2009.08.28



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Rendere disponibili gli strumenti necessari per l'osservazione del Terzo paesaggio.
— Gilles Clément - Manifesto del Terzo paesaggio (Sulla scala)

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#1

Tra l'ideale e il reale... ci sta di mezzo il mare

ovvero,

Giù il cappello davanti al passato
Su le maniche davanti all'avvenire.

alcuni appunti sparsi ai margini della trasferta romagnola estiva

Ieri sera, in questo torrido fine estate, ho cenato al "Ruvido", a Marina di Ravenna, insieme ad amici, tra cui anche Eugenio de "La Radisa".

Ha accennato alla imminente cessione dell'azienda, al che io gli ho chiesto se ha mai pensato a "trasformarla" in realtà collettiva gestita da una entità che derivi la sua costituzione dai GAS... ma lui non vuol mica mandare in rovina "la Radisa"! Ha già provato a far avvicinare alla produzione i GAS, risultato? che c'ha 20 quintali di pomodori da sugo che vanno a male e soltanto due persone gliene hanno ordinato 10 kg a testa.

In settembre avrà bisogno di mano d'opera, che un suo operaio si deve assentare per tre settimane e uno dei lavori fondamentali da fare è quello del diserbo a mano.

Lui ha una parte dei suoi 3 ettari a bosco.

In questo momento, a fronte del suo solito detto relativo alla terra che è bassa e cioè che è faticoso lavorarla, mi sto ponendo un pò di questioni.

Sicuramente è tutto vero... si fatica a campare pur spezzandosi la schiena e sudando l'anima lavorando la terra, ma quello che vorrei vedere io e che mi farebbe emozionare perchè vicino alla mia idealizzazione di una sacro rapporto con gli elementi della natura, sarebbe non tanto una efficente azienda biologica, quanto più un bosco trattato come orto/giardino; una effettiva realizzazione che tragga spunto dagli stimoli di Fukuoka e Clement. Quello che mi attira è vedere la natura all'opera e verificarne le possibilità di interazione, mi chiedo se, a fronte di una terra efficentemente lavorata da più operai non sia possibile avere una natura interagita (non lavorata nel senso di Fukuoka) da molte meno persone. Certo, tutti coloro che si buttano nel biologico, allo sbaraglio, alle prime armi a tentare l'agricoltura della "non azione", si ritrovano subito a doversi frettolosamente "convertire" ad un lavoro più tradizionale, quindi, apparentemente, l'agricoltura naturale sembra un miraggio idealizzato ma...

Facciamo finta di vedere la situazione lasciando per un momento da parte quattrini e normative varie (e questo è tutto un dire).

Io partirei da una sorta di bosco, un luogo incolto da qualche anno, vorrei vederne il tipo di piante selvatiche alimurgiche o comunque utile all'uomo (ad es. tinture); in questa situazione si potrebbe pensare ad una sorta di associazione per la (ri)scoperta delle qualita' di queste piante. Magari gli associati potrebbero pagare una quota mensile che servirebbe a coprire le spese (compreso una sorta di affitto del luogo) per la realizzazione di cene collettive, fatte a partire da un lavoro aperto alla partecipazione diffusa (iniziando, ad es., dalla raccolta).

Questa terra la si potrebbe vedere di coltivare, poi, con un lavorio che si rifà alla natura presente e ne ricava qualcosa di leggermente diverso attraverso pratiche di [collabor|inter]azione... che è qualcosa di differente rispetto ad un atteggiamento che parte da certi risultati efficentisti da raggiungere (cioè un'agricoltura sostanzialmente tradizionale)...

... da continuare

(rimane sempre da puntualizzare la realizzazione di una forma associativa che permetta al contempo da una parte lo svincolo da impossibili normative logistico/sanitarie e dall'altra alcune retribuzioni che lascino spazio all'esistenza)