La Fiamm trasloca in Cina
Chiuderanno tutte le sedi, a casa 420 lavoratori
di Eugenio Marzotto
Era nell’aria da tempo ma c’era ancora chi non voleva crederci. La Fiamm andrà a produrre in Cina, India e Cechia, sventolando la bandiera dell’“internazionalizzazione”, termine che significa solo una cosa per un’azienda storica come quella di viale Europa. Chiudere gli stabilimenti di Almisano e di via Gualda a Montecchio. Resteranno a casa 420 operai, si salveranno, fino a quando non si sa, 156 impiegati che oggi lavorano nello stabilimento di viale Europa.
La comunicazione di un piano industriale con cui la Fiamm saluta Montecchio per sempre, è stato presentata dai vertici dell’azienda ai sindacati, giovedì sera. Un piano, il terzo in quattro anni, che ribalta di sana pianta quello di un anno fa, quando l’azienda aveva dichiarato la disponibilità di mantenere nel vicentino uomini, mezzi e produzione.
«O l’azienda ha giocato sporco prima o la sta facendo adesso», è stato il duro commento a caldo della delegazione sindacale a margine dell’incontro.
Sia chiaro, la Fiamm è destinata a sparire da Montecchio, ma non a dissolversi come azienda, visto che da mesi è presente in Asia dove conta tra Cina e India stabilimenti che danno lavoro a 1.500 persone.
Poche parole, le stesse spiegazioni che risuonano nelle stanze di viale Europa almeno da cinque anni. Il presidente Dolcetta e l’amministratore delegato Gaudio l’altra sera sono stati più realisti del re. «I concorrenti asiatici corrono più di noi, la crisi delle auto è planetaria, il costo della materia prima si è fatto soffocante». Risultato: si andrà a produrre dove costa meno realizzare avvisatori acustici e batterie per telecomunicazioni, ovvero in Asia e nell’est europeo. Scenari noti, copioni già visti, a cui nemmeno la Fiamm ha potuto fare a meno.
A un mese circa dall’ingresso di Enersys, il colosso americano che ha acquistato il ramo d’azienda della Fiamm e che produce batterie per trazione, con la notizia di giovedì di fatto da Montecchio entro un anno non uscirà più nulla con il marchio dell’azienda che produce qui da quasi 60 anni.
La risposta di Fim, Fiom e Uilm è stata immediata con otto ore di sciopero che si sono consumate ieri, ma altre iniziative di protesta sono previste per la settimana prossima, con l’obietivo di far fare retromarcia alla Fiamm.
«I dati restano buoni - raccontano in conferenza stampa Antonio Sirimarco, Maurizio Ferron e Carlo Biasin, rispettivamente di Fim, Fiom e Uilm -. La stessa azienda giovedì ci ha comunicato che le perdite sono in diminuzione, così come l’indebitamento con le banche. Cresce anche il margine operativo lordo. E con questi dati decidono di andare in Cina? E’ incomprensibile ed è per questo che tenteremo tutte le vie per arrivare ad un accordo, coinvolgendo opinione pubblica e istituzioni».
Una cosa nel frattempo è decisa. Il 10 giugno lo sciopero nazionale dei metalmeccanici farà tappa proprio a Montecchio, comune scelto per rappresentare la crisi industriale vicentina.