Teatro: stesso copione, i lavori si fermano
Gli operai non vengono pagati dalla Cogi e ieri hanno abbandonato il cantiere
di Chiara Roverotto
Ci risiamo, il copione non cambia. Il cantiere per la costruzione del teatro in viale Mazzini (nella foto a fianco) si è fermato anche ieri pomeriggio. E sempre per lo stesso motivo: gli operai non vengono pagati dalla ditta che ha vinto l’appalto, la Cogi di Firenze. « Gli addetti dovrebbero ritirare lo stipendio il 10 di ogni mese mentre la Cogi liquida il 20, ma non rispetta mai nemmeno questo termine - dicono i sindacati -. Ieri gli operai stranieri, che sono la maggioranza, hanno chiamato ci hanno detto che dopo sei giorni non avevano ancora visto una lira: abbiamo contattato la ditta, quest’ultima ci ha assicurato che i soldi arriveranno domani mattina (oggi ndr), ma gli operai sono stanchi di questi disguidi. Non ci stanno più e ieri pomeriggio se ne sono tornati a casa ».
Il tormentone dell’estate ha un’altra puntata, tutta autunnale visto che la situazione non si sblocca. Infatti a luglio la Cogi scrisse una lettera al Comune nella quale assicurava che i ritardi dipendevano da problemi logistici per la consegna degli assegni ai dipendenti. In sostanza, siccome non potevano fare bonifici bancari direttamente dalla sede di Firenze in quanto la maggior parte degli operai, essendo stranieri, non avevano alcun conto corrente con sportelli bancari locali, questo comprometteva i pagamenti. In quell’occasione, Giuseppe Coccimiglio amministratore delegato della Cogi fu chiaro: « confermiamo la nostra volontà e il nostro massimo impegno perché questa situazione non si ripeta nei mesi successivi, evitando così ripercussioni negative, peraltro ingiustificate, sia nei confronti del committente che dell’impresa ».
Da quel 30 luglio i problemi sono continuati con ritardi di pochi giorni, ma ora è trascorsa una settimana e gli operai non hanno alcuna intenzione di rimettere piede nel cantiere se prima non vedono i soldi. Del resto, non più tardi di un paio di settimane fa l’opposizione era tornata ad attaccare l’Amministrazione sul fronte teatro, depositando l’ennesima interrogazione (firmata da Alifuoco, Poletto, Rolando, Dalla Pozza, Quaresimin, Guaiti, Cangini ed Emilio Franzina) e nelle premesse tutte le perplessità sull’andamento dei lavori «sei mesi di ritardo rispetto al programma che abbiamo in mano», scrissero allora. Ma ieri sera il centrosinistra è tornato nuovamente all’attacco depositando una nuova interrogazione: « Avevamo chiesto informazioni che non ci sono state fornite - si legge -. Il sindaco chiarisca una volta per tutte il perché delle continue mancanze delle scadenze contrattuali e soprattutto fornisca la documentazione necessaria per consentire ai consiglieri di svolgere il loro mandato ispettivo »
Un asilo nuovo di zecca per la Ederle
(ma. sm.) La caserma Ederle è diventata piccola. Troppi progetti, troppe costruzioni, al punto che da tempo si sta cercando ad uno sbocco alternativo (vedi Dal Molin), anche in relazione al prossimo arrivo di altri duemila soldati con relative famiglie. Quel che è certo è che, da ieri, la comunità americana di Vicenza ha un asilo nuovo di zecca, bello e accogliente, realizzato da una ditta berica, in grado di venire incontro alle nuove e pressanti esigenze. Inaugurazione in grande stile, con la presenza del generale Jason Kamiya, comandante della Setaf, e con discorso ufficiale del colonnello Donald Drummer, comandante del 22° Gruppo di supporto. Nel cortile, vivaci e colorati, i bambini americani, guidati da Andie Hartwig, hanno intonato una breve canzoncina, prima del rituale taglio del nastro.
L’asilo è funzionale, studiato in ogni dettaglio, costruito per ospitare circa 150 bambini. Gli americani non hanno certo lesinato nelle risorse: 2,6 milioni di dollari (5 miliardi delle vecchie lire) sono stati spesi per portare a termine un lavoro iniziato circa un anno fa e concluso dalla ditta vicentina Andriolo con cinque giorni di anticipo rispetto al termine prestabilito.
E c’erano anche i responsabili dell’azienda berica, che in questo periodo hanno collaborato con la giovane tenente Ana Franco, l’ingegnere americana che ha coordinato l’impresa.
Poi tutti dentro, a visitare le aule accoglienti, la sala giochi che, per l’occasione, è stata trasformata in ristoro, con tanto di deliziosi biscottini che si mangiano senza pensare alle calorie, troppe, che contengono.
Proprio di fronte all’asilo, un Tir enorme sta scaricando scatoloni di materiale. Tutta roba italiana che, unita alla commessa conclusa dalla ditta Andriolo, dimostrano, se ce ne fosse bisogno, l’effetto benefico che ha sull’economia locale la presenza degli americani.[il grassetto è nostro, per evidenziare come la stampa comincia a preparare il terreno allo sbarco di altra feccia militare in città] Una presenza, lo si capisce sempre dai lavori in corso all’interno della Ederle, destinata ad aumentare. E a questo proposito tra gli alti in grado della caserma c’è la consegna del silenzio su tutto ciò che riguarda l’aeroporto Dal Molin. Ormai è stato raggiunto l’accordo di massima sulla concessione alle truppe americane delle ex strutture occupate dalla V Ataf della Nato (desolatamente vuote da quando la sede del Caoc si è trasferito a Poggio Renatico, in provincia di Ferrara), ma i dettagli burocratici per passare dalla teoria alla pratica paiono insormontabili perfino ai pragmatici americani; di qui la scelta di mantenere il basso profilo e di non dire più nulla sull’argomento fino a quando non saranno stati ottenuti tutti i timbri necessari.
Intanto per venerdì 29 ottobre la tradizionale festa americana di Halloween sarà onorata come si deve al villaggio dove risiede gran parte del personale militare. Dalle 18 alle 20 i bambini dai 12 anni in giù, dipinti e mascherati, procederanno al fatale "trick-or-treating" (dolcetto o scherzetto). Più o meno quel che si è sentito proporre il gen. Kamiya quando ha chiesto la disponibilità degli immobili del Dal Molin.