30 GIUGNO 2005

dal Giornale di Vicenza

Niente fiducia “ufficiale” E Hüllweck si arrabbia
Il giornale di An? Fallito e stoppato
E la sinistra ricorda al padano tutte le mancanze del sistema
SCHIO.«Contro i vecchi e nuovi fascismi»
Torna “Montecio Rock”, festival alternativo

Niente fiducia “ufficiale” E Hüllweck si arrabbia
Il sindaco avrebbe di nuovo minacciato di dimettersi

di G. Marco Mancassola

Ti aspetti di leggere la parola “fiducia” già alla prima riga e invece non compare mai, né alla prima né all’ultima. Tre orette di faccia a faccia per poi trincerarsi dietro un comunicato congiunto che dovrebbe rendere superfluo ogni ulteriore commento e che invece finisce per dare la stura a una nuova spirale di tensioni. In serata i cellulari erano bollenti come mai: il sindaco Enrico Hüllweck non l’avrebbe presa bene, anzi, si sarebbe arrabbiato come poche altre volte, rilanciando addirittura l’intenzione di dimettersi. Il tavolo del quadripartito di maggioranza è stato imbandito ieri nella sede di Forza Italia. Presenti i segretari cittadini dei partiti: Gabriele Galla per FI, Valerio Sorrentino per Alleanza nazionale, Giuliano Tricarico per la Lega Nord e Vincenzo Garzia per l’Udc. «I partiti della Casa delle libertà - si legge nella nota diffusa - comunicano congiuntamente che il tavolo oggi costituito avrà il compito di approfondire analiticamente la situazione dell’Amministrazione comunale di Vicenza: tale percorso si svilupperà nelle prossime settimane attraverso un fitto calendario di incontri. Particolarmente significativa è la piena e totale sintonia di intenti e obiettivi riscontrata nella riunione odierna, che permette di individuare, attraverso una grande e solidale comunanza di intenti e omogeneità di vedute il percorso per il futuro dell’Amministrazione comunale. L’obiettivo comune stabilito è quindi quello di predisporre un nuovo e migliore metodo di lavoro improntato sulla collegialità e la condivisione delle decisioni che permetterà maggiore incisività all’azione politico-amministrativa fino alla fine del mandato elettorale del 2008». Tutto qui: né più, né meno. E siccome nessuno si dà la briga di aiutare le interpretazioni, qualcun altro non solo non vi ha letto la parolina magica che cercava, ma addirittura fra le righe trapelerebbe la necessità di passare a una sorta di “società in amministrazione controllata”, mutuando dal gergo dell’economia. La reazione è stata dunque durissima: Hüllweck non ha parlato con la stampa, ma alle orecchie di tutti i generali e colonnelli di partito è arrivata l’eco dell’ira del capo dell’Amministrazione. Addirittura a tarda ora circolava nuovamente la minaccia di dimissioni. Evidentemente non era quello il messaggio che si augurava di ricevere Hüllweck, che venerdì, dopo la “sfiducia” informale incassata sul piano urbanistico del “Federale” aveva preteso la fiducia “formale” e aveva dettato ai partner le condizioni per ritirare la minaccia di dimissioni e del “tutti a casa”: serve «un atto politico di uguale valenza: o l’ammissione di essersi sbagliati o una dichiarazione pubblica o un documento approvato in consiglio comunale». Ma perché non è stata confermata la fiducia a chiare lettere nel documento? «Semplicemente perché la fiducia al sindaco non era mai stata messa in discussione», si limita a dire il vicesindaco e segretario cittadino di An, Valerio Sorrentino. Se possibile, però, la crisi si è acuita e la paralisi è destinata a durare ancora. Questa sera le speranze di veder iniziare il consiglio comunale sono ridotte ai minimi termini. L’appuntamento in sala Bernarda, a questo punto, è rinviato a metà luglio, quando il Consiglio sarà chiamato ad approvare il bilancio consuntivo. In altre parole: se dal vertice di maggioranza non è emerso un atto ufficiale che rifiduciasse il sindaco dopo la débacle sul “Federale”, allora potrebbe esserci il voto in Consiglio. Il tempo per lavorare di ago e filo per rammendare strappi e lacerazioni, c’è. Ma se oggi il sindaco dovesse firmare una lettera di dimissioni, gli eventi precipiterebbero alla velocità della luce. Per questo, da ieri notte le diplomazie sono al lavoro per rimettere il nocchiero al timone.


Il settimanale aveva messo zizzania nella maggioranza
Il giornale di An? Fallito e stoppato
Abalti: «Non c’era qualità, solo attacchi banali»

di Silvia Maria Dubois

«L’avventura editoriale più breve del mondo». Così l’assessore all’istruzione Arrigo Abalti ha definito (e stroncato) il settimanale “La cronaca di Vicenza e provincia” promosso da Alleanza Nazionale. Dopo essere uscito per un mesetto scarso e aver seminato zizzania fra gli stessi amministratori spiazzati dai contenuti (praticamente quasi tutti contro la stessa maggioranza), il giornale è stato stoppato alla sua terza pubblicazione e nessuno ora vuol più sentirne parlare. Come Arrigo Abalti che, raccontando dettagliatamente i fatti, non ha esitato ad agire per chiudere un’esperienza deludente che non è stata all’altezza delle aspettative. Abalti, in tutta la faccenda, ha avuto il ruolo di “ponte” fra gli editori di Verona e i finanziatori privati vicentini che ora, come dire, hanno “chiuso i rubinetti” agli entusiasmi redazionali del progetto. «Quando mi hanno proposto la cosa, sono stato ben contento di sapere che in città potesse nascere un nuovo giornale che andasse ad arricchire il pluralismo della stampa locale - precisa Abalti -, io sono stato coinvolto nel progetto da alcuni conoscenti per facilitare la rete di relazioni locali e perchè, comunque, avevo contatti con la cordata dei finanziatori vicentini. Cosa che ho fatto volentieri, non sapendo, ovviamente, i contenuti che questa testata avrebbe affrontato». Già, quali sono gli argomenti che tanto hanno scatenato le ire dell’Amministrazione e, in primis, del sindaco Hüllweck che - come ormai tutti sanno - ha abbandonato la festa inaugurale furibondo, dopo aver dato una letta veloce alla prima edizione? Bene, in quel numero l’articolo di fondo prendeva per i fondelli il Comune, ironizzando eccessivamente sul ruolo del portavoce, il secondo articolo era sulla riduzione degli stipendi annunciata dallo stesso sindaco, il terzo articolo si traduceva in un attacco all’urbanistica, mentre gli altri intervistavano grandi leader sindacali e politici della sinistra. «Praticamente il tutto si traduceva in una serie di attacchi alla maggioranza - racconta Abalti -: di quelli, fra l’altro, senza alcuna acutezza o novità giornalistica, visto che gli argomenti erano già stranoti a tutti. Allora ho parlato chiaro con gli editori di Verona e ho aspettato di vedere il numero successivo». Già, ma il secondo numero è stato giudicato peggiore del primo e, a quel punto, Vicenza, capitanata da Abalti, ha fermato qualsiasi tipo di sostegno materiale. «Aveva ragione il sindaco a diffidare, e noi tutti abbiamo sbagliato a non pretendere un numero zero del settimanale - puntualizza l’assessore all’istruzione che, nel giorno dell’inaugurazione, è stato spiazzato quanto il primo cittadino -; sia ben chiaro che nessuno voleva un giornale di partito, anzi, ben vengano le provocazioni intelligenti che stimolano il dibattito. Ma certo non è il caso di questo giornale. Qui non c’era proprio qualità. E poi, scusa, prima chiedi aiuto per far sbarcare l’iniziativa nella provincia berica, e poi sputi in faccia continuamente a chi ti ha sostenuto? Ma che razza di comportamento è questo?». Insomma, gli interrogativi sull’avventura editoriale più breve del mondo sono tanti (perché, poi, devono essere dei giornalisti di Verona - e soprattutto da Verona - ad occuparsi dell’attualità vicentina?). «La sensazione è che qui si è avuta la fretta di partire a tutti i costi e non si è pensato, invece, a partire bene - conclude Abalti -, e tutta questa fretta, non supportata dalla qualità necessaria, ha di fatto punito chi voleva fare il giornale».


E la sinistra ricorda al padano tutte le mancanze del sistema

(f. p.) Ma per l’assessore regionale Tosi che arriva sono già pronti gli strali del coordinatore provinciale della Rdb Cub Germano Raniero e del responsabile sanità dei Ds Claudio Rizzato. Il primo gli farà trovare una lettera aperta intrisa di veleno, e il secondo gli invia una serie di inviti alla riflessione e all’azione. Iniziamo con Raniero, che non è davvero tenero con quello che definisce “l’assessore dimezzato”. «Viene preceduto - dice il leader degli autonomi - da dichiarazioni discutibili. Le code al pronto soccorso? Lui dice che basta impedire agli extracomunitari clandestini di recarsi al pronto soccorso. L’uso improprio dei posti letto? Lui risponde: troppi meridionali. Queste affermazioni sono coerenti con la parte politica in cui milita e potrebbero essere considerate come propaganda. Ma altre affermazioni del tipo che gli ospedali sotto casa vanno chiusi, che bisogna ridurre ulteriormente i posti-letto e sfoltire il personale amministrativo, e il fatto stesso che sia un assessore dimezzato, smentiscono che queste affermazioni siano solo propaganda. Contro questo assessore teniamo la guardia alta». E, dopo l’attacco frontale a Tosi, ecco poi le contestazioni. «Nell’ultimo anno all’ospedale di Vicenza sono passati un po’ tutti: l’ex ministro Sirchia, il presidente Galan, vari assessori regionali. Però mentre loro vanno e vengono, medici e operatori, grazie ai blocchi delle assunzioni decisi da questi signori, si dannano l’anima saltando riposi e facendo gli straordinari per far funzionare l’ospedale e i servizi territoriali. Il sondaggio della Fondazione Nordest, dal quale emerge che più dell’80 per cento della popolazione del Veneto vuole la sanità pubblica, va letto come merito dell’abnegazione dei dipendenti che, con sacrifici e stipendi da fame, sono i veri attori del funzionamento del servizio sanitario pubblico. E non come adesione alle politiche seguite dalle giunte Galan che in questi anni hanno fatto di tutto per trasformare la sanità in business per i privati». E anche Rizzato, che per la sanità quando era consigliere regionale non ha mai usato il fioretto, a Tosi non gliele manda a dire: «Siamo la provincia più penalizzata del Veneto nell’organizzazione ospedaliera. Tre delle nostre Ulss sono agli ultimi posti dei finanziamenti regionali. Ci sono grosse situazioni di sofferenza a Noventa e ad Asiago. A Valdagno la Regione ha dimenticato il patto sottoscritto, e non ha attivato i posti letto della riabilitazione. Siamo la provincia con più alto tasso di immigrati e di industrializzazione, e Venezia ci gira le stesse quote di 20 anni fa. Siamo la provincia che ha chiuso più ospedali ma la riconversione non ci ha portato nulla. Dobbiamo avere più risorse se vogliamo mantenere i livelli di assistenza, e anche il Veneto deve avere più risorse. L’assessore deve essere sensibile a questa esigenza. Deve piantarla dura con il governo. Con gli oneri contrattuali abbiamo un disavanzo fra i 400 e i 500 milioni di euro. Non si possono fare più investimenti, e in questo modo non andremo in nessuna parte».


Tra le nuove firne per vietare la manifestazione dei repubblichini anche Giorgio Bocca
«Contro i vecchi e nuovi fascismi»
Anche Rifondazione a Margherita vogliono impedire la “parata”

(p. r.) Anche Fausto Bertinotti in prima linea per bloccare la manifestazione dei reduci della Repubblica sociale italiana e dei movimenti di estrema destra prevista per il 10 luglio, in occasione dell’anniversario dell’eccidio di Schio. Il segretario nazionale di Rifondazione comunista, infatti, ha firmato assieme all’intera segreteria nazionale del partito l’appello rivolto al prefetto per vietare la manifestazione. A dire la loro con l’appello “Contro il fascismo, contro il razzismo, a Schio, per la democrazia”, sono poi numerosi esponenti del mondo politico, culturale e dell’informazione nazionale. «Riteniamo dissennato sottovalutare il rischio rappresentato dall’estrema destra che recluta seguaci nelle periferie degradate, tra i giovani privi di orientamento e di prospettive. Non abbiamo dimenticato la violenza fascista e sappiamo che ciò che è accaduto potrebbe ripetersi. Per questo auspichiamo che il 10 luglio quanti hanno a cuore la libertà e la democrazia di questo Paese scendano numerosi in piazza a Schio», si legge nel documento, cui fanno seguito, tra le altre, le firme di Alberto Asor Rosa, Giorgio Bocca, Rosario Bentivegna, Luciana Castellina, Giulietto Chiesa, Pietro Ingrao, Lucio Magri, Gianni Rinaldini, Cesare Salvi. «Per la contromanifestazione che si svolgerà domenica in piazza Rossi stiamo cercando di far arrivare a Schio anche Giovanni Pesce, medaglia d’oro della resistenza - afferma Gianmarco Anzolin, segretario scledense di Rc -, mentre interverrà sicuramente Claudio Grassi, della direzione nazionale del partito. Tutto questo per dire «no» ai vecchi e nuovi fascisti ed anche per presidiare la città ed evitare che i fascisti scorazzino liberamente per Schio. Quest’anno la contromanifestazione non avrà carattere locale: è prevista, infatti, la partecipazione di compagni provenienti da tutto il nord e centro Italia, mentre circa duecento sono i rappresentanti di associazioni e i gruppi di tutta Italia, tra cui la madre di carlo Giuliani, che hanno già aderito all’appello per la manifestazione». In attesa di conoscere l’orientamento dei responsabili per l’ordine pubblico, anche il circolo scledense della Margherita ribadisce il no deciso del centrosinistra: «Vogliamo ancora una volta sottolineare - afferma il coordinatore del circolo Ugo Retis - che non siamo contro il principio di libertà nel manifestare, ma quello che accade a Schio è un’altra cosa. In palese violazione delle leggi del nostro Stato da tre anni si effettua un corteo che non è nemmeno più di soli nostalgici, ma che raggruppa naziskin e nuovi estremisti. La Margherita userà ogni mezzo di pressione in suo possesso per cercare di impedire questa parata: oltre alle firme dei cittadini di Schio sono state raccolte anche le adesioni di tutti i parlamentari veneti del partito».


Da stasera a sabato va in scena nell’area di via Ca’ del Guà la tradizionale kermesse di musica, esposizioni e giochi
Torna “Montecio Rock”, festival alternativo
«Abbiamo un vero ruolo sociale, sbaglia chi ci considera solo dei contestatori»

(e. mar.) Stessi simboli, stessi messaggi, stesso entusiasmo. Montecio Rock ritorna con l’ottava edizione stasera per chiudersi sabato in via Ca’ del Guà, area accanto all’argine di un fiume in cui 40 anni fa i montecchiani facevano il bagno. Tre giorni di musica, installazioni, mostre, tutto messo in piedi dalle nuove generazioni, figlie di un gruppo che si inventò il festival alla fine degli anni ’70. «Venimmo cacciati da Montecchio - spiega Paolo Zanni, memoria storica tra gli organizzatori - per poi trasferirci ad Este, qualche edizione e poi tutto ricominciò nel ’98». Oggi è un’altra musica, ma quelli di Montecio Rock rivendicano un’identità troppo spesso snobbata dal Comune: «Organizziamo la manifestazione giovanile di massa più importante del paese - spiega Alex Marenghi - con noi collaborano decine di ragazzi, sono loro stessi il motore del festival. Ci siamo sempre caratterizzati come gruppo contro ogni tipo di droghe, svolgiamo un ruolo sociale dentro e fuori il festival, sbaglia chi ci considera solo dei contestatori». «Il risultato invece - rincara Zanni - è che alla richiesta di un contributo, l’amministrazione ci ha proposto una cifra che raccoglieremmo con una colletta. Il problema è che si pensa di fare cultura organizzando grandi eventi, spendendo decine di migliaia di euro e non ci si accorge che con molto meno si accontentano tantissimi ragazzi. Ho l’impressione - continua Zanni - che la cultura vada a braccetto con il consenso, ma non è questa la strada per far crescere un paese». Ma Montecio Rock non è solo un evento estivo. Da due anni è attivo il circolo Arci “Cantieri” ad Alte Ceccato, un locale molto poco di provincia, quasi un club di stampo newyorchese dove si suona e si organizzano eventi. «Uno spazio per i giovani che senza tanti problemi entrano a soddisfare le loro necessità, le loro passioni - racconta Marenghi - . Lo stesso stile che avremo in questo Montecio Rock». Musica con molti gruppi della scena alternativa, mostre sul Chapas e i nativi d’America, ma anche spazio per i bambini con i Dottor Clown. Da non perdere poi le grandi sculture di acciaio e ferro, rifiuti industriali che danno vita a mostri detti “Mutoids”.