28 SETTEMBRE 2006

Dal Molin agli Usa, il Governo verso il sì
Annullato il bando 2006 Non ci sono alloggi liberi

Il ministro della Difesa risponde alla Camera in diretta televisiva sulla nuova caserma americana Smentite le rivelazioni dell’Espresso. I soldati passeranno da 2.750 a 4.500. L’ultima parola spetta a Roma, ma si attende un parere di Vicenza
Dal Molin agli Usa, il Governo verso il sì

di Gian Marco Mancassola

«Muovendo dallo spirito di amicizia che contraddistingue il rapporto di alleanza tra Italia e Stati Uniti, il Governo ritiene che la richiesta avanzata resti coerente e compatibile con la linea di politica militare del nostro paese». Questa è la frase clou pronunciata dal ministro della Difesa Arturo Parisi, che ieri alla Camera, durante il question time, ha risposto a tre diverse interrogazioni sparate a mitraglia da esponenti della sua maggioranza di centrosinistra sul caso “Dal Molin”. Sono le 15.40 quando a Montecitorio, in diretta televisiva su Rai 3, per la prima volta si odono le parole di Parisi sul progetto di una nuova caserma e sono parole destinate a far discutere a lungo. Nella sua triplice replica, il ministro ha fissato alcuni punti fermi: non c’è alcun accordo bilaterale già firmato fra Roma e Washington; l’ultima decisione spetterà al Governo nazionale; c’è la volontà di coinvolgere la comunità locale, ma da Vicenza non è ancora giunta alcuna risposta; le rivelazioni dell’Espresso sugli armamenti vengono seccamente smentite. Gli armamenti. L’intervento di Parisi, articolato nell’arco di circa mezz’ora, è diviso in tre parti, per rispondere ad altrettante interrogazioni mosse dopo la pubblicazione dell’inchiesta sul settimanale l’Espresso. La prima porta la firma del deputato veneto dei Comunisti italiani Severino Galante; la seconda, delle deputate uliviste vicentine Lalla Trupia e Laura Fincato; la terza, dalla vicepresidente della commissione Difesa Elettra Deiana, di Rifondazione comunista. I passaggi più salienti sono rintracciabili nella risposta data alle due parlamentari vicentine, che avevano esplicitamente chiesto qual è l’orientamento del Governo. La prima mossa di Parisi è la smentita dell’inchiesta dell’Espresso: «Circa la richiesta americana di accorpare la centosettantatreesima brigata aviotrasportata presso l’aeroporto Dal Molin di Vicenza - afferma Parisi - dico subito che il progetto illustrato dall’Espresso non risulta in alcun modo corrispondere a quanto richiesto dall'amministrazione americana a questo Governo. L’unico progetto di cui l’Esecutivo è a conoscenza è finalizzato a fornire idonea sistemazione logistica alla brigata in questione nella sua nuova configurazione e non, come paventato dal settimanale, ad ospitare le tipologie di carri armati e veicoli blindati da combattimento ivi citate». «Per poter accogliere l’incremento delle truppe che passerebbero dalle 2.750 unità a circa 4.500 - argomenta Parisi - si pone la necessità di ampliare la superficie assegnata alla base per edificare nuove strutture e nuovi alloggiamenti. Il progetto, di cui il ministero ha contezza, è finalizzato a fornire idonea sistemazione logistica, solo logistica, all’unità in questione e in nessun modo ad ospitare le menzionate tipologie di carri armati e veicoli blindati da combattimento. La richiesta americana non modifica la natura ma la dimensione dell’insediamento». L’orientamento del Governo. Centrale, per uscire dalle secche della dialettica politica è però un’altra domanda, formulata per primo dal sindaco Enrico Hüllweck e poi dalle onorevoli Trupia e Fincato: come è orientato il Governo? «Dobbiamo ribadire - chiarisce il ministro - che, nonostante il precedente esecutivo avesse manifestato una disponibilità di massima, a tutt’oggi non è stato sottoscritto alcun accordo bilaterale con l’amministrazione statunitense. Muovendo dallo spirito di amicizia che contraddistingue il rapporto di alleanza tra Italia e Stati Uniti, il Governo ritiene che la richiesta avanzata resti coerente e compatibile con la linea di politica militare del nostro paese. Questo perché il progetto avanzato dall’amministrazione americana prevede non una variazione della natura dell’insediamento, come prospetterebbe il settimanale, quanto piuttosto una modifica nella sua dimensione». L’ultima parola. «A partire da questo giudizio di competenza esclusiva dell’esecutivo nazionale - prosegue Parisi - il Governo ha ritenuto, tuttavia, di doversi far carico delle istanze pervenute dal territorio in ordine ai problemi posti dalla realizzazione del progetto stesso. A questo fine il Governo ha riaperto il confronto con gli Stati Uniti coinvolgendo la comunità locale, a cominciare dall’amministrazione comunale e dalle sue competenze. A tale amministrazione è stato chiesto un giudizio di accettabilità del progetto per quel che riguarda gli aspetti che attengono all’impatto sociale, urbanistico ed ambientale. Questo giudizio non è ancora pervenuto». Allo stesso modo, il titolare della Difesa nazionale precisa all’on. Galante che «per quanto riguarda le decisioni a tutt'oggi con la controparte Usa non sono stati sottoscritti impegni di alcun genere. La disponibilità di massima manifestata dal precedente Governo non si è tradotta, infatti, in alcun accordo sottoscritto». Il giallo del 6 luglio. La principale premura di Galante è però conoscere le modalità con cui si è svolta la riunione tecnica di inizio luglio a cui avevano preso parte militari italiani, militari americani e il sindaco Hüllweck, che se n’era andato sbattendo la porta e parlando di «riunione clandestina». «Per quanto concerne la riunione del 6 luglio - puntualizza Parisi - confermo il suo svolgimento così come la conoscenza da parte del ministero. Si è trattato di una riunione di carattere meramente tecnico volta a verificare la fattibilità di uno specifico piano di transizione con la partecipazione di tutte le parti in causa. Rassicuro che non risulta che la riunione sia stata in alcun modo connotata da spirito di segretezza, con il fine di adottare iniziative in contrasto con gli intenti dell’autorità governativa. Autorità che resta indiscutibilmente competente per l'assunzione della decisione finale». Da ultimo, il ministro respinge ogni illazione su forme di pressing di matrice militare: «Escludo altresì con perentorietà l’ipotesi di ogni indebita pressione sulle autorità civili da parte di soggetti militari, italiani o stranieri, al fine di ottenere l’assenso al progetto. Tengo inoltre a sottolineare che alla riunione è stato invitato, ed ha partecipato, anche il sindaco di Vicenza, invitato proprio al fine di coinvolgere in ogni passaggio anche la comunità locale interessata». Il coinvolgimento dei vicentini. Last but not least, la controversa formula del silenzio-dissenso. Nella sua lettera inviata al sindaco, il ministro aveva concluso ponendo l’accento sul fatto che il mancato riscontro alla missiva da parte del Comune sarebbe stato interpretato come parere contrario. Di quella formula, però, non c’è traccia nell’intervento di Parisi alla Camera: «Proprio a partire dalla mobilitazione della popolazione interessata a cui si fa riferimento, il Governo ha inteso riaprire il confronto con gli Stati Uniti per ricercare il consenso necessario anche in sede locale. Ed è ancora nel riconoscimento delle istanze del territorio che si fonda la richiesta al comune di Vicenza di esprimere un giudizio di accettabilità del progetto in relazione agli aspetti urbanistici, sociali ed ambientali, del quale siamo ancora in attesa. L’amministrazione comunale di Vicenza - conclude il ministro - per prima ha competenza, nonché il diritto e il dovere di formulare tale giudizio».

Gli highlights di una mezzora surreale: presiede Tremonti, il ministro incalzato dalla sua maggioranza, il centrodestra zitto
Che fine ha fatto il silenzio dissenso?
A precisa domanda, Parisi dice di attendere il parere del Comune

(g. m. m) Se mai qualcuno deciderà di girare un film sul caso “Dal Molin”, non potrà fare a meno del gioco di inquadrature andato in onda ieri sugli schermi di Rai 3. Il ministro della Difesa Arturo Mario Luigi Parisi sta pronunciando le fatidiche parole sulla coerenza e compatibilità del progetto con la linea politica e militare del nostro paese. In prima fila stanno seduti ben tre parlamentari vicentini di centrosinistra: le due interroganti Lalla Trupia e Laura Fincato da una parte, e il capogruppo dell’Udeur Mauro Fabris poco distante. Dal salotto di casa si ha la sensazione che il sorriso delle due uliviste si smorzi sulle labbra, mentre gli sguardi si irrigidiscono in cerca di conferme o smentite. Dal banco vicino, invece, Fabris si volta con l’aria di quello che dice: «Avete sentito? Io ve l’avevo detto». Avranno un bel daffare gli esegeti da ieri al lavoro per passare ai raggi x le parole sillabate con arcigna cadenza sarda dal ministro, perché la frase clou del giorno farà la fine di quel “riconsidereremo il progetto” enunciato dal premier Romano Prodi a luglio. Sta dicendo sì o sta dicendo no un ministro che dice, testuale, “muovendo dallo spirito di amicizia che contraddistingue il rapporto di alleanza tra Italia e Stati Uniti, il Governo ritiene che la richiesta avanzata resti coerente e compatibile con la linea di politica militare del nostro paese”? Per la verità, ai più è sembrata una delle poche battute chiare in un copione scritto da uno sceneggiatore surrealista. Non bastava quel prologo impagabile con l’ex ministro Giulio Tremonti che si siede al posto di Fausto Bertinotti per presiedere la seduta della Camera. Per rendere tutto più grottesco, ci voleva anche il fuoco di fila sparato contro Parisi non dai banchi dell’opposizione, ma dalla sua maggioranza. A nessuno è sfuggito il fatto che tutte e tre le interrogazioni sulla base Usa di Vicenza portavano la firma di deputati dell’Unione. E se tutti sembravano davvero coesi nell’attaccare l’amministrazione comunale vicentina, le domande, per la verità, non suonavano come gentili assist al signor ministro. Sarebbe bello, per farsi un quadro del marasma politico, leggere i tanti sms che hanno intasato i telefonini degli ulivisti vicentini ieri sera. Mentre il centrodestra se ne stava rigorosamente zitto, lasciando la maggioranza macerarsi da sola, ci si chiedeva che fine avesse fatto quel silenzio dissenso preteso dall’on. Trupia appena la sera prima del question time, tanto da rivolgere a Parisi una domanda precisa: «Se il silenzio che l’amministrazione comunale continua vergognosamente a mantenere equivalga a un parere negativo per il Governo». Peccato che il ministro non abbia confermato né ribadito il concetto. Semmai, ha detto che sta ancora attendendo un pronunciamento di Vicenza. Forse, allora, c’aveva azzeccato Fabris, quando aveva anticipato: «Se Vicenza non si opporrà, Roma non potrà dire no».

Hüllweck si arrabbia e attacca «Roma imbocca la via del no»
Ma Cicero esulta: «Finalmente chiarezza. Ora otteniamo i massimi benefici»

(g. m. m.) C’è chi ride e c’è chi si arrabbia, a palazzo Trissino. Nel quartier generale dell’amministrazione comunale di centrodestra retta dal sindaco forzista Enrico Hüllweck, il rito della settimanale riunione di Giunta non viene interrotto nemmeno per assistere con la coda dell’occhio all’atteso question time alla Camera. Così, quando la seduta dell’esecutivo comunale si conclude, tocca ai cronisti succintare al sindaco Hüllweck quanto proferito dal ministro della Difesa Arturo Parisi. Fidarsi è bene, ma per il sindaco di questi tempi solo carta canta. Prima di rilasciare commenti, quindi, il sindaco attende le trascrizioni dell’intervento. Nell’attesa, imbocca in fretta e furia l’uscita del municipio per non arrivare tardi a un appuntamento con l’Unione dei Comuni. All’ora dei telegiornali serali, ecco le prime riflessioni del numero uno di palazzo Trissino, affidate a un comunicato stampa che spiazza un po’ tutti: «Interpretando dai lanci Ansa la solita sceneggiata mirante ad attribuire al sindaco di Vicenza la responsabilità di voler consegnare il Dal Molin agli Usa, pare evidente un ulteriore passo indietro del Governo che si defila ancora una volta dalle decisioni, imboccando la strada del No, nonostante le sue precise smentite alle rivelazioni terroristiche dell’Espresso». «Mi rendo conto - precisa Hüllweck - che la lettura delle sibilline parole del ministro della Difesa può dare adito a contrapposte interpretazioni, anche perché molti sanno che un orientamento molto forte all’interno del Governo è favorevole al Sì al Dal Molin. Resta però il problema di un Governo tentato dal Sì, purché addossato al precedente Governo o all’amministrazione comunale di Vicenza». Dopo essersi consultato con i suoi più fidati consiglieri, Hüllweck da un lato rigetta la raffica di accuse andate in onda nelle repliche dei deputati alle parole del ministro; dall’altro fa quadrato con il precedente Governo, retto dall’amico Silvio Berlusconi: «Il ministro chiarisce definitivamente che non esiste nessun accordo del precedente Governo e quindi riprende il tentativo di responsabilizzare il sindaco pretendendo da lui una risposta di compatibilità urbanistica al progetto. Il ministro sa però che questa risposta è legalmente impossibile ed è vietata dalle leggi. Il Governo dovrebbe abbandonare questo strumento che non può vedere risposte dal Comune e quindi rischia di realizzare il famoso “silenzio-dissenso” che era stato prospettato». Quindi, secondo Hüllweck, a Roma si sta giocando con le parole: sapendo che su un’area demaniale l’ente locale non ha competenza urbanistica, ci si avvia verso un silenzio vicentino che potrebbe essere letto come giudizio contrario. Di qui l’interpretazione data all’intervento di Parisi. «In caso di volontà positiva - conclude Hüllweck - il Governo dovrebbe esprimere almeno un giudizio di interesse sull’argomento aprendo la strada del confronto da me richiesta da quattro mesi». In ogni caso, allo stato dell’arte, Hüllweck afferma di non avere elementi per giustificare una convocazione del consiglio comunale: prima attende risposte chiare, più chiare, da parte del Governo. Slitta quasi certamente, quindi, l’ipotizzata data del 5 ottobre per il dibattito in sala Bernarda. Chi, al contrario, non avverte alcuna necessità di ulteriori chiarimenti, è un assessore della Giunta Hüllweck, quel Claudio Cicero che tutti dicono di conoscere molto bene nel gabinetto del ministero della Difesa. «Finalmente chiarezza - afferma l’assessore ai Trasporti - finalmente il Governo ha detto che il progetto è compatibile a coerente con la linea politica e militare dell’Italia. Finalmente ha detto che non si tratta di costruire una nuova base, ma di ampliare quella già esistente. Era ora che si dicessero le cose come stanno. A questo punto è evidente che da parte nostra bisogna cercare di ottenere il massimo vantaggio, di cogliere questa storica opportunità per ottenere quelle infrastrutture di cui la città ha estremo bisogno: mi riferisco a viabilità e sottoservizi, che risolverebbero molti problemi della parte nord. Spero, poi, che si arrivi al più presto alla trasformazione della pista dell'aeroporto in scalo completamente civile». «È per questi obiettivi che mi sono battuto finora e per cui sto lavorando - conclude Cicero -. Senza questi sforzi, si rischia invece di subire il progetto senza avere alcuna contropartita. Se ce la dovessimo fare, i vantaggi saranno tali che ci vorrebbe una nuova base ogni giorno».

Sono unanimi le posizioni da parte dei parlamentari vicentini
Destra e sinistra stavolta d’accordo «Adesso sia il Comune a decidere»

La precisazione, qualche distinguo, posizioni diverse. Ma i parlamentari di centrodestra e centrosinistra alle parole del ministro Parisi rispondono unanimi: «Adesso tocca a Vicenza decidere». Pierantonio Zanettin, senatore di Forza Italia, parla fra discorsi e applausi del Senato come sottofondo : «A fronte della posizione di Parisi ritengo che l’amministrazione comunale possa esprimere, rispetto alla questione urbanistica, sociale e ambientale un “sì condizionato”. Insomma il Comune dà il suo assenso se sono garantiti interventi urbanistici, infrastrutturali e logistici in grado di mitigare l’impatto della nuova struttura». Cioè? «Per esempio è necessario un contributo per la nuova circonvallazione di Cicero, per il campo di rugby che verrebbe tolto alla città, per l’utilizzo dell’aeroporto civile. Ho sentito il partito, a tutti i livelli: Forza Italia è favorevole alla base, come dicevo, se per la città ci saranno certe garanzie». «Finalmente abbiamo capito - dice soddisfatta l’onorevole ulivista Laura Fincato, protagonista di una delle interrogazioni del question time -. Il ministro ha detto che quanto scritto dall’Espresso non è del tutto vero, che per la base Usa si tratta di un allargamento, che ci sono state riunioni apposite e non ci sono impegni secretati o meno. Insomma quella degli Usa per il Dal Molin è una richiesta lecita. Ma non si capisce perché Vicenza non risponda, e la città che deve esprimersi. Io dico: saltiamo il consiglio comunale e andiamo direttamente al referendum. Qualcuno dice che non ci sono abbastanza dati per decidere? Il sindaco li ha tutti, i numeri, e da mesi...». Mauro Fabris, parlamentare dell’Udeur va dritto al sodo: «A questo punto il Comune deve ufficializzare una posizione. Se dirà sì, l’ampliamento si farà, se sarà no invece il governo appoggerà l’amministrazione vicentina, ma bisogna smetterla con i giochetti. Vicenza in questa storia sta facendo una gran brutta figura». «È chiaro - prosegue Fabris - che dal punto di vista del ministro Parisi e quindi del governo non ci sono elementi per dire no agli americani e Roma non può negare l’aeroporto Dal Molin agli americani per le proteste dei comitati. L’intervento alla Camera di fatto chiede al sindaco di esprimersi. Io finora ho sostenuto l’idea che in quella zona della città sia sbagliato realizzare la Ederle 2 ed ho anche indicato al sindaco la strada per uscire da questa paralisi, individuando un’altra area della città, ma non ho sentito nessuna reazione da parte di Hüllweck. Credo sia venuto il momento a questo punto che il Consiglio comunale si esprima». Giorgio Conte, deputato di An, ha ascoltato le dichiarazioni di Parisi senza particolari trepidazioni: «Non ho mai dubitato che Parisi si esprimesse a favore dell’ampliamento americano. Quello che dubito invece è che la sua maggioranza lo segua su questa strada. La sinistra radicale non la pensa come lui e questa è l’ennesima contraddizione che ci propone il governo. Per questo Parisi e Prodi - continua Conte - hanno scaricato la responsabilità sul Comune, ma adesso tocca ad Hüllweck sciogliere le riserve e andare in Consiglio comunale per il voto. Si prenda le ultime informazioni necessarie e convochi l’assemblea. La mia posizione è nota, sono per l’ampliamento della base e il mio partito a Vicenza ufficializzerà da che parte sta tra qualche giorno». Soddisfatta dell’esito del question time è invece Lalla Trupia, deputato dei Ds che spiega come le parole del ministro «facciano ripartire tutto il dibattito. Non è affatto un’accelerazione verso una decisione, anzi. Il ministro non ha imposto tempi e rapidità di decisione, ma chiede che il Comune dica quello che vuole fare in piena autonomia e il governo ne terrà conto». I deputati dell’Unione eletti nel Vicentino appoggiano anche la “terza via”, quella del referendum e in un comunicato congiunto spiegano che «è in ballo il futuro della città, è doveroso a questo punto che i cittadini di Vicenza possano pronunciarsi con un referendum consultivo, così come previsto dallo statuto comunale».

Ubaldo Alifuoco: «Certa sinistra ha spostato il dibattito solo su un piano di politica internazionale»
«Caro sindaco, tutti al voto»
Pellizzari (FI): «Attesa deleteria». Poletto: «Tocca alla gente»

Chi chiede il referendum, chi invece senza tentennamenti è pronto a sposare il progetto della Ederle 2. Sono diverse le opinioni dei politici vicentini dopo l’intervento del ministro Parisi. Andrea Pellizzari, capogruppo di Forza Italia in consiglio comunale: «La mia posizione è chiara, anzi è mia la paternità del sì alla base Usa “senza se e senza ma” che citava il segretario azzurro Gabriele Galla. E confermo quel sì: per motivi ideologici, politici, economici e ambientali. Ma dopo la risposta del ministro ora è necessario il dibattito in consiglio comuale. Se prevarrà il sì, ne sarò contento, ma se vince il no ne dobbiamo prendere atto. Il sindaco? Capisco la sua posizione, fin qui mancavano gli elementi per decidere. Ma adesso l’amministrazione di Vicenza è obbligata a dare una risposta, aspettare è deleterio». Stessa linea per Luigi Poletto, capogruppo Ds, con in più il ricorso al voto popolare: «Il percorso mi pare segnato: dibattito in consiglio comunale e poi referendum. Un dibattito ampio e circostanziato consentirà ad ogni forza politica vicentina e ad ogni singolo consigliere di assumersi la propria responsabilità: il referendum consultivo permetterà di “restituire lo scettro“ alla sovranità popolare. La palla oggi è nelle mani del Comune di Vicenza che solo può valutare i problemi connessi all’impatto territoriale e alla sicurezza». E chiedere al Governo un intervento risolutore, dice Poletto, è sbagliato. Roberto Ciambetti, segretario provinciale della Lega, consigliere regionale e delegato dalla Provincia a seguire i lavori della commissione del ministero della Difesa: «Dopo tre mesi di lavori parlamentari e sei, dico sei, question time sul Dal Molin, mi sembra di poter dire che c’è aria di un leggero antiamericanismo. E mi riferisco al presidente della Camera Bertinotti. Ieri abbiamo sentito per tre volte le stesse domande... Insomma ci sono altri problemi in Italia. L’impressione sulla riposta di Parisi? Intanto ha sbugiardato l’articolo dell’Espresso. Comunque la base Usa è una questione di difesa nazionale, e l’ok finale al progetto è del ministro della Difesa». Il capogruppo di An a Palazzo Trissino Luca Milani non è per niente contento delle risposte di Parisi: «Ha smentito l’Espresso, ora finalmente si potrà ragionare sul progetto vero. Ma non ho sentito quei messaggi chiari che mi aspettavo. Tra l’altro non capisco da dove salta fuori quella “riapertura del tavolo delle trattative” con gli Usa. Ma quale riapertura? A me non risulta. C’è un altro problema: il ministro dice che Vicenza deve decidere sulle questioni urbanistiche e sociali. Ma a noi mancano gli elementi di valutazione. Cioè per la base Usa servono strade, allacciamenti, servizi: chi ci assicura che gli americani poi pagheranno? Dove è scritto? Questo doveva dire il governo. Per ora ho solo i documenti portati in Comune dalla Ederle e dai comitati. Il rischio, così, è che il consiglio comunale voti emotivamente e ideologicamente». Ubaldo Alifuoco consigliere comunale diessino commenta: «Parisi ha spiegato che la comunità locale deve esprimersi sull’impatto urbanistico e ambientale ed è quanto sostengo io da sempre. Il problema è un altro e Parisi l’ha detto chiaramente: le competenze sul territorio sono di Vicenza». Ribadisce la necessità di andare in Consiglio comunale Alifuoco che attacca: «Non è serio da parte del sindaco negare una posizione chiara. Hüllweck adesso ha tutti gli elementi per decidere, compreso il fatto che quello che sosteneva l’Espresso è stato smentito». E sulla risposta data dal ministro alla Camera Alifuoco commenta: «Mette in contropiede quella parte di sinistra che ha spostato il dibattito eclusivamente sul piano politico internazionale». «A questo punto - interviene Antonio Dalla Pozza consigliere comunale dei Ds - dopo le parole di Parisi è chiaro che aspetta al sindaco l’onere di chiedere il voto. Ma dopo le parole di Galla (FI) la questione non è più amministrativa ma politica». Ezio Lovato, segretario provinciale di Rifondazione invece dopo le parole di Parisi critica il governo: «Sul programma dell’Unione si parla di riduzione delle servitù militari. Che fine ha fatto quell’intenzione? A questo punto batteremo la strada del referendum».


Case popolari
Annullato il bando 2006 Non ci sono alloggi liberi

di Dennis Dellai

Nel 2006 non ci sarà la possibilità di accedere alle graduatorie per l’assegnazione di alloggi popolari. Lo dice l’assessore thienese ai servizi sociali Massimo Zerbo, che ricorda come la graduatoria del 2005 avesse una validità biennale. Quest’anno, dunque, il Comune non pubblicherà il consueto bando, che tornerà invece disponibile nel 2007. Tale decisione è giustificata dal fatto che non ci sono praticamente case, se non quelle lasciate libere per trasferimenti o per decessi. Assurdo quindi far istruire pratiche per chiedere ciò che in realtà non c’è. «La decisione - precisa l’assessore Zerbo - consegue al fatto che nei prossimi due anni si prevede la disponibilità solo di quegli alloggi che si libereranno per cause naturali, quali decessi o trasferimenti, ovvero si parla solo di qualche unità. Ci è sembrato quindi inutile indurre duecento persone - questa la media dei partecipanti al bando negli ultimi anni - a presentare la domanda e i necessari documenti quando la possibilità di avere un alloggio è concreta solo per i primi due o tre della graduatoria». Il prossimo bando, come si diceva, verrà quindi pubblicato il prossimo anno, e più precisamente fra settembre e ottobre del 2007. E per quella data si prevede una boccata d’ossigeno in fatto di edilizia popolare. Infatti sarà in fase di ultimazione, da parte dell’Ater, la costruzione dei 36 alloggi previsti in via Masere, nella zona dell’ex-macello, in un complesso residenziale di tre palazzine, ciascuna di 12 appartamenti, distribuiti su tre piani. Su ciascun piano è prevista la realizzazione di 3 mini-appartamenti e di un appartamento bicamere. «Con questo intervento - ha dichiarato l’assessore Zerbo - si intende dare una risposta tangibile e significativa, importante anche sul piano numerico, alla sempre più pressante domanda di case popolari». In effetti la richiesta di alloggi di edilizia popolare è piuttosto sentita in città. Le cifre sono quelle citate dall’amministratore, e si parla di 207 domande per l’ultimo bando. Di queste, 76 sono state compilate da cittadini extracomunitari. Rimanendo nei dati statistici c’è da dire che 30 persone, fra quelle in graduatoria, hanno più di sessant’anni, mentre 24 non vivono a Thiene ma lavorano in città e per questo hanno diritto di fare ugualmente domanda. E, ancora, vanno conteggiate oltre una ventina di famiglie che hanno presentato la richiesta per l’alloggio popolare e che hanno più di cinque figli. Di queste, solo due sono italiane. Intanto l’ufficio alle politiche sociali ricorda che quanti hanno già fatto domanda, partecipando al bando 2005, non dovranno preoccuparsi di verificare le date di pubblicazione del bando 2007, in quanto gli stessi verranno anticipatamente contattati dal servizio per concordare un appuntamento per la presentazione della domanda e dei documenti necessari. Si tratta di una modalità operativa già positivamente sperimentata in altre occasioni e risultata molto apprezzata dagli utenti e che verrà, pertanto, riproposta.