Carissimo "Biondo"

ho voluto attendere qualche giorno per salutarti e aggiungere il tuo nome ad un elenco ormai troppo lungo di amici e compagni. Spesso mi trovo a concentrarmi, a ricordare volti e aneddoti. Tu in questo elenco sei particolarissimo, Mario Rossi nel suo saluto ci ha messo tutto. Nulla gli è sfuggito del tuo carattere; ogni volta che se ne parlava e se ne parla si chiude il dibattito con una risata.

Poi veniva il momento della serietà, degli impegni che anche nelle prigioni ci davamo e in quei casi eravamo seri e attenti e tu, in quei casi, esprimevi il meglio ed era una fortuna averti nel camerone della prigione.

In tutti gli anni vissuti nella stretta di una cella, o in qualche camerone, o nel cortile, mai ti ho visto dubbioso; sei stato sempre disponibile a spiegare le cose più complesse, semplificandole. Ti circondava il rispetto di chiunque ti conosceva amche perché, a richiesta, eri sempre presente.

Per me, e non solo per me, sei stato un compagno prezioso, capace di attutire le durezze di quella nostra condizione. Te ne sono grato compagno. E mi ritrovo in questo giorni a parlare di te, anche perché sei stato spesso nell'ombra e solo noi sappiamo quanto sei stato importante nella costruzione di un'alternativa a quella, a questa condizione.

Caro compagno, mi è mancata l'occasione di mandarti, come facevamo sempre, il mio ultimo libretto di poesie; poesie che conosci e che hai spesso apprezzato, ma soprattutto non hai mai criticato e ciò è singolare per uno come te che non risparmiava niente e nessuno. E quindi mi sento più sicuro nel salutarti con questa poesia:


I prigionieri

Una giornata cruda
circoscritta dal movimento
che muove il nevischio
e quelle turbolenze che squassano
fin dal mattino
lasciandoci
la confusione delle ore
e quei ricordi nostri:
quando bambini
avevamo soltanto il sole
e null'altro.
Ma, indistruttibili,
avevamo l'impronta del futuro
più vicino al ferro
che alla terra.

Poi scoprimmo l'acciaio
che ci portò a vivere
i grandi silenzi
rotti per lo più
dai passi felpati e ostili
dei guardiani,
nei corridoi delle prigioni
dove con poco cielo
mancava l'orientamento
e mancavano tutti i colori
tranne quel grigio
sporco di anni
vissuti
gomito a gomito
tra fratelli e compagni
dagli occhi e dai cervelli svegli.

Imparammo alla svelta
a fare i prigionieri...

Uscimmo dopo vent'anni
tutti occhialuti: tardi
per mettere a fuoco l'orizzonte
e, ancora una volta
ciglio asciutto e pedalare...

Sante

Bologna, giovedì 17 dicembre 2020


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