e per tutti i loro compagni d'ingiustizia
  1.
  COME IL «BUON SENSO» PENALE GIUNGE AGLI EUROPEI.
Da qualche anno si sta diffondendo in lungo e in largo per l'Europa un'ondata 
  di panico morale che, in forza della sua ampiezza e virulenza, influenza profondamente 
  le politiche pubbliche, contribuendo a ridisegnare il profilo stesso delle società. 
  Il suo obiettivo apparente: la delinquenza «giovanile», la «violenza 
  urbana», i molteplici disordini generati nel crogiuolo dei «quartieri 
  a rischio», gli atti di «inciviltà» di cui gli abitanti 
  di quelle zone sono ritenuti, allo stesso tempo, vittime e responsabili. Si 
  tratta di definizioni che è opportuno mettere fra virgolette, in quanto 
  il loro significato appare vago almeno quanto i fenomeni che sono chiamate a 
  designare, che peraltro nulla dimostra siano da riferire in maniera particolare 
  ai «giovani», a determinati «quartieri» o allo stesso 
  spazio «urbano». Tuttavia, essi sono sempre e ovunque caratterizzati 
  nella stessa maniera, tanto che ormai l'associazione risulta oggi in qualche 
  modo scontata e ovvia. Simili stereotipi alimentano la retorica politica, sommergono 
  i quotidiani e i programmi televisivi, inoltre non mancano certo i politologi 
  e i sociologi pronti a gettarsi sull'attualità per consegnare alle stampe 
  quegli instant-book che, con il pretesto di «metterli in discussione», 
  attribuiscono ai «luoghi comuni» lo statuto di «fatti sociali» 
  o addirittura di categorie analitiche.
  Simili categorie, tuttavia, non sono sorte spontaneamente, belle e fatte, dalla 
  realtà. Diversamente, si inscrivono all'interno di un'ampia costellazione 
  discorsiva, fatta di termini e tesi, sul crimine, la violenza, la giustizia, 
  l'ineguaglianza e la responsabilità - dell'individuo, della «comunità», 
  della collettività nazionale - proveniente dall'America e che passo dopo 
  passo si sta insinuando nel dibattito pubblico europeo grazie alla sua forza 
  di persuasione, alla sua onnipresenza e al ritrovato prestigio internazionale 
  del paese di provenienza (1). Il processo di diffusione e banalizzazione di 
  tali luoghi comuni ha decisamente poco a che vedere con i problemi a cui esplicitamente 
  essi si riferiscono e dissimula una "posta in gioco" di ben più 
  alto livello: la ridefinizione del ruolo dello stato che, un po' ovunque, si 
  ritira dall'arena economica affermando l'esigenza della riduzione del suo ruolo 
  sociale e dell'ampliamento, nel segno di un progressivo inasprimento, dell'intervento 
  penale. Lo stato assistenziale europeo, di conseguenza, dovrebbe intraprendere 
  una massiccia cura dimagrante e nello stesso tempo prendere seri provvedimenti 
  nei confronti delle pecorelle smarrite, facendo assurgere la «sicurezza», 
  intesa in senso strettamente fisico e non nei termini di rischio esistenziale 
  (salariale, sociale, medico, educativo eccetera), al rango di priorità 
  dell'azione pubblica.
  "Declino dello stato economico, diminuzione dello stato sociale e glorificazione 
  dello stato penale": il «coraggio» civico, la «modernità» 
  politica e la stessa audacia progressista (spacciata oltremanica come «terza 
  via») prescriverebbero oggi l'adozione della retorica e dei dispositivi 
  sicuritari più scontati. «Repubblicani, non dobbiamo più 
  avere paura!» è l'auspicio coraggiosamente espresso dai sostenitori 
  di una nuova repressione che si richiama «alla sinistra di governo» 
  - fra cui due ministri e consiglieri di Mitterand, un editorialista del «Nouvel 
  Observateur» e due direttori della rivista «Esprit» - in occasione 
  di un dibattito pubblicato da «Le Monde» nel settembre del 1998, 
  particolarmente eloquente nel presentare senza travestimenti il nuovo pensiero 
  ufficiale in proposito: in nome del popolo, e ovviamente nel suo interesse, 
  si deve ristabilire l'ordine e la legge, al fine di avere la meglio, anche a 
  prezzo di enormi sforzi, «nel braccio di ferro che vede impegnata la restaurazione 
  reazionaria e la rifondazione repubblicana» (2).
  Sarà opportuno ricostruire puntualmente la lunga catena di istituzioni, 
  agenti e supporti discorsivi (consulenze, rapporti di commissioni, missioni 
  ufficiali, dibattiti parlamentari, convegni, libri scientifici e divulgativi, 
  conferenze stampa, articoli di giornale e servizi televisivi eccetera) attraverso 
  cui "il nuovo senso comune penale proveniente dagli Stati uniti e volto 
  a criminalizzare la miseria - e di conseguenza a normalizzare la precarizzazione 
  salariale - si è internazionalizzato", in forme più o meno 
  modificate o mascherate, sulla scia dell'ideologia economica e sociale fondata 
  sull'individualismo e la mercificazione, di cui rappresenta la traduzione e 
  il complemento in materia di «giustizia». In questo caso, ci limiteremo 
  a qualche osservazione su singoli punti concernenti i tramiti più evidenti, 
  tentando di rendere l'idea dell'ampiezza e dell'impatto transcontinentale di 
  quella che si presenta come una vera e propria operazione planetaria di marketing 
  ideologico. L'attenzione, inoltre, si concentrerà solo sulle relazioni 
  fra Stati uniti e Europa occidentale, anche se l'influenza di Washington, sul 
  piano sia economico sia penale, si esercita in maniera ancora più marcata 
  sull'America latina e, suprema ironia della storia, in diversi paesi di quello 
  che fu l'impero sovietico (3).

