NOTE alla prefazione.
Nota 1: Prigione con la condizionale, 100000 fr. di ammenda e 800000 fr. di 
  danni e interessi.
  Nota 2: La Corte di Cassazione si è a sua volta pronunciata: ha assolto 
  - giusto in tempo perché se ne possa far menzione con questa nota nella 
  presente edizione - ma non per ciò la spiegazione rimane meno necessaria:
  Nota 3: Michelet, con cui ci siamo spiegati in proposito, ha ritirato la querela 
  che aveva sporto contro di noi, perciò quell'asserzione non figura in 
  questa edizione; non vi è nemmeno la prefazione di Paraz, omessa per 
  suo stesso suggerimento: questo per tagliar corto ad ogni nuovo tentativo di 
  diversione. Soltanto per evitare ogni nuova diversione, perché, stante 
  la pronuncia della Corte di Cassazione, nulla impediva che questa prefazione, 
  ormai forte dell'immunità che protegge la cosa giudicata, venisse pubblicata. 
  L'autore non ha creduto di dover cedere alle grida di riprovazione di un pugno 
  di persone interessate facendo subire altre modifiche al testo.
  Nota 4: “Rassemblement Papulaire Français”, il partito gollista 
  [n.d.t.].
  Nota 5: “Mouvement Républicain Populaire”, partito democristiano 
  [n.d.t.].
  Nota 6: In realtà, l'autore fu fra i fondatori del movimento “Libération-Nord” 
  in Francia, fu il fondatore del giornale clandestino «La Quatrième 
  République» al quale le radio di Londra e dell'Algeria fecero a 
  suo tempo gli onori, fu deportato della Resistenza (19 mesi) a Buchenwald e 
  Dora. Invalido a seguito di ciò al 100 per cento più 5 gradi, 
  è titolare della carta di Resistente n. 1.0 16.0070, della medaglia “vermeil” 
  della Riconoscenza francese e della Rosetta della Resistenza, che però 
  non porta. E questo non gli ha tolto né l'amore della verità, 
  né il senso dell'obiettività.
  Nota 7: Perché l'unità della Resistenza è un mito, come 
  lo era l'unità della Rivoluzione francese. Vi furono non soltanto due, 
  ma più ‘Resistenze’ oggi nessuno non può più 
  non convenirne... a meno di non esservi interessato. Vi fu anche la malandrinocrazia 
  cui tornò comodo ripararsi dietro il titolo!
  Nota 8: Una richiesta di reintegrazione, sostenuta da 11 federazioni distrettuali 
  e da Marceau Pivert, al congresso del novembre 1951, fu respinta dopo gli interventi 
  di Daniel Mayer e Guy Mollet.
  Nota 9: Mi è stato detto che Bardèche era di estrema destra e 
  che, in parecchi altri casi, non aveva dimostrato altrettanta premura per l'obiettività: 
  questo è certo e io non ho mancato di dirlo ogni volta che l'ho ritenuto 
  opportuno. Ma non è una ragione né per contestare il suo merito 
  in questa circostanza né per rifiutare di riconoscere che nei suoi due 
  lavori su Norimberga - condannati altrettanto ingiustamente quanto “La 
  menzogna di Ulisse” - egli parla del problema tedesco partendo dagli stessi 
  imperativi che all'indomani della guerra del '14-18 erano quelli di Mathias 
  Morhardt, di Romain Rolland e di Michel Alexandre, i quali erano, loro, di sinistra. 
  E non è colpa mia se, per uno strano equilibrio della storia, la gente 
  di sinistra, adottando fin dal '38-39 il nazionalismo e lo sciovinismo che erano 
  della destra, ha per ciò stesso costretto la verità, che era di 
  sinistra, a cercar rifugio a destra e all'estrema destra. In ogni modo, il cronista 
  non può accettare di pronunciarsi sulla materialità dei fatti 
  storici in funzione dei mutevoli imperativi della politica e, secondo l'esempio 
  di Merleau-Ponty, riconoscere per vero un fatto soltanto se questo torna utile 
  ad una propaganda.
  Nota 10: Abbreviazione di “Konzentrationslager”, parola che indica 
  i campi di concentramento.
  Nota 11: Da allora, le cose sono assai cambiate. Al governo, la politica è 
  sempre fatta dagli stessi uomini di Stato (sic) o poco ci manca, ma essa poggia 
  sull'antibolscevismo e, in questo senso, è esattamente il contrario di 
  ciò che era a quell'epoca. Di conseguenza, nella stampa e nella letteratura 
  i procuratori dell’antibolscevismo sono gli stessi che già ne facevano 
  l'apologia. Quello che vi è di notevole è che, se qualcuno parlasse 
  della spada del signor Prudhomme o ricordasse la storia di quel Guillot che 
  gridava al lupo, nessuno capirebbe.
  Il signor Prudhomme, simbolo della stupidità piccolo-borghese, proclama 
  la spada consegnatagli per festeggiare il suo cavalierato «il più 
  bel giorno della sua vita»; Guillot è un personaggio di una notissima 
  favola di La Fontaine [n.d.t.].
  Nota 12: Vedasi oltre, nota infrapaginale del trad., cap. 1 [n.d.t.].
  Nota 13: “Comité National des Ecrivains” [n.d.t.].
  Nota 14: In «Le Monde» del 9 gennaio 1952 il Procuratore generale 
  André Boissaire tradusse: 46!
  Nota 15: Ho scritto al dott. Miklos per segnalargli tutte queste cose impossibili. 
  Ecco come mi ha risposto: 2500000 vittime! Senza altri commenti. Questa cifra, 
  più vicina alla verità e ben lungi dall'essere spiegabile con 
  le sole camere a gas, è già abbastanza abominevole!
  Nota 16: Due testimoni che avevano offerto i loro servizi all'accusa non si 
  sono disturbati: Martin-Chauffier e l'inenarrabile Rev. Padre Riquet, predicatore 
  di Nôtre Dame. Il primo, del quale si capisce facilmente come sia stato 
  imbarazzato di dover venire a tenere al banco dei testimoni e alle luci della 
  ribalta quel linguaggio «così sicuro della sua grammatica» 
  che tiene, lontano dagli occhi, nei suoi libercoli, restrinse da solo la parte 
  che avrebbe dovuto sostenere a un telegramma con il quale reclamava una spietata 
  condanna. Quanto al secondo, con una lunga lettera indirizzata al Tribunale 
  attestò che Paraz e io eravamo esseri infami. Questa attestazione assume 
  tutto il suo valore e tutto il suo sapore quando si sa che nel giugno 1953 un 
  certo Mercier, dei quale il Rev. Padre Riquet aveva garantito l'onorabilità 
  certificandone le qualità di patriota e di resistente, fu arrestato nella 
  regione di Lione. Ora, Mercier, che sotto l'occupazione era autista al servizio 
  di un'organizzazione tedesca, era stato arrestato e deportato soltanto per «indelicatezza». 
  Al suo ritorno, si valse dell'attestato che il Rev. Padre Riquet gli aveva ingenuamente 
  rilasciato per carpire la fiducia degli ambienti religiosi e dei gruppi di deportati 
  e resistenti, ai quali estorse alcuni milioni... Se preferiamo avere contro 
  di noi la testimonianza di questo strano prete che rilascia certificati di Resistenza 
  ad autentici collaborazionisti e certificati di onorabilità a truffatori, 
  fornendo così loro con tanta leggerezza il modo di esercitare il loro 
  ‘mestiere’ con minor rischio, Dio per primo ce lo perdonerà. 
  E se, nella sua mansuetudine, egli perdona anche il Rev. Padre Riquet, saremo 
  noi i primi a rallegrarcene. A discolpa del Rev. Padre Riquet dobbiamo dire 
  che non è il solo che ha rilasciato dei certificati di Resistenza di 
  favore: il signor Lecourt, deputato M.R.P. ed ex guardasigilli, ne rilasciò 
  uno a Joinovici, agente dell'Abwehr; il signor Pierre Berteaux, professore di 
  Facoltà ed ex direttore della Sicurezza nazionale, ne rilasciò 
  un altro all'agente della Gestapo Leca, implicato nel furto dei gioielli della 
  Begum, e il truffatore Dilassier poté estorcere “un miliardo” 
  di franchi, con la benedizione di tutti i ministri di un governo, per mezzo 
  di certificati di tal genere, dei quali si è molto prudentemente taciuto 
  i nomi dei firmatari, che dovevano essere molto altolocati nella gerarchia del 
  regime. Siamo a questo punto!
  Nota 17: Compreso Janda Weiss, dei quale parlo più avanti.
  Nota 18:. Al processo del campo di Struthof, il doti. Bogaerts, maggiore medico 
  a Etterbeck (Belgio), il 25 giugno 1954 dichiarò: «”Ero riuscito 
  a farmi assegnare all'infermeria del campo e, a questo titolo, ero posto agli 
  ordini dell'S.S. dott. Plazza, il solo uomo di Struthof che avesse qualche sentimento 
  umano”».
  Ora, a Dora, dove questo dott. Piazza venne, in prosieguo, ad esercitare le 
  funzioni di medico-capo dei campo, l'opinione unanime gli attribuiva la responsabilità 
  di tutto ciò che vi era di inumano nel riconoscimento e nel trattamento 
  delle malattie. La cronaca dell'infermeria rigurgitava dei suoi misfatti, a 
  proposito dei quali si diceva che il suo aggiunto, dott. Kuntz, soltanto con 
  grande difficoltà riuscisse ad attenuarli. Coloro che lo avevano conosciuto 
  a Struthof ne parlavano in termini da mettere i brividi. Personalmente, ho avuto 
  a che fare con lui e sono dell'avviso di tutti coloro che si sono trovati nel 
  mio stesso caso: era un bruto tra i bruti. Tornato in Francia, quale non fu 
  la mia sorpresa nel vedere che tanti brevetti di buona condotta erano assegnati 
  - da detenuti privilegiati, è vero! - ad un uomo il quale, al campo, 
  per tutti, perfino per i meglio intenzionati, era da impiccare! Ho potuto capire 
  la faccenda soltanto quando ho saputo che era stato il primo - e per molto tempo 
  il solo - ad affermare l'autenticità dell'ordine di far saltare tutti 
  i campi all'avvicinarsi delle truppe alleate e di sterminarvi tutti i loro occupanti 
  compresi i guardiani: era la ricompensa per una falsa testimonianza della quale 
  a quell'epoca non si poteva sapere il valore, ma che era necessaria per architettare 
  una teoria a sua volta indispensabile ad una determinata politica.
  Nota 19: E questo non coinvolge soltanto le S.S.
  Nota 20: Questa tesi è stata confermata in modo clamoroso il 22 luglio 
  1953 alla tribuna dei Consiglio della Repubblica da de Chevigny, senatore di 
  un distretto dell'Est, ex deportato di Buchenwald. Egli rivelò che «i 
  tedeschi avevano lasciato che i detenuti formassero la propria polizia e che 
  per compiere le esecuzioni affrettate - senza camere a gas! - si potevano sempre 
  trovare degli amatori entusiasti». Tutti o quasi tutti questi accaniti 
  di giustizia «sono stati, più tardi, colti in flagrante delitto», 
  aggiungeva il senatore («Journal Officiel», 23 luglio 1953, Débats 
  parlementaires). L'autore non rimprovererà a de Chevigny di non avergli 
  offerto spontaneamente la sua testimonianza e di aver lasciato che lo si condannasse.
  Nota 21: Questo non può mancare di sorprendere il lettore, se sa che 
  il Tribunale di Norimberga aveva fatto proprio lo stesso ragionamento.
  Nota 22: Allusione alla tragedia seguita al naufragio della Medusa: i superstiti, 
  salvatisi su una zattera, furono spinti dalla fame al cannibalismo. L'episodio 
  ispirò a Géricault, nel 1816, un celebre quadro [n.d.t.].
  Nota 23: I bolscevichi, che neppure loro li hanno inventati, li hanno utilizzati 
  molto prima che entrasse in scena il nazismo!
  Nota 24: Un grandissimo numero degli scampati dei campi - se non la maggior 
  parte - sono quelli che hanno osservato questa regola fino alla fine o che, 
  senza farsi lupi - e ve ne furono! -, hanno però beneficiato della benevolenza 
  o della protezione dei lupi. Perché lo si ignora, si finge di ignorarlo 
  o lo si dimentica: i campi erano amministrati da quei detenuti che si erano 
  fatti lupi e che, su delega della S.S., vi esercitavano un'autorità da 
  satrapi. Non è senza interesse notare inoltre che questi lupi erano comunisti, 
  si dicevano tali o servivano gli scopi dei comunismo. E’ ciò che 
  spiega perché la maggioranza degli scampati siano comunisti: salvo quelli 
  che hanno dimenticato o che non hanno scoperto, i comunisti hanno mandato tutti 
  gli altri alla morte. E, imperturbabili, oggi essi attribuiscono la responsabilità 
  di tutte le morti e di tutti gli orrori, non già al regime nazista - 
  cosa che si potrebbe sostenere solo con molta difficoltà, perché 
  bisognerebbe ammettere che il regime nazista fosse il solo responsabile dell'istituzione 
  concentrazionaria, mentre si sa che questa esiste in tutti i regimi, compreso 
  il nostro -, bensì a delle S.S. prese individualmente e che essi indicano 
  per nome.
  NOTE alla parte prima.
Nota 1: Pubblicato nel 1948 col titolo ‘Passage de la ligne’.
  Nota 2: Attenzione! Attenzione! - Non tentare di evadere! - Fucilato all'istante!
  Nota 3: Dio dannato!
  Nota 4: Tu, tu... Tu, idiota!
  Nota 5: Finito?
  Nota 6: Francese.
  Nota 7: Internato francese!
  Nota 8: In gergo indica un galeotto [n.d.t.].
  Nota 9: In italiano nell'originale [n.d.t.].
  Nota 10: Debbo sparare?
  Nota 11: Sei fortunato!...
  Nota 12: Canaglia!
  Nota 13: Campo del Servizio del Lavoro (Todt).
  Nota 14: Allora, ciao!
  Nota 15: No, respira ancora...
  Nota 16: Dopo che questo era già stato scritto, venne provato che le 
  S.S. non avevano neanche avuto l'ordine di agire così. Vedi prefazione 
  dell'autore alla seconda e terza edizione [Nota dell'aut. ].
  Nota 17: Biblioteca della Gioventù Hitleriana.
  Nota 18: Squadra di lavoro.
  Nota 19: Frustino di gomma.
  Nota 20: Surrogato.
  Nota 21: Bevanda di caffè.
  Nota 22: Calma!
  Nota 23: Scrittore francese di origine ebraica. Fece conoscere Pirandello in 
  Francia. Rassinier, tacciato di antisemitismo da messeri più o meno illustri 
  quali Pierre Vidal-Naquet, Florent Brayard, eccetera - gente il cui nome è 
  una garanzia di scrupoloso giudizio - lo presenterà al ceco Jircszah 
  per indurre quest'ultimo a ricredersi sul conto dei francesi [n.d.t.].
  Nota 24: Giornale collaborazionista che usciva a Lione sotto l'occupazione tedesca, 
  diretto dall'ex deputato socialista ed ex ministro Charles Spinasse [n.d.t.].
  Nota 25 Canzone antimilitarista francese; con l'espressione “Gueles de 
  Vaches” si indicavano gli ufficiali. Poiché era stata proibita, 
  accadde che sovversivi perseguiti per averla cantata si giustificassero sostenendo 
  che le iniziali G.D.V., che erano state sostituite all'espressione surriferita, 
  stavano per “Gradés de Valeur” [n.d.t.].
  Nota 26: Dal tedesco “tragen” = portare.
  Nota 27: Riferimento a Blum [n.d.t.].
  Nota 28:.” Union Nationale Républicaine”, formazione francese 
  di destra scioltasi con la guerra [n.d.t.].
  Nota 29: Qui siamo a Buchenwald, canaglia. Guarda, là c'è il crematorio.
  Nota 30: Segretario dei Partito comunista tedesco all'avvento di Hitler. Ucciso 
  in campo di concentramento [n.d.t.].
  Nota 31: Segretario del Partito socialdemocratico all'avvento di Hitler [n.d.t.].
  Nota 32:. Nel maggio 1945, subito dopo la mia liberazione, quando mi trovavo 
  ancora in Germania e sulla via del ritorno, ho sentito una conversazione radiofonica, 
  fatta da un deportato - Gendrey Retty, se ricordo bene - che dava questa traduzione. 
  Così nascono le favole.
  Nota 33: Espressione del gergo carcerario francese; indica i guardiani incaricati 
  di assicurare l'ordine nelle case di pena. E’ parola di origine turca 
  [n.d.t.].
  Nota 34: Caso che fece epoca nella Francia prebellica. Si tratta di un tale 
  che, seviziato dalla polizia, che gli imputava un assassinio, finì per 
  dichiararsi colpevole; al processo i metodi della polizia vennero rivelati e 
  l'accusato vide riconosciuta la sua innocenza [n.d.t.].
  Nota 35: Fuori, via! Fuori, fuori!
  Nota 36: Sull'attenti.
  Nota 37: Magazzino di vestiario.
  Nota 38: Il nostro Führer sarà contento!
  Nota 39: Squadra dei morti.
  Nota 40: Fabbrica di armi della società anonima Guzlow.
  Nota 41: Campo di punizione.
  Nota 42: Campo di lavoro.
  Nota 43: Squadre di punizione.
  Nota 44: Campo di concentramento.
  Nota 45: Colonie francesi in cui venivano deportati i galeotti [n.d.t.].
  Nota 46: Ufficio di statistica dei lavoro.
  Nota 47: E’ stato detto che quasi tutta la Germania ignorava quello che 
  accadeva nei campi: lo credo anch'io: le S.S. che vivevano sul posto ignoravano 
  gran parte di ciò che vi succedeva o venivano a conoscenza di certi avvenimenti 
  soltanto parecchio tempo dopo che erano accaduti. D'altra parte, chi, in Francia, 
  conosce oggi i dettagli della vita dei detenuti di Carrère, La Noé 
  e altri luoghi? (cfr. “infra” la relazione di Pierre Bernard sulla 
  Casa centrale di Riom e l'opinione di E. Kogon).
  Nota 48: “Konzett”: pronuncia storpiata della sigla K.Z. [n.d.t.].
  Nota 49: A Rethel, nelle Ardenne, ebbe fine la resistenza dei francesi nel giugno 
  del '40, dopodiché cominciò l'occupazione [n.d.t.]. Nota 50: Giù 
  i berretti.
  Nota 50: Giù i berretti.
  Nota 51: Direzione dei campo tenuta dai detenuti stessi.
  Nota 52: Stubendienst al Block 56, poi al Block 24.
  Nota 53: In fatto di comitato nato da lunga data, ve ne fu uno solo in tutti 
  i campi: un'associazione di ladri e saccheggiatori, verdi o rossi, che avevano 
  ricevuto dalle S.S. le leve di comando. Alla liberazione cercarono di dare il 
  cambio, e bisogna riconoscere che vi riuscirono in misura piuttosto cospicua.
  Nota 54: Benché vi siano da portare all'attivo di questo campo i clamorosi 
  «paralumi in pelle di detenuto» di cui Ilse Koch, detta la cagna 
  di Buchenwald, resta “sola”, oggi, a portare la spaventosa responsabilità... 
  E’ proprio vero che la moglie del “lager-Kommandant” passeggiasse 
  per il campo in cerca di quei bei tatuaggi i cui disgraziati proprietari essa 
  stessa poi destinava alla morte? Non posso né confermare né negare. 
  Preciso, però, che in febbraio-marzo 1944 la voce che correva nel mondo 
  dei campi di concentramento accusava due Kapo dello Stembruch e del “Gärtnerei” 
  di questo delitto, già in passato perpetrato da essi, con la complicità 
  di quasi tutti i loro «colleghi». I due compari avevano industrializzato 
  la morte dei detenuti tatuati, dei quali, in cambio di piccoli favori, vendevano 
  le pelli a Ilse Koch e “ad altri”, tramite il Kapo e la S.S. di 
  servizio al crematorio. E, così, la tesi dell'accusa, se anche fosse 
  fondata, risulterebbe nondimeno abbastanza fragile...
  Nota 55: Per cinque! Per cinque! Idioti!
  Nota 56: Erano lavabi a forma di bacino circolare, con i rubinetti al centro 
  [n.d.t.].
  Nota 57: Qui siamo a Dora! Idioti!
  Nota 58: Presto! Presto! Qui siamo a Dora!
  Nota 59: Siamo a Dora, caro mio!
  Nota 60: Costruttori di strade.
  Nota 61: Alzarsi! Alzarsi! Lavarsi in fretta!
  Nota 62: Andiamo, gente! Andiamo, lavarsi!
  Nota 63: Adagio, adagio... adagio, idiota!
  Nota 64: Andiamo, andiamo! Presto, uomini! Vi dico: lavatevi!
  Nota 65: Come va?
  Nota 66: Adagio, adagio. Molto adagio! Guardi un po’ queste canaglie: 
  che ne facciamo?
  Nota 67: Attenzione! Attenzione!
  Nota 68: Fine della giornata.
  Nota 69: Zoccoli di legno.
  Nota 70: Rompete le righe!
  Nota 71: Spidocchiamento, disinfestazione.
  Nota 72: Tutti là dentro!
  Nota 73: Spogliarsi!
  Nota 74: Giusto.
  Nota 75: Niente, fila.
  Nota 76: Non occorre! Fila, cretino!
  Nota 77: Il tuo coltello.
  Nota 78: Il tuo numero?
  Nota 79: Senti, camerata, i tuoi pacchi non saranno mai più derubati. 
  Te lo dico io. Ora va'!
  Nota 80: Piccola baracca in legno [n.d.t.].
  Nota 81: Sorvegliante generale infermiere.
  Nota 82: Ambulatorio esterno e ambulatorio interno.
  Nota 83: Ho saputo in prosieguo che Johnny era stato abbastanza scaltro da ottenere 
  nel contempo la protezione di Katzenellenbogen, quel detenuto che si diceva 
  di origine americana, che era medico generale del campo e che commise abbastanza 
  angherie da esser considerato, alla liberazione, un criminale di guerra!
  Nota 84: Le camere a gas che certe S.S. negavano e che altri motivavano con 
  gli stessi ragionamenti di Simone de Beauvoir, non esistevano a Dora. Non esistevano 
  nemmeno a Buchenwald. Noto, di passata, che di tutti coloro che hanno descritto 
  così minuziosamente gli orrori di questo genere di supplizio, d'altronde 
  perfettamente legale negli USA, non vi è, a mia conoscenza, nessun testimonio 
  “de visu” fatta eccezione per Höss, Lagerkommandant a Auschwitz, 
  la cui testimonianza va presa con riserva in ragione tanto delle condizioni 
  atroci in cui è stata redatta, quanto di quelle rocambolesche nelle quali 
  è stata pubblicata (vedi più avanti). Vi è anche la testimonianza 
  di Miklos Nyiszli e quella di Gerstein, ambedue chiaramente testimonianze false, 
  oltre che quasi certamente apocrife (vedi, di nuovo, più avanti).
  Nota 85: Anch’io, idiota!
  Nota 86: Idiota, tu sei Pazzo! Va' subito all'infermeria!
  Nota 87: Sì, di certo... Tra tre o quattro giorni.
  Nota 88: Ha riempito di merda il letto... Questo imbecille è così 
  pigro... e non c'è acqua calda.
  Nota 89: Carcere militare francese [n.d.t.].
  Nota 90: Cioè uno degli ammutinati dei 1918. L'episodio è celebre 
  [n.d.t.].
  Nota 91: Battaglioni di disciplina nell'esercito francese [n.d.t.].
  Nota 92; Ne “La Lie de la Terre” Arthur Koestler fa della vita nei 
  campi di concentramento francesi un quadro che, in seguito, ha ancora confermato 
  il mio punto di vista. Come, del resto, il libro di Julien Blanc, “Joyeux, 
  fais ton fourbi”.
  Nota 93: Aiutante-capo.
  Nota 94: La H-Führung di questi sottocampi è in mano ai verdi che 
  la H-Führung rossa di Dora vi ha mandati per sbarazzarsene e per evitare 
  il loro ritorno al potere.
  Nota 95: V. al prologo il racconto di un trasporto di evacuazione vissuto dall'autore.
  Nota 96: Zaino.
  Nota 97: Ho visto il fenomeno prodursi una sola volta, poche settimane prima 
  della liberazione.
  Nota 98: La gran massa dei detenuti pensa anch’essa che la H-Führung 
  è molto più responsabile delle S.S. del genere di vita che le 
  è stato imposto.
  Nota 99: Battista, testimone di Geova, obiettore di coscienza.
  NOTE alla parte seconda.
Nota 1: Pubblicato nel 1950 coi titolo ‘Le Mensonge d'Ulysse’ e 
  con il sottotitolo ‘Regard sur la littérature concentrationnaire’.
  Nota 2: Pittore e umorista francese dei Novecento [n.d.t.].
  Nota 3: Valoroso guerriero e statista francese dei Trecento [n.d.t.].
  Nota 4: Prego il lettore di non vedere alcuna maligna intenzione di anticlericalismo 
  nel fatto che il gruppo è tutto di preti.
  Nota 5: Sulla «testimonianza» del Nyiszli (ed, ital.: Longanesi, 
  1977) si veda C. Mattogno, ‘«Medico ad Auschwitz» anatonomia 
  di un falso’, La Sfinge, Parma, 1988 [n.d.t.].
  Nota 6: Un'edizione di questi ricordi era stata pubblicata in Polonia nel 1951, 
  ma, per quanto ne so io, non aveva ancora varcato la cortina di ferro nel 1958. 
  (Sul libro autobiografico di R. Höss si vedano ora: C. Mattogno, ‘Auschwit,-: 
  ‘le «confessioni» di Höss’, La Sfinge, Parma, 1987; 
  R. Faurisson, ‘Comment les Britanniques ont obtenu les aveux de Rudo Höss’, 
  in «Annales d'Histoire révisionniste», n. 1, primavera 1987; 
  Idem, ‘Le témoignage da «Commandant d'Auschwitz» est 
  déclaré sans valeur!’, in «Nouvelle Vision», 
  n. 33, giugno-agosto 1944. Nel cit. studio del Mattogno il lettore italiano 
  troverà un saggio di come «la metodologia revisionista non solo 
  non escluda ‘a priori’ l'esistenza delle camere a gas, ma ‘possa’ 
  tranquillamente partire da questo presupposto per confutare i singoli testimoni 
  oculari»: così l'autore, pag. 6 [n.d.t.].)
  Nota 7: Tanto fragile che la Corte di Assise di Augsburg che ebbe ad occuparsene 
  non la accolse contro l'imputata... per mancanza di prove.
  Nota 8: Vedere in appendice a questo capitolo: “La disciplina alla Casa 
  centrale di Riom”, nel 1939, di Pierre Bernard, che vi fu internato, e 
  “Nelle prigioni della Liberazione”, testimonianza di A. Paraz.
  Nota 9: Vedi Parte prima, cap. 3, e, qui, il par. Precedente.
  Nota 10: Vedi paragrafo precedente.
  Nota 11: Uomo politico della Quarta Repubblica, fu ministro della giustizia 
  e anche presidente dei consiglio dei ministri [n.d.t.].
  Nota 12: Due scritti di A. Paraz [n.d.t.].
  Nota 13: Verbo alludente alla pratica del coito orale [n.d.t.].
  Nota 13: Attualmente questo Roux è un alto funzionario nel Sud-Est della 
  Francia. Senza dubbio, per ricompensa di questi bei fatti.
  Nota 14: Questa citazione non è mutilata, nonostante l'errore di sintassi 
  che potrebbe farlo credere e che è messo in evidenza dalle parole in 
  maiuscolo. Ne «Le Droit de vivre» del 15 settembre 1950 Martin-Chauffier 
  ha preteso che questo testo era scritto correttamente, con le seguenti parole: 
  «E’ inutile aggiungere che l'errore di sintassi non esiste - altra 
  falsità - ma che un “punto e virgola”, che il sig. Rassinier 
  ha infilato al posto di due punti che io avevo messo, può ingannare chi 
  non è molto sicuro della sua grammatica». Perché Martin-Chauffier 
  è sicuro che un chiodo scaccia l'altro. Ed è troppo «sicuro 
  della sua grammatica» perché gli si possa facilmente parlare dei 
  rapporti che esistono tra il verbo e il suo soggetto o il pronome e il suo antecedente. 
  Morale della favola: un signore che esce dalla École des Chartes non 
  è, evidentemente, obbligato a sapere quello che si esige da un ragazzo 
  di 10 anni per ammetterlo alla Sesta. Non volendo cavillare abbiamo ristabilito 
  i due punti reclamati da Martin-Chauffier e che un semplice refuso aveva effettivamente 
  sostituiti con un punto e virgola nella prima edizione: il lettore che riuscirà 
  a scoprire come questo abbia cambiato i termini della questione è pregato 
  di scrivercelo (contro ricompensa).
  Nota 15: Evidenziato nell'originale.
  Nota 16: Per quanto ne so, non è stato citato che da Jean Puissant nel 
  suo libro “La Colline sans oiseaux” (Ed. du Rond Point, 1945), monografia 
  onesta e minuziosa - la migliore testimonianza sui campi.
  Nota 17: Dominique Canavaggio dice a buona ragione «già», 
  perché egli lo era da sempre.
  Nota 18: Il 20 febbraio 1952 aveva scritto una “Lettera aperta ai Direttori 
  della Resistenza” (Gallimard, Parigi) nella quale diceva le sue quattro 
  verità a quella fauna, e che aveva prodotto nel seno di questa tanto 
  scompiglio quanto “Le Mensonge d'Ulysse”.
  Nota 19: Questa qualità gli era stata accordata dalla cricca imperante. 
  Si tratta di Marcel Paul.
  Nota 20: Kommando speciale addetto al crematorio.
  Nota 21: Si abbia presente che gli elementi documentarii sui quali Rassinier 
  basava il suo punto di vista sulle camere a gas erano quelli via via e occasionalmente 
  emersi tra la fine della guerra e il '67, anno della sua morte. Oggi disponiamo 
  di un patrimonio di conoscenze molto più approfondite ed estese di quelle 
  che egli poté mettere a frutto. Da esse le conclusioni che egli aveva 
  raggiunto hanno ricevuto pienissima conferma. - Il lettore che voglia farsi 
  un'idea della mole odierna della letteratura revisionistica potrà utilmente 
  consultare la bibliografia datane da Gianantonio Valli ne «L'Uomo libero», 
  riv. trimestr., n. 41, apr. 1996, pagine 87-118 (in appendice a Jürgen 
  Graf, “L'Olocasto allo scanner”, trad. parziale, pagine 33-83) [n.d.t.].
  Nota 22: Per uno strano caso, [il testimone] si trova in zona russa!
  Nota 23: Il tema qui trattato è stato fatto oggetto di ampio studio da 
  Pierre Marais: il suo volume “Les Camions à gaz en question” 
  (Polémiques, Paris, 1994) è fondamentale [n.d.t.].
  Nota 24: Corsivo nel testo.
  Nota 25: Corsivo nel testo.
  Nota 26: E’ curioso che si sia ritrovato questo rapporto di un sottotenente, 
  e non l'ordinanza cui esso si riferisce - quanto meno, che si pubblichi l'uno 
  e non l'altra.
  Nota 27: Quali detenuti?
  Nota 28: La gassazione si faceva, dunque, con i vapori di carburante: la parola 
  è ai tecnici.
  Nota 29: La Jeune Parque, novembre 1947; pubblicato in Germania nel 1945 con 
  il titolo “Der S.S. Staat”.
  Nota 30: Non si sono mai conosciuti. Tra loro ebbe luogo uno scambio di lettere 
  nel 1960. Non si conosce il testo della lettera di Kogon a Rassinier, che non 
  è stata trovata tra le carte di Rassinier. E’ stata pubblicata, 
  invece, la risposta, importantissima, di questi a Kogon («Annales d'Histoire 
  révisionniste», n. 4, primavera 1988, pagine 65-77, e presentazione 
  redazionale, pag. 64 s.). «Eugen Kogon è morto nel dicembre del 
  1987. Cosa curiosa, nessuna necrologia ha segnalato nella stampa il triste avvenimento 
  e gli storici ufficiali, le associazioni guardiane della “memoria” 
  sono sorprendentemente rimaste silenziose. Eppure Kogon è l'autore classico 
  sul sistema concentrazionario. Ha scritto “Der S.S. Staat” [Lo Stato 
  S.S.] e ha collaborato [con H. Langbein, A. Rückerl e altri, nel 1983] 
  al libro “Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas” 
  (trad. francese: “Les Chambres à gaz, secret d’État», 
  N. de Minuit, Paris, 1984), che doveva annientare il revisionismo. Questo silenzio 
  probabilmente si spiega con la rivelazione apparsa il 26 dicembre 1987 nelle 
  colonne del ‘New York Times’. Kogon, di cui Rassinier aveva sottolineato 
  nella “Menzogna di Ulisse” che svolgeva nella gerarchia dei campi 
  una funzione assai privilegiata come segretario del medico S.S. Ding-Schuller, 
  appare nei dossier della commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra, 
  di recente aperti alla consultazione, come sospetto di partecipazione ad esecuzioni 
  collettive nel quadro di esperienze mediche condotte a Buchenwald. Queste accuse 
  non provano nulla e noi, per quanto ci riguarda, non le riprendiamo. Il disprezzo 
  in cui teniamo Kogon si fonda unicamente sul suo atteggiamento di censore-giustiziere 
  nel dopoguerra» (così la succitata presentazione redazionale, la 
  quale nota anche che la riedizione francese [1970] Le Seuil de “L’État 
  S.S.” reca una versione falsificata di quest'opera, versione «amputata, 
  in specie, dei capitolo centrale sull'atteggiamento del Partito comunista nella 
  gestione interna dei campi» [n.d.t.]».
  Nota 31: Durante questo tempo, il dottor Seguin non poté mai farsi prendere 
  in considerazione, nella sua qualità, dalla Häftlingsführung. 
  Il dottor Seguin è il dottor X di cui si è fatta menzione in precedenza: 
  è morto per non essere mai stato riconosciuto come medico dai comunisti 
  che l'avevano mandato allo “Steinbruch” (cava di pietra).
  Nota 32: Il nazional socialismo lo aveva ricevuto in consegna dalla Repubblica 
  di Weimar. Questo tratto non manca di umorismo, in quanto caratterizza uno scopo 
  comune ai due regimi.
  Nota 33: Non pare aver incontrato un certo Martin-Chauffier.
  Nota 34: O, più semplicemente ancora, che la disturbavano, che minacciavano 
  di accedere a posti importanti. L'argomento della collaborazione con la S.S. 
  è, del resto, senza valore: questa «direzione illegale» (sic) 
  collaborava apertamente con la S.S., come sarà dimostrato altrove.
  Nota 35: Eugen Kogon usa ora la parola «illegale», ora la parola 
  «clandestina», per caratterizzare la Häftlingsführung. 
  In realtà non vi era nulla di meno illegale né di meno clandestino.
  Nota 36: Vi sono molti comunisti che non lo erano - quelli che erano, innanzitutto, 
  persone oneste. Erano sperduti nella massa e seguivano la sorte comune.
  Nota 37: Va rilevato che le S.S. non prelevavano generalmente in prima persona, 
  o lo facevano molto timidamente: lasciavano prelevare per loro conto ed erano, 
  in tal modo, meglio serviti.
  Nota 38: Tra virgolette nel testo.
  Nota 39: Probabile soltanto, lo sottolineo.
  Nota 40: Un verde, ed è per questa ragione che l'incidente è raccontato 
  come avente «un valore di esempio».
  Nota 41: La prigione interna del campo. Se si crede a Kogon, «Non fu la 
  S.S., ma il primo Decano dei campo Richter che l’inventò» 
  (pag. 174), mentre la S.S. neanche ci pensava.
  Nota 42: Si ricordi che al tempo in cui scrisse questo libro Rassinier non era 
  ancora giunto alla convinzione - alla quale pervenne solo in prosieguo, nel 
  corso delle sue ricerche sugli accadimenti aventi a teatro i lager nazisti - 
  della completa non-storicità degli asseriti stermini di massa - di ebrei, 
  in specie - mediante «camere a gas» [n.d.t.].
  Nota 43: D. Rousset ha anche fatto menzione di un'ordinanza del Terzo Reich 
  sulla protezione delle rane, avvicinandone il testo all'impensabile regime imposto 
  ai concentrazionari. C'è bisogno di rilevare che la Francia repubblicana 
  possiede, lei, intere raccolte di testi legiferanti sulla protezione delle rane, 
  dei pesci, eccetera, testi ogni anno ripercossi su tutti gli echi da tutte le 
  Prefetture? E che se ne potrebbero trarre felici effetti di penna se li si avvicinasse 
  a quelli che riguardano l'infanzia orfana o abbandonata, oppure la sorte dei 
  popoli coloniali, oppure, ancora, il regime penitenziario?
  Nota 44: Questa generalizzazione è arbitraria: si tratta soltanto di 
  quelli che si erano improvvisati loro capi in grazia dell'autorità che 
  tenevano dalla S.S..
  Nota 45: Tutti i detenuti di Buchenwald possono testimoniare che il suo punto 
  di vista era predominante in materia sanitaria e medica.
  Nota 46: Delizioso eufemismo.
  Nota 47: Casa speciale.
  Nota 48: Perché questa filosofia ammette senza dubbio una denuncia... 
  involontaria! Come si vede, le vie d'uscita non mancano!
  Nota 49: Perché vi sono anche modi di denunciare che lo sono meno o che 
  non lo sono affatto, evidentemente!
  Nota 50: E’ il nostro “C'era una volta un piccolo naviglio...” 
  [n.d.t.].
  Nota 51: Qui Rassinier incorre in un equivoco: a Nobile non venne fatto carico 
  di un episodio di cannibalismo (di episodi del genere non ve ne furono nel caso 
  specifico), bensì di essersi posto in salvo prima che si fossero posti 
  in salvo gli uomini alle sue dipendenze [n.d.t.].
  Nota 52: Generalizzazione arbitraria: contro coloro che esercitavano il potere 
  per conto della S.S. diffidando degli altri.
  Nota 53: Omettiamo di inserire la figura che, non disponendo dell'immagine originale 
  ottenuta da Rassinier, risulterebbe piuttosto insoddisfacente in quanto riproduzione 
  di almeno un'altra riproduzione (“L’editore italiano”).
  Nota 54: Esponente della S.F.I.O. Ebbe una parte di rilievo nell'espulsione 
  di Rassinier dal partito dopo la pubblicazione del “Mensonge d'Ulysse” 
  [n.d.t.]
  Nota 55: Emittente americana in tedesco.
  Nota 56: “Congiurati” nel senso di persone che hanno “giurato 
  insieme”, che hanno una iniziazione in comune [n.d.t.].
  Nota 57: Se si nascondeva il cavalletto di Buchenwald al prefetto di polizia 
  di Weimar non è affatto probabile che lo si mostrasse al suo ministro!
  Nota 58: Autore di “Témoins”.
  Nota 59: “Les Jours de notre vie”, «Les Temps Modernes», 
  gennaio 1950.
  Nota 60: “Au café de Flore” (nota di Albert Paraz).
  Nota 61: Sotto il titolo “Des raisons de la philosophie aux impératifs 
  du sens commun”, questo sguardo d'insieme era stato indirizzato ai «Temps 
  Modernes» in risposta all'articolo di Sartre e Merleau-Ponty e naturalmente 
  non era stato pubblicato. Comunicato a «Le Libertaire», lo è 
  stato nel numero del 9 febbraio e «La Révolution prolétarienne» 
  ne ha riprodotto larghi brani.
  Nota 62: Scritto il 10 gennaio 1950.
  Nota 63: In Prosieguo, il «Le Figaro Littéraire», a sua volta, 
  ha messo la sordina. In definitiva, il solo profitto dell'operazione pare essere... 
  la Legion d'Onore attribuita a David Rousset - al merito militare, se permettete!
  Nota 64: Soprattutto se si prende per unità di misura il comportamento 
  della Francia nelle colonie, dove, dopo gli ultimi avvenimenti dell'Indocina 
  e dell'Africa del Nord, nessuno è abbastanza temerario da osare più 
  di affermare che la polizia e l'esercito francesi si comportino molto differentemente 
  da come la polizia e l'esercito tedeschi si comportavano in Francia nei confronti 
  dei resistenti durante gli anni più terribili dell'occupazione (“nota 
  dell'autore per la seconda edizione e le successive”).
  Nota 65: No, se si legge “L'Agité du Bocal” (nota di Albert 
  Paraz). - “L'Agité du Bocal” è un libro dello stesso 
  Paraz in cui Sartre viene fatto segno ad una violenta critica [n.d.t.].
  Nota 66: Riferimento alla celebre opera di Marx contro Proudhon [n.d.t.].
  Nota 67: Allusione alla formula di governo adottata in Francia nell'immediato 
  dopoguerra [n.d.t.].
NOTE al “Libello”.
Nota 1: Il testo di Faurisson è apparso sotto il nome di Jacques Dupont. 
  E’ con il dovuto permesso che qui lo pubblichiamo sotto il vero nome dell’autore. 
  - Il giudizio di «Jacques Dupont», condensato in un estratto di 
  meno di tre righe e ripreso da «Rivarol», è stato riprodotto 
  (unico sfavorevole, oltre a quello di Jorge semprùn) da «Le Monde», 
  16 maggio.
  Nota 2: Dato che spigoliamo nel cit. fase. di «Marxismo [sic] oggi», 
  ad una menzione ha diritto anche un Alberto Burgio blaterante di «pornografia 
  negazionista» (pag. 115) a (s)proposito di una letteratura della quale 
  ci sembra dubbio egli abbia una conoscenza che non sia del tutto generica e 
  superficiale. Senonché il caso di questo Burgio è un caso a parte, 
  caratterizzato com'è da un'anomalia: vogliamo dire che, se di qualcosa 
  si può dubitare quanto ai Germinario e ai Poggio, questo qualcosa non 
  è la perspicacia, laddove - per parlare in tutta franchezza - il Burgio 
  si esprime in termini che giustificano un serissimo interrogativo circa la sua 
  idoneità ad afferrare il senso generale e la lettera stessa di ciò 
  che gli sta sotto gli occhi, di ciò che, nella fattispecie, sta sotto 
  gli occhi di un buon numero di lettori. Avremmo ogni motivo di compiacerci vedendolo 
  esprimere con vigore l'idea che, «nell'interesse della memoria e della 
  coscienza dell'infinito orrore dei campi di sterminio [...] occorre anche accettare 
  di discutere [...] con quanti propagano infamie e menzogne, con chi in malafede 
  nega l'evidenza o insinua con ipocrita abilità dubbi immotivati» 
  (pag. 105), «quanti» e «chi» essendo, naturalmente, 
  i revisionisti, vale a dire i biechi «negazionisti “à la” 
  Butz o alla Raissinier [sic]-Faurisson» (pag. 102); e una delle cose da 
  discutere, non certo la più importante, sarebbe questa distinzione di 
  scuole stabilita dal Burgio. Ma cosa si deve pensare di un tizio che magari 
  avrà una cattedra universitaria, ma che vive nell'inconcepibile persuasione 
  che questa disponibilità a discutere con i «negazionisti» 
  sia addirittura ciò che «<Vidal - Naquet insegna>» 
  (pag. 102)? Ma se sono dieci anni, se non di più, che il «faro 
  dei pensiero storico contemporaneo, la più alta coscienza morale dei 
  tempi moderni» (così P. Guillaume) rompe i corbezzoli al mondo 
  intero ripetendo a chi lo vuol sentire e a chi non lo vorrebbe sentire che si 
  <“discute SUI revisionisti, non si discute CON i revisionisti!”> 
  Si riesce mai ad immaginare che al Burgio, e solo al Burgio, abbia insegnato 
  l'esatto opposto?
  Che tra gli adepti dei “gros bonnet” si aggiri un sosia di lui, 
  un sosia al soldo dei revisionisti, intento ad una diabolica opera di inversione 
  del suo insegnamento? Tutto può essere. Però ci sembra più 
  ragionevole credere che sia il Burgio a scambiare nero per bianco; e questo 
  la dice lunga sulla penetrazione con cui egli ha letto il suo maestro.
  Su una lettura altrettanto penetrante dei testi revisionistici poggia la condanna 
  senza appello che egli, concitato e indignato, pronuncia a carico dei loro autori.
  Nota 3: Il riferimento è a Maurice Weil (1844-1924), ufficiale di carriera, 
  intimo dell'Esterhàzi, e a Möise Leeman, «abilissimo falsario, 
  condannato dieci volte per truffa», trovato impiccato in una camera d'albergo 
  il 3 marzo 1898. Questo Leeman (che fabbricò il «falso Henry», 
  la lettera dell'addetto militare italiano a Parigi, col. Panizzardi) era “dit” 
  Lemercier-Picard, ma è una francesizzazione che ci sembra da collegare 
  alle necessità inerenti alla di lui attività di truffatore professionale. 
  V. Maurice Paléologue, “Journal de l'affaire Dreyfus”, 1894-1898, 
  Plon., Paris, 1955, passim, cit. da Vincent Monteil, in Aa.Vv., “Intolérable 
  Intolérance”, Editions de La Diffèrence, Paris, 1981, pag. 
  142.

