Grumolo, il Tar riboccia la discarica
È uscita ieri la sentenza che dà nuovamente ragione al comitato dei residenti
di Piero Erle
Il Tar ha bocciato di nuovo la discarica di Grumolo delle Abbadesse. La notizia, che crea l’ennesimo terremoto per lo smaltimento dei rifiuti del Vicentino, è trapelata solo ieri sera, ma era nei fatti attesa, come è emerso chiaramento anche sabato nel dibattito tra i 45 sindaci del consorzio Ciat che erano chiamati a rinnovare i vertici dell’organismo, autorità di bacino per lo smaltimento delle immondizie di Vicenza e altri 44 Comuni berici.
Come noto, la vicenda dell’impianto - che è aperta da cinque anni - è quanto di più intricato ci possa essere. Il Tar infatti aveva bocciato la prima delibera del 1993 con cui la Regione aveva detto “sì” alla discarica, accogliendo il ricorso dei residenti di Sarmego. La Regione aveva riapprovato il progetto dell’impianto nel ’95, con una delibera della giunta veneta che era stata però approvata in regime di ’proroga’ della vecchia Amministrazione, visto che in quei giorni era già stato eletto a Venezia il neo-presidente Giancarlo Galan.
Nuovo ricorso al Tar, ma in questo caso i giudici amministrativi veneziani (nel ’96) stabilirono che a loro giudizio l’iter seguito da Ciat e Regione era regolare. I residenti però non si arresero.
Il nuovo colpo di scena è arrivato quindi un anno fa, nell’aprile 2003: il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dal comitato, e ha annullato la delibera di otto anni prima con cui la Regione aveva ridetto ’sì’ all’impianto, che nel frattempo è diventato una comproprietà tra la ditta Sir e l’Aim di Vicenza, riunite sotto la sigla della società “Valore ambiente”. Motivo? La Regione non poteva in regime di ’prorogatio’ - sentenziarono i giudici romani - approvare una discarica che non risultava nemmeno prevista nel Piano regionale dei rifiuti in vigore già da sette anni.
Al terremoto, peraltro, gli enti competenti (la legge adesso affida la competenza per le dicariche alla Provincia) risposero in due modi. Prima di tutto sfruttando un errore materiale scritto nella sentenza del Consiglio di Stato (era sbagliata la citazione della delibera annullata), e in seguito ricorrendo a una nuova delibera della Regione che operò una «conferma riappropriativa» del provvedimento.
Nuovo ricorso quindi al Tar, presentato dai cittadini di Sarmego, con in testa Francesco Girardello (uno dei residenti con l’abitazione molto vicina alla discarica: negli anni scorsi la famiglia Girardello ha lamentato molte volte l’insopportabile problema delle puzze prodotte dalla discarica, con esposti anche alle autorità).
E ieri è arrivata la sentenza: il Tar accoglie il ricorso e annulla la delibera della Regione.
Perché? La questione è strettamente giuridica, ma in sostanza i giudici riconoscono che la Regione, per affrontare il guaio creato dalla sentenza del Consiglio di Stato (la discarica si è trovata ad essere di fatto fuorilegge), ha deciso di ricorrere al sistema della “ratifica” della delibera a suo tempo approvata in un momento in cui (appunto si era alla scadenza elettorale) la Regione stessa non aveva poteri se non di ordinaria amministrazione.
Per i giudici del Tar però la procedura di “ratifica” non poteva più essere adottata, proprio perché il Consiglio di Stato si era già espresso annullando l’atto da ratificare.
Chiude la discarica? La risposta potrà venire solo dai legali del Ciat, della Provincia e della Regione. Ma a leggere tra le righe della sentenza del Tar potrebbe anche non essere così. I giudici infatti non contestano la posizione presa dalle Amministrazioni competenti, secondo cui la discarica è comunque legale in virtù della nuova approvazione del progetto (variato) fatta dalla Provincia nel 2002. Ma gli stessi giudici sottolineano che i residenti, che hanno subito i danni dell’attività della discarica dal ’99 e fino al 2002 (anno della sua legale approvazione), hanno sicuramente diritto a chiedere risarcimenti danni per la procedura non regolare che è stata seguita dagli enti pubblici.
La richiesta di risarcimento ci sarà di sicuro.
L’avv. Matteo Ceruti, il legale dei ricorrenti, sostiene che i giudici «non si pongono il problema della validità della delibera della Provincia. Secondo noi la sentenza del Tar annulla tutto. In ogni caso avevamo ragione, anche questa volta: l’Amministrazione ha agito con notevole arroganza ed è stata per questo censurata».