Ater, sospetto un inquilino su quattro
Cento segnalazioni inviate in procura
di Federico Ballardin
I “furbetti del quartierino” ci sono anche a Vicenza, ma dei quartieri veri, quelli formati dalle case dell’Ater. L’indagine dell’azienda territoriale promossa in questi ultimi mesi ha infatti accertato che un inquilino su quattro ha presentato un’autocertificazione dei redditi “sospetta” se non addirittura palesemente fasulla, per mantenere la casa popolare a condizioni di favore. Durante la verifica sono stati incrociati i dati dell’Inps, dell’anagrafe tributaria e i registri immobiliari.
Fascicoli in procura. Su quattrocento posizioni passate al setaccio, sono circa cento le segnalazioni inviate in procura che ora sta valutando se ci sono stati errori oppure se esistono gli estremi per un’azione penale per truffa. In termini monetari l’“evasione” annua accertata da questi primi riscontri si aggirerebbe sui 70 mila euro. Ad ogni modo l’Ater, da quando ha avviato la maxi revisione, che coinvolgerà presto tutte le 4.200 abitazioni in gestione, ha notato un’ “emorragia” di famiglie che lasciano le case popolari per trovare da sé un’altra sistemazione. Sarà un caso, ma di questi tempi - vedi “calciopoli” - a pensare male spesso s’indovina.
Il Comune controlla. L’assessore comunale Davide Piazza ha annunciato un incontro a breve con Ater e Amcps per mettere a punto un metodo, un sistema di controllo che il Comune intende applicare anche agli inquilini che occupano le case popolari.
Si rivede la legge. Tutto il sistema di assegnazione e anche di “conservazione” delle case popolari sta per cambiare. Due giorni fa, durante una riunione a Padova tra l’assessore regionale Massimo Giorgetti, i rappresentanti delle aziende territoriali venete e gli assessori alla casa dei capoluoghi di provincia, è emersa la volontà di una revisione della legge regionale numero 10 del ’96, considerata ormai obsoleta.
La volontà della Regione è di rivedere i criteri di assegnazione delle case popolari, ma si è parlato molto della necessità di effettuare controlli stringenti sui requisiti delle famiglie richiedenti, per favorire una rotazione delle abitazione e rispondere all’emergenza casa che in tutto il Veneto si fa preoccupante. A questo scopo sarà attuata una revisione periodica delle condizioni economiche delle famiglie (ogni cinque anni?). Insomma la casa popolare non sarà più assegnata per la vita, ma solo se si manterranno certi requisiti.
Il contributo. Da Venezia non arrivano soltanto belle parole o dichiarazioni d’intento, ma anche un cospicuo contributo per ristrutturare le abitazioni che non possono essere assegnate per la mancanza dei requisiti minimi. A Vicenza arriveranno due milioni di euro, che permetteranno di mettere mano a circa cento appartamenti, dei quali 50 soltanto nel comune di Vicenza.
L’ici. Infine Davide Piazza, assessore alla casa e al sociale, ha proposto una diminuzione dell’ici per le case dell’Ater a canone minimo che sono circa quattrocento, spiega il presidente dell’azienda, Marco Tolettini. «La legge ce lo consente - spiega Piazza - è chiaro che dobbiamo ragionarci sopra attentamente, assieme alla collega Favretto». Non è un mistero l’idea dell’assessore di aumentare l’ici per le case sfitte (proposta bocciata in giunta tempo fa) sul modello di altri comuni italiani, ma al momento si stanno soltanto raccogliendo i dati, partendo da quello eclatante, emerso pochi giorni fa, che parla di 3200 case inabitate in città a fronte di un migliaio di richieste di case popolari.
Zingari, il vescovo Nosiglia
chiede aiuto alla Provincia
«Nella pianificazione territoriale individuare aree per i Rom»
di Eugenio Marzotto
È pronto ad andare fino in fondo su una questione tra le più ostiche e delicate, sfidando frontalmente il mondo politico e non solo. La questione zingari diventa prioritaria per il vescovo Cesare Nosiglia che con coraggio, insieme ad alcuni amministratori locali, ha lanciato la sfida della convivenza tra cittadini e sindaci da una parte e le comunità Rom e Sinti dall’altra.
E la prima ad essere coivolta in questa iniziativa è la Provincia: «Nelle sue competenze di pianificazione territoriale - spiega Nosiglia - la Provincia può rivestire un ruolo importante nell'individuazione, a livello di distretti socio-sanitari, di zone dedicate agli zingari, privilegiando decisamente molteplici insediamenti di piccole-piccolissime dimensioni».
Insomma, il vescovo chiede aiuto alla Dal Lago per l’individuazione di aree da destinare a campi nomadi di alcuni comuni e della città.
Nei giorni scorsi Nosiglia ha incontrato un gruppo di amministratori locali il cui territorio è interessato dalla presenza di famiglie di zingari. Mason, Schio, Malo, Sandrigo, Montecchio Maggiore, Creazzo, Quinto, Costabissara, Torri di Quartesolo, Camisano, Bassano e Vicenza. Incontro che faceva seguito agli “Orientamenti per una pastorale degli zingari del Pontificio Consiglio per i Migranti e gli Itineranti”.
«Consapevole da un lato del mio dovere pastorale e dall'altro dell'essenziale e vitale necessità di rispettare l'autonomia della civica convivenza - ha spiegato il vescovo - sento la necessità di iniziare un confronto progettuale che possa meglio vedere la comunità ecclesiale e quella civile affrontare insieme possibili percorsi di convivenza, promozione umana ed integrazione per le persone nomadi».
Primo passo dell'incontro, coordinato dal direttore della Caritas diocesana don Giovanni Sandonà, è stata l'analisi della realtà vicentina e la ricerca di una maggior conoscenza di questo popolo. Per questo è stato presentato un documento dal titolo “Gli Zingari: una cultura da conoscere e valorizzare o difesa da una minoranza scomoda? Quali politiche di integrazione/inclusione sociale per affrontare le problematiche delle comunità zingare-nomadi e dei minori”.
«Solo imparando a dialogare con ogni persona, chiunque essa sia e in nome della sua dignità - afferma il direttore della Caritas diocesana don Giovanni Sandonà - potremmo pensare di intravedere percorsi e proposte che, mettendo insieme zingari, amministrazioni civiche e comunità ecclesiale, potranno sortire risultati di promozione umana e di miglior convivenza sociale, ovviamente nei tempi medio lunghi e qualora vi sia disponibilità e continuità nel perseguire gli obiettivi che ci si dà. Queste sono questioni di fronte alle quali anche gli amministratori locali spesso si sentono soli e per questo l'invito del vescovo è stato apprezzato dai presenti, ben consapevoli che la realtà non si può ignorare».
Non è tutto perché il piano messo insieme dalla diocesi prevede anche di «valorizzare e dare visibilità alle esperienze positive realizzate da enti locali, aziende sanitarie, istituzioni scolastiche, pubblica sicurezza e autorità giudiziarie, sia nel Vicentino che a livello regionale e nazionale. L'ultima è prevedere progetti - con priorità a quelli relativi all'istruzione, all'educazione e alla formazione al lavoro - nei Piani di Zona delle diverse aziende Ulss, creando se possibile una rete territoriale che favorisca nel medio-lungo termine il ruolo attivo e la partecipazione delle comunità Rom-Sinti».
Una sfida difficile ma necessaria secondo Nosiglia, «per trovare i modi di aiutare le comunità zingare, coinvolgendole il più attivamente possibile, a liberarsi da una condizione di passività e di emarginazione sociale». Il dado è tratto, il gruppo di lavoro proseguirà, ora bisognerà attendere quanto l’invito del vescovo sarà raccolto da tutte le istituzioni, Provincia compresa.