Ogni gestore dovrà pagare 20 mila euro all’anno, ma sono previste agevolazioni
se un unico sito verrà sfruttato per installare più impianti di diverse compagnie
(g. m. m.) Prendi quattro e paghi meno di due. Il Comune lancia le sue tariffe per l’installazione di antenne su immobili di proprietà comunale.
Nel novembre del 2004, infatti, l’assessorato all’urbanistica aveva predisposto un protocollo d’intesa con i gestori di telefonia mobile, Tim, Vodafone, Wind e H3g per pianificare e razionalizzare la diffusione di stazioni radiobase nel territorio comunale.
Una mossa dettata dalla sempre crescente preoccupazione da parte dei cittadini per fenomeni di “antenna selvaggia”.
Tutto questo tanto più in vista dell’ondata di antenne richieste con l'arrivo della nuova generazione di telefonia cellulare (gli Umts) e nonostante tutti gli impianti siano soggetti a controllo e valutazione da parte dell’Arpav.
Una delle soluzioni caldeggiate nel protocollo d’intesa prospetta la possibilità di installare nuovi impianti su siti di proprietà comunale.
Una soluzione che permetterebbe maggiore controllo, maggiore capacità di pianificazione e indirettamente potrebbe comportare una forma di calmierazione dei prezzi.
«Effettivamente - si legge nella delibera presentata a quattro mani dagli assessori Valerio Sorrentino (ecologia) e Maurizio Franzina (urbanistica) - alcuni immobili comunali potrebbero essere idonei a garantire un più elevato livello di tutela della salute della popolazione e dell’ambiente».
Contemporaneamente si punta a promuovere il cosiddetto co-siting, vale a dire l’installazione di più antenne in un unico sito.
Di qui la decisione di stabilire un vero e proprio tariffario, che prevede un canone annuo di 15 mila euro per un gestore in un sito. Con due gestori per sito il canone sarà di 20 mila euro, con tre gestori sarà di 24 mila euro, con quattro sarà di 26 mila euro.
La durata delle concessioni sarà di tre anni.
Qualora un gestore accetti di spostare su un immobile comunale un’antenna installata su un’area privata, la convenzione varrà quattro anni, con il primo gratuito, considerate le spese per lo spostamento.
Fiamm, 180 operai in esubero
Dura reazione del sindacato che blocca tutte le merci in uscita
di Eugenio Marzotto
Il numero era nell'aria ed è arrivato. La Fiamm chiede al sindacato 180 esuberi, quasi la metà degli attuali 420 dipendenti sommando la forza lavoro di Almisano e Montecchio.
La risposta del sindacato è immediata: blocco totale delle merci nei due stabilimenti che producono trombe auto e batterie industriali, mentre oggi riparte la trattativa dalle 15, l'unica nota positiva di una giornata buia, dove negli uffici di viale Europa si è discusso di tagli e produttività delle sedi Fiamm.
Che qualcosa non stesse andando nel verso giusto si era capito già nella serata di martedì. Pochissimi i commenti dei rappresentanti di Fim, Fiom e Uilm al termine di un incontro fiume che ieri ha avuto il triste epilogo.
Quel 180 arriva da un'analisi tecnica dei vertici aziendali. Nel futuro stabilimento unico di Almisano si andrebbero a produrre due milioni di batterie i meno (oggi seno 10milioni) e 350mila batterie contro le 750mila attuali. Un volume di pezzi prodotti che porterebbe ad un impiego di 240 operai. Semplici divisioni dunque ed è proprio il metodo che più contestano i sindacalisti che accusano l'azienda di non tener conto dell'impatto sociale, non molto diverso nella forma da quei 420 ipotizzati quasi un mese fa.
«È una soluzione inaccettabile - commenta Maurizio Ferron della Fiom - si tratta di un numero esagerato, oggi riprende la trattativa e vedremo se l'azienda è disposta a cambiare impostazione. Il tema vero, che la Fiamm non ha ancora chiarito, è per chi produrrà lo stabilimento e su quali mercati e solo allora si potranno fare numeri. Spiace constatare che non si sia resi conto dell'impatto sociale anche se era prevedibile che si arrivasse ad una proposta così drastica, dopo le intenzioni di trasferire tutta la produzione».
Oggi si discuterà solo di numeri con la speranza di andare a proporre ai lavoratori una bozza di accordo. Allungare i tempi della trattativa a questo punto non giova a nessuno. «Certo è - spiega Antonio Sirimarco della Fim - che le risposte dell'azienda sono state di tipo tecnico, non hanno considerato il risvolto sociale della questione. Vedremo oggi».
Aumentare la produzione nel vicentino, allontanare l'ipotesi di trasferire all'estero le produzioni, saturare le linee di Almisano. Si parlerà anche di questo oggi pomeriggio a confermarlo è Carlo Biasin della Uilm: «Dobbiamo insistere sulla produttività, più si andrà a produrre, più gente rimarrà in organico, ma la Fiamm deve rinunciare almeno per adesso alla delocalizzazione».
In ogni caso ci vorrà un anno e forse più, perché l'azienda riorganizzi in uno stabilimento unico la produzione sia delle batterie che degli avvisatori acustici. I nuovi esuberi insomma non ci saranno da subito, ed è sul fattore tempo che il sindacato sta già pensando di agire per la ricollocazione del personale.