Le case deserte adesso sono 3200 Ma in Comune bussano in mille
di Federico Ballardin
Ci sono tre case sfitte per ogni famiglia che chiede una casa popolare. Secondo uno studio condotto dai servizi abitativi del Comune, e pubblicata assieme all’edizione 2004-2005 dell’Osservatorio Casa, gli alloggi non abitati in città sono ormai 3.196, cioè 576 in più rispetto al 2004, anno del primo studio, con un aumento del 22%. Le domande per una casa popolare presentate nel 2004 erano state invece 967, di cui 925 ammesse. Tra queste ben 395 sono di persone che chiedono per la prima volta una casa popolare. Si tratta spesso di famiglie ormai fuori dal mercato standard, con affitti troppo elevati, e che chiedono quindi di entrare nella rete assistenziale. Una cifra che sembra costante nel tempo. Per risolvere il problema l’assessore ai servizi abitativi, Davide Piazza, pensa di chiedere nuovamente di usare la leva dell’ici per sbloccare il mercato immobiliare, di rivedere l’assegnazione di case popolari ogni cinque anni, di incentivare la ristrutturazione degli edifici tramite un contributo.
Il metro. Il calcolo delle case sfitte da parte del Comune viene effettuato leggendo i contatori di acqua e luce. Dall’assenza o la bassa entità dei consumi si deduce che l’appartamento è libero.
Le concentrazioni. L’aumento maggiore di case inabitate si è verificato nella circoscrizione 6, dove gli appartamenti sfitti sono 152 in più, seguono la zona 3 (97) e la 1 (91). Bisogna precisare che nella circoscrizione 6 sono numerose le nuove costruzioni, in zona Fornaci, Mercato Nuovo e Pomari, dove evidentemente si fatica a piazzare il prodotto. In zona centro storico una certa incidenza hanno l’età degli appartamenti che richiedono un “fermo” per manutenzione.
I perché. Non è sempre semplice rendersi conto dei motivi per cui i proprietari decidono di lasciare vuoto un appartamento, ecco perché l’assessore Piazza ha inviato con la bolletta dell’acqua un questionario rivolto a tutti i proprietari di appartamenti liberi, in cui si chiede di indicare le motivazioni che spingono a non immettere nel mercato immobiliare tutte queste abitazioni.
Il contributo. I dati serviranno anche per capire quante sono le case da ristrutturare. Si pensa infatti di proporre (ovviamente con l’avallo del Consiglio comunale) un contributo di 1500 euro per quei proprietari che intendano ristrutturare gli appartamenti sfitti. Una misura che sarebbe particolarmente importante soprattutto nella zona del centro storico, quella più bisognosa di interventi manutentivi.
Affitti. A dimostrazione che le famiglie vicentine sono sempre più con l’acqua alla gola l’Osservatorio Casa pubblica la tabella delle richieste di contribuzione temporanea per il pagamento degli affitti. Nel 2004 sono state 1.393 le famiglie che hanno dovuto chiedere aiuto al Comune. Un numero quasi doppio rispetto al 2001, quando erano state 797.
Sfratti. E anche sul fronte degli sfratti i numeri vanno nella stessa direzione. Nel 2004 sono stati 164 di cui 142 per morosità, in 67 casi si trattava di cittadini extracomunitari. Nel 2003 i numeri non erano diversi con 154 sfratti, 116 per morosità (59 extracomunitari). Il 22,4% degli sfratti riguardava appartamenti con canoni mensili di 600 euro, il 17,36% in case che costavano 500 euro, il 15,55% costavano 400.
Piazza all’attacco. L’assessore Piazza ha in programma in questi giorni un incontro con l’assessore regionale Giorgetti. La sua intenzione è di chiedere l’avallo ad una idea che di per sé sarebbe rivoluzionaria: cambiare la legge ed istituire una revisione periodica, si parla di cinque anni, delle condizioni economiche delle famiglie già assegnatarie di una casa popolare. Capita infatti che le famiglie indigenti nel giro di pochi anni migliorino la propria situazione economica ma restino comunque nella casa comunale (ovviamente con un ritocco al canone di affitto). Attualmente però, prima di togliere una casa già assegnata, si deve accertare un aumento di reddito del nucleo famigliare notevolissimo.
Il fronte privato. Il Comune lotterà poi sul fronte privato, che ha più disponibilità di case libere. Gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, infatti, sono in totale 2.683 divisi tra Comune (1.482) e Ater (1.201) di cui 2.434 sono abitati, 112 in fase di assegnazione e 137 in fase di manutenzione. In pratica il Comune ha usato tutte le risorse disponibili e, essendo quello privato il mercato più rigido, sta continuando a promuovere la firma di contratti agevolati, che hanno sgravi fiscali rispetto a quelli standard, e che sono più vicini alle reali possibilità economiche delle famiglie e degli anziani. «Basta costruire! - dice l’assessore ai servizi sociali - di case ce ne sono anche troppe, come dimostrano i dati. Si deve battere la strada del contratto concordato per incentivare i privati ad affittare: se riuscissimo a firmarne mille avremmo risolto l’emergenza abitativa».
Calcoli errati nel dépliant comunale
Ma l’affitto concordato vola lo stesso
Il Sunia conferma: «Sì, ci sono dei refusi», però nel 2006 è boom di contratti firmati
(fe. ba.) Volantino “pazzo”, ma di successo. Che il mercato immobiliare vicentino fosse molto particolare lo si sapeva, e allora anche un dépliant informativo, che contiene evidenti errori di calcolo, può comunque ottenere lo scopo di incentivare i contratti concordati (139 nel 2006) per far diminuire gli appartamenti sfitti in città e allo stesso tempo garantire una pigione non troppo alta alle famiglie indigenti. A questo scopo il Comune il 12 febbraio del 2004 ha firmato un accordo territoriale con le associazioni dei proprietari (Anpe, Asspi, Uppi, Confedilizia, Appc) e degli inquilini (Coniav, Sicet, Sunia, Uniat, Federcasa).
L’antefatto. È da parecchio tempo che il foglio distribuito dal Comune per incentivare gli affitti a canone agevolato (3 anni più 2) passa di mano in mano senza che nessuno si sia accorto degli errori di calcolo presenti nella tabella di paragone con il contratto standard (4 anni più 4). All’interno sono indicate tre tipologie di case da affittare dimostrando, con la forza dei numeri, che gli sgravi fiscali del contratto a canone agevolato finiscono per azzerare i vantaggi economici del contratto standard, che ha sì pigioni più elevate ma anche imposte superiori. Se nell’esempio uno e tre del volantino gli errori di calcolo sono comunque veniali, nel caso numero due, invece, i 1000 euro di differenza tra il contratto standard e quello agevolato sono francamente parecchi. Dépliant alla mano Fulvio Rebesani, segretario provinciale del Sunia (Sindacato Nazionale Unitario Inquilini ed Assegnatari) e primo redattore di quegli esempi conferma: «Effettivamente ci sono degli errori - dice - ma non saprei dire adesso se sono di calcolo, oppure di battitura e nemmeno a che punto della catena si sia verificato l’errore dal momento che sono stati controllati e ricontrollati più volte, in ultima istanza dal Comune». La conferma che si tratta di errori arriva anche da altri tre rappresentanti delle associazioni che hanno sottoscritto il patto territoriale con il Comune il 12 febbraio 2004.
I dati. Nonostante tutto, però, da quella data sono stati firmati 335 contratti concordati, 196 nel periodo tra febbraio 2004 e dicembre 2005 (oltre la metà interessano cittadini extracomunitari). La maggior parte sono stati firmati nella zona 1 (30%), seguita dalla 3 (21%) e dalla 4 (20%). Nel 2006 quindi sono stati 139 gli accordi sottoscritti con questa formula. Si tratta in maggioranza di case grandi più di 110 mq (25%) seguiti da quelle medie (22% tra i 71 e gli 85 mq). Il canone di affitto pagato è in media compreso tra i 300 e i 450 euro mensili.
Il contratto concordato. La legge 431/98 dà la possibilità di scegliere tra il contratto libero, di durata quadriennale e rinnovabile per lo stesso periodo, e quello concordato (tre anni più due).
Gli svantaggi. Il canone d’affitto mensile è logicamente inferiore, in quanto questa formula è studiata proprio per favorire le famiglie a basso reddito.
I vantaggi. Sono soprattutto di carattere fiscale. In primo luogo l’abbassamento dell’Ici dell’immobile affittato dal sette per mille al quattro per mille (come quello della prima casa), in secondo luogo una riduzione dell’Irpef per l’alloggio del 30%, infine una riduzione dell’imposta di registro del 30%. In alcuni casi affittare con un contratto concordato è più vantaggioso, come in questo esempio preso dal coupon distribuito dal Comune e debitamente corretto.
L’esempio. (Appartamento in centro di 80 mq, subfascia media del valore di 200 mila euro, reddito annuo del locatore 40 mila euro). Con contratto “normale” di 4 anni più 4, il canone è di 7.200 euro l’anno, contro i 6.048 del contratto concordato (3 più 2 anni). L’irpef - che varia a seconda del reddito - costa al locatore 2.327 euro l’anno contro 1.400, l’imposta di registro 144 euro contro 84, l’ici 1.400 euro contro 800. Il totale fa un incasso annuo netto di 3.329 euro in caso di contratto normale, e di 3.764 in caso di contratto concordato con un guadagno di 435 euro (senza contare la durata inferiore della locazione).
Gli stranieri e la città ingrata
«Ora ci difenderemo da soli»
di Alessandro Mognon
Non lo dicono, ma lo pensano: Vicenza non li vuole. Perché la situazione per i 70 mila immigrati della provincia negli ultimi cinque anni, raccontano, è peggiorata. Così il coordinamento delle associazioni e comunità dei migranti del Vicentino ora farà da solo: addio a quel Consiglio territoriale che li ha trattati come un fastidio e via alla creazione di un organismo autogestito pronto a dare battaglia. A partire dal ricorso al Tar contro l’ultima norma sulle case popolari che li discrimina rispetto ai vicentini.
Difficile dar loro torto, nell’unica o quasi città italiana che penalizza i call center, che fa pagare 78 euro per avere l’idoneità di un alloggio (e se salti l’appuntamento li devi ripagare) e che dà le case popolari solo a chi è residente da 25 anni. Per questo, spiega il responsabile del Coordinamento stranieri Morteza Nirou «in questi 5 anni di riunioni del Consiglio territoriale con prefetto, questore e assistenti sociali ci siamo vergognati. Non solo non siamo riusciti a fare nulla, ma le cose per noi sono andate sempre peggio. E come potevamo, se alle riunioni le istituzioni locali si presentavano con i progetti già scritti e pronti e non ci chiedevano niente?».
Così hanno preparato una lettera per prefetto, presidente della Provincia, sindaci e assessore ai flussi migratori della Regione dove spiegano il perché delle loro dimissioni dal Consiglio territoriale dell’immigrazione. A firmare gli extracomunitari delle 12 associazioni del Vicentino: l’associazione senegalesi, gli ivoriani, i ghanesi, la comunità yugoslava, i mauritani, la comunità islamica, i pakistani, le donne immigrate nel Veneto.
Un addio ma anche un ultimo appello per non rompere un rapporto su cui contavano. «Abbiamo sempre creduto in questo strumento e ci siamo impegnati con lealtà e con fiducia convinti che il dialogo fosse il sistema migliore per ottenere risposte ai problemi degli stranieri». Il risultato? «Che in questi anni le condizioni dei migranti sono peggiorate non solo economicamente ma anche per la precarietà e le incertezze quotidiane». Fra norme, leggi e provvedimenti comunali tutti a loro sfavore.
L’ultimo, quello che favorisce chi è residente a Vicenza da 25 anni per l’assegnazione dell’edilizia popolare, è stata la mazzata finale. Ma parte da lontano, la delusione degli stranieri a Vicenza: «Per telefonare la domenica dobbiamo andare a Camisano o a Creazzo perché qui i call center sono chiusi - continua Morteza Nirou - In questura dobbiamo prenotare un appuntamento per prendere un appuntamento. Una follia. L’anno scorso l’allora prefetto Tranfaglia aveva promesso che in 20 giorni avremmo avuto il permesso di soggiorno. Ma se facciamo la domanda oggi dobbiamo aspettare il gennaio del 2007».
E poi la storia delle agenzie private che si fanno pagare per “accelerare” le pratiche e che, racconta Fatima Mbaye dell’Associazione donne immigrate «a volte saltano le code come se avessero dei diritti in più». Ancora: quella super tassa da 78 euro «che esiste solo a Vicenza» per avere il certificato di idoneità dell’alloggio: «Perché qui sì e a Creazzo no?».
Ma cos’ha Vicenza di diverso dalle altre città? Nirou ha un’idea: «Sono stati i politici a creare questa atmosfera negativa. Come per la questione di via Torino e via Napoli, un’esagerazione. Nessuno ci difende perchè non abbiamo diritto di voto. Nemmeno i sindacati confederali, che ci hanno sempre messi in secondo piano».
«Paghiamo le tasse, i contributi, cerchiamo di partecipare - dice Babacar Gueye, del Senegal -. Ma non ci ascolta nessuno. E oramai spendiamo più soldi per gli avvocati che per vivere. E tutto quello che vogliamo sono gli stessi diritti degli altri cittadini».
Intanto assieme agli extracomunitari di tutta Italia incassano la decisione del neoministro alla Solidarietà sociale Ferrero di accettare tutte le 480 mila domande di regolarizzazione. Comunque hanno deciso: basta sentirsi inutili ma tutti uniti con il coordinamento migranti di Verona che ha creato un sindacato autonomo. Se Vicenza non li vuole, faranno da soli.