23 SETTEMBRE 2006

«Niente armi speciali»
Stranieri, la ricetta della questura
Troppi bimbi stranieri a scuola a completo digiuno d’italiano

Il Pentagono smentisce le notizie dell’Espresso
«Niente armi speciali»

di Marino Smiderle

Carri armati? Ma mi faccia il piacere. E per farne che, poi? Per sfilare lungo corso Palladio e approdare in piazza dei Signori il 25 aprile allo scopo di convincere il sindaco di Vicenza a partecipare alla festa della Liberazione? Senza mai citarlo, la Setaf smentisce l'Espresso e spiega nel dettaglio cosa diventerebbe il Dal Molin qualora il governo italiano, prima ancora che il Comune di Vicenza, decidesse di "affittarlo" all'esercito americano. «Nel tentativo di eliminare la confusione creatasi recentemente sulla questione-Dal Molin - è l'attacco del comunicato predisposto dalla Setaf e diffuso dal suo portavoce Todd Oliver - forniamo le seguenti chiarificazioni». Ovvio che queste chiarificazioni sono diffuse perché, al momento, l'unico documento ufficiale utilizzato dai politici di ogni colore e grado per discutere sul futuro del Dal Molin è costituito dal reportage di Roberto Di Caro dell'Espresso. Un reportage che la Setaf corregge in tutti quei punti ritenuti errati e fuorvianti. E a dare maggiore valore al documento militare predisposto in Europa, in serata è arrivato anche l'imprimatur del Pentagono. Ribadendo la posizione del ministro Donald Rumsfeld, il comandante di Marina Joe Carpenter ricorda che non è nei piani della Difesa statunitensi quella di creare strutture di enormi dimensioni al di là dell'Oceano. «La U.S. Southern European Task Force (Setaf), unitamente all'Esercito degli Stati Uniti in Europa - prosegue il documento - sta portando avanti il progetto della futura base al Dal Molin in stretta collaborazione con le autorità italiane a tutti i livelli: locali, regionali e Nazionali. I progetti e i disegni dettagliati sono stati forniti diversi mesi fa e quelle informazioni sono ancora valide». Qui si fa riferimento, in particolare, alla presentazione svolta in consiglio comunale a Vicenza, con tanto di slides ed effetti speciali che, evidentemente, hanno fatto molto meno effetto della copertina suggestiva dell'Espresso e delle rivelazioni sparate all'interno. «Attualmente una parte del 173° Airborne Brigade Combat Team è situata a Vicenza e un'altra parte in Germania - precisa il comunicato Setaf -. Una volta che l'intera Brigata sarà consolidata qui, il quartier generale della Setaf, il 173° ABCT e le unità di supporto faranno aumentare i soldati presenti a Vicenza dagli attuali 2.900 a un totale di meno di 5.000». L'Espresso partiva dal presupposto che già fossero alla Ederle 6.000 soldati: questo numero non verrà neanche sfiorato quando e se l'operazione Dal Molin verrà portata a termine. I 6.000 in questione, probabilmente, vanno intesi come soldati più famiglie. «Il sito del Dal Molin, dove i 4 battaglioni e il quartier generale della Brigata troveranno posto - specifica la Setaf - sarà utilizzato per un'area complessiva di 40 ettari. Questa non sarebbe certo la base più grande d'Europa». E adesso viene il punto delle armi. Secondo l'Espresso qui arriveranno: «55 tank M1 Abrams, 85 veicoli corazzati da combattimento, 14 mortai pesanti semoventi, 40 jeep humvee con sistemi elettronici da ricognizione, due nuclei di aerei spia telecomandati Predator, una sezione di intelligence con ogni diavoleria elettronica, due batterie di artiglieria con obici semoventi i micidiali lanciarazzi multipli a lungo raggio Mlrs, quanto basta per cancellare una metropoli». La Setaf precisa cosa ci sarà e cosa non ci sarà quando il 173° ABCT sarà consolidato a Vicenza: «Non ci sarà nessun M1 tank, nessun M2 Bradley da combattimento, nessun lanciamissili, nessun mortaio, nessun lanciarazzo Mlrs, nessun aereo spia. Ci sono già, e ce ne saranno di più, jeep tipo Hummwee, oltre a normali veicoli di servizio come camion e rimorchi. Le attività dei soldati al Dal Molin saranno le stesse di quelle che hanno fatto e stanno facendo i soldati della Ederle». Altra precisazione importante sull'uso che verrà fatto della pista: «L'aeroporto del Dal Molin rimarrà sotto il controllo dei militari italiani e delle autorità civili. Noi non useremo il Dal Molin per missioni di trasporto aereo o per spedizioni militari. La base aerea di Aviano rimarrà il nostro punto di riferimento per ogni tipo di missione del genere». Chiusura con le conseguenze sulla vita cittadina di questa nuova base: «Il progetto di ispirazione palladiana cerca di armonizzarsi con la comunità circostante. Stiamo lavorando alacremente con le autorità locali per trovare le soluzioni migliori al fine di rendere meno traumatico l'impatto del nuovo traffico veicolare con le relative conseguenze ambientali». Così è, se vi pare. «Per ogni chiarimento di tipo politico - conclude la Setaf - rivolgetevi al Ministero della Difesa a Roma». Il problema è che il ministro Arturo Mario Luigi Parisi non ha finora dato alcuna risposta chiara. Neanche al sindaco Hüllweck.

E su internet l’Us Army spiega tutto «Inutili i tank, più cannoni per i parà»
Nel sito ufficiale dell’Usaeur i dettagli sulla struttura futura della 173esima brigata

(al. mo.) Lo dice anche l’Espresso: quando gli americani progettano qualcosa, lo fanno fin nel più piccolo dettaglio. E sono precisi a tal punto che nel sito internet del Quartier ufficiale dell’Usaeur, le Forze armate Usa in Europa (www.hqusaeur.army.mil) spiegano esattamente cosa diventerà la 173esima brigata aviotrasportata della Ederle. Nel lungo articolo della rivista Eurarmy rispetto alle rivelazioni dell’Espresso ci sono due smentite e alcune conferme. Una la fornisce il generale di brigata Mark P. Hertling, responsabile della mega-trasformazione dell’esercito Usa in Europa: «Per il 2010 qui in Europa non ci saranno più divisioni corazzate». Quindi a Vicenza e in Germania niente tank, niente M-1 Abrams nè blindati Bradley. Come confermava anche il colonnello Preysler, comandante della 173esima su un’altra rivista militare Usa, Stars and Stripes: «Alcune unità dovranno cambiare: via i carri armati M-1 e i Bradley, già da quest’anno, per i più agili Humvees». Motivo: «Da quando è caduta la cortina di ferro - dice Hertling - non abbiamo più nemici al confine est, quindi non ci servono più grandi divisioni corazzate (...) Perché la guerra ora è soprattutto quella al terrorismo». Ma alla 173esima brigata serviranno comunque altri supporti: «Raddoppieranno gli effettivi - spiega l’articolo -; le ex divisioni corazzate useranno le jeep Humvees con mitragliatrici da 50 mm e lanciagranate Mark 19; le batterie di artiglieria passeranno da 8 a 16 sedici cannoni Howitzer da 105 mm». Previsti anche i lanciamissili Himars Mrls su rampe mobili, ma non faranno parte direttamente della 173esima. Ai parà della Ederle saranno forniti, dice sempre l’articolo, gli aerei spia Predator e sezioni di intelligence per la guerra elettronica e il controspionaggio. Ultimo: «La 173esima coprirà in particolare l’area del Mediterraneo e dell’Africa. Ma non solo».

«Senza dati certi, io sono per il no»
Il sindaco: «Se mi avessero parlato di armamenti, gli avrei fatto una pernacchia»

di G. M. Mancassola

«Se mi avessero annunciato l’arrivo di missili e carri armati al “Dal Molin”, gli avrei fatto una pernacchia. Sono preoccupato per tutta questa incertezza, ma fra un giornale e i documenti del Governo, mi devo fidare di questi ultimi». Oscilla, il sindaco Enrico Hüllweck, fra lo scandalo suscitato in città e a Roma dalle rivelazioni dell’Espresso, seccamente smentite in serata dal Pentagono, e la scarna ufficialità delle lettere arrivate dal ministero della Difesa nei giorni scorsi. Nel giorno in cui Vicenza per la prima volta compare sulla copertina di uno dei più venduti settimanali italiani, la prima domanda a cui il suo sindaco è costretto a rispondere è: chi comanda a Vicenza, Bush o Hüllweck? «Comanda Romano Prodi, come nel resto d’Italia. Io mi limito ad amministrare». E visto che comanda Prodi, il sindaco torna a lanciare il suo appello al Governo: «Da tre mesi chiedo di poter parlare di persona con qualcuno, mi basterebbe un ministro, vengo io a Roma. Non è possibile che io riesca a parlare con l'ambasciatore americano e non con chi governa in Italia». Ecco, appunto, come può accadere una cosa del genere? «Accade perché sono in imbarazzo - risponde Hüllweck - per un equivoco di fondo: erano convinti che, dal momento che a Vicenza c’è un sindaco di centrodestra, la comunità locale avrebbe detto sì agli americani. Invece io non voglio fare lo scudo umano per il sì. Io non sono personalmente interessato all’operazione. Per questo, il Governo mi deve dire se la nuova base rappresenta un interesse nazionale: se lo è, Vicenza è nel territorio italiano e quindi da parte mia mi attiverò per ottenere una contropartita, per cercare di proteggere la città. Ma se non c’è interesse nazionale, allora lasciamo perdere. Questo mio atteggiamento ha evidentemente scombinato i piani». Poi precisa che nessuno, finora, gli ha mai parlato di armamenti al “Dal Molin”: «Se queste indiscrezioni dovessero risultare vere, allora dico di no. Credo che non sarebbe accettabile per la sicurezza della città: sono amministratore, ma anche genitore e penso alla sicurezza di mio figlio. Tuttavia, tutte le comunicazioni del Governo hanno finora detto cose diverse. Nell’ultima lettera del capo di gabinetto del ministero della Difesa, il generale Biagio Abrate, si danno rassicurazioni in positivo. In ogni caso, va detto anche che l’Espresso non è l’ultimo foglio di provincia. E allora si mettano d’accordo, perché in tutta questa incertezza, io resto per il negativo». Hüllweck chiede quindi a Roma di mostrare tutte le carte, di dire la verità nient’altro che la verità: «In queste condizioni, se dovessimo andare in consiglio comunale voteremmo al buio e io non ci sto. Per fortuna non ci siamo espressi prima di oggi. Attendo precisazioni dall’ambasciatore e attendo puntualizzazioni dal Governo. Senza elementi certi, sono per il no». A chi gli fa notare che del progetto non si parla da qualche mese, ma da oltre tre anni, Hüllweck conferma: «I primi incontri formali li ho avuti all’inizio del 2004, per cui probabilmente l’idea è nata nel 2003. C’è stata una disponibilità di massima a ragionare sul progetto, ma non è mai stato ufficializzato alcun accordo e ancora mancano molti aspetti per dare una parere». Poi viene l’interrogativo che viene a chiunque: Vicenza rischia di diventare un obiettivo sensibile del terrorismo internazionale? «Ricordo quando ero ragazzo e la Ederle era appena stata costruita, che si diceva che avevamo il culo sopra i missili e che in Russia c’era un missile con la scritta “Vicenza”, da sparare in caso di conflitto mondiale. La sicurezza è una mia grande preoccupazione».

Studenti in piazza, poi incontro dei comitati
Dal corteo al convegno Oggi il giorno del “No”

Tutti insieme appassionatamente. Almeno per un po’, con il Coordinamento dei comitati per il no che si unirà al corteo di protesta degli studenti contro la base Usa al Dal Molin all’altezza di Porta San Bortolo. Per poi passare al convegno oggi pomeriggio all’Istituto missioni estere di Monte Berico dove spiegheranno che il nuovo insediamento Usa, conti alla mano, costerà alla comunità vicentina più di quanto farà incassare. Intanto il corteo. Partenza stamane alle 8.30 dalla stazione diretto, come si diceva, in viale del Verme. «La città non vuole la trasformazione dell’aeroporto in base militare - spiegano al Coordinamento studenti - e invece assistiamo a un rimpallo di responsabilità fra governo di centrosinistra e giunta locale di centrodestra, responsabile di aver seguito il progetto in tutte le sue fasi con i militari americani e il governo Belrusconi». Alle 15 l’incontro promosso dal Coordinamento per il no, titolo: «Vicenza, quale futuro per la città?». Presenti l’ingegnere vicentino Eugenio Vivian, Andrea Licata, presdente del Centro universitario di studi e ricerche per la pace di Trieste, don Albino Bizzotto dei Beati i costruttori di pace e Oscar Mancini, segretario generale della Cgil di Vicenza. Invitati anche deputati, senatori e consiglieri veneti.

E dopo le notizie del grande settimanale esulta la sinistra antiamericana vicentina
Dai Comunisti italiani a Rifondazione: «Ecco finalmente svelata la strategia a stelle e strisce»

Appena una settimana fa quasi tutte le forze politiche invocavano come imprenscindibile il dibattito e il voto in consiglio comunale. Oggi, di quel dibattito non si sente più la necessità o si ha una tremenda paura dell’esito finale. La parola d’ordine, allora, è attendere. Attendere notizie da Roma o da Washington per alzare la mano a ragion veduta, per usare le parole del consigliere comunale dei Democratici di sinistra Giovanni Rolando, che dice: «È interesse di tutti essere a conoscenza di ogni aspetto: impatto ambientale e urbanistico, tipo e qualità degli armamenti». Troppe le incognite del progetto, troppe le incognite sull’esito finale del dibattito in sala Bernarda, per il quale l’unica data attendibile resta il 5 ottobre. Tastando gli umori a sinistra, la sensazione è che piuttosto di andare incontro a un sì a un’operazione di queste dimensioni, sia meglio assecondare la formula del silenzio-dissenso richiesta dal ministro della Difesa Arturo Parisi. In ogni caso, scatta l’appello al no, controfirmato dal capogruppo dei Ds Luigi Poletto: «Trasformare Vicenza nel luogo di eccellenza della capacità militare americana in Europa mi pare francamente una follia e non esistono compensazioni al diritto dei vicentini di vivere in condizioni di sicurezza. Il Consiglio pronunci un netto no bipartisan». Gli imbarazzi sul versante ulivista sono però palpabili. I silenzi di Parisi e di palazzo Chigi, le mancate smentite alle rilevazioni dell’Espresso, il burocratese delle poche comunicazioni ufficiali, tutto ciò sta creando nervosismo nell’opposizione a palazzo Trissino: «Se continua così, il Governo rischia di esporsi a pessime figure», è l’amara riflessione di Sandro Guaiti, consigliere della Margherita. In parlamento, nel frattempo, le opposte fazioni si incontrano nel no. «Il continuo rimpallo tra Comune e Governo deve finire immediatamente - attacca Alessandra Mussolini, cui fa eco Alex Cioni - ognuno si prenda le proprie responsabilità e dica, non solo ai vicentini, ma all’Italia intera se vogliono che il nostro Paese diventi terreno di manovra per le assurde politiche imperialiste degli Stati Uniti». «Queste rivelazioni sono di una gravità dirompente - afferma Severino Galante, deputato dei Comunisti italiani, che ha presentato un’interrogazione -. È necessario restituire al Parlamento le sue prerogative. Parisi riferisca in aula per fugare l'immagine di un Paese ridotto a protettorato americano». Un’interrogazione è stata presentata anche dalle deputate uliviste Lalla Trupia e Laura Fincato, che criticano il sindaco Hüllweck per non aver coinvolto la città in modo trasparente e chiedono al Governo se le notizie diffuse siano vere e quale sia l’orientamento di palazzo Chigi. Oscar Mancini, segretario provinciale della Cgil, ribadisce «la più netta contrarietà contro un progetto a cui il Governo Berlusconi e il sindaco Hüllweck in un primo tempo avevano dato il via libera senza informare la città e neppure il consiglio comunale». “Progetto Comunista”, con la vicentina Patrizia Cammarata e Antonino Marceca, «denuncia questo progetto guerrafondaio e imperialista, che trasforma Vicenza nella più potente base americana in Europa entro il 2010».

Fabris (Udeur) suona la carica «Siamo tutti uniti per dire no»
Il deputato attacca Hüllweck e indaga sulle azioni dell’ambasciatore

Creare un fronte comune per dire no alla nuova caserma Usa all’aeroporto “Dal Molin”. È l’impegno che si assume Mauro Fabris, capogruppo dell’Udeur alla Camera. «Le notizie sulla nuova caserma americana nell’aeroporto di Vicenza, pubblicate dall’Espresso, purtroppo confermano quanto già si sapeva. Di tale progetto il Governo italiano ed il Comune di Vicenza erano informati addirittura dal marzo 2004, tanto che un anno dopo, nel marzo 2005, il Senato Usa già discuteva sulla possibilità di espandere la base». Fabris critica il sindaco Enrico Hüllweck chiedendosi «come possa continuare a sostenere di non essere stato a conoscenza di tale processo, di fronte ai tanti particolari che lo chiamano direttamente in causa, riportando addirittura sue dichiarazioni secondo cui ne avrebbe parlato con il presidente Berlusconi nel marzo 2005». L’esponente del Campanile tuttavia sottolinea che «la difficoltà dell’attuale Governo italiano a dire immediatamente no a un progetto di tale portata, nasce dal fatto che le intese italo-americane, con l’assenso del Comune, erano arrivate alla firma finale». La svolta verso il no, secondo Fabris, può essere reso possibile solo se il Comune si pronuncerà in questa direzione. Fabris, infine, ha presentato un’interrogazione parlamentare per conoscere se quanto riferito da Hüllweck dopo l’incontro con l’ambasciatore Ronald Spogli rispettino la distinzione dei ruoli istituzionali o se invece si prestino a pericolose strumentalizzazioni».

Conte: «Caro Enrico, così sei caduto nella trappola della sinistra anti-Usa»
Il deputato: «Vorrei sapere perché questa volta la Cgil non difende i posti di lavoro»

(g. m. m.) «Il sindaco Hüllweck è caduto nella trappola della propaganda antiamericana». La pensa così Giorgio Conte, deputato e presidente provinciale di Alleanza nazionale, che attacca senza mezze misure le rivelazioni dell’Espresso. «Stiamo parlando di un settimanale che si è sempre distinto per i toni scandalistici, che in questo caso ha volutamente e strumentalmente enfatizzato alcuni aspetti con il preciso scopo di allarmare l’opinione pubblicare gli amministratori per togliere serenità di giudizio su una questione delicata. In questo modo - prosegue Conte - persegue gli obiettivi del disegno della sinistra anti-americana che vuole allontanare gli americani da Vicenza». «Con questo - spiega - non voglio annunciare un mio giudizio positivo all’operazione, che voglio approfondire per acquisire ulteriori elementi di conoscenza. Tuttavia, ho la sensazione che il sindaco Enrico Hüllweck sia caduto nella trappola orchestrata abilmente dalla sinistra antiamericana». Conte sembra quindi sintonizzato sulla medesima lunghezza d’onda del senatore leghista Paolo Franco, che aveva parlato di «benzina sul fuoco», attaccando per primo il presunto scoop del settimanale. Il deputato di Alleanza nazionale, infine, aggiunge una goccia di veleno destinata alla Cgil: «Mi chiedo dove siano certi sindacalisti, che hanno occupato le piazze d’Italia per molto meno». Il riferimento è alla battaglia che hanno avviato i dipendenti vicentini della Ederle per conservare i propri posti di lavoro, che rischiano di essere spazzati via se, non realizzando la base al “Dal Molin”, venisse chiusa la Ederle.

«Tensione fra i lavoratori della Ederle»
Il comitato del sì, con Cisl e Uil, ha incontrato il prefetto Piero Mattei

Alla vigilia dell’offensiva del fronte del no, il comitato per il sì ha incontrato il prefetto Piero Mattei per illustrare le ragioni dei lavoratori della Ederle e consegnare le 10 mila firme raccolte. Al prefetto - spiegano Costantino Vaidanis della Fisascat-Cisl e Grazia Chisin della Uiltucs-Uil - hanno illustrato il progetto così come spiegato dal generale Helmick: «La dislocazione della 173a brigata non è più adeguata alle sue funzioni, in quanto la suddivisione fra Italia e Germania causa gravi difficoltà logistiche e operative; il comando Setaf sta portando avanti questo progetto in stretto contatto con le autorità locali e centrali; le attività delle truppe, l’equipaggiamento, gli armamenti e le strutture previste al “Dal Molin” saranno gli stessi attualmente esistenti alla Ederle; la pista di volo rimarrà sotto il controllo delle autorità civili italiane; i lavori verranno effettuati da aziende italiane; a lavori completati ci sarà aumento dell’occupazione; utilizzo di energia pulita come gas-vapore». Vaidanis e Chisin hanno inoltre «evidenziato lo stato di tensione che esiste all’interno della base. I lavoratori vogliono gridare le proprie ragioni a difesa del loro posto di lavoro. Ma noi crediamo più al dialogo costruttivo che alle manifestazioni di piazza».


Cgil, Cisl e Uil: «Guai a chiudere i sette sportelli pratiche in provincia, le istituzioni reagiscano»
Stranieri, la ricetta della questura
«Il “cedolino” sostituisce il permesso di soggiorno»

di Eugenio Marzotto

Hanno scelto la via istituzionale, quella politica, per affrontare lo stesso problema. Quello dei ritardi nei rinnovi dei permessi di soggiorno. Cgil, Cisl e Uil dopo alcuni incontri con il questore di Vicenza arrivano ad una sintesi, necessario, dicono, per spiegare le cause dei ritardi e gli effetti sulla mancata ricezione dei documenti. In realtà, il primo a mettere i puntini sulle “i” è il questore Dario Rotondi. «I modi per risolvere il problema dei ritardi ci sono, la direttiva Amato se recepita può aiutare la vita degli immigrati in attesa del permesso di soggiorno». Emanata nell’agosto di quest’anno la direttiva prevede che al momento della richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno, l’immigrato riceve dalla questura un cedolino che vale come permesso per il tutto il tempo d’attesa. Quando l’immigrato otterrà il documento vero e proprio, il cedolino non servirà più. «Va rimarcata questa possibilità - spiega Rotondi - perchè finora non abbiamo ricevuto rischieste di spiegazioni, nonostante la questura abbia informato istituzioni e privati che solitamente hanno rapporti con gli extracomunitari. Segno forse, che questa opportunità non è stata ben intesa. Insisto, la direttiva Amato conferisce la stessa validità del permesso di soggiorno, bisogna farlo sapere alle imprese e ai lavoratori immigrati stessi». Ma sulla questione dei ritardi il questore insiste anche su altro punto. Dal 2002 al 2005 c’è stato un incremento gli immigrati che hanno ottenuto il permesso di soggiorno del 44% «è inutile dire - ironizza il questore - che l’organico non è aumentato del 44%». Ed è questo uno dei nodi del problema, la sofferenza d’organico di viale Mazzini, che cerca di fare quel che può di fronte ad un aumento costante di presenze straniere in città e provincia. «Le code di sei mesi senza la presenza dei poli, diventerebbero di otto. Non voglio addentrarmi nell’ambito politico - continua Rotondi - ma è indubbio che i poli siano strumenti utili per sostenere la questura nelle pratiche di rinnovo». Entro il 31 dicembre scadrà la convenzione tra questura e i sette sportelli sparsi per la provincia che servono a raccogliere le pratiche degli immigrati. Senza contare che la Regione non finanzierà il servizio iniziato cinque anni fa. Tre mesi che serviranno a decidere cosa fare dei poli, dopo che gli stessi rappresentanti dei comuni che sostengono di fatto il servizio, hanno dichiarato che non ci sono più le condizioni per andare avanti: i tempi d’attesa non sono diminuiti e agli sportelli decentrati giaciono da mesi come in un imbuto, le pratiche degli stranieri. E mentre il neo assessore al sociale di Vicenza dichiara: «Da Vicenza, nessun soldo per il polo della città», i sindacati ribadiscono l’importanza del servizio. «Gli enti locali vanno sostenuti - spiega Danilo Andriolo della segreteria Cgil - per mantenere un servizio fondamentale. È lo stesso programma dell’attuale governo a dare maggiore poteri ai comuni in tema di immigrazione». Dello stesso avviso Carlo Biasin della Uil che ribadisce come la direttiva Amato aiuterà a risolvere i tempi di attesa. Ma è Renato Riva della Cisl ad essere ancora più esplicito: «Se verranno chiusi siamo pronti ad azioni di forza. La gestione dei poli non si può liquidare così, difronte ad un aumento costante degli stranieri a Vicenza, chiudere questi centri di servizio significa aggravare la situazione. L’accordo con la Regione, questura e comuni deve essere prorogato, chiudere gli occhi è un atto politico grave. Tutte le istituzioni, dalla Prefettura alla Provincia devono trovare un coordinamento e le risorse per mantenere i poli a Vicenza».

La nomina
«Niente più soldi al polo cittadino»
Lo sportello convenzionato con la questura è ormai destinato a chiudere il 31 dicembre

(e. mar.) Una giornata vissuta intensamente. Il suo “primo giorno di scuola” Patrizia Barbieri, ex responsabile dei Centri per l’impiego della Provincia, ed ora assessore ai servizi sociali, l’ha passato a rimettere apposto le vecchie carte dell’ufficio di via Torino e a prendere coscienza pratica del suo nuovo ruolo. Il primo giorno da assessore l’ha trascorso all’Ulss 5, dove ha partecipato ad una conferenza dei sindaci, dedicata ai fabbisogni territoriali degli anziani. Ha ascoltato, ricevuto le congratulazioni, sapendo però che domani è un altro giorno. È’ stato un venerdì quasi senza respiro. La firma alle 11 con cui accettava il referato ai Servizi sociali e poi i primi incontri istituzionali. «Mi considero un assessore tecnico - spiega la Barbieri - ma nello stesso tempo so di rappresentare la Lega e le sue istanze oltre che l’amministrazione di Vicenza». Parole nette che guardano al primo obiettivo: «Sono convinta che sia necessario ricorrere al Consiglio di Stato. L’Amministrazione di Vicenza farà il ricorso contro la sentenza del Tar che ha stralciato i punti-premio ai vicentini nel bando per l’assegnazione delle case popolari». È il punto su cui è saltato qualche giorno fa il suo predecessore Davide Piazza, ma lei tira dritto: «Nessuno mi ha imposto di fare il ricorso, sono abituata a ragionare con la mia testa. Sono convinta che sia la strada da intraprendere e tra breve prenderò in mano il fascicolo della sentenza Tar». E ieri il Sunia, in un comunicato mette subito i paletti all’iniziativa, diffidando il Comune a non presentare ricorso al Consiglio di Stato. Tra impegni e cellulare bollente, Patrizia Barbieri chiarisce anche le sue posizioni sui poli, istituiti dalla questura per le pratiche di rinnovo dei permessi di soggiorno: «Per noi, con la fine di dicembre l’esperienza è chiusa. Il Comune di Vicenza non ha più intenzione di tirar fuori un euro per questo servizio». «A meno che - continua il neo assessore - non emergano fatti nuovi». Qualche ora prima in questura, i sindacati insistevano sulla necessità dei poli, ma la Barbieri puntualizza: «Con la mancanza di fondi regionali, questo progetto è destinato a morire. Solo se Venezia rifinanzierà il servizio potremo riparlarne». I suoi primi cento giorni al lavoro, il nuovo assessore li vede così. «Da cittadina e da ex direttrice dei Centri per l’impiego, dico che la priorità di intervento devono riguardare le nuove povertà. Ci sono emergenze, nascoste nel silenzio, preoccupanti anche a Vicenza. Problemi che non sono di “moda”, ma estremamente attuali».


Il Comune e la direzione didattica promuovono corsi per abbattere la barriera linguistica all’integrazione
Troppi bimbi stranieri a scuola a completo digiuno d’italiano
di Veronica Molinari

«È emergenza alfabetizzazione: bisogna abbattere il muro della comunicazione, poiché molti bimbi ed adolescenti immigrati arrivano a scuola senza nemmeno conoscere una parola di italiano». L’allarme viene lanciato da Giorgio Trivelli, reggente della Direzione didattica di Valdagno, che conferma il superamento della media nazionale relativo alla presenza di stranieri nella popolazione scolastica. Se, infatti, «a livello nazionale si arriva circa all’8%, in città si supera il 21% nelle scuole per l’infanzia, il 17% alle elementari ed il 13% per cento alle medie». Numeri questi che impegnano su più fronti sia le scuole che il Comune. E per rendere il più possibile agevole l’integrazione tra alunni, i responsabili degli istituti sono scesi in campo con alcuni pool di insegnanti e tutor, mentre l’Amministrazione comunale ha giocato la carta dei finanziamenti prevedendo 15 mila euro per sostenere i progetti. Nuove voci in bilancio nonché veri e propri corsi di lingua fuori dal normale orario scolastico, dunque, sono i provvedimenti decisi per affrontare nel giusto modo la situazione. L’obiettivo da raggiungere, secondo il dirigente Trivelli, è « riuscire a mettere in campo tutte le risorse possibili per fronteggiare il problema. La scuola è diventata una stazione con arrivi e partenze durante tutto l’anno. Due sono le vie da intraprendere: l’alfabetizzazione e l’integrazione». La barriera linguistica impedisce spesso l’inserimento degli stranieri in una società che nulla ha in comune con le loro tradizioni ed abitudini. «I numeri che si riferiscono, per quanto riguarda i tre ordini di scuole, d’infanzia, elementari e medie inferiori, ad un totale di 1.900 studenti sono in crescita costante negli anni - aggiunge Trivelli -. Il dato più consistente si ha nelle tre scuole d’infanzia: su 209 bambini, 45 sono stranieri. Vale a dire che uno su cinque è figlio di immigrati. Cifre che interessaranno in un futuro molto prossimo di conseguenza gli altri ordini di scuole». Dalle statistiche fornite dalla Direzione didattica, inoltre, risulta che agli istituti primari dei 952 iscritti, 164 sono stranieri. È stato messo a punto un protocollo d’accoglienza con interventi non solo semplicemente burocratici, ma anche sociali. Tra i punti da sviluppare ci saranno corsi di aggiornamento per «attrezzare culturalmente gli insegnanti - conclude il dirigente -. Ma è in atto anche un tentativo per mettere in rete le scuole di tutta la vallata. Per questo attendiamo, però, la notizia di finanziamenti adeguati». Il primo passo in questa direzione sembra essere stato compiuto dalla Giunta comunale: 15 mila euro, prelevati dal fondo di riserva, saranno destinati a migliorare l’inserimento degli studenti immigrati. I nuovi capitoli di spesa potranno, dunque, fornire risposte ad un mondo che vuole soddisfare le esigenze dei giovani stranieri, a scuola e nella vita così da migliorare il loro grado di relazione sia in famiglia che con compagni di classe ed insegnanti.