25 NOVEMBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

«Tre mesi per un permesso» In questura tornano le attese
I Verdi in carcere per sapere come stanno i detenuti
Casa, boicottato l’insegnante? Assessore e manager indagati
SCHIO.Lanerossi, accordo raggiunto a Roma Cassa integrazione per 125 dipendenti

Organici invariati rispetto al 2000, ma oggi gli stranieri sono 65 mila
«Tre mesi per un permesso» In questura tornano le attese
Denuncia del responsabile del dipartimento migranti della Cgil

di Chiara Roverotto

Su un aspetto tutti sono d’accordo: la questura si sta rimboccando le maniche. Ma non basta. Vuoi per la Finanziaria che ha ridotto il personale anche in viale Mazzini. Vuoi per l’ultima sanatoria e per quelli che ora vengono a rinnovare il permesso di soggiorno. Vuoi perché la legge Bossi-Fini ha aumentato la burocrazia negli uffici. Sta di fatto che i tempi per il rilascio e il rinnovo del permesso di soggiorno sono di nuovo lievitati. La “denuncia” arriva dal responsabile del dipartimento migranti della Cgil. Emmanuel Maffi. «Siamo tornati ai vecchi tempi, l’attesa si è spostata di due-tre mesi, se non oltre». I poli sparsi per la provincia che raccolgono tutta la documentazione da inviare alla questura stanno facendo il loro lavoro, ma l’imbuto rimane in viale Mazzini. Lì si ferma tutto o almeno le pratiche hanno ricominciato a rallentare, riprendendo tempi che erano stati abbondantemente superati nei mesi scorsi, stando anche alle dichiarazioni del prefetto Tranfaglia (dieci giorni). «I problemi sono sempre gli stessi - dice Franca Porto, segretaria provinciale della Cisl - da una parte c’è una pessima legge sull’immigrazione. La la Bossi-Fini ha aumentato in maniera consistente la burocrazia legando il lavoro al permesso di soggiorno. Poi, c’è la questione dei tagli al personale in tutte le strutture pubbliche e questo sta creando un momento di difficoltà anche se la questura si sta rimboccando le maniche per affrontare la situazione. Del resto - conclude - finché abbiamo una legge che richiede più pratiche e quindi più personale e questo non arriva, la questione non è di facile soluzione». Sta di fatto che in una provincia con 65 mila immigrati, la prima del Veneto (ultimamente ha superato anche Treviso e Verona per numero di stranieri), certe questioni dovrebbero essere risolte da un pezzo. «Ma non è così - ribadisce Maffi della Cgil - i permessi hanno sempre rappresentato un problema enorme: se la questione documenti rimane la prima di cui gli immigrati parlano in ogni sede, vorrà ben dire qualcosa. E poi, chi non ricorda le file chilometriche fuori dalla questura di alcuni anni fa... Ora, almeno si fanno dentro». Da allora di tempo ne è trascorso parecchio, ma evidentemente non abbastanza per mettere la parola fine al problema. «Le file in questura hanno un’origine e una causa - ribadisce il segretario provinciale della Cgil, Oscar Mancini - l’ufficio stranieri ha lo stesso personale che aveva nel 2000, solo che oggi il numero degli stranieri è aumentato in maniera consistente: siamo a quota 65 mila. E che cosa fa il Governo di fronte ad una domanda sempre più pressante? Mantiene il medesimo numero di agenti che fa sicuramente un lavoro encomiabile che, però, non è sufficiente per abbassare i tempi di attesa per il rilascio dei documenti. Senza dimenticare - puntualizza il segretario della Cgil - che a Vicenza ci sono 15 interinali che lavorano all’ufficio stranieri e a questo punto speriamo rimangano al loro posto. Ma di questo si dovrebbero occupare anche le imprese, del resto è anche nel loro interesse avere lavoratori con le carte in regola, anche se il lavoro nero rimane una delle tante piaghe da risolvere per gli immigrati». E in questura che si dice? «È vero i tempi si sono un po’ allungati». Ma non si aggiunge altro.


Lunedì una iniziativa a livello nazionale
I Verdi in carcere per sapere come stanno i detenuti

Lunedì prossimo è la giornata nazionale d'iniziativa per i diritti e le libertà e i parlamentari e i consiglieri regionali del gruppo dei Verdi visiteranno alcune carceri. «Di nuovo in questi mesi è emerso in Italia, in maniera drammatica, il problema carcerario. Il crescente sovraffollamento di un circuito penitenziario popolato da 60 mila detenuti - si legge in una nota -, a fronte di una capienza di 41 mila unità, si associa alla progressiva restrizione dei diritti, con il venir meno all’accesso delle pene alternative e ai percorsi di reinserimento». «L'ormai famosa proposta di legge "ex Cirielli" implica soprattutto, per la generalità dei cittadini "non eccellenti", l'inasprimento delle pene detentive e l'impossibilità di accesso alle misure alternative al carcere nei confronti di tutti coloro che sono incorsi nella recidiva. Nel quadro di questa giornata nazionale per i diritti e le libertà, la deputata dei Luana Zanella visiterà le strutture di Vicenza e Belluno per verificarne la situazione complessiva e la condizione dei detenuti.


La vicenda di un docente estromesso dal bando per un alloggio pubblico
Casa, boicottato l’insegnante? Assessore e manager indagati
Davide Piazza e Ruggiero Di Pace sotto inchiesta per abuso d’ufficio

di Ivano Tolettini

L’esclusione di un insegnante dal bando per l’assegnazione di alloggi comunali, pur in presenza di un provvedimento del Tar che lo riammetteva in lista, si trasforma in un’inchiesta penale per un presunto abuso ufficio. A rimanerne invischiati sono l’assessore ai servizi sociali Davide Piazza e il dirigente del settore servizi abitativi Ruggiero Di Pace. Ad avviare l’indagine è stato il sostituto procuratore Alessandro Severi in seguito all’esposto dell’insegnante P.F., 43 anni, che vive in via Pajello. Il caso che obbliga l’amministratore e il manager pubblico a trovarsi un avvocato per difendersi in tribunale, è scoppiato dopo che sarebbero state violate le garanzie del docente che aspirava ad avere una casa pubblica più grande, previo il versamento di 8 mila euro per la compartecipazione alle spese di recupero edilizio. L’esclusione dell’insegnante che vive con la compagna e un figlio in un miniappartamento Amcps di 54 metri quadrati, quando i parametri di legge ne prevedono come minimo 75, è stata decisa dal Comune per il superamento della soglia massima di reddito. In realtà, come ha osservato il tribunale amministrativo, il diretto interessato aveva i requisiti per partecipare al bando perchè al momento della pubblicazione non erano ancora trascorsi due anni dall’inizio della convivenza con un’altra insegnante. Si trattava di una situazione di ospitalità che, ad avviso del Tar, non rientrava tra le peculiarità previste dal Comune per l’esclusione del ricorrente. La coppia, tra l’altro, è in attesa di un secondo figlio. Il Comune anziché riaprire i termini del concorso per consentire al cittadino di parteciparvi visto che era stato escluso ingiustamente, non avrebbe ritenuto opportuno dare seguito al provvedimento amministrativo. A questo punto, anche perché la situazione tra il Comune e l’insegnante era all’insegna dell’incomunicabilità, la parte debole del rapporto pubblico-privato ha deciso di far intervenire la magistratura per appurare se il comportamento dell’Amministrazione sia stato corretto o meno. Soprattutto perché il 3 marzo di quest’anno il Comune ha approvato la graduatoria definitiva, escludendo P.F., nonostante fosse stato instaurato un ricorso amministrativo che si è poi concluso in maniera positiva per il ricorrente. Secondo il denunciante, il dott. Di Pace ha avviato quella che in gergo si chiama “scorrimento della graduatoria per la scelta e assegnazione degli alloggi” da parte degli altri partecipanti, ma non avrebbe rispettato il termine di due mesi previsti dalla legge per ricorrere al Tar. Non solo, il Comune nonostante fosse stato avvisato che era stato depositato il ricorso al Tar da parte dell’insegnante, era andato avanti per la propria strada escludendolo. In questa maniera gli avrebbe provocato un danno ingiusto. Ecco spiegato, in linea teorica, perché il pm Severi ha avviato un’inchiesta che coinvolge sia l’assessore Piazza che il dirigente Di Pace. Tanto più che l’insegnante si era rivolto a un legale e aveva avviato un canale di comunicazione che, alla luce dei fatti, si è rivelato sterile. Il Comune, si lamenta F.P., avrebbe cercato di imporre per tre volte proprie soluzioni abitative senza tenere conto delle esigenze della famigliola, la quale è protetta peraltro dalle normative. Almeno questa è la tesi del denunciante che, sentendosi danneggiato, ha adito le vie legali. Il docente ha segnalato che sarebbe stato boicottato per non avere accettato le direttive comunali, in particolari quelle delineate dal dott. Di Pace, nonostante si sarebbe potuta trovare una soluzione ragionevole, come accaduto ad altri inquilini comunali che, evidentemente, avevano maggiore feeling.


Il 4 dicembre l’azienda scledense chiude. Previsti interventi di reinserimento. La Marzotto diventerà centro d’eccellenza tessile
Lanerossi, accordo raggiunto a Roma Cassa integrazione per 125 dipendenti

di Marino Smiderle

La Lanerossi chiude definitivamente i battenti ma i 125 lavoratori (9 impiegati e 116 operai), anziché finire dritti in mobilità, vanno in cassa integrazione straordinaria per un anno (prorogabile di un altro anno). Questo, in estrema sintesi, il contenuto dell’accordo firmato ieri al ministero del Lavoro, davanti al sottosegretario Maurizio Sacconi, dai rappresentanti della Marzotto e dai sindacati. Nel contempo, le parti si impegnano «a promuovere e sostenere la ricollocazione esterna dei lavoratori in esubero». Il decesso ufficiale della storica azienda scledense è stato fissato per il prossimo 4 dicembre. Da quel momento entrerà in vigore l’accordo relativo alla cassa integrazione, che ha come importante corollario l’impegno a reinserire nel mondo del lavoro i 125 rimasti a casa. A tale scopo collaboreranno Marzotto, Assindustria, Provincia di Vicenza e Regione. «L’accordo raggiunto per la Marzotto - afferma il sottosegretario Sacconi, che fin dall’inizio ha dato la sua disponibilità nel seguire la complicata vicenda Lanerossi -, delinea un nuovo piano industriale condiviso per l’area delle produzioni tessili e adeguata protezione ai lavoratori collocati in una cassa integrazione che deve essere la premessa per il loro tempestivo ricollocamento. Dopo gli errori compiuti dalla proprietà e dal management del gruppo nei recenti anni 90, questo accordo può finalmente preludere ad una fase di rilancio, nonostante il prezzo pagato dello stabilimento di Schio. Il ricollocamento rapido dei lavoratori costituisce una sfida per tutte le istituzioni e per le organizzazione degli imprenditori vicentini». Dal de profundis per la Lanerossi, insomma, si deve passare all’alleluia per il nuovo ruolo di eccellenza che lo stabilimento di Valdagno della Marzotto reciterà nella futura strategia produttiva del gruppo tessile. «Il sito di Valdagno - recita l’accordo - viene arricchito attraverso il trasferimento della Tintoria pezze dallo stabilimento Tessuti di Schio allo stabilimento Tessuti di Valdagno. Valdagno avrà il ruolo di competence center, inteso come contenitore di processi e competenze, di innovazione e riproduzione del know-how produttivo tessile. Inoltre saranno realizzati a Valdagno il campionario, le produzioni di ricerca e quelle di servizio. In coerenza con tale ruolo, il sito di Valdagno sarà interessato da un programma di flessibilizzazione dell’organizzazione del lavoro, nell’ambito della normativa vigente e del contratto nazionale di lavoro». «Noi siamo soddisfatti - afferma il direttore delle risorse umane della Marzotto, Massimo Lolli - perché questo è un passo che segna un passo avanti importante nelle relazioni sindacali. L’accordo recepisce il piano strategico industriale presentato dall’azienda e, a proposito del futuro ruolo dello stabilimento di Valdagno, introduce elementi di flessibilità del lavoro necessari per raggiungere gli obiettivi di eccellenza che ci siamo prefissati». Flessibilità in cambio della certezza che la Marzotto di Valdagno rafforzerà il proprio ruolo, anche in termini occupazionali. È un altro scambio sindacati-azienda, che adesso intraprendono un altro viaggio nel futuro di un gruppo che, sulla base di questa strategia, punta sul suo rilancio in grande stile. «Siamo riusciti a ottenere il massimo utilizzo possibile degli ammortizzatori sociali - afferma Sergio Spiller, segretario della Femca-Cisl - e per questo archiviamo con soddisfazione l’esito della trattativa». Soddisfatto anche Giulio Bertinato, assessore provinciale al Lavoro, che ritiene cruciale l’impegno preso dall’azienda per il futuro dello stabilimento di Valdagno. «Unico motivo di rammarico, per una giornata di certo positiva - aggiunge Bertinato - è la chiusura dello stabilimento di Schio». Che era poi l’unico motivo per cui si erano trovati di fronte azienda, sindacati, associazioni di categoria e Provincia.