Dopo le denunce, l’opposizione ora si spacca fra chi prende rigorose distanze dall’ordinanza e chi la sostiene
(g. m. m.) Contro l’ondata di polemiche e lamentele, l’assessore all’ecologia Valerio Sorrentino ieri ha esibito la relazione stilata dall’Ulss 6 e allegata al rapporto sulla qualità dell’aria in città nel 2003. «La situazione dei pm10 appare sempre più fuori controllo», si legge nella nota inviata nelle scorse settimane. Ad allarmare era soprattutto la conferma della correlazione fra l’andamento dei livelli di polveri sottili e i danni alla salute. Viene infatti sottolineato l’eccesso di eventi avversi attribuibili ai pm10. In base all’analisi, alla mortalità generale viene attribuito un valore di 1,8 per cento, alla mortalità cardiovascolare di 2,7%, alla mortalità respiratoria di 3,2%, ai ricoveri per malattie respiratorie di 3,4% e ai ricoveri per malattie cardiache di 1,5%. In altre parole, statisticamente c’è una correlazione fra gli incrementi delle concentrazioni di micropolveri e l’incremento di morti e ricoveri per problemi cardiovascolari o respiratori. Non di sole critiche, tuttavia, si alimenta il dibattito di questi giorni. Dopo aver presentato un esposto in Procura, ora Adriano Verlato, coordinatore dell’Ulivo, tende la mano: «Sono contento che il sindaco abbia deciso una settimana di blocco del traffico perché interessa anche a me sapere quali sono gli effetti del provvedimento. Indipendentemente dal risultato, è tuttavia bene precisare che lo stesso dovrà essere integrato con altre azioni coordinate: autobus ecologici, parcheggi di interscambio per tutti i veicoli che arrivano in città, controlli a tappeto sulle emissioni di tutti gli impianti privati e pubblici, riduzione sensibile del traffico privato in città, coordinamento con gli altri Comuni. Non si tratta di fare i Soloni, ma solo di essere responsabili verso se stessi e verso gli altri. Finora, vuoi per negligenza, vuoi per leggerezza, i provvedimenti assunti sono stati risibili e comunque tali da non alleviare in alcun modo il problema. Agli artigiani e ai commercianti , mi permetto dire che comprendo i loro problemi ma che questo esperimento è una cosa importante che va fatta anche se comporta dei sacrifici».
Cita il Gattopardo , invece, il capogruppo diessino Luigi Poletto: «Se da un lato il varo di una misura così forte e invasiva per i cittadini come il blocco totale delle auto per una settimana rappresenta sicuramente un passo in avanti sotto il profilo dei "valori in gioco", quale dimostrazione di una nuova consapevolezza dei pubblici poteri che, chiamati a scegliere tra la tutela del diritto alla mobilità e la tutela del diritto alla salute, optano per quest'ultimo; dall’altro è da criticare con la massima energia la strumentalità e la spregiudicatezza con cui Hüllweck gioca questa partita, per porsi al riparo da eventuali indagini giudiziarie e per dimostrare mimetizzare l’assenza di politiche sostenibili di gestione della mobilità urbana. "Occorre dunque che tutto cambi in una settimana di blocco totale del traffico, perché nulla cambi in futuro nella mobilità cittadina"».
Infine, dalla decisione del sindaco prendono decisamente le distanze alcuni consiglieri dell’opposizione, in una nota che vede primo firmatario il diessino Ubaldo Alifuoco: «L’ordinanza (caso unico in Italia) è frutto di una autonoma responsabilità del sindaco e della Giunta e nessun momento di coinvolgimento del consiglio comunale e dei gruppi di opposizione c’è stato. Consideriamo la decisione priva di quegli effetti che sono necessari per modificare una situazione di inquinamento dell’aria ormai insostenibile e fuori norma. Tra l’altro non si capisce perché il blocco riguardi un perimetro centrale senza alcuna concertazione con i comuni contermini. Ad esempio, per quale motivo non si è pensato di sospendere il traffico pesante dalla strada Pasubio». E proprio qui, venerdì torneranno le manifestazioni di strada anti-Tir dei comitati.
«Ma non si può condannare chi lotta per libertà e dignità»
Nessuna scrittura predica la violenza, tuttavia consente la legittima difesa «Diciamo no a tutti i terrorismi, ma esistono anche le guerre di liberazione»
«I nostri rapporti con la comunità cattolica sono buoni Rimane però aperta la questione cimitero»
di Chiara Roverotto
- Secondo lei ci possono essere musulmani di cultura europea? Senza contraddizione tra le due identità perché ogni cultura ha il suo modo di interpretare la religiosità?
«Sì, quasi un terzo dei musulmani presenti in Europa, per cui 14 milioni, sono nati o cresciuti in questo continente. Inoltre, sono alcune centinaia di migliaia gli europei che si sono convertiti all’Islam».
- Il velo rimane un obbligo religioso, molte musulmane non lo portano più, dimostrando che ne possono fare a meno: che cosa ne pensate?
«Dottrinalmente è un dovere della musulmana, ma riguarda il suo personale rapporto con Dio».
- E vietarlo, come è accaduto in Francia, che cosa rappresenta: una violazione dei diritti umani come più volte è stato scritto?
«Certamente sì, lo stato può, anzi dev’essere laico. Ma se impone il laicismo ai cittadini ci troviamo di fronte ad un intollerabile integralismo».
- Qual è la vostra posizione sui simboli religiosi cristiani?
«Nessun problema, riconosciamo, anche nell’ambito pubblico, il diritto della maggioranza della nostra comunità nazionale ad esporre i simboli cari alla loro tradizione spirituale e culturale».
- Che cosa ne pensa di quello che accade in Iraq, in Palestina o in Israele in nome di una fede che noi occidentali, forse, facciamo fatica a comprendere visto che abbiamo visto persone morire ingiustamente?
«Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Sarebbe un’ingiustizia e, soprattutto, una leggerezza. Ci sono le lotte di liberazione nazionale e gli episodi di terrorismo. Sono cose estremamente diverse. E, tuttavia, non possiamo non stigmatizzare con fermezza comportamenti o metodi che trascendono da quell’etica dei mezzi, trasgredendo la quale ogni azione del credente si vanifica e l’obiettivo raggiunto non ha più niente a che fare con l’intenzione iniziale».
- Più volte è stato detto e scritto che il Corano non predica la violenza e, allora, che cosa pensa dei terroristi che si fanno saltare in aria e degli shahid, più noti come martiri?
«Nessuna scrittura predica la violenza e, tuttavia, consente la legittima difesa. È drammatico e interroga la coscienza di ogni persona di cuore e di intelletto che alcuni giovani ritengano che non c’è altro modo che immolarsi per testimoniare il loro disperato rifiuto dell’ingiustizia e dell’occupazione».
- Voi li condannate?
«Il terrorismo va sempre condannato. Però faccio molta fatica a condannare chi lotta per la propria libertà e dignità».
- A Vicenza, per la prima volta a livello nazionale, è stata organizzata una manifestazione per dire no alla violenza e al terrorismo. Ma il consiglio islamico, che lei rappresenta, non ha aderito alla manifestazione: perché?
«Il consiglio islamico di Vicenza considera la condanna del terrorismo, l’educazione alla cultura della legalità, il contrasto ad ogni forma di estremismo un impegno quotidiano e un presupposto per una vera integrazione della comunità islamica in Italia. Pur condividendo la finalità di quella manifestazione pensiamo che il vero lavoro che deve impegnarci tutti sia quello intellettuale e culturale. Per cui, finita la manifestazione, che cosa abbiamo fatto a tutt’oggi perché la comunità islamica diventi una aperta e visibile, in grado di interagire con il suo contesto? È su questo che dobbiamo lavorare».
- Indagini, inchieste: prima sugli imam che predicavano la violenza nei loro sermoni e, poi, gli infiltrati: in città ci sono state indagini con arresti per presunti appartenenti al gruppo salafita: che cosa ne pensate?
«Attendiamo serenamente il giudizio della magistratura. Non possiamo, però, dimenticare che a fronte di tanto rumore in dieci anni di indagini sono stati inquisiti per reati connessi all’eversione e al terrorismo solo 250 musulmani, i condannati sono stati 6. Poi, dopo un grande strepito mediatico al momento delle operazioni, le scarcerazioni e le assoluzioni sono pressoché ignorate da quasi tutta la stampa».
- Come può esistere democrazia nei paesi musulmani dove l’apostasia è punita con la morte e quando il Corano sentenzia che la testimonianza di una donna vale la metà di quella di un uomo?
«Appunto, nei paesi islamici più coccolati dall’Occidente non c’è alcuna democrazia e l’Islam viene usato come uno strumento di potere: "religio istrumentum regni" scriveva il Machiavelli ne Il Principe. Il caso dell’apostasia riguarda solo condizioni di tradimento di fronte al nemico che sono condannate in tal modo da tutti i codici militari del mondo. Per quanto riguarda la testimonianza della donna, ciò è legato ad una particolare condizione delle donne e ad una supposta generale sensibile impressionabilità e debolezza di fronte alla pressione ambientale. Questo è un tema su cui stanno ragionando e discutendo i sapienti musulmani in Occidente. Forse avremo risposte che ci permetteranno di affrontare la realtà odierna senza tradire il principio».
- Come sono i vostri rapporti con la comunità cattolica?
«Sono buoni e siamo interessati a rafforzare il clima di dialogo e di rispetto reciproco con la comunità cattolica e con tutte le altre minoranze religiose».
- La comunità islamica tra gli stranieri è la seconda per numero di presenze in provincia: prima ci sono i cristiani ortodossi e poi arrivate voi. Vi sentite liberi nell’esprimere la vostra fede?
«Abbastanza, anche se crediamo che ci sia ancora molta strada da fare. Rimane insoluto il serio problema dell’ora di religione per i nostri bambini, la questione dell’area cimiteriale e altre problematiche sollevate dalla bozza d’intesa presentata dall’Unione delle Comunità ed Organizzazioni Islamiche in Italia nel 1990 (www.islam-ucoii.it ) e che tutt’ora non ha avuto risposta dal governo Italiano» .
- Più volte avete parlato della costruzione di un centro multiculturale e multifunzionale: ci credete ancora, rientra nei vostri progetti oltre a chiedere uno spazio per seppellire i vostri morti?
«Oggi la comunità islamica a Vicenza conta più di 25 mila persone portatori di diritti e di bisogni non solo materiali. Diritti sanciti dalla costituzione Italiana e dai vari trattati ratificati dall’Italia: il trattato di Copenhagen è solo un esempio. La libertà di professare la propria fede è uno di questi. E uno stato democratico e rispettoso dei diritti umani come l’Italia non può non tutelare i diritti delle minoranze. Mi sembra ovvio, quindi, che la comunità islamica pensi di dotarsi di uno o più sedi per poter rispondere ai suoi bisogni».
-E quando avverrà?
«Nel momento più opportuno e sicuramente in concerto con le istituzioni e nel rispetto delle leggi in vigore. Per quanto riguarda l’area cimiteriale, ultimamente abbiamo di nuovo sollecitato l’amministrazione a coordinare un tavolo con i diretti responsabili dei vari Comuni del Vicentino per dare una risposta provinciale a una questione che noi consideriamo urgente. Una lettera in questo senso è stata mandata al sindaco Hüllweck e ai presidenti della Provincia e dell’Anci Veneto».
- Come mai nelle carceri italiane ci sono molti immigrati (parliamo di spacciatori di droga, di uomini che sfruttano donne? Come è concepibile tutto questo rispetto a quanto prevede la vostra religione?
«La maggioranza degli altri reclusi sono italiani che, teoricamente, hanno una religione altrettanto rispettosa della proprietà, dell’integrità e dei diritti della persona. Sarebbe bello bastasse avere un certo nome e una certa identità per proteggere dalla devianza. Non è così. Inoltre, non possiamo trascurare la realtà di debolezza strutturale e dello stato di precarietà dell’immigrato. I veneti, calabresi o piemontesi emigrati all’estero a cavallo tra l’800 e il 900 erano accusati delle stesse cose».
- La società musulmana forse non dovrebbe pensare ad un nuovo modello di democrazia per permettere la liberalizzazione del pensiero e quindi il suo rinnovamento?
«Dov’è la società musulmana? Esistono società composte da musulmani, ma la società musulmana l’avranno solo in paradiso quelli che avranno la grazia di arrivarci. Noi dobbiamo lavorare per costruire società più eque e solidali nei luoghi in cui Iddio ci fa vivere. Per quanto riguarda il rinnovamento, questa è una caratteristica insita nell’Islam. Anzi il Profeta, pace e benedizione su di lui, ci ha promesso che ogni cento anni Iddio avrebbe suscitato un rinnovatore».
- Che cosa significa per voi integrazione?
«Essere cittadini responsabili senza negare la propria identità culturale e religiosa. Credo che questo sia possibile: essere cittadini nella diversità».
- Vicenza è una città che riesce ad integrarsi oppure è chiusa?
«Abbastanza».
- E allora che cosa servirebbe?
«Un impegno più forte della società civile e delle istituzioni non sarebbe male».
- Quali sono i problemi più importanti per la vostra comunità che sono rimasti inascoltati in tutti questi anni?
«I nostri problemi e le nostre richieste sono state raccolti come ho già accennato nella bozza d’intesa presentata dall’Ucoii. ( www.islam-ucoii.it ) Rispondere a quelle richieste risolverà molti dei nostri problemi e rafforzerà la convivenza civile tra i cittadini di oggi e di domani. Mi auguro che questo possa avvenire nel prossimo futuro».