Piccole ditte, grande disoccupazione
In quelle con meno di 15 dipendenti
la mobilità è schizzata in alto: + 30%
di Eugenio Marzotto
Il mondo del lavoro si spacca in due: da una parte gli occupati nelle medie e grandi aziende, dall’altra quelli delle piccole strutture. Oggi chi rischia di più di perdere il posto di lavoro è impiegato nelle aziende con meno di 15 dipendenti.
Lo rivelano i dati forniti dal neo assessore provinciale al lavoro Giulio Bertinato che ha messo insieme i numeri che arrivano dai Centri per l’impiego e dall’Istat, confrontando i primi sei mesi di quest’anno con lo stesso periodo del 2004.
Se la disoccupazione nasce nelle piccole e piccolissime aziende, che non ce la fanno più a competere, cala invece anche se di pochissimo, la mobilità nelle aziende più strutturate. Fenomeni che alla fine danno un 3,3 per cento di tasso di disoccupazione, contro il 4,2 per cento veneto e l’8 per cento italiano. Il dato che preoccupa è quello della mobilità di lavoratori occupati in aziende con meno di 15 dipendenti, schizzate ad un +30 per cento, rispetto all’anno scorso, un totale di 1.175 dipendenti in meno, tra queste 659 donne.
Va meglio nell’impresa con più di 15 dipendenti dove si registra un calo del ricorso alla mobilità. Si è passati infatti dai 1.123 lavoratori del 2004 ai 1.115 (546 donne) dei primi mesi di quest’anno.
Si riduce notevolmente la morìa del tessile che ha perso sì 405 lavoratori, ma nel 2004 nei primi sei mesi erano stati 514. Si ferma la disoccupazione anche nel metalmeccanico, con 275 esuberi, e nella concia, 102.
L’altra faccia della medaglia, come detto, sono le piccole aziende. Da gennaio a giugno si sono persi 284 posti di lavoro nel metalmeccanico, 240 nel tessile, 131 nell’oreficeria.
Sono in tutto 54 le aziende che hanno avviato la procedura di mobilità trovando l’accordo con la Provincia nel primo semestre, perdendo di fatto il 15,8 per cento della forza lavoro. Una decina le aziende che hanno cessato l’attività. Per quanto riguarda invece la cassa integrazione straordinaria, spesso anticamera della mobilità, fino a oggi ne hanno fatto ricorso undici aziende, per un totale di 575 addetti, pari al 64 per cento della forza lavoro.
Su quel 3,3 per cento di tasso di disoccupazione totale, il 5,2 per cento è composto da donne, provenienti soprattutto dal mondo del tessile.
L’analisi che ne deriva, secondo gli uffici della Provincia, è chiara. Non c’è più spazio per le aziende manufatturiere in senso classico di piccole dimensioni, e a pagarne le conseguenze sono i lavoratori che non possono accedere agli stessi ammortizzatori sociali dei colleghi che lavorano nella grande impresa. Infatti mentre i primi possono avvalersi di un fondo messo a disposizione a livello regionale di 35 milioni di euro, i secondi ottengono in stato di mobilità un’indennità di disoccupazione pari a circa l’80 per cento dello stipendio almeno per qualche anno.
«La preoccupazione c’è, ma non siamo al disastro, il sistema economico traballa ma non ci sono traumi», è il primo commento di Giulio Bertinato che da circa due mesi si trova a gestire l’assessorato al lavoro di palazzo Nievo. «L’aumento della disoccupazione è evidente, ma le soluzioni per gestire un momento difficile ci sono».
È lo stesso Bertinato ad annunciare che quel tavolo di concertazione per affrontare la crisi, auspicato da più parti ci sarà: «La presidente Dal Lago l’aveva promesso e in autunno ci siederemo insieme con parti sociali e associazioni di categoria per affrontare i problemi. Ma ad una condizione: che non si disperda il tempo e che si fissi un’agenda per intervenire con azioni concrete. Le analisi della situazione le conosciamo tutti, ognuno di noi ha delle carte da mettere sul tavolo, prima si mettono e prima tenteremo di risolvere i problemi».
E tra le questioni che Giulio Bertinato pone subito all’ordine del giorno c’è “l’incrocio delle informazioni per favorire domanda e offerta”. «Di aziende che cercano manodopera ce ne sono tante anche nel tessile - insiste Bertinato -. Sono sicuro che se riuscissimo ad intercettare le richieste delle imprese coi bisogni dei lavoratori, ridurremo quel tasso di disoccupazione almeno di un punto».