23 AGOSTO 2006

Ecco il bivacco in centro città
«In due anni stranieri a quota 20 mila»
Canova, l’allarme era spento dalla centrale

Ecco il bivacco in centro città
Ex Domenichelli: nel piazzale africani dormono e... fanno di tutto

di Roberta Bassan

Entrano quatti quatti quando cala la sera. Fanno leva sulla sella di una Berga bianca scassata, appoggiata ad una recinzione arrugginita. Un gioco da ragazzi scavalcarla. Si passano la borsa della spesa del Billa, un salto et voilà, sono dentro. Benvenuti alla ex Domenichelli, via Torino, gloriosa sede di una delle più grosse aziende di corriere espresso, oggi bivacco notturno di nord-africani. Alle prime luci dell’alba lo spettacolo è squallido. Basta affacciarsi da uno dei graziosi terrazzini della Torre Everest, 17 piani e 62 appartamenti con vista sulla desolazione: quindici ragazzoni raggomitolati dentro ai sacchi a pelo sotto l’insegna "Arrivi", dove la vecchia ditta oggi fatisciente offre una tettoia di riparo. Qua e là sul selciato rimasugli di cibo, cartacce, lattine, bottiglie, coperte luride. Alle 6 qualcuno si sveglia, si alza, si stiracchia e fa la pipì a cielo aperto. Poi sgranchitina di gambe, spunta un rampichino nuovo di zecca, fatto entrare chissà come. Un paio di settimane fa è stata intravista anche una giovane donna, cannottiera verde, fare capolino da un sacco a pelo. I residenti non ce la fanno più. Il film si ripete da oltre un mese. L’8 agosto scorso il Comitato di quartiere ha presentato al Comune di Vicenza, sezione Servizi abitativi igiene sanità pubblica (e per conoscenza al sindaco Hüllweck) una lettera in cui si riporta il degrado nell’area ex Domenichelli dopo l’occupazione abusiva dei locali. I rappresentanti del Comitato riferiscono di aver segnalato più volte il caso anche al comando dei vigili, alla polizia e all’amministratore dello stabile. Hanno denunciato la presenza di materassi, fornelletti, immondizie e altro materiale fatisciente nel cortile della vecchia azienda e una serie di carenze igienico-sanitarie tutto intorno all’area. «Escrementi e secrezioni urinarie - hanno scritto nella lettera - ratti in particolare nelle vicinanze dei cassonetti dell’immondizia. Avanzi di cibo, lattine, bottiglie sparsi ovunque lungo la strada, oltre a profilattici e siringhe. Prolificazione di zanzare, pappataci, zanzare tigre a causa della mancanza di cura del verde». Ma finora - dicono - non hanno ancora ricevuto risposta. Dopo la scoperta del "boschetto del sesso" (alcova a cielo aperto segnalata ieri) ecco, a poche centinaia di metri, spuntare il bivacco dell’ex Domenichelli, l’area che lo scorso gennaio era stata occupata da una cinquantina di Disobbedienti (contro l’insediamento a Vicenza della Gendarmeria europea), e che ora è diventata il dormitorio di nordafricani. Già un mese fa c’era stata un’avvisaglia, con i vigili urbani che avevano fatto evacuare dall’area un gruppetto di extracomunitari e concordato con la proprietà la chiusura di una breccia nel cancello d’ingresso. Ma ecco l’alternativa trovata dal gruppo. Alla fine della via c’è l’ingresso secondario dell’Istituto Commerciale Piovene, aperto durante il giorno e facilmente scavalcabile di notte. Lì, parallela alla viuzza che porta alla scuola, si alza il lato ovest della Domenichelli, un mix di siepe incolta, muro, crepacci e recinzione malandata. La bici appoggiata, una breve arrampicata, un salto. Atterrati in cortile. Passa-mano della spesa. Un gioco da ragazzi.

La proprietà annuncia sopralluogo e rinforzi
Parla Sergio Carta: progetto di bonifica ancora bloccato E intanto propone un parcheggio con fari sempre accesi

(r. b.) I cartelli degli Arrivi e delle Partenze sono ancora lì, penzolanti, segno dell’attività che fu. Il ricordo degli abitanti della zona è ancora vivo: camion che andavano e venivano, caricavano e trasportavano merci ovunque. Un cortile che sprigionava lavoro a tutte le ore del giorno e della notte. E che oggi viene rimpianto: meglio i rumori della Domenichelli, che non lo squallore di un bivacco tra coperte lerce, sacchetti della spesa unti e immondizie di tutti i tipi. La Domenichelli, sede in via Torino, laterale di Viale Milano, è fallita una decina di anni fa. Gli stabili sono stati poi affittati ad un’azienda di trasporto che ha lasciato i locali al termine del contratto. Oggi l’area fatisciente, 7.700 metri quadrati, è di proprietà della società Maddalena che fa capo a Danilo Marchetto, conciario di Arzignano. L’architetto Sergio Carta, vicesindaco di Vicenza ai tempi di Corazzin e Variati, segue per conto della proprietà i problemi e il futuro della ex Domenichelli. «Coinvolgerò già domani, al mio rientro dalle ferie - annuncia - il vicesindaco Sorrentino per un sopralluogo nell’area. Da parte della proprietà, che ha già provveduto a rendere inaccessibile l’ingresso principale con la chiusura di una breccia, posso garantire che si faranno anche chiudere le finestre dell’edificio. Inoltre metteremo in atto qualche accorgimento in più sul perimetro. Devo però dire che, da parte nostra, non possiamo fare nulla per impedire che vengano scavalcati i cancelli. Quello che posso proporre al Comune è un parcheggio provvisorio con fari che si illuminano di notte». Ma il problema - secondo l’ex vicesindaco - è molto più ampio. Un piano Piruea (piano integrato di riqualificazione urbanistico ambientale) fermo da troppo tempo che dovrebbe trasformare l’intera area in un piccolo gioiello di residenze e uffici, all’interno di un piano più grande di iniziativa pubblica dove sono coinvolti Provincia, Ulss, Ferrovie e che dovrebbe cambiare il volto di tutta la zona. Il piano è tuttora bloccato. L’architetto Carta ne è convinto: «L’unico deterrente per scongiurare l’occupazione abusiva e il degrado è la totale demolizione e l’opera completa di bonifica della zona. La proprietà si darà da fare per tamponare la situazione, ma è necessario un intervento più drastico, legato al progetto complessivo che già esiste ma è ancora fermo. Per risolvere la situazione in maniera provvisoria proporrò un mega-parcheggio con dei grossi fari per illuminare la zona. Almeno quello potrebbe essere un deterrente, in attesa del progetto definitivo».


I numeri. Negli ultimi cinque anni gli extracomunitari sono più che raddoppiati in città, arrivando quasi al 13 per cento della popolazione
«In due anni stranieri a quota 20 mila»
L’assessore Piazza: «La sanatoria in arrivo provocherà problemi sociali»

di G. M. Mancassola

«Attenzione, perché l’immigrazione vicentina ha gli stessi numeri di quella bresciana o di quella padovana». L’assessore agli Interventi sociali Davide Piazza richiama la luce dei riflettori cittadini sulle banche dati degli uffici comunali, che parlano di una presenza straniera in città che sfiora il 13 per cento. Alla pari della vicina Brescia, funestate da terribili omicidi che vedono protagonisti cittadini extracomunitari. I numeri sono soltanto numeri, ma autorizzano l’assessore a tratteggiare i rischi di una pressione sociale che va governata per tempo, per non farsi trovare impreparati. Il dato che più impressiona è il confronto fra i numero attuali e quelli dell’inizio di questo decennio. «Nel 2000 - spiega Piazza - la popolazione era di 110.454 persone, mentre gli immigrati erano 6.357, per una percentuale del 5,77 per cento. Cinque anni dopo, su una popolazione di 114.232, gli stranieri erano 13.351, vale a dire l’11,69 per cento: più che raddoppiati». «A giugno 2006 - prosegue l’assessore - la popolazione è cresciuta fino a 114.613 e la popolazione immigrata fino a 13.823, pari al 12,06 per cento». Questo significa che la crescita complessiva corrisponde più o meno alla crescita della porzione straniera, con un forte apporto di marocchini, albanesi, ex jugoslavi, rumeni e cinesi, a loro volta più che raddoppiati negli ultimi anni.. «Entro la fine del 2006 - analizza Piazza - gli stranieri dovrebbero avvicinarsi alle 15 mila presenze. Questo è il ritmo di crescita, che dobbiamo tenere d’occhio per evitare che si creino quelle situazioni di disagio esplose altrove, come a Padova in via Anelli». Gli stranieri che vivono soli sono 2.871, mentre le famiglie con due persone sono 897, quelle con tre persone sono 827, quelle con quattro persone 779, quelle con cinque persone 279 e quelle con sei persone 183. «Da un lato ci sono molte famiglie numerose, con tanti figli - commenta l’assessore - che sono a rischio di disagio economico quando il reddito è uno solo, rimanendo ai margini di una condizione di povertà. Dall’altro, i nuclei con una sola persona fanno pensare a numerose richieste di ricongiungimento familiare. Potenzialmente, i ricongiungimenti potrebbero significare altri 5 mila arrivi». Più di tutto, però, a preoccupare Piazza è il decreto annunciato per la regolarizzazione di altri 350 mila immigrati sul territorio nazionale. «Sarà una vera e propria sanatoria - sostiene - che comporterà 20 mila nuove presenze in provincia e circa 3-4 mila soltanto nel capoluogo. Fra ricongiungimenti e regolarizzazione, nell’arco di un paio d’anni gli immigrati del capoluogo potrebbero raggiungere quota 20 mila presenze. Dobbiamo essere pronti, perché di fronte a difficoltà del mondo economico e del lavoro, i primi a saltare sono gli ultimi arrivati: c’è allora il rischio di un’instabilità economica che diventa instabilità sociale. Corriamo il pericolo di importare povertà in una fase già difficile per il nostro paese, con molti italiani che hanno perso il posto di lavoro. Questo colpo di spugna non ci voleva».


Istituto sotto shock. La settimana scorsa la sirena era scattata più volte: i ladri ci avevano già provato
Canova, l’allarme era spento dalla centrale
E il conto dei danni è balzato a 40 mila euro. Imbarazzo all’Ancr dove il sistema di sicurezza è stato disattivato: «Indagano i carabinieri»

di Anna Madron

Nessuna omissione da parte del personale della scuola. L’allarme sarebbe invece stato disinserito dalla centrale operativa dell’Ancr nella mattinata di sabato scorso, il giorno prima che al Canova entrasse in azione l’ipotetica banda che nella notte tra domenica e lunedì ha letteralmente messo ko l’istituto di via Astichello. Non c’è stata insomma alcuna dimenticanza dei bidelli che, al contrario, hanno fatto il loro dovere inserendo l’antifurto una volta abbandonato l’edificio. Questo l’esito, per certi aspetti sorprendente, del sopralluogo tecnico effettuato sulla centralina, e sui relativi codici di accesso, che comanda tutto il circuito antintrusione. Dalla lettura del display luminoso i tecnici hanno dunque potuto ricostruire che il sistema di sicurezza era stato attivato dalla scuola ma inspiegabilmente disattivato e riattivato più volte dalla centrale che poi lo avrebbe definitivamente spento. Perché? Nella sede dell’Ancr l’imbarazzo è palpabile e le risposte evasive. «Sono in corso gli accertamenti da parte dei carabinieri», spiega un operatore che accenna ad una situazione di “confusione” che si sarebbe verificata in centrale. La scuola, però, manifesta non poche perplessità e sottolinea come, se un impianto risulta scollegato, dovrebbero essere proprio i vigilantes ad intervenire ripristinando il circuito. «La settimana scorsa la sirena è partita diverse volte di notte - fa notare Lorenzo Rigon, insegnante di educazione fisica che sostituisce il preside del Canova in questo periodo di fine agosto - tanto che abbiamo avvisato il dirigente che si trovava all’estero che probabilmente c’erano stati dei tentativi di infrazione sventati dall’antifurto». Questa volta, invece, i sensori sono rimasti spenti e il segnale che qualcuno si era introdotto all’interno dell’edificio non è mai arrivato ai vigilantes. Tutto, insomma, ha taciuto. Un silenzio pagato a caro prezzo, visto che al Canova i danni sfiorano i 40 mila euro, cifra frutto di un primo inventario effettuato ieri mattina da bidelli, tecnici e amministrativi su oggetti e strutture prese di mira. Resta ora da chiarire se a pagare le spese sarà la scuola, coperta da assicurazione come tutti gli istituti scolastici, o se gli oneri ricadranno sull’istituto di vigilanza, una volta accertate le responsabilità e la dinamica dei fatti. Intanto ieri l’istituto per geometri si è trasformato in una sorta di cantiere in cui tutti si sono rimboccati le maniche per ripristinare un minimo di ordine, mentre la “Lindor”, impresa di pulizie tempestivamente inviata dalla Provincia, rimuoveva dai pavimenti polveri bianche e nere fuoriuscite da estintori e toner manomessi. Sempre nella giornata di ieri è stata sporta ai carabinieri la denuncia formale del furto con l’elenco degli oggetti danneggiati irrimediabilmente: sette casseforti, cinque display di computer, fotocopiatori, macchinette per la distribuzione di bibite e merendine, armadietti sportivi, cassoni contenenti gli attrezzi ginnici. E poi ci sono le porte sventrate di aule e uffici e le serrature fatte saltare. Un bilancio pesante e amaro insieme che pesa sulle spalle di una scuola che si chiede il perché di tanto vandalismo. «Sembrerebbe un’azione dimostrativa - riprende Rigon - da parte di chi conosceva bene lo stabile, sapeva come muoversi all’interno e soprattutto dove colpire». Del resto nessuna parte dell’edificio è passata indenne e il “branco” deve avere avuto tutto il tempo di scorrazzare nell’atrio, al primo e secondo piano, in palestra e infine nel bar dove le macchinette antiscasso con vetro temperato sono state prese a mazzate fino a ridurle a catorci. «È chiaro che chi ha colpito ha portato con sé l’attrezzatura per farlo - prosegue Rigon - del resto i carabinieri che hanno setacciato anche l’esterno dell’istituto non hanno trovato nessun oggetto che avrebbe potuto essere utilizzato a questo scopo». Cioè distruggere, questa “la logica nell’illogicità del gesto”, dicono al Canova, scuola inquietata e ora anche un po’ spaventata da una follia notturna ancora senza volto.

Le indagini
“Acab”: quella è una firma che viene utilizzata da molti
Le iscrizioni fanno riferimento alla “ganja” o marijuana Al momento esclusi collegamenti con gli episodi di febbraio

(fe. ba.) Le indagini dei carabinieri di Vicenza continuano per inchiodare i responsabili del furto all’istituto Canova e dei gravi danneggiamenti alla struttura. Al momento l’ipotesi principale a cui lavorano gli inquirenti è quella di una “rappresaglia” da parte di ragazzi che avevano un conto in sospeso con la scuola, colpevole magari di averli bocciati. Le scritte apparse su una lavagnetta in una delle aule danneggiate e che recavano a chiare lettere la scritta “Acab”, allo stato attuale delle indagino non sembrano infatti direttamente collegate con gli episodi di imbrattamento della sede di An e della Cgil (nella foto) accaduti a febbraio e che hanno una dinamica completamente diversa dalla violenza con cui i vandali del Canova si sono accaniti sulle strutture della scuola. Per gli episodi in piazza Biade e in via Vaccari era stato fermato e denunciato un giovane di Vicenza ma poiché la sigla “Acab” - acronimo della frase inglese all cops are bastard (tutti i poliziotti sono bastardi) - è piuttosto comune nel linguaggio dell’estrema sinistra giovanile e anche sul web si trovano numerosi riferimenti potrebbe trattarsi anche di un depistaggio, fanno sapere alla Digos che ha un fascicolo su Acab dal ’96. Sulla lavagnetta sono state trovate le scritte: “Acab odia pulae; Acab fuma; Acab ganja”. L’ultima riga, forse un po’ incomprensibile per i profani, fa riferimento al nome con cui in Giamaica si chiama comunemente la marijuana e si tratta quindi di un messaggio in linea con la “filosofia” abbracciata da coloro che utilizzano questa sigla e che vogliono la liberalizzazione delle droghe leggere. Ma potrebbe essere anche un riferimento al personaggio comico della trasmissione Zelig, Ganja man (al secolo il comico Gianni Cinelli), appunto, che dal palco della trasmissione di Mediaset ironizza sugli effetti di questo “farmaco”. In questo caso l’ultima riga conterrebbe un messaggio quasi goliardico se non fosse per i danni arrecati ai locali, tutt’altro che comici. L’episodio del Canova, rilevano gli inquirenti, non si può definire un semplice furto perché il danneggiamento degli schermi dei computer, il rovesciamento del toner delle fotocopiatrici sui pavimenti dei locali e altri danni “gratuiti” lasciano intendere un acrimonia e una rabbia notevole. Ecco perché la prima pista imboccata dalle indagini è quella “interna” cioè la ricerca di persone o addirittura studenti che avessero qualche motivo per accanirsi in quella maniera contro le strutture scolastiche, un’opera distruttrice che è andata avanti per parecchie ore e che ha coinvolto certamente più persone.