Ahmed, rimasto ustionato alla schiena in fabbrica
ha anche perso il lavoro: «Chiedo giustizia e aiuto»
(p. e.) «Lo scriva: io chiedo solo ’justice’... come si dice in italiano? Giustizia». Ahmed Zareen, pakistano, 37 anni, sorride spesso mentre racconta la sua terribile vicenda e fa vedere la foto che testimonia quello che gli è accaduto. Zareen, era stato assunto a tempo indeterminato all’inizio dello scorso anno alla “Alfond press”, impresa di via della Meccanica. In luglio arriva la sventura: alle 8 del mattino, quando è al lavoro già da un’ora e mezza, Zareen si accorge che un tubo dell’impianto di raffreddamento si è staccato: va a rimetterlo a posto, come ha già fatto altre volte, ma questa volta alle sue spalle arriva il caricatore-dosatore che contiene l’alluminio fuso (destinato agli stampi) e lo colpisce alla schiena, tenendolo bloccato per un paio di terribili minuti finché è la stessa macchina a bloccarsi.
Sulla schiena ha una sorta di buco, un’ustione di terzo grado. All’ospedale di Padova, in chirugia plastica, Zareen viene operato e il ’buco’ viene coperto con pelle prelevata dalla sua gamba. La convalescenza dura alcuni mesi, ma anche adesso - «legga qui, ho una visita medica fissata a settembre», spiega - Zareen porta i segni di quanto gli è accaduto.
La sventura però continua. Nel febbraio di quest’anno a Zareen arriva una lettera della Alfond press che gli comunica il licenziamento dovuto ad «esigenze di carattere economico» che hanno portato a una riorganizzazione del ciclo produttivo. Zareen però è ancora in attesa di cifre che gli erano comunque dovute dalla sua ex azienda, e ha dovuto far ricorso al sindacato Ugl e a un’assistenza legale con l’avv. Ambretta Diamante («C’è una causa in corso per il recupero di retribuzioni non pagate», conferma l’avv. Diamante, che non vuole rilasciare nessun’altra dichiarazione). Oltre a questo, per Zareen ’giustizia’ significa poter trovare un lavoro che lui sia in grado di affrontare: «Non posso più fare un lavoro pesante con la schiena che mi ritrovo. Ho un affitto da pagare (vive in viale della Pace) e da vivere. Dove vado io?».
«Svuotano col cucchiaio il mare dei precari»
Il provvedimento già bocciato dal sindacato: «In ruolo soltanto il 10 per cento»
di Anna Madron
Si sono dati appuntamento questa mattina davanti al Csa il Centro servizi amministrativi ex provveditorato, dove, stando alle notizie dell'ultima ora, dovrebbero essere esposte le graduatorie. Inizia così per i precari un'altra estate di passione, scandita da speranze, illusioni, malumori e proteste per una situazione che si trascina da troppo tempo.
Nonostante qualche giorno fa il governo abbia varato il decreto per l'assunzione di 40 mila tra insegnanti e Ata senza posto fisso, provvedimento che il Cip, il Comitato insegnanti precari, non ha però accolto a braccia aperte.
«Potrebbero risponderci che non siamo mai contenti - esordisce Francesco Casale, presidente del Cip di Vicenza - in realtà questa manovra non contribuisce ad eliminare la precarietà, né a conferire più qualità alla scuola pubblica. A fronte infatti degli attuali 100.000 posti vacanti e dei 200.000 pensionamenti previsti per il 2007, il decreto copre poco più del 10 per cento del fabbisogno, dimostrandosi di grande impatto mediatico, ma di scarso effetto pratico. Si è raffazzonato, in ritardo, un falso rimedio ad un problema reale. Una soluzione elementare, seria e risolutiva sarebbe stata quella di attuare la legge '143/04', immettendo in ruolo il 100 per cento dei docenti necessari alla copertura dell'organico. Senza contare che non si sa quanti saranno gli insegnanti assunti, quanti i bidelli e gli applicati di segreteria, a dimostrazione che ancora una volta sulle attese e le aspettative legittime dei precari si sparano cifre e date in modo irresponsabile».
Se dunque da un lato il decreto rappresenta un passo avanti, dall'altro non mette la parola fine al girovagare di tanti insegnanti che ogni anno scolastico si ritrovano ad occupare sedi diverse. E a proposito di sedi, Casale ricorda che è ancora in corso la battaglia per l'abolizione del doppio punteggio, conferito a coloro che prestano servizio nelle scuole di montagna o nelle isole.
«Diciamo no - spiega - alla supervalutazione, contro la quale molti di noi hanno anche fatto ricorso, proprio per il fatto che ci ritroviamo superati in graduatoria da chi ha lavorato in scuole situate oltre i 600 metri di altezza. In questo senso le graduatorie che usciranno oggi, o al più tardi, domani, ne riserveranno delle belle».
Ma quello del doppio punteggio non è l'unica spina nel fianco del precariato. Anche le Ssis, le scuole di specializzazione, non contribuiscono a rasserenare il clima. «Nessuna pregiudiziale contro questo tipo di scuole - prosegue Casale - ma sarebbe stato più utile varare un programma pluriennale per la totale copertura delle disponibilità chiudendo il "rubinetto" delle Ssis che, a getto continuo, inondano la scuola di giovani docenti senza futuro per autofinanziare gli atenei. Con questo decreto, invece, è come se si volesse svuotare con un cucchiano il mare dei precari. Per questo siamo convinti che si tratti dell'ennesimo passo verso la destabilizzazione e lo smantellamento della scuola pubblica, oltre che della dequalificazione professionale dei docenti».
Fiamm, i dipendenti non rinunciano
alla quattordicesima in busta a luglio
La strada verso l’approvazione finale è lunga «ma escludiamo che ci siano “suicidi”»
di Eugenio Marzotto
Al primo confronto con i lavoratori, Fim, Fiom e Uilm vengono spiazzati dal giudizio degli operai. Ieri mattina il sindacato ha avuto il primo faccia a faccia ufficiale con i dipendenti di Fca e Aif che promuovono l’accordo nel suo complesso, ma bocciano con toni aspri l’esclusione dalla busta paga del pre feriale, così com’era stato concordato nella trattativa fiume di giovedì scorso affrontata con la dirigenza Fiamm.
In quella bozza di accordo, oltre ad una serie di cambiamenti strutturali (130 esuberi e stabilimento unico), l’azienda aveva chiesto che operai ed impiegati rinunciassero per due anni ad una sorta di quattordicesima che i dipendenti Fiamm normalmente percepiscono in luglio. Ma alla notizia che quei soldi, 1.100 euro circa che dovevano arrivare tra dieci giorni, da quest’anno non ci saranno più, è scoppiata la bagarre. Se l’impianto quadro dell’intesa è stato approvato, la questione del pre feriale potrebbe ostacolare l’ok all’accordo finale.
Ieri Antonio Sirimarco (Fim), Maurizio Ferron (Fiom) e Carlo Biasin (Uilm) hanno incontrato i lavoratori del primo turno di lavoro degli stabilimenti di Montecchio e Almisano, una parte cioè dei 420 lavoratori complessivi. «Non si è votato - spiega Giampaolo Zanni della Fiom - l’assemblea ha avuto il solo scopo di informare gli operai e ascoltare le loro rimostranze e così faremo per un’altra settimana. Se la questione del pre feriale diventerà fondamentale ritorneremo dall’azienda per chiederlo, dopo di che passeremo al voto dei lavoratori».
La strada per l’approvazione dell’accordo da parte dei dipendenti è ancora lunga, ma è escluso che al momento del voto i lavoratori si mettano di traverso in modo da far saltare tutto. Sarebbe un “suicidio” a cui nessuno vuole ricorrere. Intanto dopo qualche giorno dalla bozza di accordo che ha mantenuto la produzione Fiamm nel Vicentino, si fanno largo i commenti. Montecchio perderà lo stabilimento di via Gualda dal marzo 2006, mentre viale Europa continuerà ad essere il centro direzionale della Fiamm: «Tra qualche mese al posto dello stabilimento, che verrà dismesso, arriverà un’altra azienda - spiega il sindaco Maurizio Scalabrin - quello che conta è che la Fiamm rimarrà in provincia. Certo, 130 esuberi è comunque un numero alto, ma con gli ammortizzatori sociali e l’impegno di tutti, anche queste persone potranno avere un futuro. La forza della concertazione riesce a scongiurare la fine delle imprese vicentine». «Non è successo un miracolo, anche se un poco gli assomiglia - dice Franca Porto, segretario provinciale Cisl -. Sul caso Fiamm si è creata una forte solidarietà con i lavoratori perché tutti hanno capito che la scommessa era dimostrare che il nostro territorio è ancora competitivo al punto tale da tenere qui l’azienda. Ora dobbiamo impegnarci per non lasciare nessuno da solo o senza lavoro, è importante che si utilizzino tutti gli strumenti disponibili perché chi deve lasciare la Fiamm vada in pensione, se ne ha i requisiti, o sia ricollocato in altre attività».
Giuseppe Boschetto, sindaco di Lonigo paese che ospita l’Aif, lo stabilimento unico che produrrà batterie e trombe auto spiega che «il merito va al lavoro sinergico che tutte le parti in causa hanno condotto: dai sindacati, che hanno continuato a trattare con lo storico marchio, ai dipendenti, che pur attraversando un difficile momento hanno saputo mantenere la calma e la disponibilità alle trattative e alla stessa azienda».