. Fortificazioni: l'architettura di Ariel Sharon
3. Insediamenti: la battaglia per le colline
4. Insediamenti: urbanizzazione ottica
5. I posti di controllo: la sovranità spezzata e lo specchio unidirezionale
6. Il Muro: gli arcipelaghi della barriera e l'impossibile politica della separazione
7. Guerriglia urbana: passare attraverso i muri
8. Evacuazioni: decolonizzare l'architettura
9. Omicidi mirati: l'occupazione aerea.

Questo libro intende svelare la relazione fra due tipi di trasformazione: da un lato la violenza spettacolare degli eventi, facili da ricordare per via dell'interesse dei media - bombe, uccisioni, missili, bulldozer (che ai più sembrano apparire dal nulla); dall'altro avvenimenti più lenti e consequenziali - la costruzione di edifici, strade, tunnel - non meno violenti e distruttivi. I crimini commessi attraverso l'ambiente sono meno ovvi e più difficili da misurare, hanno bisogno di diversi strumenti di indagine. Eppure i due tipi di violenza sono legati e senza dubbio interagiscono fra loro.



Arcipelaghi e enclave
Alessandro Petti

Arcipelaghi e enclave è un sorprendente tentativo di leggere la dimensione territoriale e politica dell'occupazione israeliana come laboratorio, acceleratore e condizione limite della globalizzazione neoliberale e delle sue ricadute spaziali. Impegnato e penetrante, il lavoro di Petti è un monito deciso, ma anche la dimostrazione del forte potenziale di osservazione della ricerca architettonica.
Eyal Weizman, direttore del Centre for Research Architecture, Goldsmiths University of London

Il lucido e stringente impianto teorico di Arcipelaghi e enclave rivela che, dietro gli atti all'apparenza non connessi o persino le presunte "reazioni" a incidenti di Israele, si cela il paradigma del controllo coloniale.
Suad Amiry, fondatrice e direttrice del Riwaq Centre for Architectural Conservation di Ramallah

Un libro che traccia un importante profilo del "nuovo ordine spaziale". Alessandro Petti ha catturato con precisione l'immagine del mondo in cui viviamo, radiografando la spina dorsale della nuova logica spaziale: arcipelago capsulare vs enclave di campi o situazioni consimili; forme di vita protette e connesse vs vite disconnesse e indifese. Questa tecnica del "chiaroscuro", di cui Israele e i Territori occupati sono il paradigma, offre un'immagine estrema e perciò estremamente chiara della nostra difficile condizione: il modello in bianco e nero del nostro futuro.
Lieven De Cauter, dipartimento di Architettura e Urban Design (Asro), Katholieke Universiteit Leuven

Il libro di Alessandro Petti è uno strumento indispensabile per comprendere la trasformazione degli spazi in cui viviamo sotto l'effetto dei dispositivi di controllo e di sicurezza. Nei territori palestinesi come a Genova, a Sharm El-Sheikh come a Los Angeles, la posta in gioco in questa nuova scienza dello spazio è la possibilità stessa di una vita politica.
Giorgio Agamben


Linea verde
il limes senza legge

Alessandro Petti, Nicola Perugini, Sandi Hilal, Eyal Weizman da Limes, rivista italiana di geopolitica, 3/2011 - (contro)rivoluzioni in corso.
Gli accordi di Oslo definiscono tre aree di sovranità: israeliana, palestinese e mista. Di fatto, però, se ne è imposta una quarta: il confine stesso. Semplice tratto sulla carta, nella realtà questa striscia di terra è un limbo giuridico.
Scarica il testo (1,2 Mb)


Imputato Milosevich
Massimo Nava
Fazi Editore, 2002

Per il francese Jacques Vergès, l'"avvocato del diavolo", il legale famoso per la difesa del nazista Barbie e del terrorista Carlos, dovrebbe essere processato il Tribunale. Per dimostrarne «l'assoluta illegalità», l'agire politico al servizio della giustizia dei vincitori.

Dice Vergès: «Primo punto, il diritto del Consiglio di Sicurezza dell'ONU di creare una giurisdizione "a posteriori", cioè dopo i fatti. C'è un problema di retroattività della legge. Secondo punto, l'estradizione. Nessun paese al mondo estrada i propri cittadini. Milosevic è stato estradato dal governo serbo che, sul piano del diritto internazionale, ha lo stesso potere della Baviera o della Lombardia. Terzo punto, il Tribunale è istituito da paesi ostili alla Serbia e fInanziato con contributi privati. Ad esempio, un finanziamento del miliardario americano George Soros. Quarto, il Tribunale non risponde al principio di separazione dei poteri politico e giudiziario, essendo istituito da un potere politico, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU. L'applicazione retroattiva della legge penale ha un precedente, nella repubblica filonazista di Vichy. Il procuratore può permettersi di rifiutare documenti alla difesa (c'è un precedente famoso, l'affare Dreyfus) e può raccogliere testimonianze anonime, con la voce camuffata. Sugli stessi reati, le indagini sono state condotte secondo criteri di parzialità, a danno della parte serba. Ci sono imputati croati o bosniaci, con responsabilità verso la parte bosniaca o verso la parte croata, non verso la parte serba. Siamo ad una sorta di "apartheid" giuridica, nel senso che si è scelto quale parte processare». (pag. 50)


Scarica le prime pagine (2,5 Mb)


E la chiamano giustizia
Tommaso di Francesco da il Manifesto, 22.7.2011
Catturato l'ultimo criminale di guerra serbo. Ma il Tribunale dell'Aja non volle neanche considerare le accuse rivolte alla Nato durante la guerra in Jugoslavia. Secondo Antonio Cassese, "una giustizia indirizzata solo contro i criminali dei paesi sconfitti"
Scarica il testo (66 Kb)


Noi difendiamo l'Europa
Roman Herzog

Opposizione politica e lotta all'immigrazione in Libia: Audio documentario


Oaxaca Insurgente!
La sollevazione popolare nel sud del Messico

Questo libretto è un dossier sui recenti fatti che stanno sconvolgendo il sud del Messico. Nello stato di Oaxaca, infatti, da mesi le lotte sociali sono esplose in uno scontro diretto con gli apparati di potere. La richiesta di dimissioni del governatore locale fa da punta di iceberg di una realtà che sta mettendo in crisi tutto il modello di dominio statale. Infatti l'interesse che suscita questo scenario va ben oltre la solidarietà ai colpiti da una repressione infame, che ha mietuto, fino a fine novembre, più di 20 vittime. Lo stato sta rispondendo con le armi a un progetto di autogoverno popolare che ambisce a sostituirsi alle istituzioni.
La Comune di Oaxaca, così ormai è chiamata questa realtà, è un insieme eterogeneo di lotte, organizzazioni, desideri, popoli indio, musiche, sedi occupate. Questa esperienza eccezionale è strutturata in un'assemblea permanente, l'APPO, Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca, dove convergono le varie strutture, le individualità, i vari municipi ribelli che formano la società oaxaquèa. E' la forma embrionale, ma attivissima, di un contro-potere popolare.
Il limite di queste pagine è di non tenere il passo degli eventi che convulsi continuano ad accavallarsi dal profondo Messico. Cortei, repressione, comunicati, assemblee, barricate sono la storia in corso in queste ore dall'altro lato dell'Atlantico. Queste parole vogliono semplicemente fare luce nel buio totale in cui ci hanno immerso i media ufficiali, impegnati a oscurare tanto la sanguinosa repressione quanto la sorprendente autorganizzazione degli/lle insorti/e. Diffondere e amplificare il grido di rivolta di Oaxaca e- il minimo che possiamo fare per esserne solidali, mentre riflettere sulla reale costruzione di forme di autogoverno territoriale è un invito troppo allietante per chi desidera e lotta per una trasformazione radicale della società.
Lunga vita alla Comune di Oaxaca!

Scarica il testo (1,4 Mb)


Il futuro che già esiste
Note sulla realizzazione della società zapatista nel Municipio Autonomo "Ruben Jaramillo" territorio dell'EZLN, Chiapas.

Scarica il testo (1,1 Mb)


funzione del diritto 1: il Penale come sistema di governo


Decreti sicurezza: lo Stato si prepara al conflitto sociale
di Giovanna Cracco


Nascoste tra le norme anti-immigrati, le nuove leggi per reprimere il conflitto sociale generato dalla crisi economica

Scarica il testo (143 Kb)

Intervista di radio onda d'urto all'avv. Pelazza e all'avv. Calia in merito all'arresto di M. Morlacchi e C. Virgilio

trascrizione


La libertà è possibile sono nella lotta per la liberazione
rassegna di scritti sul processo politico (OLGa milano, marzo 2011)

dalla quarta di copertina
Riattivare la discussione sul processo politico e sulla strategia processuale ad esso conseguente può voler dire anche rielaborare una strategia idonea a ricreare le condizioni per un intervento politico-militante sui temi quali la repressione e i mezzi che lo stato adopera per fronteggiare le lotte, l'antagonismo e la resistenza al capitale, anche in sede penale e giudiziaria. È infatti innegabile che lo stato non abbia mai cercato di perseguire, anche attraverso le vie legali, i comportamenti incompatibili con il suo piano di pacificazione sociale e di controlo globale e per tali ragioni si è sempre dotato di una strumentazione idonea allo scopo. Nel processo penale lo ha fatto adeguando strumenti tecnico-giuridici volti innanzitutto a sancire l'identità-pericolosità degli imputati per poterne poi giustificare la condanna per i reati contestati.



Val di Susa: "obbedire" senza discutere?
Da Centro Studi per la Policy Giuridica, di Daniela Bauduin e Elena Falletti, pubblicato sul Quotidiano Ipsoa del 2 marzo 2012.
In tempi non troppo lontani, ma ormai dimenticati, Carl Schmitt teorizzava la dottrina del "decisionismo giuridico" sostenendo che la decisione politica producesse diritto indipendentemente dalla sua adesione alla regola. Questo orientamento giustificherebbe l'indifferenza ai contenuti decisori, limitandosi a elaborare una veste solo formale affinché il potere sovrano possa manifestarsi concretamente. Corollario di siffatta elaborazione dottrinale è la circostanza che anche una decisione non corrispondente alle regole crea comunque diritto e pertanto vada eseguita senza indugio.
Questo ricordo di studi universitari affiora alla mente leggendo l'ultima ordinanza prefettizia relativa alle aree del cantiere di Chiomonte, la settima, del 25 febbraio 2012.

leggi...



funzione del diritto 2: l'equivoca lotta alla criminalità e il principio della pena



Il terzo strike
Elisabetta Grande

dalla quarta di copertina
Elisabetta Grande mostra come l'America abbia abbandonato il principio della proporzionalità della pena al reato, della risocializzazione del condannato, in nome di una "certezza" sempre più vicina alla tentazione di estromettere definitivamente il detenuto dalla vita sociale, quando non a farne lo strumento di una speculazione d'affari. In Italia ci fu una appassionata discussione fra giuristi, gli uni persuasi che la pena dovesse essere resa duttile in corso d'esecuzione, e rivalutata rispetto all'evoluzione personale del condannato, gli altri spaventati dall'arbitrio potenziale di quella flessibilità, e inclini a una riforma del codice penale che correggesse la misura eccessiva delle pene previste. Prevalse in teoria la prima, con la riforma del 1975 e le successive misure, di cui il nome di Mario Gozzini diventò il simbolo, ma progressivamente svuotate da provvedimenti ispirati alla galera come toccasana e regalo circense alla pubblica opinione. L'indulto - una scelta retrospettivamente preterintenzionale, così da spaventare i suoi stessi autori - ha riportato un sollievo umano e un po' di legalità nella condizione delle carceri. Questa condizione favorevole non potrà durare a lungo se non interverranno le misure di riforma che tutte le intelligenze umane riconoscono necessarie. La cancellazione o la correzione sostanziale dei leggi punitive e contrariealla vera sicurezza (sulla droga, sull'immigrazione, sulla cosiddetta recidiva), la riforma del codice penale che depenalizzi gli attuali reati di scarsa o nulla pericolosità sociale e moltiplichi il ricorso a sanzioni penali altre dalla reclusione dei corpi dentro una cella. La proporzione di gente in prigione non è un indice della criminalità e dell'insicurezza del paese: è solo un indice della politica penale di quel paese. Il modello americano, per entusiasmo o per inerzia, incombe. Alla terza che mi fai ...


Archivio Primo Moroni / Sezione abolizionista

--> home -->
--> libri -->
--> articoli -->
--> materiali -->
--> links -->


Aboliamo le prigioni? Contro il carcere, le discriminazioni, la violenza del capitale
Angela Davis

dalla quarta di copertina:
Angela Davis, la mitica militante degli anni Settanta, è oggi una studiosa di fama internazionale che ha focalizzato il suo impegno nella più difficile battaglia per i diritti civili: abolire il carcere. Un mondo senza prigioni è forse impensabile, anche per chi proclama il suo progressismo. Ma con lucidità scientifica e un'instancabile passione ideale, Davis analizza il sistema "carcerario - industriale" americano - quello per cui due milioni e mezzo di persone sono detenute negli Stati Uniti - e mostra come questa democrazia modello fondi le sue basi economiche su una sorta di schiavismo morbido: donne abusate e farmacologizzate, manodopera a costo zero per le corporation, neri e ispanici a cui vengono negate istruzione e assistenza sanitaria. "Aboliamo le prigioni?" è una piccola guida di resistenza, che a partire dalla battaglia contro il carcere diventa denuncia di ogni forma di oppressione. E alla fine ci chiama direttamente in causa, perché le nostre idee cambieranno davvero soltanto quando saranno cambiati i nostri comportamenti.



funzione del diritto 3: la regolazione del saccheggio



Il Saccheggio
Ugo Mattei, Laura Nader

dalla quarta di copertina:
Il regime di legalità (rule of law), celebrato come quintessenza della civiltà, viene sistematicamente utilizzato per legittimare la dominazione del più potente nei confronti del più debole, e si trasforma in una vera e propria legge del più forte. Un progetto di dominazione avvolto nella retorica della legalità non può che portare a una poderosa costruzione di egemonia, persuadendo le vittime della benevolenza dei predoni.
Globalizzazione della via americana (estratto dal cap 6. Diritto internazionale o diritto imperiale?) (1.9 Mb)


Ugo Mattei
articoli da "il Manifesto"

Rule of Law (26 gennaio 2008)
Alternative Dispute Resolution (08 febbraio 2008)
Sviluppo (04 marzo 2008)
Riformismo (13 maggio 2008)
Proprietà pubblica - beni culturali (23 maggio 2008)
Europa - trattato di Lisbona (11 luglio 2008)
Crisi (02 dicembre 2008)
Welfare (13 gennaio 2009)
post-crisi (28 febbraio 2009)
Cina (29 settembre 2009)
Sistemi giuridici Africani (12 gennaio 2010)
Scienziati in tribunale (05 febbraio 2010)
Gaia/Gaio (13 marzo 2010)
proprieta' privata (Gaia/Gaio 2) (23 aprile 2010)
Acqua o nucleare, la logica è la stessa (18 marzo 2011)
Forza costituente dell'occupazione (22 maggio 2012)






APM| Sommario| Premessa| Calendario| Materiali| Atti| Abolizionismo| contatti
informativa privacy