Libro bianco

testimonianze dei lucchesi sui fatti di Genova


 Testimonianza di Michele Del Debbio

Un amico mi telefona sul posto di lavoro: "a Genova è morto un ragazzo"; attimi di dolore, confusione, sconforto, dubbi: perché? E' giusto? Domani ha senso partire? Dopo pochi minuti queste sensazioni si tramutano in rabbia ed in una sicurezza: ora più che mai ha senso partire. Sabato 21 luglio ore 7.15. Partiamo per Genova con sei pullman dopo una perquisizione della polizia che ci scorta fino a destinazione. Il clima durante il viaggio è condizionato dai fatti del giorno precedente, siamo tutti colpiti ma anche uniti e consapevoli del momento particolare, delle motivazioni per cui ci muoviamo e delle modalità con cui esprimerle. Io ho sempre creduto che questo G8 potesse rappresentare una svolta, magari piccola ma una svolta. Oggi è anche il mio compleanno, speravo che fosse un giorno speciale, storico, indimenticabile. Ora ci credo ancora di più. Ore 10.30 circa. Arrivo a Genova: città fantasma, strade deserte, porte e finestre chiuse, container e polizia ovunque. Arriviamo al piazzale di ritrovo, da adesso cominciano per me ore di felicità estrema; vedo persone venute da ogni parte del mondo unite tra loro pacificamente che si scambiano informazioni, esperienze, propongono idee: vicino c'erano incontri organizzati dal GSF. Parlano argentini, brasiliani, europei, africani; inizia la manifestazione, è stupenda: centinaia di migliaia di persone sfilano con i propri colori, i propri suoni, le proprie abitudini ma tutti uniti dalla convinzione che questo mondo, così com'è, è ingiusto e che un altro mondo è possibile. Quello che da tempo mi aspettavo di vedere ora lo stavo vivendo: una moltitudine di persone che rappresenta altri milioni di sfruttati sfila pacificamente cantando il proprio dissenso ad un mondo fatto di ingiustizia, egoismo, arrivismo, ambizione, sete di potere e ricchezza, slealtà. D'un tratto la situazione cambia, vediamo in lontananza alcuni scontri, poi ragazzi con il volto coperto che vanno nel senso opposto al nostro, li scacciamo, ci sediamo tutti, alziamo le mani e gridiamo "no alla violenza". Un elicottero è sopra di noi e ci controlla, indietreggiamo lentamente, all'improvviso parte la carica della finanza ed una grande quantità di lacrimogeni ci piove addosso; scappiamo. Le immagini che ho di fronte sono di manganellate, urla, pestaggi, cadute, panico, ferite che sanguinano. Perché? Eravamo tranquilli, indifesi seduti in terra, gli scontri erano finiti e comunque lontani; ed i ragazzi mascherati erano davvero pochi. A fatica riusciamo a ritrovarci, 4 dei 6 pullman partono prima, noi alle 21.30. Arrivo a casa alle 24.00. Impaurito? No, arrabbiato. Poco dopo la polizia perquisisce la sede del GSF. Mi nascono alcune domande alle quali penso di avere già le mie risposte: perché la polizia ha caricato così a lungo e senza ragione il corteo pacifico? Come hanno fatto i pochi "neri" a distruggere tutto? Come mai la perquisizione al GSF è avvenuta in quel momento, in quel modo, prendendo foto, video e spaccando i computer? Il mio risultato del G8: duecentomila noglobal pacifici caricati e poche migliaia di black bloc liberi di fare ciò che volevano. La conclusione di Berlusconi: i pacifisti erano conniventi con i violenti e il neoliberismo è l'unica strada per creare ricchezza, la sua e quella degli altri sette, non dei milioni che dopo anni di G8 e di politiche della Banca mondiale e FMI vivono ancora in condizioni estreme o delle nuove generazioni occidentali che, per la prima volta, secondo un'indagine, avranno un futuro più incerto di quello dei loro padri. Nei giorni seguenti il dibattito si fa incandescente, molte cose vengono a galla e qualcuno comincia ad aver paura; il movimento c'è e si è fortificato. Il 21 luglio 2001 era il mio compleanno e non lo dimenticherò.

Michele Del Debbio

 

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