29 OTTOBRE 2006

Adesso il balletto sulla nuova base Usa si è spostato al ministero della Difesa
Fincato: «A Roma dicono che ci sono tutti i tempi per far esprimere la comunità vicentina»

di Antonio Trentin

Adesso il ping-pong del "Dal Molin americanizzato" cambia tavolo: non più quello del Sì o del No su cui doveva esprimersi l’Amministrazione Hüllweck, che l’ha fatto in un consiglio comunale dove ha vinto la "metà più uno" targata centrodestra, ma quello dei tempi eventualmente possibili per un (per ora teoricissimo) referendum attraverso cui si esprimano non i 41 della sala Bernarda, ma tutti i vicentini. A spostare il gioco - o almeno a provarci - sono i parlamentari del centrosinistra, tuttora convinti che la partita della futura base statunitense in viale Sant’Antonino non sia chiusa. «Il ministro Parisi mi aveva detto che aveva un’urgenza assoluta» ha dichiarato e ridichiarato il sindaco, carte ministeriali alla mano, spiegando anche con questo pressing governativo lo sprint finale verso la conta consiliare e la contemporanea messa in freezer dell’ipotesi-referendum. Da Roma, invece, Laura Fincato deputata della Margherita fa rimbalzare una sensazione diversa: «Al ministero dicono che c’è tutto il tempo per consultare la città: l’istruttoria non è finita». Fonte dell’onorevole: il capo della segreteria di Arturo Parisi, Stefano Recchia, interpellato all’indomani della nottata comunale. Siamo un’altra volta alle interpretazioni delle interpretazioni? Aspettando, di nuovo, che ci siano certezze romane sulla questione "tempi & metodi", la disputa continua. «Resta il fatto che il ministro ha sempre detto di voler sentire il parere della comunità - commenta la Fincato -. Noi diciamo che la città avrà espresso il suo parere quando a tutti sarà stato chiesto di esprimersi, come ha fatto con il suo sondaggio telefonico il “Giornale di Vicenza”, non soltanto un consiglio comunale dove si è spaccata anche la maggioranza di centrodestra e dove sono per il "sì" 21 consiglieri su 41». Un consiglio, insiste la Fincato, «che è stato eletto quando nessuno sapeva del progetto per la base al Dal Molin»: «I consiglieri si sono pronunciati, la comunità no». Arriva a dare manforte al ragionamento un altro deputato del centrosinistra, Mauro Fabris. Lui con Parisi ci ha proprio parlato, ieri mattina, in un ritaglio del tempo passato insieme al "tavolone" della coalizione governativa, dove i temi in ballo erano alquanto più pesanti del nostrano caso-aeroporto. «Ma qualcosa ci siamo detti...» racconta il capo della segreteria dell’Udeur. Il "qualcosa" è poco, ma non pochissimo: «Parisi ha detto che il governo valuterà attentamente i contenuti del documento approvato dalla maggioranza in consiglio comunale. E mi ha chiesto di sapere se e quando ci può essere un referendum popolare». Al primo elemento Fabris collega una serie di domande: «Quando e come il ministero, in rapporto con i comandi americani, potrà valutare tutto quello di determinato e indeterminato che sta scritto nell’ordine del giorno di Hüllweck? Vicenza chiede "garanzie": ma quali e quante saranno, esplicitate come, quantificabili in quale importo, rapportate come alle esigenze dei Comuni a nord del capoluogo? Se qualcuna o una soltanto di queste "garanzie" elencate e non dettagliate dalla maggioranza comunale non sarà fornita, che cosa succederà? Per questo ho detto che il Sì del centrodestra vicentino sembra di più un No... In città si parla della circonvallazione nord per risolvere, ma quando?, i problemi del traffico di Vicenza: ma che cosa ne diranno gli altri Comuni? Serve approfondire tutto questo, passare dallo scontro ideologico all’esame delle cose concrete». Serve tempo, sostiene Fabris: «E in tutto questo tempo si può preparare un referendum». I capigruppo parlamentari del centrosinistra ne parleranno in settimana con Parisi: «Gli chiediamo un incontro per capire esattamente come valuti il documento con le "garanzie" votate a Vicenza. Un testo che richiede impegni, anche se non li precisa tutti e lascia spazio a future richieste degli enti locali coinvolti, e che evidenzia l’oggettività dei problemi urbanistici e ambientali di una grande base piazzata lì, al Dal Molin». «Su questo, come capigruppo della maggioranza di governo, siamo tutti d’accordo» aggiunge, dribblando per il momento le intravviste e dichiarate contrapposizioni tra il ministro Parisi, con i suoi obblighi di alleato degli Usa, e il fronte del No che non è fatto solo della sinistra rosso-verde, ma anche degli onorevoli dell’area riformista della coalizione. Poi il resto si vedrà... Si vedrà se e per dove passa la via di scampo dal "triangolo dell’aeroporto" dove tre diversi protagonisti tutti di centrosinistra - i partiti vicentini arroccati sul No, i parlamentari dell’Unione e il governo nazionale - rischiano la collisione

Il comitato del “No” invitato al compleanno di Rigoni Stern

-Il comitato del No invitato da Rigoni Stern. Chiamati come ospiti dalla Cgil ad Asiago, per l’incontro con Mario Rigoni Stern che pre-festeggiava i suoi 85 anni (si veda a pagina 18), i portavoce dei Comitati del No sono stati salutati dallo scrittore altopianese e dall’amico Bepi De Marzi come «difensori dell’ambiente e del territorio» in un’occasione che vede l’uno e l’altro colpiti dal progettato arrivo della nuova caserma al Dal Molin. «Per noi è stato di grande conforto avere l’appoggio di due esponenti importanti della cultura vicentina» hanno commentato di ritorno in città: «È un motivo in più per insistere nella richiesta di far parlare e votare Vicenza, il cui parere non può esaurirsi nel voto di un consiglio comunale diviso quasi a metà».
-Cgil referendaria. «L’esito del voto in consiglio era scontato e non ci ha dunque colto di sorpresa. Ma è urgente restituire la parola ai cittadini che hanno diritto ad esprimersi. Gli istituti della partecipazione democratica non possono essere piegati a logiche politiche di schieramento - dichiarano in una nota Oscar Mancini e Emilio Viafora, segretari della Cgil del Vicentino e del Veneto -. È nostra profonda convinzione che si è aperta a Vicenza una frattura tra la città e chi la amministra. È necessario che il governo ascolti i pronunciamenti di tanti autorevoli parlamentari espressione di tutte le forze che compongono la maggioranza di governo che definiscono “insensato il progetto”».
-Verdi anti-servitù. Rispettare il programma elettorale dell’Unione sulla riduzione delle servitù militari e dare attuazione alla nuova Legge Finanziaria, «che sblocca finalmente l’annosa questione delle aree militari, a tutto beneficio delle città che le ospitano»: chiedono questo i Verdi vicentini, oltre che la convocazione di un referendum per far decidere i cittadini sull’arrivo della base Usa al Dal Molin. Con la Finanziaria «l’Agenzia del Demanio diviene l’interlocutore unico dei Comuni per individuare le destinazioni d’uso delle aree da dismettere e in prospettiva, ciò consentirebbe di realizzare un diverso utilizzo dell’area del Dal Molin, non più militare, ma pubblico: questo permetterebbe di non tradire le aspettative della maggioranza dei vicentini».
-Mussoliniani in.. Azione. «Finalmente si è giunti all'ora della verità: il consiglio dell'altra sera è stata una vera e propria farsa che, però, da un lato ha fatto emergere il servilismo verso gli Stati Uniti del centro destra e dall'altro lato ha portato a galla le contraddizioni di una sinistra che a Roma considera positivo il progetto americano e a Vicenza lo osteggia per evidenti questioni di opportunità politica. Per quanto riguarda il referendum - commenta il responsabile di "Azione Sociale con Alessandra Mussolini" - continueremo a batterci affinché la città possa esprimere la propria opinione: aspettiamo al varco i parlamentari della sinistra». «Siamo proprio curiosi di vedere - continua Cioni in riferimento alla (mezza) minaccia crisaiola dei Verdi portata a Roma - se alle parole di Cento seguiranno dei fatti concreti o se rimarranno le solite parole di circostanza. Noi ci crediamo poco»

«Se si vuole sentire i cittadini, il modo c’è»
Pegoraro: «Una ’competenza indiretta’ del Comune sulla caserma esiste»

(a. t.) Se tutta la burocrazia è a posto, se ci sono le richieste corrette e le firme giuste, un referendum - uno solo all’anno e nel caso del Dal Molin si andrebbe a 2007 inoltrato - può essere fatto "su materie nelle quali il consiglio comunale ha competenza deliberativa e riguardanti gli interessi dell’intera comunità". Dice così lo statuto del Comune di Vicenza, che va inquadrato nella legislazione statale sugli enti locali in cui l’ammissibilità dei referendum è regolata da limiti precisi. Rientra la questione dell’aeroporto-base Usa tra quelle sottoponibili all’alternativa Sì-No? Lucio Pegoraro, docente di diritto pubblico comparato, co-estensore dello statuto vicentino sul versante tecnico-giuridico («ma non della normativa sui referendum, che personalmente avrei precisato diversamente da com’è» ci tiene a precisare), non risolve il quesito con una posizione netta, di quelle che piacciono ai politici quando devono sgravarsi di un pensiero. Anzi: rovescia su di loro la responsabilità di non aver mai messo in chiaro che cosa si può o non si può sottoporre al giudizio popolare e finisce col lasciare aperta la porta a tutte le soluzioni.
- Dunque, si può chiedere agli elettori "volete voi la base americana al Dal Molin?" e organizzarci su il referendum?
«La legge afferma che i Comuni possono indire, nelle debite forme, referendum sulle materie di competenza del consiglio comunale, come precisato dalla legge 142 e dal relativo Testo unico. Indubbiamente l’installazione di una base americana su una proprietà militare non è di competenza amministrativa diretta del Comune...».
- Però... si coglie un però, in questa risposta.
«Però è vero che tutte le materie e le competenze tendono a intersecarsi tra loro e che un caso del genere si presta a ogni esercizio interpretativo da parte del Comitato degli Esperti».
- In che senso?
«I requisiti statutari per un referendum sono due. Sull’interesse dell’intera comunità, nel caso dell’aeroporto da trasformare in caserma statunitense, non ci sono dubbi. La competenza deliberativa del consiglio comunale, invece, evidentemente non è diretta, perché la decisione sull’installazione spetta allo Stato, ma tutto l’indotto della futura base rientrerà proprio nelle competenze deliberative del Comune: la pianificazione e la realizzazione delle infrastrutture, la nuova viabilità di cui si parla, la gestione materiale e finanziaria dei servizi attraverso Aim. Le esclusioni dalla possibilità di referendum non indicano materie che siano di "competenza esclusiva" del Comune».
- Quindi la competenza comunale, che non entra dalla porta oggi, si deve intendere che rientrerà dalla finestra domani? Quindi il referendum potrebbe essere ammesso?
«Di sicuro non è possibile un referendum: americani-sì o americani-no. Ma è innegabile che gli esperti potrebbero interpretare l’arrivo di una base militare come materia sottoponibile alla consultazione. Rispetto alla legge, che viene sempre implementata con novità applicative, c’è una prassi che indica come nei Comuni ci siano interpretazioni abbastanza elastiche del concetto di "materia di competenza comunale". D’altronde a Vicenza c’è già stata un’elasticità interpretativa quando è stato approvato il referendum consultivo sull’istituzione dei referendum propositivi e abrogativi. Non so se gli esperti vorranno smentirsi».
- Esistono altre forme ufficiali di consultazione possibili?
«Il Comune vive per e con i cittadini. Quindi, se veramente vuole cercare il loro parere, le forme può cercarle. Io stesso, al tempo della redazione dello statuto, ne avevo proposto una serie di meno impegnative e di meno complesse organizzativamente e burocraticamente di un referendum. Qualsiasi forma di consultazione, anche meno strutturata del referendum, è ammissibile, nel caso in cui il Comune voglia rapportarsi direttamente con i cittadini. Ciò dopo che sia stato discusso e deciso che questa forma di democrazia diretta è utile, per un motivo o per l’altro, rispetto alla formula della democrazia rappresentativa interpretata dal solo consiglio comunale».
- Chi pagherebbe una consultazione del genere, il Comune o lo Stato, che per il Dal Molin vuole conoscere l’orientamento della comunità e potrebbe non accontentarsi del voto in sala Bernarda?
«In assenza di una legge dello Stato, sarebbe a carico del Comune: la democrazia costa».

La richiesta di referendum non è stata spedita ai saggi
Si è di nuovo inceppata in municipio la procedura chiesta dal comitato

Che fine ha fatto la richiesta di referendum sulla base americana? Il progetto Usa è stato "vistato" giovedì notte dal Sì con riserve del centrodestra comunale e intanto dell’operazione "Voti Vicenza" di nuovo non c’è più traccia in municipio. E la polemica cresce. Il Comitato referendario ha depositato il primo atto della procedura il 12 ottobre. Nel regolamento attuativo dei referendum non si legge quanto tempo deve passare prima che il segretario generale del Comune lo faccia procedere lungo i binari procedurali. Nel caso specifico, il "numero 1" della burocrazia cittadina, il dottor Angelo Macchia, ci ha messo, pare, dal 12 al 23 ottobre (data in cui i promotori avevano fatto partire una diffida). Sempre la normativa comunale indica che, entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione dal segretario, il sindaco deve trasmettere l’incartamento al presidente del Comitato degli Esperti - l’avvocato Silvano Ciscato eletto con voto del consiglio comunale ed espresso dalla maggioranza politica in sala Bernarda - che a sua volta deve convocare il resto del quintetto di tecnici per valutare l’ammissibilità del quesito. Ma il traballante "regolamento degli istituti di partecipazione" non indica - come non lo indicava nel caso dell’attraversamento di un androne, tra la stanza del segretario e quella del sindaco - quanto tempo il presidente degli esperti può tenersi tutto nel cassetto né quando deve ritrovarsi il Comitato. Fatto sta che ieri, passati i cinque giorni previsti come massimo di permanenza del dossier sulla scrivania del sindaco, e diventati in tutto sedici dalla presentazione del quesito referendario, almeno uno dei "cinque saggi" ancora non sapeva nulla di carte, convocazioni e pareri da esprimere (entro non più di altri trenta giorni). Succederà qualcosa domani, al rientro lavorativo di tutti a palazzo Trissino? Da fuori, intanto, preme il Comitato: «Non abbiamo notizie. Dove si è incagliata la procedura? - si chiede uno dei rappresentanti, Giancarlo Albera -. Sentiamo che il sindaco parla di impossibilità di consultare la città perché adesso ci vorrebbe, dopo la decisione della maggioranza per il Sì, un referendum abrogativo che a Vicenza non esiste. Noi chiediamo, invece, che sia proprio la comunità a esprimersi, come hanno più volte detto Prodi e Parisi, e lo strumento è il referendum consultivo».

Il legale dei comitati IN ATTESA
Il ministro Parisi punta a dire sì ma l’ala rossoverde è decisa per il no

Come e perché un referendum sul Dal Molin base militare Usa? Interviene con una sua risposta l’ex-difensore civico del Comune, l’avvocato Francesco Buso, criticando lo stop alla consultazione popolare e anticipando la possibilità di un voto pubblico auto-gestito, se l’Amministrazione non vorrà o non troverà una formula per gestirlo: «I furbeschi cavilli giuridici con i quali l’Amministrazione comunale sta imbrigliando la democrazia sono efficaci solo a interpretare una democrazia di alto profilo. Le risorse morali vanno usate o si perdono. L'occasione è quindi nello stesso tempo drammatica e propizia». Dice Buso, in linea con i Comitati del No, che questo accertamento ufficiale della volontà popolare dovrebbe avvenire «non nell'interesse di una fazione, ma in nome di quello generale. In nome di quest'ultimo i cittadini possono attivarsi autonomamente al fine di esercitare una funzione pubblica. Le istituzioni sono obbligate a prestare aiuto a tali forme di condivisione della amministrazione dei beni comuni. Tutto questo è riconosciuto nell'art.118 ultimo comma della Costituzione». Secondo Buso «quanto approvato giovedi in consiglio comunale non ha alcuna possibilità di essere confuso con il parere richiesto dal ministro Parisi. Esso infatti deve essere reso al termine di una istruttoria amministrativa, che come tale deve essere partecipata, cioè deve consentire il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati. Tanto più in applicazione dei principi comunitari, recepiti dall'ordinamento nazionale, in materia di trasformazioni ambientali». Il Comune non consulterà gli elettori vicentini su un tema che mai è stato discusso in campagna elettorale? Allora «la società civile vicentina è di fronte ad una scelta senza alternative: deve responsabilizzarsi per se stessa davanti alla nazione e all’Europa». Come? «Deve auto-organizzarsi e sostituire l’amministrazione comunale, inadempiente».