25 SETTEMBRE 2006

«Prodi, vieni qui e boccia la base Usa»
Dopo una laboriosa trattativa, il centrosinistra berico riesce a compattarsi

di G. M. Mancassola

«Caro Prodi, vieni a Vicenza e boccia la nuova base Usa al Dal Molin». Dopo giorni di limature ed equilibrismi politici, la lettera è stata firmata e spedita a palazzo Chigi. Lo stato maggiore dell’Unione vicentina è riuscito a quagliare un testo che mette d’accordo tutto lo spettro che va dalla Margherita a Rifondazione: concepito dalla sinistra-sinistra, il testo è stato riveduto e corretto dai settori centristi e riformisti, depurato dagli orpelli in odor di ideologia, pena il rischio di dover inviare due testi diversi, con nuove divisioni e lussazioni in seno alla coalizione. Il succo spremuto nella busta è: a Vicenza il sindaco Hüllweck e il centrodestra che lo sostiene non si decide a convocare il consiglio comunale per bocciare l’operazione a stelle e strisce; ergo, pensateci direttamente voi a Roma. La notizia non è di poco conto: all’opposizione nel Vicentino e nel Veneto, i partiti di centrosinistra sono a cavallo del Governo nazionale, che fino a prova contraria avrà l’ultima parola sul progetto degli alleati americani. La missiva porta le firme dei segretari di Comunisti Italiani, Democratici di sinistra, Margherita, Verdi, Italia dei Valori, Rifondazione Comunista e Vicenza Capoluogo. «Negli ultimi mesi - si legge nella lettera - la nostra città è stata attraversata dal dibattito sull’eventuale costruzione di una nuova base militare presso l’aerea dell’aeroporto Dal Molin. Le forze politiche locali di centrosinistra hanno da tempo espresso il proprio parere negativo in merito alla costruzione di questa nuova installazione militare. Questo parere, come sostenuto anche dal sindaco di Vicenza sui mezzi d’informazione, accomuna la maggioranza dei cittadini. Una nuova installazione militare, del resto, pregiudicherebbe il futuro della nostra città e ne farebbe il principale centro militare americano in territorio italiano». Un accenno viene dedicato agli scambi epistolari fra palazzo Trissino e il ministero della Difesa: «Nelle ultime settimane abbiamo assistito ad uno scambio di lettere tra Governo e amministrazione locale; in esse, in particolare, si chiede all’amministrazione locale di esprimere un parere conclusivo e chiaro in merito al progetto. Purtroppo, il sindaco e la maggioranza che governano la nostra città non hanno voluto rispondere alle sollecitazioni e hanno preferito restare nell'ambiguità, utilizzando più i media che il consiglio comunale come luogo di dibattito ed espressione delle opinioni». Di qui l’appello a voltare pagina al più presto: «Con questa lettera vogliamo sottolineare che, nonostante l’ambiguità dell’amministrazione della città, esiste un ampio movimento d’opinione che si è già espresso con chiarezza sulla questione, giudicando improponibile, per numerose ragioni, la realizzazione del progetto; è di questa posizione che noi vogliamo farci ambasciatori presso il nostro Governo, nella convinzione che non costruire un’ulteriore installazione militare nel nostro territorio significa dare attuazione al programma dell’Unione in merito alle servitù militari, al corretto sviluppo urbanistico e viabilistico di una città come Vicenza per dare in questo modo senso e realtà ad uno slogan, “governare per”, che non può che avere come beneficiari i cittadini». Il centrosinistra vicentino rinnova in questo modo «l’invito al Governo a bocciare il progetto; l’impegno che ci accomuna è quello di progettare una città diversa: dove la politica del territorio sia orientata alla qualità della vita di coloro che lo abitano, dove i nuovi investimenti siano finalizzati ad un efficace sviluppo economico in grado di rilanciare la crescita e l’occupazione della nostra città. Costruire una nuova, enorme, base militare nella nostra città non rappresenta per noi un passo in questa direzione». Infine, l’invito affinché il premier Romano Prodi venga di persona a Vicenza a rendersi conto con i propri occhi se il progetto può o meno andare in porto: «Ci siamo impegnati ad organizzare, in ottobre, un dibattito pubblico nel quale parlare dell’altra città possibile che noi sogniamo; una città costruita per realizzare il benessere collettivo e innalzare la qualità della vita dei cittadini. In questa circostanza saremmo lieti di avere, come ospite, il presidente del Consiglio o un rappresentante del Governo». Verrà?

La risposta a Forza Italia
Giuliari dice no anche all’ipotesi di Vicenza Est
«La questione del nuovo insediamento militare non può ora ridursi alla ricerca del sito che crea meno problemi. Il territorio non va svenduto»

(g. m. m.) No alla soluzione di Vicenza Est. Lo dice Giovanni Giuliari, capogruppo di Vicenza capoluogo, che risponde così alle ipotesi di studio avanzate da alcuni esponenti di Forza Italia, fra cui Maurizio Borra e Gerardo Meridio, presidente dell’Ipab, l’ente proprietario dei terreni di S. Pietro Intrigogna. «La questione della base americana - spiega Giuliari - non può ridursi ora alla ricerca del sito che crei meno problemi. Non è una questione di luogo dove costruirla, ma di quale futuro vogliamo dare alla nostra città e di quale responsabilità vogliamo assumerci per dare il nostro contributo alla sicurezza e alla concordia nel nostro Paese e nel mondo. Non mercanteggiamo il nostro territorio e non trasciniamo in questa vicenda istituzioni e realtà pubbliche che per la loro storia e la loro vocazione male si coniugano con le delicate questioni internazionali e militari. Una comunità civile ha in dote un bene comune, la terra, che deve essere amministrato con estrema attenzione, prudenza, saggezza». «Noi crediamo - prosegue il leader dei civici - che in questi 50 anni l’Italia abbia compreso come non può esimersi, assieme agli altri stati europei, nell'assumere delle responsabilità internazionali tali da portarci ad un rapporto più paritario con gli Stati Uniti. Non si tratta pertanto di rompere i rapporti con gli Stati Uniti, ma di ridefinirli in un contesto internazionale nuovo. È nostro compito assumerci maggiori oneri e responsabilità, troppo spesso delegate agli alleati americani, attuando una politica estera e di sicurezza europea veramente comune. Per questo non è opportuno che Vicenza, e soprattutto il Governo Italiano, diano la loro collaborazione ad un progetto che non aiuta certamente a perseguire questa meta e che gli americani siano rispettosi dei nostri diversi stili e modi di fare politica estera». Meglio collaborare in altri ambiti diversi da quello militare, avverte Giuliari, a partire dalla ricerca, dai servizi sanitari, dall’imprenditoria e dal turismo. «Una Vicenza più europea - conclude - potrebbe aprire nuove e più interessanti prospettive di occupazione, lavoro e qualità della vita».

L’equivoco e la polemica. Il sindaco replica al vicepremier sul mancato colloquio alla consegna degli Oscar del teatro
«Ma è stato Rutelli a dileguarsi»
Hüllweck: «Evitando la cena, mi ha lasciato a digiuno. Di notizie»

Nel balletto che vede impegnate le stelle comunali e quelle governative, trova spazio anche il gioco della sedia: quella che stava in mezzo fra il vicepremier Francesco Rutelli e il sindaco Enrico Hüllweck durante la consegna degli Oscar del teatro italiano all’Olimpico. Venerdì, il primo cittadino aveva raccontato la sua versione del mancato colloquio con il ministro ai Beni culturali. Sabato, tornato a Vicenza per un convegno, Rutelli ha replicato asciutto al sindaco: «Il problema è che fra me è lui c’era il governatore Giancarlo Galan. Per comunicare bisogna stabilire un incontro e, né prima né dopo, mi è stato chiesto. Se fosse venuto qui oggi, avremmo potuto parlarne». Viene domenica e viene anche la controreplica di Hüllweck, che dice: «Non facciamone uno psicodramma, cerchiamo di vederci il lato umoristico, ma l’affermazione di Francesco Rutelli di non aver potuto parlare con me perché fra me e lui, durante lo spettacolo all’Olimpico, c’era Galan, fa veramente sorridere. Voglio proprio sperare che il vicepremier non avesse pensato di definire una faccenda così complessa e delicata come l’insediamento americano al Dal Molin, bisbigliando e scambiando qualche parolina sussurrata nelle orecchie nel buio dell’Olimpico durante la cerimonia. Né si poteva pensare che il protocollo del cerimoniale avesse avuto la compiacenza di collocare dopo la sedia del vicepremier quella del sindaco, facendo passare quest’ultimo davanti al presidente della Regione, senza una specifica richiesta». Ci sono poi i contrattempi: «Vale la pena ricordare ancora che l’appuntamento tra Rutelli e me era stato programmato nella sede dell’Accademia Olimpica un’ora e mezza prima dello spettacolo. Il tempo per un colloquio c’era tutto, ma il vicepremier era stato costretto, per un comprensibile e perdonabile ritardo, a telefonare per disdire l’impegno. Più tardi però, salutandomi all’inizio dello spettacolo, Rutelli aveva creato qualche speranza dicendo: “Poi ci parliamo”. Poco dopo, invece, a spettacolo non ancora concluso, il vicepremier abbandonava quasi inosservato il teatro, approfittando di una chiamata sul palco. Dileguandosi, Rutelli rinunciava quindi anche alla cena in suo onore alla quale era atteso in Basilica. Forse l’illustre ospite aveva ricevuto una chiamata urgente. O forse voleva rimanere a digiuno, facendo così però, ha lasciato a digiuno anche me. Di notizie».

La proposta della consigliera forzista pro-carolliana Garbin
«La brigata venga unificata ampliando solo la Ederle»
«Di spazio ce n’è a sufficienza, senza dover toccare il Dal Molin

(g. m. m.) «Per ridurre l’impatto negativo sulla città, il progetto degli americani si sviluppi tutto all’interno dell’attuale caserma Ederle». La proposta porta la firma di Chiara Garbin, consigliera comunale di Forza Italia aderente al Movimento per il Ppe di Giorgio Carollo. La Garbin prende le mosse da alcune perplessità sulle effettive ricadute economiche che dovrebbero beneficare l’imprenditoria vicentina: «Una su tutte è il dubbio che pongo sull’effettivo appalto alle ditte vicentine. Sappiamo che interventi di queste entità necessitano di bandi europei per cui non ci sono garanzie che i lavori verranno assegnati a ditte beriche. Potrebbe essere molto improbabile che l’aggiudicataria sia un’impresa di casa nostra, per cui chi si aggiudicherà la gara ricorrerà forse ai subappalti che per piccola parte potranno essere locali». Secondo la consigliera forzista, «la ristrutturazione della “Ederle” darebbe adeguati standard di comfort al militare e tanto verde in più alla comunità americana, decisamente superiore allo standard cittadino. Qualora tutta la 173ª brigata venisse concentrata in un unico sito sicuramente il governo americano avrebbe i costi di gestione ridotti al minimo ricavandone maggiore efficienza ed efficacia operativa oltre ad un miglior utilizzo dei propri investimenti. La “Ederle” attualmente presenta una superficie edificata (150 mila metri quadrati) inferiore a quella che si vorrebbe realizzare al “Dal Molin” (167 mila metri quadrati); per contro però presenta un'area superiore di 67 mila metri quadrati ed edifici spesso di uno o due piani, per totali 612 mila metri quadrati». Secondo la Garbin, quindi, sarebbe sufficiente «portare gli edifici alla stessa altezza di quelli civili esistenti, e la brigata potrebbe trovare la soluzione ai propri bisogni. Una simile soluzione sarebbe già stata avanzata, ma sembra che la difficoltà di realizzare due silos per parcheggi abbia fatto accantonare il progetto. Io allora propongo di interrare i due parcheggi». Tutto questo porterebbe alcuni vantaggi: «Nessun utilizzo ulteriore di territorio, nessuna perdita del contributo di 40 milioni di euro che gli americani potrebbero dare alla città, incremento degli attuali posti di lavoro alla Ederle, riduzione degli agenti inquinanti e riduzione dei costi per adeguare i servizi a rete». In questo quadro, la città potrebbe concentrarsi sulle diverse ipotesi di utilizzo del “Dal Molin”: le aree sportive, ad esempio, potrebbero restare dove sono, magari riuscendo ad accogliere anche il parco acquatico, risolvendo così le grane di viale Ferrarin; ci sono poi altre ipotesi, come la direzione veneta di Corpo forestale e protezione civile, oppure un campus universitario. «Per rendere operative le proposte - conclude la Garbin - naturalmente sarà necessario confrontarsi con associazioni di categoria ed enti preposti». Il dibattito è aperto.