Libro bianco

testimonianze dei lucchesi sui fatti di Genova


 Testimonianza di Luca Lera

Sono un obiettore di coscienza dell'ARCI NA di Lucca e ho partecipato con la mia associazione alle attività del GSF da martedì 17 a sabato 21 luglio, lavorando allo stand informativo dell'ARCI in Piazzale Kennedy e partecipando al Corteo dei Migranti del 19, alle azioni dirette del 20 e, assieme ai compagni venuti da Lucca, al corteo del 21. Vorrei testimoniare delle gravi anomalie nel comportamento delle forze dell'ordine che ho potuto riscontrare durante le azioni di disobbedienza civile che l'ARCI, assieme ad ATTAC, Rifondazione Comunista, FIOM ed altre associazioni ha tentato di compiere, venerdì 20 luglio, in Piazza Dante. Dico "ha tentato di compiere" dal momento che con i compagni dell'ARCI di Genova e di Napoli siamo stati costretti ad utilizzare il nostro furgoncino come punto di riferimento per tutti i manifestanti che gremivano la piazza, senza riuscire a prepare il materiale della nostra azione simbolica che nel furgoncino avevamo riposto: la "Torre di Babele" da cui avremmo lanciato, di là dalle reti metalliche, il piedone grazie a cui l'ARCI "avrebbe messo piede nella Zona Rossa". Ci siamo limitati ad attaccare sulle griglie alcune delle nostre bandiere del Quarto Stato, prima che la piazza si riempisse. Piazza Dante era il luogo della protesta più vicino a Palazzo Ducale, che si intravedeva a 300 metri di là dalle griglie; unica via di accesso e reflusso per i manifestanti una ripida strada in salita fiancheggiata su ambo i lati da alti palazzi, che conduce in piazza Carignano, dove noi dell'ARCI avevamo predisposto un'abbondante scorta di bottigliette d'acqua: questa piazza è servita come zona di distensione rispetto alla sottostante piazza Dante, a ridosso delle griglie, dove fino alle 17:30 circa, quando Vittorio Agnoletto ha dichiarato terminata la nostra manifestazione, la tensione è sempre stata altissima, toccando il culmine quando qualcuno è riuscito a rompere il catenaccio che chiudeva il cancello d'accesso alla Zona Rossa, provocando così una risposta immediata dell'autoblindo della Polizia che lo presidiava, che ha lanciato getti di idrante rivelatisi subito miscelati con urticante: a farne le spese alcuni ragazzi che sono stati subito medicati dai medici volontari del GSF. La piazza, logisticamente, era pericolosissima: oltre che la via in salita verso piazza Carignano, quasi priva di vie laterali, c'erano anche due tunnel, l'uno che portava in direzione di Brignole e l'altro, sotto la sopraelevata, sul mare: di fatto due vie di sfogo assolutamente impraticabili che potevano rivelarsi vere e proprie trappole per topi - e che i cordoni di ATTAC, infatti, hanno bloccato per tutta la durata della manifestazione. Piazza Dante, venerdì 20 luglio era una sorta di imbuto da cui nessuno, di fronte ad un attacco improvviso sarebbe potuto fuggire. Le forze dell'ordine, oltre che al di là delle reti metalliche, erano presenti soltanto sulla via che, sboccando da piazza Carignano, congiunge a Viale Brigate Partigiane: in assetto antissommossa, la sbarravano completamente con un cordone di agenti dietro i loro scudi e con numerose camionette; tant'è che il corteo, dopo esser risalito in piazza Carignano al termine della manifestazione, per tornare in piazzale Kennedy ha dovuto imboccare la sopraelavata Aldo Moro, l'unica via libera che rimaneva. Un minimo di servizio d'ordine ce lo hanno garantito i compagni di Rifondazione di Genova, che percorrevano incessantemente la zona delle due piazze tenendosi in contatto con i cellulari, e che sono riusciti a fermare alcuni individui - pochi e isolati - che stavano scendendo verso piazza Dante armati di oggetti divelti da strade e muri (per lo più pezzi di segnaletica stradale); oggetti che abbiamo raccolto e tenuto d'occhio presso il furgoncino ARCI per tutta la durata della manifestazione. In sostanza lo schieramento di sicurezza era disposto secondo una logica di confronto frontale: presidiati gli accessi alla Zona Rossa come da copione, d'accordo, ma lasciate completamente sguarnite le spalle ai manifestanti che erano e sono stati continuamente esposti al pericolo di infiltrazioni che hanno rischiato in alcuni momenti di far esplodere la situazione in piazza. In poche parole la sicurezza della nostra manifestazione non è mai stata garantita, ce la siamo dovuta mantenere da soli, in pochi, assolvendo un compito che non era e non è affatto il nostro, quello della sicurezza: ad esempio quando due individui, genovesi, ubriachi e molto probabilmente fatti, sono venuti a reclamare le armi improprie che avevamo sottratto loro poco prima. O come quando, a fatica, siamo riusciti ad allontanare qualche altro tipo, che dai modi e dai termini impiegati ci ha fatto venire il ragionevole dubbio che fosse un infiltrato che andava compiendo il suo onesto e meritorio lavoro. Le violenze più sfrontate le abbiamo tuttavia subite da quando, pacificamente, abbiamo abbandonato la piazza per tornare verso piazzale Kennedy: non erano passati nemmeno 5 minuti da quando Agnoletto aveva dichiarato chiusa la manifestazione e il corteo stava risalendo compostamente e pacificamente verso piazza Carignano, che la coda è stata caricata dalla Polizia che ha cercato di rompere i cordoni di ATTAC; un amico, che era nel cordone di coda mi ha parlato di lacrimogeni sparati dalla sommità dei palazzi sulla via piena di manifestanti. Non so se si è trattato di cariche intimidatorie o se lo scopo era quello (non raggiunto) di gettarci nel panico; fattostà che la medesima tattica è stata impiegata con la testa del corteo, quando sulla sopraelevata, dunque lungo una strada priva di vie di fuga, due volanti della polizia si sono dirette a tutta velocità verso il furgoncino dell'ARCI che procedeva a passo d'uomo davanti ai cordoni di testa e alla banda musicale di ATTAC che cercava di stemperare l'atmosfera tesissima. Si sono fermate sgommando a un metro dal paraurti del furgoncino, su cui ero sopra, e uno dei conducenti ha sbraitato di fare largo che più avanti c'era un'emergenza. Allibito, un compagno genovese dell'ARCI gli ha fatto notare che il corteo o si tirava di sotto dalla sopraelevata o non si poteva muovere da dov'era; al che l'agente ha detto: "Ho visto, ho visto" e le due volanti sgommando se ne sono andate. Ma poco oltre, ci siamo di nuovo visti spuntare, dietro una curva, altre due volanti (non erano le stesse), quando ormai eravamo in vista del viale Brigate Partigiane in cui la sopraelavata confluisce e che collega alla litoranea, dunque a piazzale Kennedy. Stessa identica storia: dopo essersi accertati, dopo "aver visto", dopo che li abbiamo scongiurati di tornare indietro perché era pericolosissimo fare questi giochetti col corteo in quel punto, le due volanti si sono ritirate. Salvo che un cordone di poliziotti, sbarrandoci la strada, ha impedito che il corteo si immettesse normalmente nel viale, costringendoci a scendere lungo un stradina ripida e stretta che si immetteva nel viale prima dello sbocco vero e proprio della sopraelevata. Fortunamente i cordoni hanno tenuto e il corteo è riuscito a raggiungere piazzale Kennedy senza problemi. Vorrei porre alcuni domande: 1) perché la mattina, quando la piazza era ancora vuota e alcuni manifestanti stavano dialogando con un funzionario delle forze dell'ordine in borghese attraverso le reti, questi ha affermato che "noi non eravamo riusciti ad isolare i violenti"? La domanda sul momento mi era giunta stranissima, tanto più che non si riferiva affatto agli scontri che solo di lì ad un'ora si sarebbero accesi nella zona della stazione Brignole e dintorni. Quanto ai "violenti", tranne gli agenti che ci hanno immotivatamente caricato, ne ho visti ben pochi, che peraltro siamo riusciti, benché a fatica, a tenere a bada. Per cui chiedo: 2) dove erano gli agenti che avrebbero dovuto tutelarci? E dove erano i cosiddetti "Black Bloc" o chi per loro, così funzionali, in altri parti della città, alle cariche della polizia sulla massa di dimostranti inermi? Forse piazza Dante è stata in qualche modo stata risparmiata: non solo per la presenza di numerosi portavoce del GSF e di parlamentari di Rifondazione; ma anche perché se fossero partite cariche anche solo intense un decimo rispetto a quelle che sono state sferrate in altre zone, la piazza, priva di vie di fuga, sarebbe stata probabilmente il teatro di un massacro. E tuttavia ciò non va a togliere niente dal conto dell'atteggiamento irresponsabile ed incompetente delle forze dell'ordine: infatti 3) perché quando il corteo stava tornando - pacificamente - indietro, senza che una vetrina, dico una, sia stata infranta nelle piazze e lungo il percorso, è stato caricato in coda da cordoni di agenti e in testa dalle volanti? Sulla testa del corteo ha svolazzato quasi sempre un elicottero: forse che le volanti non erano in contatto con esso? Gli agenti a bordo dell'elicottero non potevano comunicare a quelli sulle volanti che il corteo, come in effetti stava accadendo, defluiva senza problemi? E che razza di emergenza è mai quella che costringerebbe un corteo a dover fare luogo, in una via senza uscite laterali, al passaggio di volanti, quando queste potrebbero tranquillamente imboccare strade secondarie (come mi hanno spiegato i compagni genovesi dell'ARCI)? Spero che le mie domande, assieme a tutte quelle che le migliaia di manifestanti che erano a Genova stanno ponendo, e che pongono coloro che a Genova non c'erano ma che hanno cara la ricostruzione veridica e puntuale di quei giorni, non restino inevase. Perché dopo quanto è successo, dopo quello che tutti hanno visto, non basta che nel giardino dei Palazzi rotoli qualche testa eccellente: questo non ci basta e soprattutto questo non vogliamo. Semplicemente, vogliamo tutta la verità, dunque giustizia.

Luca Lera

 

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