Volevano far saltare le gallerie in A4
Ma gli indagati si difendono: «Innocenti, nessun progetto di attentati»
di Ivano Tolettini
Volevano fare saltare le gallerie dei Berici. Il retroscena è datato 2002, ma per gli inquirenti è significativo di quale fossero le intenzioni della cellula fondamentalista appartenente al “gruppo salafita per la predicazione e il combattimento” con base operativa in città: un attentato dinamitardo sotto le gallerie Colli Berici della A4 tra i caselli Vicenza Ovest ed Est.
L’obiettivo era ripiegato su un camion carico di esplosivo da lanciare a folle corsa contro la Ederle, ma alla fine non se ne fece più nulla perché Yasmine Bourama, 33 anni, fu arrestato dai carabinieri del Ros di Napoli e si trova in carcere dal novembre 2005.
Anche di questo si è parlato in carcere a Venezia dove l’algerino Khaled As, 31 anni, è stato interrogato dal gip Gallo alla presenza del pm Luca Marini e dell’avvocato Paolo Mele sr.
As, come nel pomeriggio il connazionale Alì Touati, di 31 anni, ha negato di essere un terrorista e di avere promosso un’associazione che aveva finalità di eversione. «Sono innocente», ha detto.
Il gip gli ha contestato il contenuto delle intercettazioni telefoniche e ambientali, così come il materiale informatico scaricato da internet e che si rifaceva a documenti di Al Qaeda, come la decapitazione di soldati americani.
Il giudice si è soffermato a lungo, come nell’interrogatorio di Touati, anche su che cosa bisognasse intendere quando parlavano di “profumo”. Stavano alludendo a un ordigno chimico? «Assolutamente no», ha risposto As, il quale ha rivendicato l’appartenenza alla propria religione musulmana, ma ha escluso di muoversi per un progetto di jihiad globale.
La procura di Venezia contesta ai quattro arrestati - gli altri due sono i fratelli Farid e Nabil Gaad di 31 e 24 anni, e saranno interrogati quest’oggi sempre nel carcere di Venezia - di avere costituito anche un’associazione per delinquere volta alla falsificazione e vendita di documenti per finanziare la cellula salafita.
«Il rischio in queste vicende - spiega l’avv. Mele senior - è quello di fare dell’allarmismo oltre misura. Un conto è il piano morale di certe dichiarazioni, sulle quali possiamo non essere d’accordo, un altro sono le effettive condotte giurdiche che il nostro Stato censura. Non mi pare che dall’ordinanza di custodia emergano responsabilità in ordine alla costituzione di una cellula islamica con finalità terroristiche».
Di parere opposto è il pm Marini per il quale, in base agli indizi raccolti dai Ros, il gruppo di algerini di cui faceva parte anche Bouhrama, processato a Napoli, aveva un progetto terroristico. Come scaturirebbe dalle dichiarazioni e dal linguaggio a volte criptico delle intercettazioni.
Nel corso dell’interrogatorio è stato contestato ai due algerini di avere utilizzato una password per entrare nel sito internet arabo vicino ad Al Qaeda per scaricare materiale propagandistico che inneggiava alla guerra contro gli infedeli. «Non è vero che ci vuole la password», hanno risposto.
La difesa sta valutando l’ipotesi di chiedere il trasferimento dell’inchiesta a Napoli per competenza, giacché l’inchiesta che venerdì ha portato alla cattura dei quattro magrebini ha avuto origine dall’attività investigativa della procura partenopea nell’aprile 2005.
Inoltre, il gip del tribunale di Reggio Emila ha convalidato il fermo dell’algerino Allal Mandi ammanettato venerdì nel corso della stessa indagine ed ha mandato gli atti al tribunale di Napoli.
Intanto, il sindacato di polizia Siulp ha posto l’attenzione sulla sicurezza e sulle risposte da dare a livello locale vista la carenza di organici ed equipaggiamenti. Da parte sua il presidente della Regione Galan si è augurato che in Veneto non accada quando è accaduto a Milano «dove sono stati assolti tre islamici che arruolavano kamikaze da mandare in Iraq».
Tra immigrati e questura
prime prove di dialogo
Ieri summit in prefettura, delegazione di stranieri ha chiesto tutele
di Eugenio Marzotto
Fanno sul serio, pronti a dare battaglia con manifestazioni e proteste eclatanti. Si dicono stanchi di una burocrazia che li avvinghia e che costa molto, troppo. Puntano il dito verso la questura di Vicenza denunciando che «solo in questa provincia la situazione è così difficile».
Per questo ieri se ne sono andati in prefettura a chiedere maggiori tutele, ricevendo delle parziali risposte che sono servite a fermare l’ondata di proteste delle ultime settimane che hanno coinvolto la comunità straniera della provincia.
Sei stranieri capi di associazioni e gruppo spontanei, in rappresentanza degli immigrati provenienti da Pakistan, Senegal, Algeria, Marocco e Bangladesh hanno chiesto al Capo di Gabinetto della prefettura Luigi Scipioni di intervenire per bloccare “l’anomalia Vicenza”. E all’incontro, cosa di non poco conto era presente anche il dott. Cuozzo della questura.
«Ci siamo impegnati a verificare le anomalie - ha spiegato al termine dell’incontro Scipioni - e a capire se esiste un fenomeno o alcuni casi sporadici. Ma abbiamo anche constatato che alcune problematiche sono di facile soluzione e che gli immigrati spesso non conoscono la strada da seguire».
La tensione che si respirava sabato per adesso è sfumata. Anche se per gli immigrati poco è cambiato dallo sciopero dei migranti di tre anni fa che fece scalpore a livello nazionale. Si trattava della prima volta di stranieri in piazza in una manifestazione organizzata da Cgil, Cisl e Uil contro la Bossi-Fini.
Tre anni dopo emerge però che non c’è solo la legge sull’immigrazione a scatenare le proteste dei migranti vicentini. Ed emerge anche che le associazioni immigrati hanno deciso di fare da sè. La manifestazione di sabato scorso del resto ne è stata la prova evidente. Erano quasi duecento gli immigrati che hanno sfilato davanti alla questura e coordinati dall’associazione “Moitri” di Marano, fatta di stranieri e lontana da partiti e sindacati.
Gli stessi ieri si sono recati in prefettura per chiedere prima di tutto di velocizzare l’arrivo del permesso di soggiorno: «Non è possibile che in tutta Italia in 30 giorni si abbiano i documenti e qui ci vogliono sette oppure otto mesi. Senza quel documento non contiamo niente, è una situazione già precaria per chi ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato, ma chi lavora nelle cooperative o tempo parziale come deve comportarsi? Vivere con questa precarietà è impossibile».
Saqib Nazir è pakistano, da dieci anni in Italia e da tre a Vicenza. «Situazione come quelle che ho visto qui non si trovano da altre parti. Perchè ad esempio - insiste Nazir - per l’idoneità di alloggio dobbiamo pagare 78 euro, mentre altrove è gratuita o si paga solo la marca da bollo?».
Ma gli stranieri ne hanno anche per lo sportello immigrati del Comune che ha sede sotto lo stadio Menti: «In attesa che arrivi il permesso di soggiorno viene rilasciato un documento in carta semplice che non ha nessun valore e poi ci costa 5 euro».
Sono alcune delle presunte vessazioni che gli stranieri lamentano, stranieri che hanno deciso di organizzarsi un forum di immigrati, che coordina la presenza di 12 nazionalià, sul territorio vicentino. «È un vantaggio per tutti se i disagi troveranno soluzione - conclude Scipioni - ma dobbiamo verificare la consistenza del problema. Dalla questura le indagini sui tempi di attesa e le documentazioni che gli stranieri devono presentare ci saranno»