28 OTTOBRE 2004

dal Giornale di Vicenza

SCHIO."La gente dice no alla sorveglianza con le telecamere"
Teatro, operai senza paga.
Stranieri e il "caso" Vicenza.
Alternativa sociale, volantini contro l'arrivo dei soldati Usa"

Assemblea di Libera Zone
«La gente dice no alla sorveglianza con le telecamere»
Stasera sarà presentata un’inchiesta realizzata dai giovani nelle vie del centro: «Il 90 per cento degli intervistati giudica inutile il videocontrollo»

( l. v. ) Libera Zone contro la videosorveglianza: i giovani del coordinamento ne discuteranno questa sera alle 21 in un’assemblea-dibattito che si terrà al circolo operaio "Il Bruco" di Magrè. Nel corso della serata sarà illustrato un dossier sulla videosorveglianza e verrà proiettata una video-inchiesta sul tema realizzata sabato scorso, quando Libera Zone ha tenuto un presidio in piazza Rossi ed un volantinaggio, terminato verso sera con il concerto di "Bracco e i suoi Giaguari". «Abbiamo allestito due gazebo - spiega Cristian Moresco, portavoce del coordinamento - per informare i passanti su quello che il Comune intende fare riguardo alla videosorveglianza. Alcuni di noi, muniti di telecamera, sono andati in giro per le principali vie del centro a chiedere un parere ai cittadini, domandando come si sentivano con l’obiettivo puntato addosso».
«Il 90 per cento degli intervistati ha dato parere contrario sul tema, definendo ridicolo l’uso delle telecamere per far fronte alle problematiche giovanili: per i giovani servono luoghi di aggregazione, ormai scomparsi nella nostra zona, e non telecamere per sorvegliarli. Curiosamente chi si è dichiarato favorevole ha mostrato un certo imbarazzo ad essere ripreso».
«Per quanto riguarda il recente caso delle scritte sui muri di Schio, visto che siamo stati chiamati in ballo, riteniamo che sia più importante occuparsi di altri problemi, molto più gravi e seri, come appunto la videosorveglianza, la mancanza di spazi sociali o l’arrivo ogni luglio in città di fascisti e nostalgici».


Sul cantiere di via Mazzini arriva un’interrogazione in parlamento. E la Cogi ammette i ritardi: consegna a primavera 2006
Teatro, operai ancora senza paga
Anche ieri non hanno lavorato: oggi saranno in consiglio comunale

di Chiara Roverotto

Gli operai della Cogi, l’impresa fiorentina che ha vinto l’appalto per la costruzione del teatro, non vanno tanto per il sottile: niente soldi, niente lavoro. La storia va avanti da un po’di tempo malgrado gli interventi del Comune, dei sindacati, dell’opposizione che, in più riprese, ha chiesto al sindaco delucidazioni sul futuro del cantiere della città. Sta di fatto che ieri, per la seconda giornata consecutiva, in viale Mazzini gli operai hanno incrociato le braccia e minacciato un sit-in in Comune , scongiurato solo dall’arrivo di un “inviato” , direttamente da Firenze, con la valigetta di contanti necessari per pagare i lavoratori. Basterà questo a farli rientrare oggi e a riprendere quell’opera che va avanti a rilento, con circa sei mesi di ritardo rispetto al cronoprogramma iniziale? I primi a rispondere sono i sindacati, in particolare Danilo Andriollo della segreteria Cgil e Antonio Toniolo, segretario della Fillea-Cgil, che ha seguito la questione fin dall’inizio. «Il sindaco dovrebbe uscire dalla latitanza - si legge in una nota - rispetto alla gestione dei lavori pubblici in città . Oltre ai periodici problemi che si presentano nel cantiere la stessa amministrazione è costretta ad ammettere che i conti non tornano anche su altri versanti, a partire dal rispetto delle destinazioni d’uso in zona industriale ». E sul ritardo nel pagamento degli operai, la Cgil non va tanto per il sottile: « Hüllweck ci risparmi nuove spiacevoli battute, ma si impegni finalmente per garantire i diritti dei lavoratori e la corretta realizzazione della principale opera pubblica della città ». Su questa linea anche i consiglieri dell’opposizione (Alifuoco, Poletto, Quaresimin, Rolando, Dalla Pozza, Guaiti, Cangini e Franzina) che per il Consiglio comunale di oggi presenteranno quello che in gergo si chiama articolo 17: in sostanza la richiesta di una discussione immediata in aula sul cantiere-teatro. «O rmai è diventata una barzelletta - taglia corto Alifuoco - a questo punto vogliamo assicurazioni precise sull’affidabilità dell’azienda non solo rispetto ai lavori, ma anche in merito al rispetto dei pagamenti. Se la Cogi ha problemi di liquidità, come dimostra praticamente ogni mese non pagando gli operai, il Comune lo deve sapere ». Insomma, il teatro torna a surriscaldare la politica cittadina, ma l’amministratore delegato della Cogi non ci sta. « Non accetto strumentalizzazioni di sorta, se in città ci sono problemi politici, a me non interessa » dichiara Coccimiglio. Ma la paga degli operai non è propriamente un problema politico? « Se nella mia azienda ci sono dirigenti che non vogliono prendersi la responsabilità di viaggiare con una valigetta di contanti non ci posso fare nulla. Senza contare che il problema riguarda si è no una decina di operai che non hanno il conto corrente... ».
« Evidentemente la Cogi non ha mai sentito parlare di bonifici, assegni circolari » ribatte Toniolo della Cgil. Intanto il caso cantiere finisce anche in parlamento con un’interpellanza parlamentare urgente presentata ieri da Maura Cossutta (Comunisti Italiani) al ministro del Lavoro e dell’Interno. «Il sindaco lo scorso luglio - commenta la parlamentare - con una battuta poco felice disse che tante polemiche per qualche giorno di ritardo erano inutili e pretestuose: forse lo sono per lui. Piuttosto sorge un dubbio: quale interesse ha il sindaco a coprire la Cogi? E perchè si ostina a non far rispettare i diritti dei lavoratori ». Intanto il cantiere continua a mantenere i sei mesi di ritardo rispetto al cronoprogramma, anche se da settembre come aveva chiesto il direttore dei lavori, l’ing. Gallinaro, sono aumentate le maestranze. « Certi atteggiamenti da parte delle aziende sono inconcepibili e denotano scarsa intelligenza - dichiara Gallinaro - anche perché non se ne ricava nulla di buono e non solo per l’immagine dell’impresa ». Intanto, su un aspetto la Cogi è stata chiara: il cantiere non verrà consegnato prima della primavera del 2006.


Stranieri e il "caso" Vicenza
Secondo il dossier della Caritas sono in calo, ma i dati sono sbagliati Aumentano donne e minori Calano le assunzioni del 5%

di Chiara Roverotto
inviata a Treviso

Immigrati, il “caso” Vicenza. Forse sarebbe meglio chiamarlo un giallo, sta di fatto che alla presentazione del XIV dossier statistico sull’immigrazione, curato da Caritas e Migrantes e presentato ieri all’istituto “Palladio” di Treviso in contemporanea con altre undici città (Roma, Bologna, Bolzano, Crotone, Genova, Napoli, Palermo, Perugia, Prato, Torino e Trieste) emerge un dato significativo che, però, gli stessi ricercatori del dossier smentiscono. In sostanza Vicenza sarebbe la sola provincia in Italia in cui si registra una diminuzione dei permessi di soggiorno rispetto al 2002 (32.799 quelli segnalati nel 2003 a fronte di 35.002 nel 2002). E questo nonostante ci siano state 10.834 domande di regolarizzazione presentate in provincia per la sanatoria del 2002.
«Un confronto con la questura e con la prefettura di Vicenza - ha detto ieri don Bruno Baratto, uno dei curatori della ricerca per il Veneto - ha confermato il problema. In sostanza i dati non coincidono. A metà 2004 si stimavano in oltre 50 mila i permessi nel Vicentino. Per molti mesi abbiamo chiesto all’ufficio stranieri i dati e abbiamo telefonato al ministero per risolvere la questione, ma non ci siamo riusciti. Evidentemente c’è qualche problema di comunicazione tra la questura e il dicastero dell’Interno sul quale non possiamo certo intervenire, anche se questo ci mette in difficoltà e non ci permette di dare un’immagine statistica attendibile sul fenomeno immigrati a Vicenza». Insomma, se i numeri non fanno la storia, aiutano a leggerla: in questo caso non contano proprio, perché dati e cifre sono sbagliati. I permessi di soggiorno in provincia, sulla base degli ultimi dati della questura, si attestano attorno ai 55.000 per cui siamo ben lontani dalle stime del ministero. Ciò non toglie che il dossier offra, comunque, una fotografia del fenomeno che mette in rilevo come il numero degli stranieri nel nostro paese sia in continua crescita. Il 60 % di loro si trova al Nord e il Veneto è la seconda regione, dopo la Lombardia, il 30 % al Centro e il resto nel Meridione. Il Veneto, quindi, continua ad essere una terra di forte richiamo. «È un riconoscimento che ci fa onore - sottolinea Raffaele Zanon, assessore regionale ai flussi migratori - la nostra regione rimane una calamita per tante persone immigrate che cercano fuori dal loro paese possibilità di vita e di lavoro migliori. Questo la dice lunga sulla capacità sociale e culturale di assorbimento della società veneta e sull’efficacia degli strumenti pubblici e privati messi in campo». L’assessore rileva, peraltro, che il rapporto di Caritas e Migrantes presenta alcune imprecisioni sulle rilevazioni, per esempio per quanto riguarda la provincia di Vicenza «con cifre che non corrispondono alla realtà».
Stati dell’Est Europa. Sono loro nel Veneto a fare la differenza sulle variazioni dei paesi di provenienza. L’aumento nel 2003 è stato di 41 mila persone, il 70% in più rispetto al 2002. E nella maggior parte dei casi si tratta di donne provenienti dalla Moldavia, Ucraina, Romania. Quindi i primi cinque paesi rappresentanti sui 161 presenti rimangono il Marocco con quasi 29 mila persone, seguito da Romania, Albania, Jugoslavia (Serbia e Montenegro) e Cina Popolare. Al sesto e al settimo posto ci sono Moldavia e Ucraina. La provincia che conta più immigrati è Treviso con 52.449 permessi di soggiorno, che verrebbe comunque superata se il dato di Vicenza fosse corretto, seguita da Verona (con 46.367), Padova (38.283), Vicenza (35.002), Venezia (32.799), Belluno (7.059) e infine Rovigo (6.572).
Etnie in città. Vicenza si caratterizza per la presenza di cittadini provenienti da Serbia e Montenegro e, soprattutto, per il numero di minori nella scuole materne: l’8,4%. Inoltre Vicenza e Treviso raccolgono quasi il 70% degli alunni stranieri della regione.
Mercato del lavoro. Il 59 % ha un lavoro subordinato (operai, muratori, manovali, magazzinaggio, ristorazione), 41 % lavoro domestico ed assistenza. Nel 2003 in tutta la regione ci sono state 10.891 autorizzazioni, il 77% per lavoro stagionale. Lo scorso anno ci sono state 98.300 assunzioni (dati Inail) il 19% del totale, la domanda è calata del 5% rispetto al 2002.
Appartenenze religiose. Nel Veneto i cristiani immigrati rappresentano il 48% mentre i musulmani si fermano al 34%. E tra i cristiani da registrare un’anomalia tutta veneta: i cattolici sono il 17% mentre gli ortodossi il 25%, poi seguono buddisti, animisti e induisti.


Alternativa sociale, volantini contro l’arrivo dei soldati Usa

Ad Alternativa sociale, il partito di Alessandra Mussolini, gli statunitensi non piacciono neanche un po’ e basta il vocabolario a confermare la cosa: quelli che sono stati annunciati in arrivo a Vicenza tra qualche tempo - un paio di migliaia in aggiunta a quelli che già sono alla "Ederle" - vengono chiamati «extracomunitari». Contro questo incremento di presenze americane, Alternativa sociale va a protestare e volantinare oggi pomeriggio in piazza dei Signori, sotto la sala Bernarda, alle cinque e mezza del pomeriggio ora di consiglio comunale. E lo fa sottolineando - in nome dell’orgoglio nazionalistico - che la data odierna è per buona combinazione quella della marcia su Roma mussoliniana (di Mussolini nonno) che diede il potere al fascismo 82 anni fa.
«Al di là dei problemi logistici che l'Amministrazione dovrà affrontare - dice il portavoce provinciale di As, Alex Cioni, anticipando i contenuti dell’iniziativa - per ospitare un numero così alto di nuovi extracomunitari e dei costi che di conseguenza tutti i cittadini saranno costretti a sopportare, questa è l'ennesima dimostrazione del totale servilismo del governo nazionale di centrodestra nei confronti dei padroni d'oltreoceano». Tesi ulteriore di Cioni e di As: «A distanza di sessant'anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, l'Italia si trova ancora ad ospitare oltre cento basi americane a tutto discapito della propria sovranità nazionale, con migliaia di soldati italiani in giro per il mondo a difendere gli interessi del nuovo ordine mondiale e non certo quelli italiani».