27 SETTEMBRE 2006

«Forza Italia dice sì, senza se né ma»
Galla: «Il sindaco Hüllweck si batta per ottenere il massimo beneficio»

di Gian Marco Mancassola

A prima vista sembrerebbe un lapsus freudiano. Per una curiosa inversione delle parti, Gabriele Galla, segretario cittadino di Forza Italia, nel tentativo di chiarire il sì incondizionato del suo partito al progetto per la nuova base americana all’aeroporto “Dal Molin” prende in prestito dal vocabolario della sinistra la formula usata ai tempi della guerra in Iraq e afferma: «Forza Italia è favorevole senza se e senza ma». L’outing pubblico è destinato a fare rumore in una città che si sta dividendo fra il sì e il no: primo perché quello azzurro è il partito più votato alle ultime elezioni comunali, quando ha incamerato un voto su quattro, ed è il più rappresentato in sala Bernarda; secondo perché è il partito del sindaco Hüllweck, che finora non si è pronunciato e che ha anche dichiarato a più riprese di avere la sensazione che la maggior parte della popolazione sia contraria all’operazione a stelle e strisce. Galla accetta di uscire allo scoperto proprio mentre la conferenza dei capigruppo in consiglio comunale non ha ancora programmato alcuna discussione perché attende notizie da Roma.
- Perché siete tanto favorevoli al progetto?
«Vicenza, ahinoi, nella sua storia ha perso decine di occasioni importanti - argomenta Galla -. Ora che siamo di fronte a questa grande occasione di rilancio economico, ma non solo, ancora c’è chi si straccia le vesti nel disperato tentativo di far perdere alla città questa opportunità. Ormai sono chiari a tutti gli incalcolabili vantaggi che questa operazione porterebbe al territorio vicentino, a partire dalle infrastrutture che gli americani costruiranno per noi, per finire all’indotto che procurerà numerose opportunità di lavoro a imprese e cittadini. Quello di FI è un sì incondizionato dal punto di vista politico, mentre sotto il profilo amministrativo è condizionato all’ottenimento di infrastrutture e benefici per i quali ci sono già precisi impegni».
- Qualcuno avrà, però, da obiettare che il sindaco negli ultimi tempi sta dando la sensazione di virare verso il no e comunque non verso un sì tanto incondizionato.
«Il sindaco - replica il segretario forzista - è il rappresentante di tutti i cittadini ed è comprensibile la sua prudenza su questa vicenda. Però è giusto che sappia che FI è nettamente e senza riserve a favore dell’arrivo degli americani e gli chiede di impegnarsi e di battersi fino in fondo per riuscire a portare a casa i maggiori vantaggi possibili per Vicenza. Credo che il popolo del sì sia molto più numeroso del popolo del no, ma è anche più silenzioso e ordinato: non scende in piazza per sbraitare con le bandiere rosse».
- Siete pronti anche ad affrontare l’incerta conta dei voti in consiglio comunale?
«Personalmente ritengo che sarebbe giusto e contribuirebbe a fare chiarezza arrivare al voto in Consiglio, anche se dovrà essere chiaro a tutti che l’unica decisione vera dovrà essere quella del Governo. Il quando e il come lo deciderà la conferenza dei capigruppo. Quella sarà l’occasione per mostrare quanto il centrodestra sia coeso e solido. La nostra più grande paura è invece che il Governo svenda l’area del “Dal Molin”, tentando rocambolescamente di attribuire la responsabilità all’ente locale, senza badare a condurre la trattativa volta a ottenere il massimo beneficio».
- Roma, però, in ossequio al federalismo, sta attendendo risposte da Vicenza prima di chiudere la partita. Se da Vicenza non presentano la lista della spesa, come fanno a chiedere agli americani le infrastrutture?
«Il comportamento del Governo è scandaloso e indecente, oltre che da irresponsabili. La legge attribuisce a loro il dovere di decidere e loro scappano, abdicando. Vogliono evitare di prendere decisioni millantando di voler coinvolgere il territorio, senza ad esempio domandare alcunché ai Comuni limitrofi o a Caldogno. Provvedimenti come il decreto Bersani hanno messo in ginocchio migliaia di professionisti e imprenditori senza che nessuno di loro fosse consultato prima. Vergogna».
- Sullo sfondo, ci sono i dipendenti della Ederle che temono per i loro posti di lavoro. Queste preoccupazioni hanno un fondamento?
«Ai lavoratori della caserma Ederle va tutta la solidarietà mia e del partito che rappresento, per come si sta sviluppando la vicenda e per come vengono presi in giro da esponenti del centrosinistra, che danno garanzie per i posti di lavoro, salvo poi scoprire che non sono in grado di mantenere le promesse: e il caso della Maddalena è emblematico. Sempre disponibile a regolarizzare il maggior numero di immigrati, la sinistra si rifiuta di considerare l’ipotesi di ricevere duemila cittadini americani».
- Si chiacchiera spesso dell’impegno profuso dall’ex premier Berlusconi a sostegno del progetto. Una settimana fa il braccio destro Gianni Letta ha accompagnato il sindaco dall’ambasciatore. Non è che dietro questa vostra presa di posizione ci sono indicazioni piovute dall’alto, anzi, dall’altissimo?
«Direi di no, è un’iniziativa locale, venuta dalla città».

Nuovo “question time” alla Camera
Alle 15 in diretta tv il ministro Parisi replica sul progetto

(g. m. m.) Il caso “Dal Molin” torna protagonista dell’agenda parlamentare questo pomeriggio in diretta televisiva su Rai 2 a partire dalle 15. Il ministro della Difesa Arturo Parisi, infatti, dovrebbe rispondere alla Camera alla raffica di interrogazioni piovute sul progetto della nuova caserma americana. Nel mucchio delle interrogazioni, c’è anche quella firmata dalle due deputate vicentine dell’Ulivo Laura Fincato e Lalla Trupia, che si erano mosse dopo le rivelazioni (poi smentite dal Pentagono) pubblicate dall’Espresso. L’on. Trupia afferma di attendersi finalmente chiarezza da Parisi: «Nel comportamento di tutti ci deve essere senso di responsabilità, per evitare di aggiungere confusione a confusione su un tema che sta agitando la popolazione. La mia opinione è che sia inammissibile che un sindaco non si assuma le responsabilità della decisione. Il consiglio comunale deve pronunciarsi. Poi, anche il Governo dica la sua». La parlamentare sottolinea che non intende gettare benzina sul fuoco della polemica, ma è evidente che le sue parole non sembrano in linea con la lettera inviata dalle segreterie vicentine del centrosinistra con la quale si chiede al premier Romano Prodi di bocciare una volta per tutte il progetto, visto che in città non si riesce ad arrivare al dunque. Il capogruppo comunale dei Ds Luigi Poletto ribadisce quanto finora sostenuto: «Il Governo correttamente alloca la decisione sul versante dell’ente locale in relazione all'impatto territoriale: urbanistico, viabilistico, logistico e ambientale, concretizzando un'opzione federalista anche laddove avrebbe potuto scegliere in assoluta solitudine imponendo l'insediamento statunitense a Vicenza per “ragion di Stato”. Difficile criticare un Governo che coinvolge la comunità locale. Dopo mesi di reticenze, elusioni, menzogne, decretazioni, dilazioni da parte del sindaco, spetta a lui e al Comune pronunciare un netto “no” a questo progetto che in nulla interagisce con il quadro previsionale del Pat e che trasforma la città in un “obiettivo sensibile” esposto nei prossimi decenni alla minaccia del terrorismo internazionale, vulnerando il diritto dei cittadini di Vicenza a vivere in condizioni di sicurezza». A Roma, nel frattempo, è stata depositata un’interpellanza dell’on. Severino Galante, membro della Commissione Difesa e deputato dei Comunisti Italiani alla Camera dei Deputati, che ha espresso l’intenzione di chiedere se della riunione del 6 luglio, al ministero della Difesa, tra il sindaco Hüllweck «davanti a militari Usa e italiani, il Governo ne fosse stato a conoscenza. Inoltre, quali erano i militari italiani presenti, e in che veste? chi erano i militari statunitensi presenti, e in che veste; perché si siano trincerati dietro motivazioni di segretezza incomprensibili ai più? Che fondamento giuridico avrebbe la pretesa dei suddetti militari di arrogarsi la responsabilità di scelte che viceversa sono prerogativa esclusiva del Governo e del Parlamento?».

Rolando: «Attenti ai numeri in Consiglio»
Il “no” organizza un altro convegno contro la caserma

“Le Servitù Militari, basi della guerra infinita” è il titolo del convegno che verrà ospitato sabato 30 nella sede della circoscrizione 5 in via Lago di Fogliano 5. Alle 9 si parla di “La guerra in casa. occupazione del territorio e strategie globali; dalle 14, “Le esperienze territoriali di lotta contro le basi militari, per la difesa del territorio e contro la guerra”. Organizza l’Osservatorio contro le servitù militari, che definisce l’appuntamento «una giornata di approfondimenti con i comitati che in questi anni hanno combattuto contro la militarizzazione Usa in Italia». Da palazzo Trissino, intanto, si segnala una nuova presa di posizione. È quella del consigliere dei Ds Giovanni Rolando, che spiega: «Quel progetto per la realizzazione della nuova base militare Usa è incompatibile per Vicenza e la sua comunità, sotto il profilo ambientale, urbanistico, viabilistico, sociale e per i rischi connessi alla sicurezza. Ben altre sono le strade da intraprendere per innalzare la qualità della vita delle persone per il presente e il futuro, per le future generazioni. Io penso anche che dovrebbe essere nell'interesse degli stessi americani non insediarsi là dove non c'è il largo consenso della gente». Poi, Rolando pone la domanda chiave: «È possibile che analoga posizione possa essere assunta da una maggioranza trasversale dei consiglieri comunali? Nulla impedisce di assumere liberamente tale posizione, giacché la costruzione di una nuova base Usa a Vicenza non stava in alcun programma elettorale di nessuna forza politica che si è presentata al voto nella competizione elettorale ultima del 2003. Contestualmente si può indire un referendum, attribuendo tutta la sovranità al popolo. Una cosa deve essere chiara all'opinione pubblica e a noi stessi: se la maggioranza dei 41 consiglieri aventi diritto al voto si esprimerà per il sì alla base, quella base si realizzerà. Se contrariamente la maggioranza dei consiglieri comunali dirà no alla base, il governo attuale dirà no agli amici americani. In democrazia contano i numeri, eccome».

Il retroscena. Giallo sulla terza lettera dal ministero: era in fase di istruttoria, ma per ora non inviata
Consiglio comunale: il voto è a rischio E Parisi ripropone il silenzio-dissenso

(g. m. m.) La lettera c’è, la lettera non c’è. La lettera è in arrivo, la lettera è in istruttoria. Lettera? Quale lettera? Il valzer delle decisioni, sulla linea Vicenza-Roma, si è incartato ieri in uno svolazzo di smentite e precisazioni. Lunedì l’on. Mauro Fabris, deputato dell’Udeur, aveva messo sull’attenti i vicentini: dal ministero potrebbe arrivare il terzo e definitivo ultimatum. «Se Vicenza non dice no, Roma dovrà dire sì». Fabris ha sempre dimostrato di essere molto ben informato, anticipando ogni mossa del Governo. Ieri, poi, un’ulteriore conferma veniva data dal gabinetto del ministro Parisi al consigliere comunale della Margherita Sandro Guaiti, che ha parlato con un alto funzionario: «Inviteremo il sindaco a pronunciarsi una volta per tutte, inviandogli tutti i progetti di cui ha bisogno. Un cd-rom, peraltro, lo ha già visionato in consiglio comunale. Non c’è alcun segreto. Le armi? Saranno portate ad Aviano. A Vicenza solo edifici stanziali, tanto che stiamo accelerando i tempi per trasformare la pista in uno scalo civile». Ieri, però, dopo aver letto le dichiarazioni di Fabris, molti protagonisti del centrosinistra hanno avuto un coccolone: se il Governo ci chiede un esplicito pronunciamento, in consiglio comunale non abbiamo i numeri per dire no. Alcune assenze già annunciate rischiano di essere determinanti e alla conta finale mancano due voti: il sì, quindi, ha chance di passare. A Vicenza, gli ordini di scuderia si stavano orientando per scansare la debacle in Consiglio e farsi forti del silenzio-dissenso chiesto nella sua prima lettera dal ministro della Difesa Arturo Parisi. Così ieri, dopo il voto alla Camera sulla missione in Libano, Parisi è stato costretto a rassicurare i deputati vicentini. «Non c’è alcuna lettera in arrivo», assicura la diessina Lalla Trupia. L’orientamento ministeriale è quello di riproporre la formula del silenzio-dissenso: se Vicenza non parla, Roma intenderà parere contrario. Ma questa volta verrà fissato un termine ultimativo: entro ottobre, gli Usa vogliono la risposta.

I sindacati sono in pellegrinaggio fra sindaco e partiti
Uil e Cisl: «Vanno tutelati i lavoratori della Ederle»

«La realtà è che siamo già in campagna elettorale». La verità indossa il sorriso amaro di Costantino Vaidanis della Fisascat-Cisl, che ieri ha fatto visita al sindaco Enrico Hüllweck in compagnia di Grazia Chisin della Uiltucs-Uil e del portavoce del comitato per il sì, Roberto Cattaneo. Le due sigle sindacali che rappresentano la grande maggioranza dei circa 750 lavoratori vicentini impiegati alla Ederle, stanno facendo il giro delle sette chiese, bussando alle porte di partiti, enti e istituzioni. «Abbiamo espresso la nostra preoccupazione per il futuro dei vicentini che lavorano alla Ederle - spiegano -. Siamo del parere che chi è al governo qui o a Roma deve prendersi le sue responsabilità e decidere. Non si può tollerare che la città venga spaccata in due, tra filo e anti americani. Pretendiamo che il sindaco colga al balzo l’offerta dell’on. Mauro Fabris e accetti di farsi fissare un appuntamento con il premier Romano Prodi per dare soluzione a questo problema». E se la decisione finale dovesse virare per la bocciatura al progetto statunitense, Vaidanis e Chisin chiedono che il Governo si attivi per predisporre un ombrello utile a mettere al riparo i dipendenti della Ederle di fronte al rischio che la brigata venga unificata in Germania, chiudendo ogni presenza Usa a Vicenza. «Lo abbiamo detto anche alle deputate Trupia e Fincato: non vogliamo che accada quello che sta accadendo per la dismissione della base della maddalena, che vede la rottura delle trattative con i sindacati e oltre 100 italiani senza un lavoro. È necessario predisporre gli ammortizzatori sociali». Le firme raccolte dal comitato per il sì, come precisa Cattaneo, sono nel frattempo salite sopra quota 12 mila.

Scambio di accuse fra centrodestra e centrosinistra
E in zona 5 salta l’accordo sulla mozione “bipartisan”

Salta l’accordo per scrivere una mozione bipartisan sul “Dal Molin” nella circoscrizione 5, la diretta interessata al nuovo insediamento militare. Fra maggioranza e opposizione è scambio di accuse. I capigruppo dell’opposizione ricordano che «nella seduta dell’11 settembre letteralmente sospinti dalla folla di cittadini intervenuti abbiamo acconsentito al rinvio della seduta sulla parola data dal presidente Marco Bonafede di una rapida riconvocazione del consiglio in una sede più adatta e dopo un tentativo di stesura di una nuova mozione che “partisse da un no alla base”. Il 25 settembre abbiamo depositato una mozione, che raccoglie la contrarietà espressa in questi mesi dalla popolazione dei residenti e le preoccupazioni per i risvolti occupazionali e chiesto la rapida convocazione del consiglio. La conferenza dei capigruppo con i voti di Forza Italia, Alleanza Nazionale e Lega ha bocciato la nostra richiesta di convocazione del consiglio arrivando a stabilire che l’argomento “Dal Molin” sarà discusso solamente dopo l’espressione del consiglio comunale. In tal modo la maggioranza di centrodestra ancora una volta toglie la possibilità di espressione ai cittadini». Pronta la replica della maggioranza di centrodestra attraverso i capigruppo: «Dopo due riunioni della conferenza dei Capigruppo, si è riscontrato come non sia possibile procedere con un testo unitario, preso atto inoltre che i consiglieri dell'Unione hanno forzato la mano protocollando un loro testo ancor prima che la Conferenza si riunisse». Di qui, la rinuncia «ad ogni ulteriore tentativo e, a maggioranza, la Conferenza ha stabilito che il consiglio della 5 tratterà l'oggetto solo dopo l'annunciato dibattito in consiglio comunale, nell'auspicio che, nel frattempo, il Governo nazionale eserciti le prerogative valutative e decisionali che la legge gli affida, facendo conoscere alla città di Vicenza i dettagli del progetto. Tale trattazione vedrà forzatamente testi separati».

Sabato 30 alle 16 la manifestazione
I ragazzi del rugby in piazza dei Signori per salvare i campi

di M. E. Bonacini

Due passaggi in piazza con la palla ovale per salvare i campi da rugby, o almeno averne di nuovi. Sabato 30 settembre alle 16 la società Rangers rugby Vicenza porterà in piazza dei Signori tutti i suoi iscritti e dirigenti, rigorosamente in tuta, per un sit-in e, magari, fare due passaggi con i passanti. Ma soprattutto per ricordare i suoi numeri e il fatto che, se il progetto della base americana al Dal Molin andrà in porto, al posto dei tre campi utilizzati dalla società verrà costruito un diamante da baseball. Come ricorda il volantino della chiamata in piazza al grido di “tutti in pista”, il Rugby Vicenza conta 312 atleti tesserati, oltre 100 tra soci dirigenti e tecnici, ogni anno gioca con più di 5 mila studenti delle scuole vicentine. Il problema è semplice. Con l’arrivo degli americani il Rugby, che ha una convenzione con il demanio per altri due anni, si troverebbe senza campi «con conseguente danno economico per noi e per lo sponsor - spiega il presidente della società e del consiglio comunale Sante Sarracco - e nel contratto è infatti previsto che, se dobbiamo andarcene, questo sia comunicato con anticipo, e se perderemo un anno di attività prima di avere delle strutture faremo ricorso per avere un risarcimento. Siamo in attesa di definire nuove strutture e vogliamo chiedere che ci sia un intervento finanziario da parte dello Stato o della Regione, perché il Comune non riesce a coprire tutte le spese. L’area, invece, dovrebbe essere quella dei Ferrovieri accanto al parco Retrone. Comunque il 30 saremo in piazza e consegneremo al sindaco un promemoria». Sull’area concorda anche l’assessore allo sport Gianfranco Morsoletto. «Il terreno di 30 mila metri quadri accanto al parco Retrone - sottolinea infatti - è già previsto quasi totalmente ad attrezzature sportive e sebbene ci siano stati contatti per costruire un campo da golf e una pista da bmx se ci sarà l’emergenza l’assessore all’urbanistica Marco Zocca ha assicurato che sarà disponibile. Però servono 1,5 milioni di euro, che mi auguro siano inclusi nell’accordo con gli americani». E sui soldi, Zocca, che è anche titolare del Bilancio, specifica che «il Comune deve farsi carico di trovare risorse per attrezzare una nuova area, perché non si può aspettare e 1,5 milioni di euro ci sono nei piani d’investimento. Poi faremo in modo di farci rimborsare dagli americani o dallo Stato».