28 AG0STO 2004

dal Giornale di Vicenza

Abbonamenti più cari.
Due ore di paura per i fumi irritanti.
"Prima vengono i cassintegrati".
Scontro sul Gayparty, a rischio le tessere. + reazioni.

La Giunta vara le nuove tariffe, che subiscono l’aggiornamento Istat Aumenti medi del 2 per cento. Resta invariato il biglietto ordinario Cicero: «Solo minimi ritocchi, a dimostrazione del fatto che puntiamo a valorizzare il servizio di trasporto pubblico». La Cisl: «Le famiglie temono impennate nei costi dei servizi: serve un tavolo di confronto»
Abbonamenti più cari
Stangata per "Carta 60", che varrà solo per i residenti.

di Gian Marco Mancassola

La Giunta ha varato ieri la delibera che fa scattare da settembre gli aumenti dei biglietti e degli abbonamenti sui bus Aim. I ritocchi, programmati da tempo, sono in prevalenza dovuti ad adeguamenti in linea con il tasso di inflazione, che sulla base delle rilevazioni mensili dell’Istat, si aggira intorno al 2,4 per cento. Se da un lato cresce il costo dei biglietti per le corse extraurbane, passando da 1 euro e 50 centesimi a 1 euro e 60 centesimi, dall’altro resta invece invariato il ticket per la corsa semplice urbana, fermo a 1 euro. «Abbiamo fatto il possibile per mantenere inalterato il quadro delle tariffe - commenta l’assessore alla mobilità Claudio Cicero -. Sono adeguamenti Istat, che però non hanno toccato il biglietto ordinario urbano: mi sembra una bella dimostrazione del fatto che l’Amministrazione crede nel trasporto pubblico e per questo stiamo appoggiando una politica tariffaria di contenimento dei costi». Le differenze più rilevanti fra vecchie e nuove tariffe si notano negli abbonamenti mensili: il titolo di viaggio per la rete urbana passa da 32,90 a 33,60 euro, mentre l’extraurbano passa da 39 a 39,80 euro. Gli abbonamenti per studenti e lavoratori a percorso fisso passano invece da 24,70 a 25,20 euro per la rete urbana.
Per l’intera rete, invece, lavoratori e studenti pagheranno nella tratta fissa 30 euro, mentre prima costava 29,40.
Gli aumenti più forti toccano i titolari di "Carta 60", che nei giorni scorsi era stata al centro di un confronto nell’esecutivo comunale fra gli assessori Cicero e Davide Piazza, titolare degli interventi sociali. Secondo Cicero i conti delle agevolazioni accordate ai titolari di "Carta 60" non quadravano. Due le strade suggerite dall’assessore alla mobilità: rivedere i criteri di assegnazione della carta, basandosi sul reddito dei richiedenti oppure innalzando la soglia minima degli aventi diritto fino a 65 anni.
La terza via, concordata con il collega Piazza, passerà invece attraverso l’analisi della residenza dei beneficiari degli sconti. Secondo alcune stime interne, in fatti, circa il 20 per cento di chi ha finora acquistato abbonamenti esibendo "Carta 60" non è residente in città. Poiché si tratta di un’iniziativa del Comune, che rimborsa Aim per lo sconto, l’orientamento deciso per il momento è di accordare il privilegio soltanto ai residenti del capoluogo. Nel 2003 avevano sfruttato l’abbonamento mensile 1.562 titolari di "carta 60" per la rete urbana e 350 per l’intera rete. Oltre 560, invece, gli abbonamenti annuali. In tutto agli Interventi sociali gli sconti erano costati 31 mila euro. Dopo le scremature, ci potrebbe essere un risparmio di circa 6 mila euro. «Se verranno registrati risparmi consistenti, non è escluso che si possa provvedere a riduzioni nelle tariffe fissate per i titolari di "Carta 60"», conclude Cicero.
Nel frattempo, in vista dei rincari, Franca Porto, segretaria provinciale della Cisl, fa presente alcune preoccupazioni, legate anche alla situazione dell’Aim. «Mi preoccupano le molte segnalazioni da parte di famiglie che temono un’impennata delle tariffe pubbliche per i trasporti urbani e per acqua, luce e gas. Questo non solo per il caro petrolio, ma anche per tutto quello che si sente sull’Aim. Mi preoccupa quello che mi dicono dipendenti Aim, gente che lavora e spesso non vede riconosciuta la propria professionalità, ma soprattutto che ha la sensazione che non ci sia per Aim un serio progetto per il futuro che dia certezza e stabilità a chi ci lavora. Mi preoccupa la sensazione diffusa che il gruppo dirigente di questa azienda non sia pienamente titolato né legittimato a gestirla. È grave che su un’azienda così importante per la collettività non si ponga fine alla girandola di voci che ne minano la credibilità e che non si istituisca un tavolo di confronto tra le istituzioni e le parti sociali per trovare soluzioni che rispondano alle esigenze dei cittadini e lavoratori Aim».


Due ore di paura per i fumi irritanti
Fatale l’errore di un autista che caricava acido cloridrico
La nube si sprigiona da una ditta orafa

di I.T.

Paura per un errore banale che innesca l’immediata reazione chimica. L’acido cloridrico finisce nella cisterna dell’acido nitrico. Le misure di sicurezza in qualche modo funzionano, ma la miscela tossica che si sprigiona sfugge al controllo e genera fumi che si propagano dalla fabbrica orafa Vimet verso lo spazio della vicina caserma Ederle. Il prodotto della reazione tra i due acidi è una sostanza, l’acqua regia, che provoca disagi a diciotto ragazzi americani di 15-17 anni che stanno giocando a football a un centinaio di metri in linea d’aria. Sono accompagnati nell’infermeria della base e tutti ad eccezione di un paio sono dimessi nell’arco di due ore.
Gli ultimi due intossicati lasciano gli ambulatori verso le otto di sera, quando ormai la situazione è senza pericolo. Possono rientrare anche le due famiglie che sono state fatte evacuare a scopo precauzionale. Quando è evidente che l’epilogo è positivo, c’è spazio anche per qualche battuta tra gli addetti ai lavori, visto che in tempi di terrorismo la caserma americana è parsa per alcuni minuti, fino a quando non si è capito dove fosse la fonte, sotto attacco chimico.
Dunque, la tensione nel quartiere di San Pio X dura lo spazio di qualche ora, perché alla fine resta l’immagine di un incidente dalle conseguenze non gravi, accaduto per motivi del tutto imprevedibili, dovuto alla sbadataggine del conducente peraltro esperto e dotato di patentino “adr”di un’autocisterna dell’Unichimica che doveva rifornire di acido cloridirico la ditta orafa che ha sede in via Corbetta.
La macchina dei soccorsi dispiegata sul campo è stata davvero articolata. Sotto questo aspetto la città può stare tranquilla. Oltre ai tecnici dell’Arpav e ai vigili del fuoco (con in prima fila la squadra Nbcr specializzata nei casi di inquinamento chimico, nucleare e battereologico) accorsi in forze, sono intervenuti le pattuglie della polizia municipale con gli assessori Marco Zocca e Maurizio Franzina, i carabinieri della Setaf e gli agenti delle volanti della questura con l’ispettore De Viriglis. Sono arrivati anche i sanitari del Suem, ma di loro, per fortuna, non c’è mai stato bisogno.
L’area isolata è stata di alcune migliaia di metri quadrati, dove hanno sede soprattutto aziende. Via Corbetta e via della Robbia sono state interdette al pubblico per un paio d’ore (18-20), anche se l’errore è avvenuto verso le 16.15-16.30 quando l’autista di Camisano del mezzo della Unichimica di Torri di Quartesolo se n’è reso conto. Sebbene fosse sotto choc, ha avvisato i proprietari Carlo e Alberto Filippi, i quali hanno provveduto a inviare tre operai. Intanto, alcuni dipendenti della Vimet - vi lavorano quaranta persone - raggiungevano gli uffici dove al titolare Emilio Mamprin hanno spiegato il guasto.
Cioè che alcune centinaia di litri di acido cloridrico erano finiti nella vasca dove c’erano quasi 4 mila litri di acido nitrico. La reazione ha forato l’involucro di acciaio ed è finita nella vasca di contenimento dove c’erano le pompe. Se quest’ultime avessero funzionato non ci sarebbero stati problemi. Al contrario sono andate in tilt perché l’acqua regia, usata nella lavorazione dell’oro, le ha surriscaldate e ossidate. È fuoriuscita una nube giallastra di biossido di azoto molto irritante che ha tenuto in scacco, almeno per la prima ora, l’apparato di sicurezza che voleva capire i contorni del rischio. Maggiori disagi ci sarebbero senz’altro stati se anzichè dirigersi ad est verso la Ederle, la nube si fosse diretta a ovest dove ci sono le abitazioni. Il vento in questo caso ha dato una mano agli abitanti.
Mamprin ha chiamato l’Arpav poco dopo le 16.30 e quindi sono stati allertati municipalità e forze dell’ordine. Quando i pompieri con getti d’acqua hanno tamponato la fuoriuscita della nube irritante è parso chiaro ai funzionari dei vigili del fuoco che soverchi problemi non ci sarebbero stati, tanto che sono stati fatti avvicinare anche i cronisti per dimostrare che l’incidente era definitivamente sotto controllo.
Dell’incidente è stato informato il magistrato di turno Alessandro Severi. Bisognerà attendere quando il rapporto giungerà sul suo tavolo per capire l’indirizzo dell’inchiesta sullo scampato pericolo.

«Mi spiace per il disagio arrecato»

(i. t.) Emilio Mamprin, titolare della Vimet, nel piazzale della ditta guarda la macchina dei soccorritori in azione e scuote la testa. Sono le 18.50. I pompieri con le maschere e i tecnici dell’Arpav si muovono alacremente. Pericoli non ce ne sono più. Resta il disagio che era palpabile quando alle 17.30 i carabinieri della Stefaf del maggiore Spolaore avevano informato gli agenti delle volanti del commissario Capozzo che un paio di ragazzi che giocavano a football avevano patito un’irritazione polmonare. «Sinceramente mi dispiace per il disagio che arrechiamo alla gente del posto - spiega -, anche se non è dipeso da noi, ma da un dipendente dell’Unichimica che ha sbagliato. Mi spiace anche per Filippi, perché quella che l’autista stava eseguendo è un’operazione di routine, abituale, visto che i due acidi, il cloridrico e il nitrico, li usiamo nella lavorazione dell’oro. Purtroppo sono situazione che possono succedere. Non dovrebbero accadere, ma possono succedere perché l’errore umano è sempre possibile. L’importante è che le conseguenze siano contenute, come è avvenuto. Le misure di sicurezza hanno funzionato e questo mi preme sottolinearlo. Non ci sono stati danni alle persone perché i nostri impianti sono sicuri. Sì, se ci fosse stata una pompa sull’autocisterna con ogni probabilità le conseguenze sarebbero state ridotte al minimo, ma tutti gli impianti sono a norma». In serata il capitano della Ederle Stefano Sbaccanti, addetto alle relazioni esterne, informa che gli ultimi due ragazzi delle scuole superiori che stavano giocando sono ritornati a casa senza problemi.
«L’errore capitato è tanto più incredibile - osserva Mamprin - perché sulle vasche c’è scritto a carattere grossi così dove c’è l’acido cloridrico e dove c’è quello nitrico. Quell’autista le cisterne le ha caricate innumerevoli volte, purtroppo stavolta è andata così. La Vimet ha dimostrato comunque di sapere reggere l’emergenza in sicurezza, come dimostra il risultato finale. Da noi ci sono tutte le norme di sicurezza. È vero che la gente in passato qualche volta si è lamentata, ma abbiamo speso molto in sicurezza per attrezzare un’azienda che oggi dà garanzie».

Per sicurezza evacuata un’abitazione
Molti uffici e aziende di via Della Robbia erano chiusi al momento dell’incidente

di Federico Ballardin

Sono passate da poco le 20 quando Marco Zocca, arrivato due ore prima in via Della Robbia, avvisa il sindaco della cessata emergenza. Si tratta del primo intervento di Zocca in veste di assessore alla protezione civile.
«Per fortuna l’area interessata dal fenomeno era circoscritta - spiega l’assessore - si parla di circa 200 metri, altrimenti si sarebbe dovuto provvedere ad evacuare tutta la zona. La nube era piuttosto pesante, e il vento l’ha spinta verso il carcere. Inoltre all’ora dell’incidente nella via, dove si trovano aziende ed uffici, non c’era anima viva se si escludono le due famiglie che qui risiedono. Da quello che mi è stato riferito, sono circa 30 anni che effettuano operazioni come quella odierna e non era mai accaduto nulla. La sostanza sprigionata ad ogni modo ha effetto irritante se inalata in concentrazione abbondante o in ambienti chiusi».
Sul luogo sono intervenute numerose pattuglie della questura, dei vigili urbani, dei carabinieri assieme ai tecnici dell’Arpav Antonio Stefani e Diego Zanini incaricati di effettuare le rilevazioni. C’erano, ovviamente, anche i vigili del fuoco, fra i primi a giungere sul posto. Infine è arrivato anche il maggiore Sheann Driscoll, capo della polizia militare americana. Con le minacce di attentati terroristici, anche chimici, la situazione nei primi momenti deve aver suscitato una certa preoccupazione anche dalla parte americana (la caserma non dista molto in linea d’aria).
«La Vimet non è una di quelle aziende considerate a rischio - dice spiega Diego Zanini dell’Arpav -. La dinamica dell’incidente era comunque imprevedibile e molto particolare». Il tecnico, che avanza qualche riserva sul rispetto di alcuni punti delle normative di sicurezza (eventuali responsabilità saranno accertate nei prossimi giorni) aveva ricevuto una prima telefonata proprio poco dopo l’incidente, racconta all’assessore Zocca. Per un equivoco dovuto alla concitazione del momento, solo successivamente si è capito che la vasca da cui provenivano le esalazioni non era in resina, ma di acciaio. A quanto dicono i tecnici questo cambiava di molto la situazione perché il ferro contenuto nella lega poteva creare una reazione pericolosa con le sostanze versate all’interno per errore. Anche l’assessore all’urbanistica Maurizio Franzina, che abita nel quartiere, ha fatto un sopralluogo: «Adesso attendiamo i rilievi dell’Arpav e gli eventuali verbali, se ci saranno. I residenti chiedono da anni di far spostare l’azienda? Questa era nata come zona industriale, ecco perché vi si trovano parecchie imprese. Ad ogni modo la cosa sarebbe possibile solamente se si rilevasse un pericolo per la cittadinanza. Valuteremo anche questo».

(fe. ba.) Gianni Chemello lascia la sua abitazione di via Della Robbia 26 alle 18.30. Non è spaventato e non sembra nemmeno troppo scocciato, anche se la situazione in quel momento sembra abbastanza grave, con una evidente nuvola giallastra che si leva dalla Vimet proprio in direzione della sua casa. «La mia abitazione è proprio accanto alla ditta - racconta -. Ogni tanto si sente qualche odore strano, di prodotti chimici, ma una cosa del genere non si era mai vista». Poi segnala ai vigili la presenza di una signora anziana nella casa vicina. Ma l’abitazione è già fuori dalla zona pericolosa e dunque non si rende necessario evacuare anche quella.
Pochi minuti e arrivano altri mezzi di carabinieri, volanti e polizia municipale che attirano l’attenzione dei residenti. Non tutti, infatti, si erano accorti della nube che stava fuoriuscendo dall’azienda orafa e adesso sono con il naso all’insù.
«Era da un po’ che non accadeva nulla - racconta la signora Gianna -, ma ogni tanto l’attenzione su questa azienda ritorna». Non tutti, però, sanno che cos’è la Vimet. Ad esempio Gina Rinaldini, che abita in via Della Scola e ammette: «Sinceramente questa azienda l’ho sempre vista ma non sapevo esattamente cosa producesse, probabilmente la nube è stata prodotta da agenti chimici usati per la fusione dei metalli. In passato ogni tanto si sentivano odori provenire dall’azienda, ma episodi così non erano mai accaduti». Le preoccupazioni, però, si palpano tra i residenti che, dopo aver visto quella nuvola giallastra sprigionarsi minacciosa, si chiedono se sono al sicuro.
«Anni fa era accaduto che gli alberi della via si seccassero, se n’era parlato molto - racconta Olga Saraceni, che abita in via Giuriato - Un’amica mi ha detto che dopo quell’episodio erano stati presi provvedimenti da parte della ditta. Io comunque non apro mai la finestra per non fare entrare gli odori. A volte si sente puzza di bruciato e un gusto strano in bocca. Accade sempre di sera».
«È accaduto una decina di anni fa - racconta Andrea Di Gianbattista, che abita in zona da 22 anni - gli alberi avevano un colore strano, le cicale non cantavano la sera. Quella volta ci avevano dato retta, però, e qualcosa si era fatto».
«Sì, la sera a volte si sentono odori strani - aggiunge Massimiliano Bruni - ma sinceramente non so dire se sia a causa dell’attività della Vimet».
Storie vecchie di anni, rilevano i residenti. Tuttavia in tutto questo tempo le lamentele degli abitanti non hanno mai portato a conseguenze o sanzioni per l’azienda vicentina, né a preoccupazioni di sorta da parte degli organi che vigilano sulla sicurezza dei cittadini.


Extracomunitari . Continua il dibattito all’interno delle forze politiche, imprenditoriali e sindacali
«Prima vengono i cassintegrati»
Sbalchiero (Assoartigiani): «Poi pensiamo agli immigrati»

(c. r.) Sul dibattito, apertissimo in questi giorni anche dopo la visita del presidente Berlusconi in Libia, in merito all’ immigrazione, al "tagliando" della legge Bossi-Fini auspicato dal ministro dell’Interno Pisanu e sulle famose quote d’ingresso, il presidente dell'Associazione artigiani di Vicenza, Giuseppe Sbalchiero commenta: « Penso sia giunto il momento di smetterla di pensare a voce alta e di sedere tutti attorno a un tavolo per cercare soluzioni reali, che rispondano davvero all'attuale situazione socio economica ».
« C'è chi sostiene che il Nord Est ha bisogno almeno di 16 mila operai, ma nessuno ricorda quanti lavoratori, anche veneti e vicentini, restano ancora in cassa integrazione o sono colpiti da altre forme di mobilità. E aggiungo che molti di questi cassaintegrati sono anche “teste” - prosegue Sbalchiero -. Nulla da dire sulla legge, abbiamo dimostrato, con le altre associazioni, quanto siamo disponibili ad aiutare la pubblica amministrazione nei momenti in cui la situazione diventa problematica. Così, comprendiamo le speranze di una vita migliore e le attese di un lavoro degli immigrati, perché sono le stesse che hanno vissuto i nostri emigrati ».
« Ma guardiamo ai fatti - continua il presidente- .
Da un lato i commenti degli economisti che parlano di una sofferenza dell'economia vicentina, di una crisi del Nord-Est, dall'altro il mondo economico che ha bisogno di lavoratori. In mezzo ci sono le agenzie addette al "collocamento". Una situazione che potrebbe risolversi con il dialogo tra chi gestisce il mercato del lavoro e chi ha bisogno di risorse ». « È importante tutelare innanzitutto il lavoro e il e lavoratori, non “il posto di lavoro”. Sono dell'avviso perciò che prima dovremmo pensare a degli utili strumenti per integrare i lavoratori in cassa integrazione, strumento che peraltro ha costi sociali piuttosto elevati, e poi porci la domanda se abbiamo bisogno, e in che numero, di altre "braccia" e di altre"teste" ».
Il presidente dell’associazione artigiani si rifà in particolare a quanto detto dal presidente di Assinindustria di Vicenza nei giorni scorsi durante un dibattito a Cortina nel quale si faceva riferimento alle quote d’ingresso dei lavoratori immigrati. « Abbiamo bisogno di più teste e di meno braccia », si tratta di un’affermazione che ribadisce ancora una volta il messaggio che Massimo Calearo aveva espresso anche davanti agli industriali veneti sostenendo che non « serve far entrare persone tanto per farle entrare. Abbiamo bisogno di una programmazione degli ingressi e che la gente chieda più teste e poche braccia ».
Nel dibattito, che si è aperto sulle pagine del nostro giornale sono intervenuti sindacalisti, rappresentanti di associazioni, nonché esponenti del governo regionale che difendono le posizioni della Bossi- Fini.
Se la Cisl per bocca del nuovo segretario Franca Porto è stata lapidaria nel dire che la legge va cambiata «è anche convinta del fatto che la burocratizzazione indotta dalla Bossi-Fini produca disagio anche a chi lavora in questura». « Non solo - sostiene la segretaria della Cisl provinciale - ritengo che spesso è solo grazie all’impegno e alla volontà di questi lavoratori che i disagi per gli immigrati vengono contenuti ».
« Che la legge non sia in grado di gestire i flussi migratori - ribadisce don Giovanni Sandonà della Caritas diocesana - è verificato dai fatti visto il numero di irregolari ancora in Italia in particolare tra le badanti. E il fatto che il 26 novembre del 2003 la conferenza Stato-Regioni abbia dato parere negativo è emblematico sulle norme presentate dal Governo ». Mentre sulle quote la Caritas nazionale - per bocca di don Giancarlo Perego - afferma che non corrispondono al reale mercato del lavoro e che forse sarebbe necessario un permesso di soggiorno per ricerca di lavoro ( f rase attribuita erroneamente dal presidente della Caritas dioc esana ndr) . Insomma, da parte di tutte le categorie arriva un segnale forte, qualcosa bisogna fare anche se il ministro dell’Interno torna ad ammonire: dietro agli sbarchi dei disperati potrebbe esserci - dice - la mano dell’organizzazione terroristica di al -Qaida, che in quei barconi tra i clandestini, potrebbe infiltrare i suoi uomini».


«Siamo stati usati come collettore fra gli organizzatori e l’Amministrazione di Santorso»
Scontro sul gay party, a rischio le tessere L’Asi: «Strumentalizzato il nostro club»
La dirigenza del circolo sportivo a cui aderisce il Dirty Mary non sapeva nulla dell’evento

di Silvia Maria Dubois

«Non permettiamo a nessuno di strumentalizzare la nostra associazione. A tal proposito prenderemo dei provvedimenti». Ad un giorno dall’inizio del party, la festa gay traballa e deve fare i conti con l’improvvisa fiammata delle polemiche dell’ultima ora. Ad intervenire, adesso, è Alberto Vecchi, presidente regionale dell’Asi (alleanza sportiva italiana) il club a cui è associato il locale Dirty Mary.
La dirigenza non è stata avvisata della serata in programma: lo ha saputo solo in questi giorni dai giornali.
«In questa situazione l’Asi viene usata come collettore fra gli organizzatori e l’Amministrazione di Santorso e questo a noi non va - spiega Vecchi - i manifestanti non hanno un posto dove ritrovarsi e allora usano un nostro circolo per farlo. Ma noi non siamo un contenitore, non siamo degli affittuari da tirare in ballo per raggirare un ostacolo». I responsabili dell’Asi non puntano assolutamente il dito verso quello che è il target della festa, anzi, ne rilevano l’indiscussa e legittima libertà di intenti: quello che non si accetta è l’ammissione a pronto uso verso eventi che nulla hanno a che fare con le caratteristiche dell’ente. «La nostra è un’associazione che dopo anni di sacrifici si è fatta conoscere a livello nazionale per il suo impegno sportivo - precisa Vecchi - e d’altra parte non è nello spirito di nessun circolo appoggiare manifestazioni che nulla c’entrano con la propria attività. Non solo, da quanto scritto, sembra che domenica sera le nostre tessere verranno addirittura regalate e fungeranno da semplice escamotage per entrare alla festa. Che senso ha questa iscrizione?».
Tessere che potrebbero non arrivare o, nella peggiore delle ipotesi, essere al centro di spiacevoli provvedimenti. «Non ci risulta che il Dirty Mary abbia fatto richiesta delle tessere necessarie al comitato provinciale Asi di Vicenza - conclude Vecchi - e partendo dal presupposto che non si possono richiedere fuori dalla provincia, noi vigileremo sulla provenienza del materiale usato domenica sera per l’iscrizione. Dalla matrice sarà facile risalire alla sua provenienza. Dopo scatteranno i provvedimenti. E comunque se certe tipologie di locali come il Dirty Mary creano queste problematiche che non rientrano nella filosofia della nostra associazione, sarà bene prendere al più presto delle decisioni in proposito».

Il caso
«Per favore, niente soldi dai gay»

(s. m. d.) «È sempre stata nostra intenzione devolvere una parte dell’incasso della festa lesbo-gay ad un ente di beneficenza, ma molte associazioni da noi contattate, quando hanno saputo la provenienza del denaro, hanno rifiutato: insomma, soldi dai gay non se ne vogliono». Gli organizzatori della festa si sfogano sull’ennesimo colpo da parare, anche se, da quanto fatto sapere in conferenza stampa, la volontà di devolvere delle offerte a scopo benefico domenica sera avrà ugualmente modo di essere espressa. «Doneremo parte dei soldi alla fondazione Tiziano Zanella - racconta l’ideatore dell’evento Mauro Chimetto - un ente che ha sede a Vicenza e si batte da tempo per aiutare i bambini bisognosi del Kenia»

Intanto l’estrema destra avverte «Macché contromanifestazione noi abbiamo ben altro da fare»

Se fosse solo una festa nulla da ridire è un loro diritto. Ma una festa, solo una festa, non è. Se lo fosse non ci sarebbe stato da parte degli organizzatori la ricerca ad ogni costo di "fare notizia".
Quello che dà più fastidio, al di là della festa in sé, riguarda proprio i toni usati dagli organizzatori, i quali come sempre pretendono di fare la parte delle vittime, degli incompresi, in questo caso addirittura preventivamente, ipotizzando, chissà su quali basi, una protesta, guarda caso della cosiddetta estrema destra locale.
Troppa grazia. Ma abbiamo altro da fare.
È evidente che a questi signori della festa in sé interessa poco, ciò cui mirano è rilanciare una polemica su dei presunti diritti violati agli omessessuali e alle lesbiche italiane.
Fermo restando che le nostre idee in merito sono molto chiare, non accettiamo provocazioni gratuite da nessuno, tanto meno da codesti individui alla ricerca di visibilità gratuita.
Di diritti violati in Italia ce ne sono tanti, dal diritto alla casa, al diritto a mettere su famiglia, a quello di procreare; detto questo, è lapalissiano arguire che per quanto ci riguarda di diritti non si può parlare quando si entra in questioni, come per i gusti sessuali, che riguardano esclusivamente la sfera privata di un individuo.
Perché è di questo che si tratta, come la festa di domenica.
Alex Cioni
portavoce provinciale di Alternativa Sociale

Bergamin (Cgil): «Promuoviamo politiche e tutele contro tutte le discriminazioni degli omosessuali»

La Cgil ospita presso la propria sede di Bassano lo Sportello Nuovi Diritti, nato lo scorso febbraio per promuovere politiche e tutele contro le discriminazioni, in particolare sul lavoro, che colpiscono lavoratori e lavoratrici omosessuali e transessuali.
Questa scelta sta in un'ottica di difesa dei diritti fondamentali, delle libertà dell'individuo e della laicità dello Stato, contro ogni discriminazione basata su "religione o convinzioni personali, handicap, età o orientamento sessuale": dichiarano questo, peraltro, la Direttiva europea 2000/78 e una legge dello stato italiano, il DL 21/2003.
È da questo principio di inviolabilità dei diritti personali, che non ledono quelli di altri, che si fonda l'assolutà legittimità e libertà delle persone omosessuali di ritrovarsi a Santorso (o Zané che sia!) per una propria festa, come centinaia ce ne sono nel territorio.
Qualcuno può sostenere che queste persone abbiano meno diritti di altri? Qualcuno può sostenere che facciano male ad altri, che ledano libertà altrui? O siamo, al solito, al desiderio che tutte le diversità stiano relegate nell'angolo, al buio e nel silenzio?
Noi crediamo che queste diversità, di religione, di etnia, di età, di sesso, di orientamento sessuale abbiano diritto ad esistere alla luce del sole e siano portatrici di ricchezza oltre che di diritti.
Marina Bergamin,Sportello nuovi diritti CGIL