25 GENNAIO 2005

dal Giornale di Vicenza

"Teatro, non accetto ultimatum"
Duemila imprese "bloccate"

«Teatro, non accetto ultimatum»
Parla l’amministratore della Cogi: «Non riassumerò i lavoratori»

di Chiara Roverotto

- Coccimiglio, è proprio deciso a licenziare quei nove operai del cantiere di viale Mazzini che giovedì scorso sono andati a protestare durante il Consiglio comunale?
«Sì, senza ombra di dubbio».
- Eppure, anche il sindaco Hüllweck ha detto che dovrebbe ritornare sui suoi passi, che lo sciopero è un diritto dei lavoratori...
«Il sindaco fa il sindaco, io faccio l’imprenditore: e sono due cose diverse».
- Su questo non ci piove, sta di fatto che il problema rimane.
«Non voglio strumentalizzazioni, soprattutto da parte dei sindacati o, meglio, dalla Cgil. E finora non hanno fatto altro. L’opposizione in Consiglio ha usato quel cantiere per una campagna elettorale contro l’operato dell’amministrazione. Io non faccio politica, mi occupo di cantieri».
- Già, sta di fatto che all’interno del cantiere del teatro molte cose non vanno per il verso giusto...
«Finora sono stato fin troppo tollerante, ora potrei anche cambiare tabellino di marcia...».
- Si spieghi meglio: non ha ancora pagato gli operai, la ditta subappaltatrice, la corrente elettrica, il ristorante. Non ha versato i contributi alla Cassa edile...
«Gli operai hanno avuto un acconto, il resto arriverà. Abbiamo deciso di affidare ad una ditta esterna la compilazione dei bollettini di pagamento e c’è stato qualche disguido. A chi non accade? Del resto siamo un’impresa che fattura cinquanta milioni di euro all’anno e abbiamo, come tutte le aziende, qualche problema di liquidità. Ma finora per il teatro abbiamo lavorato. E anche duramente».
- Sono state pagate le bollette delle Aim?
«Non lo so... Non mi posso occupare di tutto, si tratta di poche migliaia di euro».
- Il direttore dei lavori, l’ing. Mario Gallinaro vi ha dato una sorta di ultimatum, un mese per mettervi in riga...
«Non accetto ultimatum se prima non ci vengono riconosciuti i ritardi che abbiamo accumulato contro la nostra volontà. E se prima non ci viene concessa la proroga che abbiamo richiesto, documentato e che, soprattutto, ci spetta».
- E a quanto ammontano i ritardi?
«Per la precisione a 196 giorni».
- Oltre sei mesi e mezzo. Ma secondo lei a che cosa sono dovuti?
«Innanzitutto alla bonifica bellica: 54 giorni. Altri 56 giorni se ne sono andati per lo smantellamento delle mura e delle fondamenta di una vecchia fabbrica di cui nessuno sapeva l’esistenza. Sessanta giorni per tutti i problemi che abbiamo avuto con una ditta subappaltatrice, la Futura di Altavilla. E infine 26 giorni in cui il cantiere è rimasto bloccato per le avverse condizioni meteo documentate dall’Arpav regionale».
- Poi qualche sciopero...
«I sindacati hanno strumentalizzato i lavoratori, a volte offrendogli anche false aspettative. E questo non è corretto».
- Il direttore dei lavori dice che il cantiere è disorganizzato e i sindacati sostengono che gli operai non sono messi nelle condizioni di lavorare in sicurezza...
«Si tratta di falsità, chi viene a lavorare da me deve anche accettare una certa logica: il martello e la tenaglia se li porta da casa, così ne ha più cura. Altrimenti ogni tre giorni devo comprare nuovi attrezzi. Purtroppo, ci dobbiamo accontentare di manodopera straniera, che spesso non capisce le regole del nostro Paese».
- Sta di fatto che dall’apertura del cantiere lei dovrebbe aver già percepito dall’Amministrazione oltre 8 milioni di euro, invece ne ha ricevuti poco più della metà sulla base dello stato di avanzamenti dei lavori.
«Se non mi viene riconosciuta la proroga richiesta, potrei anche chiedere i danni per il mancato fatturato».
- Insomma, pare che i suoi rapporti con il committente, cioè il Comune, si stiano un po’ incrinando: che cosa ha detto al sindaco giovedì scorso?
«Che voglio che mi sia riconosciuta la proroga».
- Altrimenti?
«Potrei veramente decidere di andare a rilento e di pensare ad altri cantieri aperti in altre città».
- Vuol dire che non ha intenzione di rimpiazzare gli operai che ha licenziato?
«Non temo nulla, i sindacati seguiranno le loro strade, io le mie. Ribadisco: con la politica non abbiamo nulla da spartire e il marcio non è nel cantiere. Poi, so che è stato fatto un ricorso al giudice del lavoro...».
- Affermazioni pesanti. E sulla proroga il suo sembra quasi un ricatto.
«No, la Merloni parla chiaro e questo lo sa benissimo anche il Comune o, meglio, il responsabile del procedimento».
- Ma il teatro lo finirà?
«Certo».
- I tempi?
«Ormai non dipendono più dalla mia impresa. Però, vorrei ricordare che con la rigidità non si ottiene nulla: si fanno guerre e le guerre portano solamente morti e feriti».

Continua l’occupazione
Viale Mazzini lavorano solo 5 operai
Il giudice del lavoro dovrebbe fissare la data dell’udienza. Conferenza dei capigruppo della minoranza sul teatro

(c. r.) L’occupazione è ricominciata ieri mattina alle 7: qualche bandiera della Cgil, una decina di operai, alcuni sindacalisti e gente che si fermava a dare un’occhiata. Del resto, anche se il palcoscenico del futuro teatro non è ancora stato costruito, in scena continuano ad andare spezzoni di storie che hanno dell’incredibile. L’ultima quella del licenziamento di nove operai che giovedì scorso, dopo non aver ricevuto la busta paga, sono andati direttamente in consiglio comunale per protestare. Ma la Cogi, la ditta di Firenze che ha vinto l’appalto più di due anni fa, si è fatta sentire immediatamente: « Licenziati perché l’hanno fatto senza motivazione »; l’amministratore delegato Giuseppe Coccimiglio non è andato tanto per il sottile e ieri ha rincarato la dose (intervista pubblicata a lato ). Pronta la risposta del sindacato che ha depositato un ricorso urgente al giudice del lavoro per far reintegrare i lavoratori ai sensi dell’articolo 28 per comportamento antisindacale dell’impresa, senza dimenticare lo statuto del lavoratori e l’articolo 40 della Costituzione. Il giudice del lavoro, in media, fissa l’udienza nell’arco di 48 ore, per cui nei prossimi giorni ci potranno essere novità sull’argomento. Ieri mattina in viale Mazzini lavoravano cinque operai, tra questi il capocantiere e altri addetti che non hanno ancora - a detta dei sindacati - percepito lo stipendio. « O meglio è stato dato loro solamente un acconto di cento euro », dice Antonio Toniolo, presidente provinciale della Fillea Cgil. Il caso teatro ha avuto eco anche a livello nazionale e regionale. Ieri è intervenuto il consigliere regionale Nicola Atalmi, dei Comunisti italiani, che ha inviato un’interrogazione al presidente Giancarlo Galan. « È una rappresentazione, quella messa in scena a Vicenza, non degna di un Paese che ama definirsi civile e democratico - scrivono in una nota Nicola Atalmi e Marco Palma - una rappresentazione che stride con l’affresco del ricco nord-est. Crediamo sia giunto il momento che il sindaco dica se sta dalla parte del rispetto dei diritti di chi lavora nella nostra città, oppure se preferisce coprire chi in questi mesi ha agito ripetutamente nell’illegalità. I diritti dei lavoratori non possono più essere messi in discussione ». Nel frattempo dopo l’incontro avvenuto in prefettura venerdì scorso, il viceprefetto Vincenzo Foglia invierà una lettera al sindaco per aprire un tavolo in cui le parti possano confrontarsi e trovare, se possibile, una soluzione. Oggi, inoltre, si terrà la conferenza dei capigruppo dell’opposizione in Consiglio comunale e il cantiere del teatro sarà il primo argomento all’ordine del giorno. Infine interviene anche Giuseppe Fracasso, il presidente della sezione costruttori edili. « Come sezione costruttori edili - dichiara - stiamo seguendo con attenzione la questione del cantiere per il teatro. Pur senza entrare nel merito dei problemi tra committenza pubblica e impresa appaltatrice, tra quest’ultima, le proprie maestranze e i propri subappaltatori, crediamo sia necessario ribadire che ciascuno deve attenersi al puntuale rispetto delle normative vigenti in materia di lavori pubblici ».

Comune e Provincia, si collabora sul programma della stagione 2006
Ieri incontro a palazzo Nievo tra le due commissioni cultura per parlare del piano gestionale della nuova struttura. Il testo deve essere stilato entro il 2005

di Silvia Maria Dubois

The show must go on. Già, lo spettacolo deve continuare, ma con disagio e sensibilità. Sono queste le due pulsioni che ieri hanno animato tutti gli interventi di palazzo Nievo, dove si sono ritrovate la terza commissione consiliare provinciale guidata da Claudio Beschin, e la commissione cultura del Comune guidata da Mario Bagnara. Il motivo dell'incontro era quello di discutere del piano culturale e gestionale del nuovo teatro civico di Vicenza: eppure ad ogni microfono acceso si è sentito parlare, o almeno accennare, alla grave situazione vissuta attualmente dai lavoratori del contestato super cantiere cittadino. Come una voce della coscienza, della decenza, dell'imbarazzo che ha imposto di inibire progetti troppo passionali e che ha fatto scendere la parabola di ogni aprioristico entusiasmo, giudicato fuori luogo. Forse perché quella voce ieri era lì, alle spalle di tutti, dentro il suo ingombrante silenzio: i neo licenziati di viale Mazzini, con le loro braccia incrociate e gli occhi profondi, si sono fermati per buona parte del pomeriggio, quasi a sperare che la cultura riesca a sfamare non solo i cervelli, ma anche i corpi di chi, da dicembre, è in ritardo con l'affitto e fa la questua fra amici per riuscire a fare la spesa. «È difficile far progetti quando non si rispettano i più basilari diritti dell'uomo - afferma compatta l'opposizione comunale e provinciale - la cultura è tale quando è a servizio della gente. Come possiamo avviare la discussione, oggi, senza provare disagio per tutto ciò che succede ai lavoratori?». «Sì, ma questa non è un'emergenza sociale dove debbano intervenire le istituzioni - fa eco il leghista provinciale Gianfranco Zonin - qui siamo di fronte a fatti che si commentano da soli e che eventualmente devono essere portati all’attenzione dei magistrati». E c'è anche chi controbilancia il grido univoco della sinistra difendendo la ratio dell'incontro, come il consigliere provinciale Giuseppe Dissegna (Forza Italia) che fa presente come «nei momenti di difficoltà sia ancor più necessario fare il proprio dovere», o come il collega Nereo Galvanin (Forza Italia) che ricorda «come da decenni si aspetti questo teatro, dopo che ben otto sindaci non sono riusciti a realizzarlo». The show must go on, allora. Perché di cultura, ieri, si è riusciti a parlare. O per lo meno si è cominciato a farlo. Dopo una dettagliata relazione di Bagnara (che spiega anche quali obiettivi comporti la revisione di convenzione con il Teatro Stabile del Veneto) un carico Emilio Franzina riaccende il contraddittorio, invocando un (diverso) teatro a misura di città e pronosticando una buona dose di guai legati a questo, mentre il consigliere comunale Giovanni Giuliari (Vicenza Capoluogo), autore, assieme a Zuin e Soprana, proprio di un'interrogazione sulla programmazione del teatro, invita a riflettere «sull'importanza di investire in cultura soprattutto nei confronti delle giovani generazioni e del loro futuro». E dopo aver garantito piena solidarietà ai lavoratori e un prossimo incontro monotematico a loro dedicato, Comune e Provincia si impegnano a promettersi coinvolgimento reciproco per una gestione "congiunta" del futuro teatro cittadino. Un teatro che, se vorrà cominciare a funzionare presumibilmente entro fine 2006, dovrà, per forza di cose, veder stilata una propria programmazione entro il 2005.


Duemila imprese "bloccate"
Artigiani e commercianti: «Siamo pronti a proteste eclatanti»

di G. Marco Mancassola

Il barometro di palazzo Trissino segna decisamente burrasca. Ci sono infatti già tutti i segni della tempesta di proteste e polemiche contro il blocco totale del traffico per una settimana, dal 2 all’8 febbraio, per tutti i veicoli dalle 9 alle 18. I centralini di Comune e polizia municipale sono presi d’assalto da cittadini e imprese che chiedono spiegazioni, vogliono conoscere i meccanismi delle eccezioni, i cavilli dell’autocertificazione, i limiti della zona rossa. Calcolando a spanne, il perimetro dell’area proibita copre oltre un quarto del territorio comunale. Questo significa che nella rete della settimana senza auto finiranno oltre 30 mila residenti (soltanto la circoscrizione 1 ne conta 15 mila) e oltre 2 mila imprese commerciali e artigiane. Secondi i dati dell’Aci, riferiti al 2003, i vicentini in età da patente sono 95 mila; le auto in circolazione sono 68 mila, i motocicli 8 mila, gli autocarri 5.700. In altre parole ci sono 6 auto ogni 10 abitanti, più di 7 ogni 10 abitanti con più di 17 anni. La giornata di ieri è stata spesa fra una riunione e l’altra. In prospettiva ci dovrebbe essere l’intesa con l’Arpav per ripristinare la centralina di rilevamento delle polveri in via Spalato: questo significherebbe che due centraline (viale Milano e quartiere Italia) registreranno il pm10 dentro la zona rossa, mentre la terza registrerà le concentrazioni all’esterno. Se i dati delle prime due dovessero risultare diversi da quellid ella terza, potrebbe essere la reale prova del nove che va cercando l’Amministrazione. A livello istituzionale si stanno muovendo soprattutto le associazioni di categoria, in testa a tutti i rappresentanti di artigiani e commercianti, per chiedere garanzie ai propri associati che temono di essere stritolati dalle conseguenze negative per gli affari che si scateneranno con il blocco. «È una scelta assurda, calata dall'alto, senza pensare alle conseguenze». Non nascondono la loro indignazione Luciano Pozzan, presidente della sezione 1 dell'Ascom e Fiorella Bertoldo, presidente degli artigiani della città, che si sono incontrati ieri per decidere le iniziative da assumere. In questi giorni - si legge in una nota ufficiale - è esplosa infatti la rabbia degli operatori commerciali e artigianali con attività nelle aree interessate. C'è chi vende ricambi per l'idraulica e dice che tanto vale chiudere e lasciare a casa i dipendenti. C'è chi gestisce una pasticceria e chiede chi coprirà i mancati introiti di una settimana che coincide, tra l'altro, con il periodo di carnevale. C'è chi ha un distributore di carburanti, un'officina o un autolavaggio e domanda a cosa servirà presidiare l'impianto se mancheranno le auto. Le associazioni dei commercianti e degli artigiani, che nell'area interessata al blocco del traffico rappresentano insieme oltre 2 mila imprese, hanno già fatto pervenire venerdì scorso al sindaco Hüllweck una nota con la quale hanno rilevato le proprie perplessità e avanzato le prime richieste. Al termine dell’incontro si è deciso di chiedere urgentemente un faccia a faccia per domani con il triumvirato composto dal sindaco Hüllweck e dagli assessori all’ecologia Valerio Sorrentino e alla mobilità Claudio Cicero. In ogni caso domani si farà una nuova riunione congiunta per decidere tutte le iniziative del caso, compresa anche la possibilità di manifestazioni di protesta che si preannunciano eclatanti. In mattinata, nella sede dell’assessorato allo sviluppo economico, l’assessore Ernesto Gallo ha incontrato i rappresentanti di artigiani, Confesercenti, ambulanti e Portici di corso Fogazzaro. «Dobbiamo affrontare una vera e propria emergenza - rileva Gallo -. Ho parlato a lungo con il sindaco, ma i margini di manovra sono ridotti al lumicino. In ogni caso, ho chiesto alle categorie economiche di compilare una lista di proposte e richieste sulle quali faremo le valutazioni del caso. In settimana andrà valutata attentamente la prospettiva di predisporre un notevole aumento delle corse dei bus navetta che fanno la spola dai parcheggi scambiatori: la richiesta sarebbe addirittura di renderle gratuite». Contro l’ipotesi di un mercato a tempo pieno, esteso anche al pomeriggio, si schiera Maurizio Baggio, segretario provinciale dell’Anva-Confesercenti: «Di fronte a una città che si annuncia deserta, non ha senso prolungare l’orario solo per scaldare la piazza: per quali clienti? Per questo si chiede di poter contare sulla possibilità di uscire dalla piazza in un determinato orario, secondo un preciso percorso concordato. Se questo non sarà possibile, daremo vita a un’azione forte». Piuttosto del "sequestro" senza business, meglio la multa da 70 euro.

Il ministro: «Gli stop non servono»
L’assessore replica: «Ma una settimana intera non è mai stata provata»

(g. m. m.) Il blocco dei blocchi è diventato ormai un caso nazionale. Ne parlano le agenzie di stampa, i quotidiani, ne parla la televisione, i telegiornali ci attribuiscono addirittura targhe alterne inesistenti. Il motore del Nordest che ferma le auto nell’area della city e del centro storico fa notizia a tutti i livelli. E proprio perché l’ordinanza voluta dal sindaco Enrico Hüllweck è rimbalzata sul proscenio nazionale, ieri, a margine dell’assemblea degli industriali di Livorno, i cronisti hanno interrogato il ministro dell’ambiente Altero Matteoli, che però ha detto a chiare lettere: «Ormai tutti sono convinti che le chiusure delle città al traffico non risolvano il problema dello smog, ma per i sindaci è un obbligo di legge». A chi gli chiedeva un commento sulla decisione presa dall’Amministrazione di Vicenza che la prossima settimana bloccherà il traffico privato per sette giorni, ha ribadito che non è «con i blocchi del traffico che si risolve il problema». «Servono - ha aggiunto - interventi strutturali che si possono realizzare lavorando insieme: Governo, Regioni e comuni». Nei giorni scorsi, tra le possibili iniziative, Matteoli aveva prospettato «la rottamazione delle auto vecchie, che sono altamente inquinanti». Per questo, ha spiegato, occorre prevedere degli incentivi alle famiglie che ne possiedono una. Poi si devono sostituire «molti bus, che inquinano più di centinaia di auto». «Le tecnologie - ha concluso - ci sono. Bisogna lavorare per arrivare all’uso di gas naturale, metano e gpl, e trovare le risorse necessarie». A stretto giro di posta arriva comunque la replica del vicesindaco Valerio Sorrentino, esponente di Alleanza nazionale come Matteoli e anch’egli delegato all’ecologia: «Sul fatto che i blocchi di una settimana non servono a molto siamo tutti d’accordo. La sfida sta proprio in questo: una settimana intera non è mai stata tentata da nessuno. Se dovesse funzionare, ci interrogheremo sul da farsi. Se invece non funzionerà, chiuderemo per sempre la bocca a chi critica e denuncia l’Amministrazione per le azioni anti-smog». Tornando alla prospettiva nazionale, sul Corriere della sera di ieri si registra anche l’intervento di Ivo Allegrini, direttore dell’Istituto sull’inquinamento atmosferico del Cnr, che dice: «Caro sindaco, gli esperimenti li lasci fare al mondo scientifico. I risultati di un blocco di una settimana non sono scientificamente validi. Ci sono le variazioni meteo, i comuni vicini che non bloccano». A favore, invece, si schiera il presidente dell’Aci, Franco Lucchesi, come riferisce ancora il Corriere : «Se questa misura drastica aiuta a capire la reale correlazione fra il traffico privato e l’inquinamento e la validità dell’offerta dei mezzi pubblici è un passo in avanti».