2008.09.26



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Considerare la non organizzazione come un principio vitale grazie al quale ogni organizzazione si lascia attraversare dai lampi della vita.
— Gilles Clément - Manifesto del Terzo paesaggio

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#3

Rifiuto, attenzione & occasioni: ingredienti per ricette post-catastrofe

From: rattus
Subject: [RK] Bologna-Montale- Bianciardi
To: rekombinant@liste.rekombinant.org

«... ora so che non basta sganasciare la dirigenza
politico-economico-social-divertentistica italiana. La rivoluzione
deve cominciare da ben più lontano, in interiore homine. Occorre che
la gente impari a non muoversi, a non collaborare, a non produrre, a
non farsi nascere bisogni nuovi, e anzi a rinunziare a quelli che
ha...».

... il rifiuto dei bisogni "indotti" ha raggiunto una maturità ben più solida di un semplice e "birichino" elogio dell'ozio. Soprattutto si inizia a intravvedere che la rilassatezza ha un "potenziale" produttivo. Solo che si tratta di una produttività assolutamente inconciliabile con quella diffusa nelle cattedrali del consumo.

... Che vi sia un rapporto tra tecniche di rilassamento (training autogeno, yoga, meditazione etc) e disponibilità individuale di risorse attentive è sicuramente un dato interessante...

... Questo tema dell'attenzione aiuta a capire in che modo la produttività della rilassatezza si contrappone all'attivismo decerebrato. Prendiamo, ad esempio, un uomo timido, schivo, riservato come Eugenio Montale. Leggevo alcuni passi dell'introduzione di Luigi Zampa all'opera del poeta, in cui il critico si sofferma sull'effetto che ebbe l'uscita de "Le Occasioni" (1939) : «Il libro», scrive Zampa, «andava incontro a un'aspirazione inespressa ma diffusa in animi presaghi».

Le occasioni, non dimentichiamolo, sono:

« gli istanti fatali dell'esistenza, quando in un baleno è possibile
intravedere una realtà diversa o una diversa disposizione della realtà
(...)»

... Ciò che distingue l'inerzia di Montale da quella di Bianciardi è che l'ozio montaliano è un lavoro solitario di attese, un' arte dell'appostamento, un muoversi alla ricerca di improvvise rivelazioni. L'ozio montaliano è, insomma, altamente produttivo...

Bianciardi no. Per lui l'ozio è un movimento utopico collettivo, un'esodo militante:

«Agli inizi formeremo appena delle piccole comunità, isolette sparute
in mezzo allo sciaguattare dell'attivismo, e gli attivisti ci
guarderanno con sufficienza e dispregio. Per parte nostra, metteremo
alla porta con ferma dolcezza i rappresentanti di commercio, gli
assicuratori e i preti».

Personalmente sono dell'idea che oggi abbiamo bisogno di una sorta di sintesi tra le due posizioni...

#2

Filippo Cintolesi, vignaiolo del Chianti perduto

[Michele Marziani]

Saliamo sulle colline della Lega del Chianti, sulla linea del confine militare tra Firenze e Siena, intorno le viti dei nuovi signori del vino, i castelli sabbiati di fresco, gli ulivi patinati da foto Made in Tuscany. Passiamo oltre il castello di Vertine e l'occhio inquadra uno stradello tra i muri a secco, una barca parcheggiata in giardino, curioso souvenir lontano dal mare, e, vivaddio!, finalmente una casa, un casale di campagna, non un castello tirato a nuovo. Siamo al centro del Podere Erbole. E lì, in mezzo all'aia, Filippo Cintolesi, laurea in fisica, classe '64, passato recente a far ricerca nelle università, ultima fermata Oxford, con l'idropulitrice dà una lavata alle botti "sculate" dove vinifica il Salvino, Chianti extra classico che per impiastri di burocrazia non si chiama Chianti ma è fatto nel Chianti più Chianti, con uve antiche, autentiche, quasi commoventi. Quest'anno il Salvino non lo faccio, dice sconsolato Filippo Cintolesi. La vendemmia è andata a rotoli. Un ettaro di vigna, tanta ce n'è oggi, dove ai malanni dell'annata si sono uniti i cinghiali e la grandine. Compro le uve da amici di cui mi fido, dei quali ho già scelto i filari, aggiunge, e faccio un alto vino, gli cambio nome: "Filippo Cintolesi 2008". E sorride con la faccia da Giamburrasca diventato grande, mentre si va a pranzo a Gaiole in Chianti, questo il comune. Lui entra in trattoria con gli stivali di gomma e la giacca maremmana di velluto e non si fa intimorire dagli americani che ai tavoli parlano di business del vino. Lui racconta di quando su padre ha preso questo terreno in cima al Chianti negli anni Sessanta. Allora nessuno voleva starci in campagna. Poi si perde negli anni passati da bambino tra le vigne e gli ulivi poggiati alle terrazze fatte coi muri a secco e tra le viti c'era il grano. Avevamo un pagliaio vicino a casa, dice e guarda lontano. Tutt'altro mondo rispetto a questa Toscana patinata che del Chianti vorrebbe fare una truffa allargando all'infinito le zone di produzione del vino, togliendo le uve antiche, aprendo alle moderne... Filippo racconta la storia col puntiglio del figlio di magistrato. Lo seguiamo in cantina, dove le botti sono quelle che capitano, grandi e piccole, i vini cambiano di anno in anno, ma mantengono caratteristiche comuni: sono contadini, sono Sangiovese, vero Sangiovese da cloni dimenticati, sono antichi e profondi. Come l'olio che è erbaceo e toscano, potente, senza compromessi, vasto di profumi, imponente di frutto e carezzevole al naso come le olive che lo compongono: Moraiolo, Correggiolo, più un sottovarietà di Leccino. Ottocentocinquanta piante, poco più di un quarto in produzione, il resto da recuperare, come le viti, in undici ettari abbandonati da anni, dove Filippo ha rimesso radici da poco. E che radici, profondissime, nella storia della Toscana. Milleduecento bottiglie di vino, qualche bottiglietta d'olio, confetture meravigliose di fichi dottati, ma solo per uso domestico, una casa che è la sovrapposizione di mondi passati da qui e un tavolo che è fichi, pomodori, oli, barattoli e fiaschi del Vin Santo, anche questo fatto come una volta, sgrarbato e avvolgente, ogni annata dista anni luce dalla precedente, ogni fiasco è una storia. Fortuna vuole che in campagna esistano persone così.

Questa è una nuova tappa del viaggio che sto facendo con il fotografo Marco Salzotto tra i Sovversivi del gusto. Nella foto siamo a casa di Filippo Cintolesi (a destra). Di spalle Andrea Pagliantini, altro appassionato produttore d'olio a Vertine. Chi si fosse perso qualche puntata può leggerla qui.

10:18
#1

World's Fastest Cyclist Hits 82.3 MPH

[Wired: Autopia]

Sam Whittingham is the fastest cyclist on the planet, having pedaled his sleek recumbent bicycle to a stunning 82.3 mph to claim the world record for a human-powered vehicle...

(continua)