29 AGOSTO 2006

Ospedale Usa, un mistero fra i sussurri e le smentite
Stangata sugli autobus Aim e Ftv
MONTEVIALE.Il distributore vicino a villa Zileri. Partiti i lavori: segati sette pioppi

Dopo l’interrogazione dei Verdi in Regione una “voce” ipotizza la sede
Ospedale Usa, un mistero fra i sussurri e le smentite
«Va a Montecchio». Ma Ulss e sindaci negano: «Mai sentito»

di Alessandro Mognon

Vincent Figliomeni, portavoce della caserma Ederle, liquida tutto in due parole: «Di ospedali per reduci di guerra non ne so niente. L’unico progetto per cui abbiamo fatto richiesta ancora due anni fa è una clinica medica e dentistica all’interno della caserma Ederle». Stop. Insomma dopo l’interrogazione in Regione del consigliere dei Verdi Gianfranco Bettin su un’ipotetico passaggio di una struttura sanitaria agli americani in provincia di Vicenza resta ancora il mistero. Mistero che aumenta, visto che qualche altra voce avrebbe perfino individuato le sedi possibili: la struttura psichiatrica di Montecchio Precalcino o l’ospedale civile di Montecchio Maggiore. Ma cosa vorrebbero gli americani? «Un centro sanitario che serva da collocazione per il cosiddetto “periodo di decompressione” - scrive Bettin nell’interrogazione - per il trattamento dei disordini da stress post traumatico causati dall’estremo stress a cui sono sottoposti i soldati durante il periodo di permanenza in zone di guerra». In altre parole un centro per il trattamento dei disturbi psicologici che colpiscono quasi il 20 per cento dei soldati che hanno combattuto in Iraq e Afghanistan. In più «verrebbero monitorati anche i danni da esposizione a sostanze chimiche». Da qui la richiesta di chiarimenti alla giunta Galan: «È vero che esiste un accordo fra gli americani e la Regione?». Olol Jackson, il verde di Vicenza che ha imbeccato Bettin, parla di «voce credibile, anche se non c’è nessun documento ufficiale. Però sarebbe una struttura sanitaria, esterna alla città, e per questo serve l’autorizzazione della Regione». L’assessore leghista alla sanità Flavio Tosi cade dalle nuvole: «Mai ricevuto nessuna richiesta, ma siamo disponibili». Poi non resiste «...e meglio agli americani che ai clandestini». Il direttore sanitario dell’Ulss 6 Eugenio Fantuz conferma: mai saputo nulla «ma di edifici adatti allo scopo ne abbiamo». E adesso arriva anche il sussurro: gli Usa hanno messo gli occhi su Montecchio Precalcino e Montecchio Maggiore. Sussurro o grido? Per il sindaco di Montecchio Precalcino manco sussurro: «Mai sentito niente, lo so da lei per la prima volta. E da noi americani non se ne sono visti. Adesso poi è utilizzato in parte dall’Ulss e dentro ci sono anche i volontari della protezione civile». Meno di un sussurro anche per il direttore generale dell’Ulss 4 Sandro Caffi: «Mai saputo nulla di ospedali Usa. E poi a Montecchio Precalcino direi che è impossibile. Da là non si sposta nulla, è una struttura consolidata e organizzata, con una collocazione precisa nella sanità locale. Oltre all’ospedale psichiatrico ci sono anche una scuola media e una elementare, il centro per i disturbi alimentari. E lo spazio che c’è intorno serve a quelle strutture». Escluso un Montecchio, la voce parlava anche dell’altro, Montecchio Maggiore, e del suo ospedale civile in “dismissione”. È forse quella la scelta americana? «A me non ne ha mai parlato nessuno - dice il sindaco Maurizio Scalabrin -. Ma se anche fosse oggi non si potrebbe utilizzare, ci sono i reparti occupati, il day surgery. Forse il piano superiore è disponibile, ma non so cosa serva ai militari della Ederle. Certo, se andrà in porto l’ospedale unico il nostro potrebbe liberarsi. Ma stiamo parlando di una cosa che si farà fra 10 anni». E quanto costerebbe al Pentagono comprare un intero ospedale? Fra gli 8 e i 12 milioni di euro, prezzi di mercato attuali e bolla speculativa permettendo. Da farci un pensierino.


Stangata sugli autobus Aim e Ftv
Il caro-petrolio costringe ad aumentare del 3 per cento il costo dei biglietti

di G. M. Mancassola

Nuova tegola sul portafogli delle famiglie vicentine. Sono in arrivo aumenti sul costo dei biglietti dei mezzi pubblici, sia sulle corriere Ftv che sugli autobus Aim. La causa dei rincari, ancora una volta, ha un nome e un cognome: è il caro-petrolio, che sta mettendo in seria difficoltà il bilancio delle aziende che curano la gestione dei trasporti pubblici. L’ondata di aumenti del costo del carburante, che hanno sfiorato il 30 per cento, si è inserita in un periodo già critico per le politiche dei trasporti, alle prese con la spietata concorrenza delle automobili e con le difficoltà degli enti locali nel far fronte al calo di utenti e alla necessità di incrementare il prezzo dei titoli di viaggio. Il caro-gasolio ha quindi indotto Ftv e Aim a uscire allo scoperto, andando a batter cassa dai rispettivi azionisti di maggioranza: la Provincia per Ftv e il Comune per Aim. La soluzione prospettata dalle due amministrazioni è di accordare un incremento generale dei ticket pari al 3 per cento. Tuttavia, la decisione si presenta come una soluzione tampone, per attutire l’impatto del caro-petrolio, non certo per annullarne gli effetti o pareggiare entrare con uscite. In municipio i problemi legati alle impennate del prezzo del greggio non sono una novità. La settimana scorsa, Amcps aveva presentato una relazione sulle spese sostenute per il riscaldamento negli edifici comunali, invitando palazzo Trissino a studiare un’iniezione di circa 290 mila euro per far fronte al fabbisogno. Da alcuni giorni, invece, l’assessore comunale alla Mobilità Claudio Cicero sta lavorando con i tecnici all’elaborazione di un nuovo piano tariffario che scatterà dal 1 settembre. Le scelte finali dovrebbero essere presentate nella riunione di Giunta di domani, la prima dopo la pausa di agosto. Solo allora si conosceranno i dettagli, anche se appare quasi scontato che la corsa semplice torni a 1,05 euro: la tariffa era già stata adottata un anno fa, sospesa poi grazie all’applicazione di un contributo regionale assegnato al capoluogo dalla Provincia. Ma a questo punto, il ritocco di 5 centesimi appare inevitabile. Da tempo, però, Cicero sta studiando l’assetto migliore per cercare di far quadrare i conti di un settore, quello del trasporto pubblico, che registra forti perdite, nell’ordine del milione di euro. L’assessore punta a far funzionare al meglio il sistema dei parcheggi a pagamento, che vanta invece sempre conti ampiamente positivi, con i quali almeno in parte si compensano i deficit degli autobus. Non è escluso che a breve si apra un confronto con Aim per valutare gli scenari: Cicero vuol vederci chiaro e vuole avere il quadro delle due situazioni economiche per assumere le decisioni del caso. Se il Comune sta per agire, la Provincia ha già accolto le richieste delle Ferrotramvie vicentine, che avevano disegnato tre diverse soluzioni: «Con un aumento del 3 per cento - spiega il presidente Silvio Regis - si fa fronte all’inflazione del 2,1 per cento e al costo del gasolio per lo 0,9 per cento. Ma non è sufficiente, perché per pareggiare l’aumento del gasolio serviva un aumento del 6 per cento. Se invece ci fosse stato un aumento del 9 per cento, avremmo coperto anche per le spese per investimenti e acquisto di nuovi mezzi, cui continueremo comuqnue a provvedere». Palazzo Nievo ha optato per un ritocco di minima: «Questo però non ci permette certo di pareggiare i costi, dal momento che il gasolio ha subito un aumento del 27 per cento. Ci auguriamo sia soltanto una fase di transizione, perché altrimenti diventerà davvero impossibile chiudere i bilanci in pareggio». Regis, che con Ftv fa parte dell’Asstra, l’associazione delle società che si occupano di trasporti pubblici, sottolinea come il problema sia stato rappresentato a chiare lettere al Governo e al ministro dei Trasporti. Regis, però, lancia un messaggio anche a Venezia: «La Regione Veneto corrisponde la cifra più bassa: 0,98 euro per chilometro. Il Trentino, per fare qualche esempio, ne dà 3, la Lombardia 1,30, il Lazio 1,25. Noi ce la mettiamo tutta, ma con questi numeri è una gran fatica».


Monteviale. Blitz ieri mattina: operai in azione, proteste dei cittadini. Il sindaco: «Abbiamo le mani legate»
Il distributore vicino a villa Zileri Partiti i lavori: segati sette pioppi

di Nicola Rezzara

Una brutta sorpresa, ieri mattina, ha caratterizzato il risveglio dei cittadini di Monteviale: le motoseghe erano in azione per abbattere i sette pioppi del viale di villa Zileri; segno inequivocabile dell'inizio dei lavori per la costruzione del distributore di benzina. Una stazione di servizio che in paese sembra non volere nessuno e che ha infuocato i consigli comunali della passata amministrazione, ma per cui ci sono le autorizzazioni a costruire. La richiesta della società Elledue, per la costruzione del distributore, era arrivata nel maggio del 2003, ma il Comune si era opposto. Un no definitivo giunto, però, troppo in ritardo e che ha fatto dirottare la questione al Tar ed al Consiglio di Stato. A spuntarla, infine, è stata la Elledue che ha ottenuto le autorizzazioni a costruire, nonostante il parere negativo del Consorzio Riviera Berica per la caratteristica esondabile della zona. Ieri mattina le motoseghe hanno fatto in fretta piazza pulita degli alberi che occupavano la zona del futuro distributore. I cittadini, sorpresi dal blitz, hanno cominciato a telefonare alla polizia locale ed in municipio per segnalare l'incursione. Ma niente da fare, tutto era in regola e i lavori sono continuati. Il neo eletto sindaco Giuseppe Danieli, da sabato scorso a conoscenza in via informale dell'imminente inizio dei lavori, dice di avere le mani legate: «È evidente il malessere dei cittadini che non vogliono il distributore - spiega il primo cittadino -. So che in queste ore c'è una mobilitazione in corso per protestare ed è previsto anche un sit-in. Noi però non possiamo farci niente: la ditta ha tutte le autorizzazioni. Non possiamo che prendere atto della situazione. Per impedire la costruzione del distributore bisognava pensarci prima». Chi la storia del distributore non riesce proprio a mandarla giù è Gilberto Leoni, ex consigliere di minoranza durante l'amministrazione Corato ed esponente del comitato di difesa ambientale di Monteviale, affiliato a Italia Nostra. «È una vergogna - spiega Leoni -. Da una parte la Regione vuole fare una cassa di espansione da 100 mila metri quadrati per raccogliere le acque della roggia Diom, che non sanno più dove defluire perché si continua a cementificare il territorio. Poi nello stesso territorio si autorizza altro cemento». Leoni contesta anche l’utilità del distributore: «Con la costruzione del nuovo cavalcavia per la bretella, cento metri prima della stazione, la pompa di benzina sarà tagliata fuori dal traffico». E indirizza una frecciata all'ex sindaco Desiderio Corato: «Questo impianto è stato un grande errore della vecchia amministrazione, che non ha fatto niente per opporsi». Secondo Leoni, infine, non tutte le carte sarebbero davvero in regola: «Il tribunale superiore delle acque di Roma non si è ancora pronunciato. Hanno cominciato i lavori del distributore senza un'autorizzazione indispensabile».

È stato preso in contropiede, ieri mattina, il neonato coordinamento “No al distributore”, costituitosi con lo scopo di impedire la costruzione del distributore a Monteviale. Purtroppo, l’obiettivo di proteggere la zona d’alto pregio paesaggistico è venuta meno con l’accensione delle motoseghe. Ma secondo il comitato non tutto è perduto: si sta già perseguendo l’idea di un imminente sit-in all’ombra dei filari dei platani “orfani” dei sette alberi abbattuti. Mentre circola ovunque un volantino informativo sulle ragioni della protesta. Elisa Sartor, del neonato coordinamento, spiega: «Ci opponiamo alla costruzione di un distributore di idrocarburi in area Zileri e al degrado ambientale di una delle zone più suggestive del nostro territorio. Vogliamo attirare l'attenzione pubblica su questo problema che ci sta molto a cuore, coinvolgendo oltre ai cittadini anche l'amministrazione, i comuni limitrofi e varie associazioni». «Ieri mattina sono stati tagliati sette alberi del viale, dopo che nei giorni scorsi era stato tagliato il granoturco - continua -. Lo storico viale alberato è ormai irrimediabilmente compromesso ma siamo pronti ad una mobilitazione popolare in difesa del territorio». Il coordinamento dichiara la propria contrarietà alla costruzione del distributore per motivi di tipo storico-ambientale e idrologici. Durante lo scorso fine settimana è iniziata anche una petizione popolare, con l'intenzione di ricorrere a tutte le forme di protesta e di mobilitazione per raggiungere l'obiettivo di bloccare la costruzione del distributore e organizzare un referendum per la tutela dell’area Zileri. Residenti e Italia Nostra hanno provato a bussare anche alla porta del difensore civico di Vicenza, Massimo Pecori, a cui hanno consegnato un dossier. Pecori mette le mani avanti, precisando che la sua competenza si limita al capoluogo e non può sforare nel territorio di Monteviale. Tuttavia, avanza alcuni suggerimenti indirizzati al Comune, che grazie ai nuovi strumenti urbanistici introdotti dalla Regione Veneto con la legge sui Pat, può tentare di giocare l’ultima carta: «Esistono forme di compensazione da offrire ai privati - spiega Pecori - come il credito edilizio o la permuta, scambiando l’area di pregio con un’altra ugualmente appetibile dal punto di vista commerciale ma meno impattante».