Libro bianco

testimonianze dei lucchesi sui fatti di Genova


 Testimonianza di Lisa, Michele e Luca

Io c'ero, e per me era la prima volta. Sono partita sabato mattina alle 5.45 da casa con un amico, pensando ai rischi e a quante persone mi avevano sconsigliato di andare, vista la tragedia del giorno prima. Mia mamma mi ha salutato cercando di non pensare al modo peggiore in cui potevano andare le cose. Si vedeva. Le ho detto di stare tranquilla perché non ero un'incosciente; avevo paura anch'io, quindi avrei fatto del mio meglio per evitare le zone di maggior casino. Sapevo che questo non la tranquillizzava affatto, ma sapevo anche che non era nemmeno possibile e forse giusto stare tranquilli. Sono salita su un pullman a Lucca con un sacco di persone che non conoscevo. Questa cosa che stavamo per fare tutti insieme ci accomunava talmente tanto che sembrava che ci si conoscesse tutti almeno un po'. Parlando e pazientando, pensando che presto avremmo visto che aria tirava dopo una giornata come quella del venerdì, siamo arrivati a Genova, abbiamo visto le condizioni in cui era la città, abbiamo cercato di immaginare il momento in cui bruciava tutto quello che vedevamo distrutto, abbiamo mangiato qualcosa, abbiamo chiacchierato, e abbiamo sentito sempre più solida e forte la voglia e la necessità di manifestare e …di farlo pacificamente. …Di smentire tutta la distruzione che abbiamo visto arrivando in città la mattina. E' arrivato finalmente il momento di andare al "concentramento" da cui partiva il corteo. Abbiamo camminato a lungo e, mano a mano, che andavamo avanti si vedevano sempre più persone gioiose che iniziavano a disporsi per sfilare in corteo. Abbiamo messo il fiocchetto per la lotta all'AIDS, abbiamo messo al collo un fischietto rosso su cui c'era scritto DROP THE DEBT e abbiamo proseguito fino a che il gruppo non ha deciso di aspettare il passaggio del corteo dato che non saremmo riusciti ad arrivare in tempo alla partenza. Quello dell'attesa è stato forse il momento più emozionante della giornata. Ho visto sfilare tante, tantissime persone. Tutte sorridenti. Cantavano con gioia. Avevano bandiere, tantissime bandiere. Erano di tante nazionalità diverse, avevano voglia di ballare e di mostrare tutta la voglia di vita. Di fronte a questo e al fatto che eravamo scortati dalla polizia durante la manifestazione ho pensato, in un momento, che non fosse possibile che le cose andassero male. Inoltre l'avvenimento del giorno prima speravo portasse le forze dell'ordine alla ricerca della maggior calma possibile per evitare che accadesse il peggio … di nuovo. E' arrivato il momento in cui abbiamo iniziato a sfilare anche noi. Ci siamo divertiti. Eravamo rammaricati del fatto che sfilavamo solo per noi stessi, perché la gente non si affacciava neanche alle finestre non assistendo a tutto questo. E perché avevamo la certezza, infinita certezza, che il giorno dopo non avremmo visto alla televisione quelle scene, mai!!! Avremmo visto solo i massacri, se ce ne fossero stati di nuovi. Di questo eravamo sicuri. La NOSTRA manifestazione non sarebbe mai stata vista. Gli unici a conoscerla eravamo noi. Perché eravamo lì, con un caldo incredibile a vivercela e a godercela fino in fondo. Sapevamo che il black block era davanti a noi. Ad un certo punto un nostro amico si è staccato per fare un giro, è tornato dicendo che un gruppo di loro era anche alla fine del corteo. Così ho iniziato a preoccuparmi, perché nel caso fosse successo qualcosa, noi eravamo in una posizione del c… Siamo comunque andati avanti. Intanto mi chiamavano da casa per dirmi come si stava movendo il black block e cosa succedeva in Piazzale Kennedy. Era scoppiata la guerra, laggiù. Si vedeva in lontananza la pioggia di fumogeni e un gran casino. Sapevamo di essere a un chilometro e mezzo da loro. Il corteo era stato fermato. Per noi questa era una buona cosa perché pensavamo che stessero contenendo la loro violenza e che ci avrebbero fatto deviare. Visto che i tafferugli non finivano, noi continuavamo ad essere sempre più certi che il corteo sarebbe stato fatto deviare per aggirare l'ostacolo. Nel frattempo fermentava la paura. Nonostante tutto, riuscivamo a seguire gli ordini di chi ci diceva di stare calmi. Di sederci e alzare le mani. Abbiamo urlato "NON VIOLENZA" per tutto il tempo che siamo stati seduti. Non è facile. Eravamo moltissimi e un po' impauriti: al minimo movimento verso di noi tendevamo ad alzarci perché, stando seduti, potevamo essere travolti in un lampo. In effetti quella era la posizione più pericolosa da tenere, e lo sapevamo. Nonostante tutto piano piano ci sedevamo tutti e alzavamo le mani. Cercavamo di tranquillizzarci. Ma stavamo attenti. Il pericolo si stava avvicinando. I fumogeni erano sempre più vicini. Significava che non riuscivano ad arginare i black, e che ce li stavano mandando in braccio! Ma come era possibile. Sicuramente avrebbero fatto qualcosa per impedirlo! Intanto però, chi di noi era più esperto (non certo io) suggeriva agli altri di mettere la bandana sul viso a mo' di bandito e di spalmare un po' di limone sotto gli occhi per contrastare gli effetti dei lacrimogeni. Io eseguivo tutte queste cose con un misto di sorpresa, "entusiasmo" (come di fronte ad ogni novità) e di incredulità. Ma iniziava a farsi posto nella mia testa la possibilità che tutti quei gesti nuovi, che somigliavano quasi ai movimenti di un gioco, potessero veramente servire a qualcosa. Alla fine una ragazza ha iniziato a dire con tanta sicurezza di tornare indietro senza panico e molto molto lentamente. Non sapevo se pensare che era la fine, o che questa era la vera soluzione al problema incombente. Era la fine. Quando abbiamo iniziato ad essere talmente stretti da non sapere dove appoggiare i piedi senza pestarci l'un l'altro, sono piovuti lacrimogeni sopra le nostre teste. Ho visto accendersi un lacrimogeno poco più avanti di me senza che lo avessi visto cadere, la folla mi ci ha spinto sopra. Ho passato tanto tempo intrappolata fra persone più alte di me con quel maledetto lacrimogeno fra i piedi. Non mi arrivava più ossigeno nei respiri che facevo. Poi finalmente qualcuno ha preso il lacrimogeno e l'ha tirato via. Io ho chiesto aiuto al ragazzo con cui ero e lui mi ha fatto spazio sul marciapiede sollevandomi con forza. Lì ho potuto respirare un po' di ossigeno in tutto quel gas puzzolente. Ogni volta che dovevo respirare dovevo farmi coraggio perché bruciava così tanto, fino nella pancia, che preferivo stare senza respirare piuttosto della fiammata! Ma poi facevo un nuovo tentativo: era l'istinto insieme alla forza che sentivo passare nelle braccia di chi mi voleva bene ed era lì con me, sembrava, quasi apposta per tirarmi fuori da quell'inferno. Questo dà la forza. Allora vuoi collaborare. …E ce la metti proprio tutta. Quando finalmente eravamo fuori da tutto quel marasma, abbiamo iniziato a dirigerci verso l'esterno. C'erano alla fine di un isolato tantissimi agenti in assetto anti-sommossa che ci facevano uscire e, a random, davano manganellate a tutti quelli che arrivavano impauriti e con le mani alzate. A me è andata bene. Superata questa barriera mi è venuto un attacco di allegria, avevo voglia di ridere. Era stata tanta la paura, quasi terrore, che dava un fascino particolare alla vita. Era bellissimo essere lì con il carico di una nuova esperienza così significativa sulle spalle. Sullo slancio dell'entusiasmo ho fatto la domanda più idiota del mondo: MA,… CHE LI TIRAVANO A NOI I LACRIMOGENI????? E' stupido lo so, ma non riuscivo a capire come fosse possibile che non si trattasse di un errore di mira! Che stessero aggredendo proprio noi? Da quel momento ha iniziato a montarmi nella testa la realtà! Finalmente! Dopo una giornata! Ho capito che i bersagli eravamo noi. Mi hanno detto che quello che mi ha tolto il lacrimogeno dai piedi era un black, e che a due metri da me, alle mie spalle c'era la polizia che mi stava caricando. Ho saputo che c'erano i lacrimogeni fra i cespugli e che li aprivano ai piedi della gente che cercava di scappare. …Ma io ero fra quelli che stavano seduti a mani alzate!!!! … e un black block accanto a me è stato quello che mi ha permesso di non svenire! Allora era tutto alla rovescia? Ebbene sì! … Eravamo stati in una trappola e non lo sapevamo. Ci siamo rilassati un po' fuori dalla zona del corteo, aspettando che si calmassero le acque. Dopo qualche tempo abbiamo iniziato ad andare verso Marassi. Abbiamo sentito un ragazzo che diceva che la polizia caricava INDISCRIMINATAMENTE!!!!! Non ci credevamo. E ora come facevamo!?!?? Avevo la carta della città in mano e cercavo di andare ad attraversare la ferrovia; in ogni strada che imbucavamo, c'erano i celerini che aspettavano che ci avvicinassimo per caricarci. Essendo stati avvertiti, evitavamo accuratamente di provare a passare con le mani alzate, e tornavamo indietro. Ci abbiamo messo un sacco di tempo ad arrivare ai pullman in questo modo. Uscire dalla città è stato stressante tanto quanto quel tempo interminabile in cui i lacrimogeni mi straziavano la pelle, gli occhi e i polmoni. Eravamo animali in trappola. Intanto i black sbucavano dai portoni con tamburi in mano, aggressivi come al solito, e non li vedevamo mai fuggire davanti alla polizia; nemmeno provavano più a fingere di essere "fuori legge". A loro era dato il diritto di fare quello che volevano! A noi no, la manifestazione pacifica non ce la avevano fatta fare!!!! Noi, con la maglietta bianca del G8, eravamo un bersaglio qualsiasi cosa facessimo: che stessimo fermi o che camminassimo o che implorassimo di passare con le mani alzate, o che tentassimo di andarcene con i pullman autorizzati. Infatti anche nel parcheggio a Marassi continuavano a caricare e a lanciare lacrimogeni. Mi pare evidente che i Black non siano arrivati con il pullman turistico con la scritta bella grande davanti -BLACK BLOCK- e che fossero quindi anche loro in piazzale Marassi ad aspettare di rientrare a casa, con l'ultimo panino nello zaino, come un bel gruppo di scout!!!! Cosa cavolo cercavano nel parcheggio! C'era solo gente stremata che non vedeva l'ora di montare su quei pullman per potersi togliere di mezzo! E loro lì a lanciare lacrimogeni e a caricare la gente! …Hanno superato ogni limite della decenza proprio con questa inezia (perché in confronto a tutto il resto, questa era veramente una cavolata!!!!) Comunque. Eravamo sfiniti e avviliti perché LORO non ci avevano fatto fare la nostra MERAVIGLIOSA MANIFESTAZIONE PACIFICA. Eravamo confusi dal fatto che le nostre sicurezze fossero sempre state il nostro più grande pericolo. Ci sentivamo stupidi a non averlo capito prima. …Ma soprattutto ci sentivamo di appartenere ad un paese che ha perso tutta la sua democrazia in un governo che agisce con la violenza sulla libertà della gente … come nelle più grandi dittature della storia del mondo. Appartengono, pare, a questo spaccato della futura storia del nostro bellissimo paese: il terrorismo, l'abuso di potere, i desaparecidos, la violenza gratuita… E non mi pare che siano cose da invidiare a quegli Stati che hanno nella loro memoria simili atrocità!!!!

Lisa Michele Luca

 

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