A S. Caterina l’Amcps consegna tre nuovi alloggi
Uno dei tre appartamenti è stato restaurato con pedane e scivolo per inquilini con problemi di disabilità
di Matteo Marcolin
La Pasqua "regala" a tre famiglie vicentine un nuovo alloggio. Dopo il lavoro di restauro dell’immobile situato all’angolo tra viale Margherita e contrà S. Caterina, e portato a termine dall’Amcps, proprio ieri, sono state consegnate le chiavi di tre appartamenti del comune di Vicenza ad altrettanti assegnatari.
Alla presenza dell’assessore agli interventi sociali Davide Piazza, del presidente di Amcps Natale Grolla e del direttore Gianfranco Ledda è stato effettuato il taglio ufficiale del nastro; e soprattutto tre nuclei famigliari hanno potuto formalmente prendere possesso delle unità abitative.
Lo stabile, composto da tre piani e da una cantina, è stato recuperato tenendo conto delle esigenze architettoniche della zona, in armonia con le tipologie classiche degli immobili del centro e con il contesto urbanistico.
Il vecchio edificio necessitava da tempo di un intervento in virtù di uno stato di conservazione non ottimale. «L’obiettivo che ci siamo posti - spiega l’architetto di Amcps, Enzo Leggi - è di rendere l’immobile funzionale e sicuro dal punto di vista dell’abitabilità: per questo sono stati rifatti tutti gli impianti. Allo stesso tempo abbiamo cercato di conservare e valorizzare degli elementi di pregio come la pavimentazione "alla Palladiana", la fascia decorativa del vano scale e gli antichi solai in legno, i quali sono stati alleggeriti».
Il restauro, costato più di 273.000 euro, rappresenta solo uno degli interventi che Amcps sta svolgendo, grazie alla collaborazione sinergica con il Comune. «Secondo il nostro programma di recupero - precisa il presidente Natale Grolla - entro luglio dovrebbero essere consegnati 60 appartamenti in tutto: cinque di questi saranno pronti già nel mese di aprile; questa cerimonia dunque si ripeterà presto. Si tratta di una risposta importante nei confronti delle persone che da tempo necessitano di un alloggio».
Non è una novità che la casa, anche nella realtà vicentina, rappresenta sempre di più un problema. Costi esorbitanti di acquisto, canoni di locazione alle stelle e soprattutto difficoltà materiali di trovare gli immobili sono gli elementi dell’"incognita" casa. Una questione che si acuisce maggiormente quando si parla di alloggi pubblici.
«C’è da ammettere che questi tre appartamenti non risolvono i problemi specifici ma è indispensabile perlomeno per dare un segnale forte, - rilancia l’assessore agli interventi sociali Davide Piazza - 960 domande di alloggio depositate al Comune di Vicenza non sono poche e difficilmente saranno evadibili in tempi brevi. Abbiamo però elaborato un piano di interventi triennale che va dal 2005 al 2008 per arrivare ad una soluzione importante. In questo un aiuto potrà arrivare anche dalla Regione».
Infine è importante sottolineare un altro aspetto: uno degli appartamenti dell'immobile di contrà S. Caterina è stato restaurato tenendo conto di eventuali problemi di disabilità, con due pedane a scivolo. «Quando la struttura dello stabile lo consente - conclude Piazza - crediamo sia fondamentale creare alloggi protetti per garantire la permanenza anche dei diversamente abili».
Indagine sugli asili e sui figli degli immigrati a scuola Parlano la nostra lingua meglio dei loro genitori e si integrano di più. «Il Nord-Est si gioca le politiche dell’integrazione, ma i docenti sono in frontiera»
di Chiara Roverotto
Italiano a scuola, straniero a casa. Parla la nostra lingua meglio dei genitori, magari preferisce anche la pasta al pomodoro rispetto al cous-cous, e tutto sommato non sente grandi diversità con il compagno di banco italiano oppure di un’altra etnia.
Questi sono i dati più significativi di una ricerca sui minori immigrati proposta dall’Osservatorio sulle famiglie della Regione Lazio che ha considerato i dati provenienti da tutte le regioni italiane, Veneto incluso.
« In sostanza - affermano i ricercatori che hanno condotto l’indagine tra i bambini compresi tra i 3 e i 6 anni - il piccolo è abbastanza integrato, ma i genitori no: non sempre riescono a parlare l’italiano e, soprattutto, rimangono ancorati agli usi e alle tradizioni dei paesi d’origine ».
«Le difficoltà - spiega Paola Binetti, direttore del dipartimento per le ricerche educative e didattiche del campus universitario di Roma - sono dei genitori dei piccoli immigrati. Il nodo sta tutto nella comunicazione. Gli adulti che sono giunti nel nostro Paese per lavorare non conoscono l’italiano e fanno fatica ad apprendere la nostra lingua. Davanti a questa difficoltà tendono a rinchiudersi nel proprio gruppo e quando accompagnano i figli a scuola non riescono a dialogare con le insegnanti. A questo - prosegue la ricercatrice - c’è da aggiungere un altro elemento importante: il bambino che frequenta la scuola d’infanzia fa amicizia con i piccoli italiani e con i bambini stranieri come lui. Ben presto assimila abitudini e gusti italiani ai quali non rinuncia quando, a casa, deve sottostare ai cibi proposti dalla madre e dal padre. E con difficoltà accetta certi riti e certe abitudini che i genitori manifestano tra le mura domestiche. E così può accadere che il genitore immigrato veda il bambino quasi come un estraneo ». Sulla base della ricerca, i minori che si abituano di meno alle nostre scuole sono quelli albanesi, che hanno una particolare difficoltà di adattamento alle regole della classe, mentre quelli musulmani rivelano le loro difficoltà in campo religioso.
Per quanto riguarda i giochi «i piccoli immigrati preferiscono - dicono i ricercatori - quelli di pensiero cioè le costruzioni, o il disegno. Inoltre i bambini tendono a stare da soli non perché cerchino la solitudine o l’isolamento, ma perché nella loro cultura sentono l’esigenza preferenziale di ritagliarsi inconsapevolmente momenti di pensiero e di riflessione ».
Un terzo dei bambini intervistati dice di non avere paura di niente, ma i personaggi che incutono più timore sono nell’ordine mostri, streghe, e mette molta paura anche il buio.
Un capitolo dell’indagine non poteva che riguardare l’alimentazione e i piatti preferiti: « Da una parte - si legge nella ricerca - c’è un’omologazione al nuovo contesto verificabile in scelte come la pizza, la pasta e dall’altra una specificità di gusto legata alle usanze del proprio paese. I bambini nigeriani preferiscono l’insalata e il prosciutto, quelli albanesi verze, verdure e minestre ».
Infine i rapporti tra genitori italiani e immigrati. «Al la base di tutto c’è la lingua, quindi i genitori immigrati quando accompagnano un figlio ad una festa in casa di una famiglia italiana o restano pochi minuti o tendono a stare isolati. E, comunque, preferiscono evitare queste situazioni. Ma così negano la festa anche ai loro figli ».
Infine, c’è un aspetto importante che emerge dall’indagine e riguarda il modello di famiglia che è completamente diverso fra italiani e immigrati. La famiglia degli extracomunitari è solitamente unita ed ampia, composta da molte figure della rete parentale. Mentre la famiglia dell’italiano non è certamente ampia, anzi è spesso frammentata con punti di riferimento che cambiano spesso a causa di separazioni o divorzi. « E tutto questo - concludono i ricercatori - fa sì che il bambino italiano a stretto contatto con quello immigrato, apprende anche il significato della famiglia ampia e unita e trae le sue conclusioni ».
La scuola costituisce sicuramente un laboratorio privilegiato di inclusione sociale, e tra i suoi obiettivi rientra l’educazione alla convivenza civile e la costruzione di percorsi di integrazione capaci non solo di accogliere, ma anche di valorizzare tutte le persone, trasformando le diverse provenienze culturali in opportunità di formazione per tutti.
«Ne l Vicentino - spiega la prof. Marina Cenzon, docente referente per gli studenti immigrati al Csa - ci sono oltre 10 mila studenti stranieri e rappresentano l’8,9 per cento del totale. Una percentuale alta che ci impone molte riflessioni, al di là dei piccoli che frequentano le scuole materne, la vera integrazione si gioca con gli adolescenti: sono loro quelli che per primi manifestano disagio nei confronti di una cultura diversa. Senza dimenticare che la frontiera dell’integrazione passa attraverso il Nord-Est perché, in questa zona d’Italia, si concentra il maggior numero di allievi, proporzionale a quello dei lavoratori. Per cui siamo noi a tentare e ad impostare quelle che in futuro saranno le strade dell’integrazione - prosegue la prof. Cenzon - che, come afferma il prof. Ilvo Diamanti, non possono oscillare tra il buon cuore e il buonismo. I docenti sono in frontiera, si stanno organizzando anche perché non possono prescindere da un fenomeno di queste proporzioni».
«Per cui è anche vero - come dice la ricerca - che il problema dell’alfabetizzazione è uno dei più sentiti, ma non c’è solo quello. Sono anni che si organizzano corsi a Bassano, a Vicenza al centro di via Bellini piuttosto che al Lampertico, ma sono pochi i genitori immigrati che si presentano, che frequentano. Le ragioni le possiamo immaginare: lavoro, mentalità diverse con comunità che non si aprono e che vedono la scuola come un argomento di pertinenza dei figli e basta. La vera emergenza - conclude la prof. Cenzon - è rappresentata dal confronto culturale che prima o dopo deve arrivare se vogliamo pensare, oltre che ad una società multietnica, anche ad una scuola in grado di accettare culture diver se».
Alunni immigrati in aumento Vicenza, provincia da record
(c. r .) I dati relativi all’anno scolastico in corso elaborati dal Csa, Centro servizi amministrativi, mettono in evidenza un’ulteriore crescita degli studenti stranieri nelle scuole del Vicentino. «Abbiamo superato i diecimila studenti, esattamente sono 10.439 con una percentuale dell’8,9 per cento sul totale», spiega la prof. Marina Cenzon, referente dei programmi per gli allievi immigrati. La presenza maggiore si registra sempre nelle scuole elementari: su un totale di 39.703 allievi gli stranieri sono 4.424 con una percentuale dell’11,1 per cento. Per quanto riguarda i paesi di provenienza si registra sempre una netta prevalenza dell’area balcanica con Serbia, Albania e ancora dell’Africa con Marocco e Ghana e dell’Asia con India e Bangladesh. I dati del ministero all’Istruzione contenuti nell’ultimo dossier statistico della Caritas confermano il Veneto ai primi posti per numero di studenti stranieri: con 29.320 presenze ( 12,6% del totale nazionale è il terzo dopo Lombardia ed Emilia Romagna). L’aumento rispetto all’anno precedente è del 20 per cento. Per incidenza sul totale della popolazione studentesca, il Veneto si colloca al sesto posto in Italia con il 4,6 per cento, quasi un punto in percentuale in più rispetto all’anno precedente. Nelle singole province, sempre sulla base del Dossier della Caritas, ci sono punte di incidenza dal 6 al 9 per cento a Vicenza e Treviso nella scuola d’infanzia e in quella dell’obbligo, e questo conferma anche i dati dell’ex Provveditorato.