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INTRODUZIONE.


I MECCANISMI DELLA REPRESSIONE.

In questa società nessuno è libero. Perfino i padroni e le classi più elevate sono incatenate dal loro stesso ruolo di oppressori, e molte delle armi che puntano contro il proletariato si rivoltano spesso contro di loro.
Ma da loro non verrà mai né la rivolta né il cambiamento: il proletariato è la sola classe che, liberando se stessa, libera tutte le altre. Questo processo di liberazione non è un mito: è già in atto, anzi è sempre stato in atto, dal momento in cui la borghesia ha stabilizzato il proprio potere. È la "lotta di classe contro il capitalismo". La lotta degli sfruttati per distruggere il "carcere sociale" non è solo fatta di manifestazioni, scioperi, scontri, eccetera; ma è una lotta quotidiana, continua, in cui da una parte esistono precisi interessi di sopravvivenza, dall'altra delle leggi, un ordine, in nome del quale viene punita anche la più piccola infrazione.
Il sistema non si limita a reprimere il "disordine", ma si sforza, con una violenza meno aperta, di prevenirlo: così la scuola è una efficace galera, dove si manipolano le coscienze e si costringe il futuro cittadino a pensare entro uno schema ideologico-culturale prefissato dalla borghesia; così il servizio militare è un addestramento all'obbedienza cieca. Comunque la repressione "di stato" colpisce a vari livelli che si possono così sintetizzare:

1) punizione di tutti quegli individui delle classi inferiori che o non possono, o non vogliono più produrre, o sono nell'impossibilità di badare a se stessi: il bambino abbandonato, il vecchio, il malato, il cosiddetto matto, il cieco, eccetera;
2) dura punizione per tutti i proletari che, magari solo individualmente e certamente senza una motivazione politica chiara, non accettano le regole del gioco e infrangono le "leggi" che i borghesi hanno loro imposto (Sia chiaro che, spesso, queste leggi i borghesi medi e grossi le possono infrangere a piacere, e se ogni tanto qualcuno di loro finisce in galera, è perché la fa talmente grossa che deve essere "sacrificato");
3) dura repressione contro le lotte politiche rivoluzionarie del proletariato: colpi di stato e fascismi vari; crisi economiche con relativi ricatti; guerre locali, internazionali e mondiali; repressioni politiche striscianti con l'uso sistematico di polizia e magistratura.

I primi sono puniti e repressi, spesso sadicamente perseguiti in asili nido e orfanotrofi, case di rieducazione per giovani, istituti per ciechi, sordomuti, eccetera, ospedali, ospedali psichiatrici, sanatori, ospizi per vecchi e pensionati: sono tutte vere e proprie carceri di serie B.
I secondi sono puniti e repressi nelle carceri, nei manicomi criminali, nelle carceri per minori.
Le masse sono represse col piombo, il carcere, i campi di concentramento, la fame, eccetera.
Il sistema ha interesse a reprimere tutte e tre le forme di "disordine" e, per questo, si è creato tutta una serie di istituzioni, che alcuni studiosi americani (come ad esempio Goffman) chiamano "istituzioni totali": noi, con Basaglia, le chiameremo più propriamente "le istituzioni della violenza". Tale interesse è spesso solo indiretto: non c'è un interesse "diretto" a reprimere ed annientare un cieco, o un "nevrotico", o un vecchio, o un malato. L'interesse sta nella minaccia continua della repressione su tutti quelli che ancora normalmente producono ma che potrebbero guastarsi facilmente. Il sistema è consapevole che la catena di montaggio di tipo capitalistico distrugge l'operaio, ma ci si guardi bene dallo stancarsi di lavorare, dall'ammalarsi, perché "questo" il sistema lo chiamerà pazzia e lo punirà con l'annientamento fisico e psichico in un manicomio.
Ancora si può definire indiretto l'interesse a reprimere la delinquenza, poiché è questa repressione che giustifica l'esistenza della legge borghese, della magistratura, delle carceri, della polizia.
Non bisogna però cadere in facili schematismi. Se l'interesse principale è la "minaccia" per la difesa dell'ordine e delle norme dello stato vigente, è innegabile che, come interesse secondario, vi è anche la difesa spicciola della proprietà privata e di quella "morale", che, sebbene abbia perso gran parte del suo potere coercitivo, è ancora un privilegio del sistema.

Al buon funzionamento del carcere come istituzione della violenza, e cioè al fatto che sia sempre pieno di proletari, concorrono una serie di altre istituzioni, persone e meccanismi, come il complesso dell'apparato giudiziario (leggi, giudici, pubblici ministeri, eccetera), polizia e carabinieri, avvocati, giornali e in particolare la cronaca nera.
Dell'apparato giudiziario i detenuti parlano spesso e senza peli sulla lingua; inoltre sono sempre più frequenti nelle loro lotte obiettivi che riguardano direttamente i codici e la procedura penale. Quanto ai movimenti di rinnovamento e di riforma all'interno della magistratura, anche seri come "Magistratura Democratica", sono completamente ignorati dalla stragrande maggioranza dei detenuti. E questo non per ignoranza, ma perché questi movimenti non hanno evidentemente alcuna incidenza pratica nella vita quotidiana del detenuto "delinquente" comune. Non si scandalizzi quindi qualche magistrato "progressista" se noi condividiamo il giudizio dei detenuti nei confronti della categoria cui appartiene - "infami e servi dei padroni" - e non ci accusi di far di tutte le erbe un fascio. Quando saranno i detenuti stessi a fare delle distinzioni, quando si accorgeranno essi stessi della presenza dei "democratici", vorrà dire che, anche all'esterno, la loro azione sarà diventata tangibile ed efficace (sempre che sia possibile), e ne prenderemo atto.
Degli avvocati i detenuti non parlano molto, perché pochi si possono permettere il lusso di averne uno. Quando ne parlano, ne parlano male, per il semplice motivo che raramente sono dignitosamente difesi e che invece sempre devono pagare parcelle troppo salate per le loro tasche di "sottoproletari". Quanto alla difesa d'ufficio, il detenuto pensa che sia una presa in giro, ed in questo non solo i "democratici" ma perfino i "benpensanti" e tutta l'opinione pubblica gli dànno ragione.
Su questi argomenti e sul comportamento e funzione della cronaca nera riporterò una serie di lettere e documenti.

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