28 MAGGIO 2006

Conte: «No al referendum sugli Usa»
Giovane bassanese denuncia ai Cc «Malmenato da 4 soldati Usa»
ARZIGNANO.Boom di nascite tra gli stranieri Superata quota 25 mila abitanti

Conte: «No al referendum sugli Usa»
Il deputato di An: «Sarebbe una sciocchezza». Centrosinistra favorevole

di G. M. Mancassola

Referendum sugli americani al “Dal Molin”? No, grazie: «Sarebbe una grande sciocchezza». Parola dell’on. Giorgio Conte, presidente provinciale di Alleanza nazionale, che boccia senza mezzi termini l’ipotesi accennata dal sindaco forzista Enrico Hüllweck dopo gli esiti in chiaroscuro del dibattito in consiglio comunale. Proprio la compagine aennista è finita nel mirino del sindaco per quegli interrogativi sull’impatto dell’operazione che avevano fatto vacillare le sicurezze del capo dell’Amministrazione. «Più che un sì, mi è sembrato un ni», aveva detto Hüllweck, fotografando una maggioranza poco solida, almeno stando al dibattito in aula. «Sono state espresse osservazioni sul metodo, non sul merito - chiarisce Conte -. Non si può negare che c’è stato un deficit di comunicazione fra la Giunta e i consiglieri. Credo sia lecito poter dare il nostro contributo per migliorare il progetto: si parla ad esempio di una spesa di 12 miliardi delle vecchie lire per la viabilità e lo spostamento di funzioni pubbliche come le strutture sportive. È lecito porsi il problema, ma An non ha nulla in contrario nel dare ospitalità agli amici americani all’aeroporto». Fatta la premessa sul ruolo giocato da An, il deputato passa all'attacco della proposta sul referendum per chiedere una volta per tutte ai vicentini cosa ne pensano: «È una grande sciocchezza, la classica foglia di fico dietro cui nascondersi quando non si ha il coraggio di assumersi le responsabilità. Inviterei il sindaco a ritirare questa idea. Un referendum c’è già stato, nel 2003, quando è stato rieletto con una larga maggioranza: per questo deve assumersi tutte le responsabilità delle decisioni. Il referendum sarebbe una scelta scellerata, che costituirebbe un precedente pericoloso. Il risultato, inoltre, appare già scritto: i moderati andranno in montagna e alle urne si recherà solo chi è animato da un sentimento contrario al progetto». Scettica sull’ipotesi referendum si dice anche la consigliera forzista Ornella Dal Lago: «Non vorrei si riducesse tutto a un voto “filo” o “anti” americano». La Dal Lago, poi, invita a riflettere sul rischio di giocare al “Lascia o raddoppia”: «Da tempo è noto che gli americani devono concentrare le forze per ridurre i costi e stanno decidendo se farlo in Germania o a Vicenza. Se però dovessero scegliere la Germania, perderemmo anche la Ederle: qualcuno ha pensato ai mille vicentini che lavorano, direttamente o indirettamente, grazie alla caserma statunitense? I problemi di viabilità sarebbero risolvibili, i posti di lavoro invece saranno persi per sempre». Favorevole alla proposta del referendum appare invece il fronte del centrosinistra. La Margherita, addirittura, rivendica la primogenitura dell’idea. «Avevamo proposto un ordine del giorno, poi bocciato dal Consiglio, per organizzare una consultazione il 10 settembre, in coincidenza con il referendum di “Più Democrazia”, per risparmiare soldi», annotano i consiglieri Pierangelo Cangini e Sandro Guaiti. «Il referendum si può fare - afferma il capogruppo diessino Luigi Poletto -, ma nella completezza delle informazioni e nella trasparenza delle operazioni. Non può, tuttavia, sfuggire un dato politico. Il fatto che il sindaco proponga un referendum e che dia atto di un clima non positivo in città sulla vicenda, dimostra in realtà che lui stesso - al di là delle dichiarazioni ufficiali - ha delle riserve mentali, nutre delle perplessità, non è autenticamente convinto della bontà dell’operazione». Ma il sindaco non cede di fronte alle punzecchiature dell’opposizione e torna a ribadire alcuni concetti: «Il primo a essere favorevole alla proposta, il primo ad avere ricevuto la richiesta dagli americani e il primo a essere stato informato dal precedente Governo sono io. Se non fossi stato d’accordo, avrei bloccato tutto. Dopo due anni, eravamo in attesa di discutere in Giunta di una proposta che iniziava ad avere caratteri definitivi. Poi c’è stata una forzatura nei tempi, con un dibattito inutile e dannoso, perché ha creato confusione e giudizi affrettati. E al termine della discussione, non sono arrivate indicazioni chiare da parte della maggioranza. So che il sen. Stefano Stefani è da tempo favorevole, ma la Lega Nord in aula ha taciuto. Ho sempre considerato An favorevolissima, ma gli interventi in aula sono stati di sostanziale critica. Dubito che il nuovo Governo di centrosinistra sia favorevole; e allora ritengo che, se dovessero emergere difficoltà ulteriori, persino un referendum può essere utile, pur essendo dubbioso sull’efficacia dello strumento. Resta un fatto: l’operazione è positiva e Vicenza rischia di perdere una grande occasione».

L’on. Fincato
E se fosse tutto già deciso? «Mi risulta una posizione ufficiale del ministero»

di Antonio Trentin

Dire che da qualche parte deve esserci - sul Dal Molin trasformabile in grande base statunitense - una qualche presa di posizione ufficiale del ministero degli Esteri e un qualche scambio di missive tra comandi Usa e comandi italiani è perfino cosa troppo ovvia. Sennò non ci sarebbero i progetti di una super-caserma che raddoppierà la Ederle né il bel video-montaggio mostrato in sala Bernarda con il verde dei prati, il grigio della pista aerea e il giallo delle palazzine schierabili lungo viale Sant’Antonino. E non ci sarebbero né il bailamme che c’è sul futuro dell’aeroporto ’americanizzato’ né l’allarme urbanistico per il carico di case e traffico sul già appesantito quadrante nord della città. Eppure certezze in Comune non paiono esserci. E se ci sono restano riservate. Così tocca muoversi a Roma. Dopodomani lo farà - probabilmente con altri colleghi che tornano in Parlamento per le prime sedute dopo la fiducia al governo Prodi - la deputata Laura Fincato, margheritina dell’Ulivo. Già le risultano, dice, «una posizione ufficiale del ministero della Difesa» (con Antonio Martino in carica per il governo Berlusconi) e «una lettera del capo di Stato maggiore della difesa al comandante Usa in Europa del dicembre 2005», dopo che l’Amministrazione comunale vicentina avrebbe dato informalmente disponibilità positiva all'espansione. Adesso promette di andare più a fondo. Parlerà, ad esempio, con Emidio Casula, una dozzina di anni fa deputato con lei nel Psi, oggi trasferito da socialista nella Rosa nel Pugno e fresco sottosegretario alla Difesa con il prodiano Arturo Parisi. Sardo lui, sardo il ministro, conoscono bene la rogna infinita della base americana della Maddalena. Anti-americanissimo in materia di servitù militari e accordi segreti, Casula si è già concesso un secco “no” alla super-base vicentina, esternandolo ai giornali. «Dalle sue dichiarazioni mi è parso di un anti-americanismo no-global che non si sposa perfettamente con le prudenze del suo ministro e di quello degli Esteri D’Alema riguardo agli accordi internazionali sulle basi Usa - commenta la Fincato -. Ma non è che essere alleati rispettosi voglia dire tacere e accettare senza sapere». Visto che al Dal Molin non si tratterebbe né di grandi segretezze belliche né di misteriosissimi impianti militari - ma a detta dei comandi Usa soprattutto di una semplice ridislocazione logistica di una brigata di truppe scelte - la Fincato si chiede, e chiederà, il perché della poca chiarezza e della poca trasparenza rispetto al diritto di Vicenza di sapere cosa potrebbe ritrovarsi in corpo tra breve. Ma chi tace, pur sapendo? «Un progetto di questa ampiezza, pronto per essere portato a un comitato misto paritetico, non può non avere già un okay di massima» commenta la deputata ulivista. Malafede dell’Amministrazione comunale, allora, su cose già sapute, e taciute, al tempo delle prime comunicazioni tra governo Berlusconi e giunta-Hüllweck? «Di sicuro c’è il fatto che la città non conosce nulla con precisione e che parlare adesso di un referendum sull’aeroporto agli americani, come fa il sindaco, è solo un modo per pararsi le spalle. Su cosa vuole farlo, il referendum, Hüllweck? Cosa sappiamo del Dal Molin base militare? Quanti voli ci saranno? Di che genere? Con quale impatto sulla città? Sono queste le cose da sapere, altrimenti si fa o anti-americanismo o filo-americanismo per partito preso». E lei, la Fincato, l’anti-americana “a priori” non intende farla: non le va, dice, il rischio di una filiera di opinioni che rischia di diventare facilmente - in mancanza di rapporti chiari e certezze informative - prima un “no a questo, no a quello” e poi un “no base, no Usa”. Con gli americani, spiega riferendosi alla storia vicentina della Ederle, c’è già una tradizione di difficoltà d’integrazione («per esempio dimostrata dal calo dei lavoratori italiani alla Setaf») che negli ultimi tempi - anche per la situazioone internazionale complessiva - è andata progressivamente verso l’estraneità. «Per il Dal Molin bisogna ricominciare partendo dalla chiarezza - conclude la deputata - cioè da quello che finora è mancato. E per prima cosa Hüllweck e il Comune devono dire chiaro che cosa sosterranno nel comitato paritetico che affronterà la situazione».


Nella notte lungo la Postumia
Giovane bassanese denuncia ai Cc «Malmenato da 4 soldati Usa»

«Sono stato aggredito e malmenato da quattro soldati americani. Il motivo? Aver fatto loro i fari con la mia macchina, mentre procedevano a zig zag. Spero che quanto mi è accaduto non succeda più a nessuno, e ritengo che sia necessaria maggior tutela nei confronti degli statunitensi». A parlare è Alessandro B., 24 anni, studente che vive a Bassano. Assistito dall’avv. Bianchin di Bassano, ha formalizzato una querela nei confronti dei quattro militari su cui stanno svolgendo accertamenti i carabinieri della Setaf che non dovrebbero essere lontani dall’individuarli. L’episodio è accaduto qualche notte fa verso le 3.30. «Stavo tornando a casa, solo, con la mia Volkswagen Polo - racconta il giovane -, lungo la Postumia. Ero arrivato all’altezza di Lisiera quando davanti a me ho visto un’altra Polo che procedeva in maniera incerta. Ho fatto un colpo di fari, per indicare loro che volevo superarli. Per tutta risposta si sono fermati in mezzo alla strada, sono scesi e in quattro mi hanno puntato. Ho fatto in tempo a chiudere la mia portiera, ma uno ha spaccato il finestrino con un pugno, altri due sono entrati nell’abitacolo dalla parte del passeggero. Sono stati attimi terribili, urlavano e secondo me erano ubriachi. Sono rimasto ferito all’occhio e al labbro, mi sono accasciato e loro sono scappati. Con il telefonino sono riuscito a fotografare la targa». Alessandro spiega di essersi recato al pronto soccorso e di aver incontrato casualmente dei carabinieri e la militar police, che lo hanno invitato a seguirli in caserma dove ha firmato la denuncia. Dalla targa spera che i militari possano risalire agli autori del danneggiamento e del pestaggio, dal quale guarirà in alcuni giorni.


Arzignano. Il 39 % dei neonati figli di genitori non italiani, che sono il 17 % della popolazione cittadina
Boom di nascite tra gli stranieri Superata quota 25 mila abitanti

di Nicola Rezzara

Arzignano sfonda quota 25 mila abitanti, e il traguardo è stato raggiunto con l’aumento dei cittadini stranieri e soprattutto con la nascita dei loro figli. I dati aggiornati al 31 dicembre 2005 parlano di 25143 persone residenti nella città del Grifo, 378 in più dell’anno precedente, con un incremento di poco superiore all’uno e mezzo per cento; la soglia dei 20 mila era stata passata a metà degli anni Ottanta, quando nel 1985 si contavano 20550 residenti. Fra gli oltre 25 mila censiti alla fine del 2005, gli uomini superano le donne (12738 contro 12405). Una situazione in controtendenza con le medie nazionali, in cui solitamente sono le donne ad avere il primato (fino al 1998 anche ad Arzignano le femmine superavano i maschi). Al di là del computo totale degli abitanti, il dato più interessante riguarda sicuramente i nuovi nati: nel 2005 in tutto sono stati 309, di cui 146 maschi e 163 femmine. Ma di questi 120 sono figli di immigrati, una percentuale che sfiora il 39% del totale: più di un neonato su tre ha i genitori stranieri. Inoltre, mentre gli stranieri continuano a fare più o meno lo stesso numero di figli (121 nel 2004 e 120 nel 2005), gli italiani sono passati dai 207 del 2004 ai 189 del 2005, con un calo vicino al 9%. In questo modo la percentuale dei neonati stranieri è in costante aumento (nel 2002 erano il 29%, ed ora il 39%). Considerando che attualmente gli stranieri rappresentano il 17,45% della popolazione (nel 2004 erano il 15,76%), si intuisce come la società arzignanese sia in fase di evoluzione in direzione della multietnicità. Attualmente sono 68 le nazioni rappresentate ad Arzignano. Svettano Serbia-Montengro con 980 rappresentanti, Bangladesh con 896, India con 701, Albania con 397 e Ghana con 358. In fondo all’ipotetica classifica un solo cittadino portabandiera ce l’hanno invece Danimarca, Lettonia, Slovacchia, Ungheria, Guinea, Zaire, Canada, Nicaragua, Uruguay, Corea del Sud, Kazakistan, Pakistan, Thailandia e Iran; tutti gli immigrati assieme arrivano a quota 4388. Una bella sequela di numeri ad indicare che la presenza straniera nella città del Grifo è sempre più importante, e con i nuovi nati lo diventerà sempre di più. Un altro dato interessante sull’evoluzione della società riguarda il numero di componenti delle 10155 famiglie totali, che anno dopo anno si “restringono”: la media è di 2,4 componenti per ogni famiglia, ma sono ben 3060 i nuclei familiari composti da un unico individuo, con la parallela e progressiva scomparsa della cosiddetta “famiglia allargata”, quella che comprende anche i nonni. La società sta dunque cambiando, e per monitorare i processi in corso, al fine di trovare risposte adeguate, il Comune ha stilato un “Bilancio sociale” del 2005, una fotografia lunga 60 pagine che rappresenta lo stato della città e che sarà presto resa pubblica. «Per il primo anno abbiamo predisposto questo agile strumento per capire in che società viviamo - spiega il sindaco Stefano Fracasso -. I dati saranno presto a disposizione di enti, associazioni di volontariato, parrocchie, associazioni di categoria che operano sul territorio interessandosi di ciò che viene sempre più spesso definito “capitale sociale”. Una bella fetta del bilancio comunale è destinata alla spesa sociale, che consideriamo un investimento per il futuro. Una mappa che può aiutare a fare di un insieme di persone una comunità attraverso la coesione».