23 MARZO 2006

dal Giornale di Vicenza

L’Alta velocità passerà per Vicenza
Acab ora ha un nome Denunciato studente
«Sfratti? Scriveremo a Galan»
«Leggi Biagi e Bossi-Fini: con noi Berlusconi è deciso a cambiarle»
SCHIO.Genova, la testimonianza di un geometra scledense al processo sui fatti del G8

L’Alta velocità passerà per Vicenza
Previsti anche un parcheggio da 520 posti e soldi per il tunnel viabilistico

di Gian Marco Mancassola

Ora è ufficiale: l’Alta velocità passerà per Vicenza. La lunga attesa è finita. Ieri a Roma si è riunito il Cipe, il comitato interministeriale per la programmazione economica. Dalla seduta sono stati sfornati decine di progetti. Nel mucchio, c’era anche la tratta della Tav fra Verona e Padova, il tassello che mancava sull’asse della pianura Padana. Il via libera riguarda la variante al progetto presentato nel 2003 dalle Ferrovie. I supertreni non correranno più lungo binari affiancati all’autostrada, ma lungo i binari, potenziati, ammodernati e raddoppiati, della linea storica. Questo significa che passeranno attraverso la stazione del capoluogo berico.
La blindatura. Uno dei protagonisti dello storico risultato per Vicenza e provincia è stato l’assessore comunale alla Mobilità Claudio Cicero, che anche ieri era a palazzo Chigi per sorvegliare fino all’ultimo passaggio l’iter del progetto preliminare. Come spiega l’assessore, nell’ultima seduta prima della fine della legislatura, il Cipe «ha blindato il progetto. Indietro non si torna». La modifica più rilevante per le sorti del territorio vicentino riguarda il segmento fra Montebello e Vicenza. La variante approvata prevede che venga realizzato un tunnel di quattro chilometri sotto Altavilla, fra l’attuale casello di Montecchio Maggiore e Ponte Alto, alle porte di Vicenza. Qui i treni veloci risaliranno in superficie: i binari della Tav si innesteranno nella linea storica. «Questo sarà il punto clou - spiega l’assessore - perché qui avverrà l'interconnessione per passare dalla linea lenta a quella veloce e viceversa». La formazione a quattro binari entrerà dentro il capoluogo, protetta da speciali barriere anti-rumore che schermeranno lo sferragliamento dei convogli, creando una sorta di tunnel in superficie. In stazione si procederà a un lavoro di riammodernamento complessivo, con nuova segnaletica, nuove pensiline e nuove infrastrutture. Dopo la stazione prenderà forma un bivio: a sinistra, verso Treviso, si incanaleranno i merci; dritto, verso Padova, proseguiranno i passeggeri lungo la linea storica. I binari torneranno a raddoppiarsi da Grisignano in poi.
La viabilità. Il Comitato interministeriale, presieduto dal premier Silvio Berlusconi, ha dato il via libera anche a due aspetti connessi alla Tav, ma che riguardano il Comune e la viabilità automobilistica. Il disegno generale è quello di concepire la stazione come un grande polo di interscambio fra mezzi pubblici e privati. Per questa ragione, vanno migliorate nell’ottica del Cipe tutte le soluzioni infrastrutturali per facilitare questo scambio. Due le vie individuate. La prima è l’inserimento nel progetto della costruzione di un parcheggio da 520 posti, in parte in superficie e in parte sotto terra, da ricavare sul lato dello scalo merci, fra la stazione dei treni e quella delle corriere. La seconda è assicurare un contributo per un totale di 115 milioni di euro da assegnare al Comune per la realizzazione del tunnel viabilistico sotto la città, che Cicero punta a realizzare con la formula del project financing, mettendo cioè insieme capitali pubblici e privati. Il ministero delle Infrastrutture, infatti, autorizza Rfi a stipulare un apposito accordo di programma con il Comune.
La seconda fase. Molti si chiederanno che fine abbia fatto, in tutti questi discorsi, la galleria sotto Vicenza di cui si è a lungo discusso in questi anni. Ebbene, Cicero parla di fasizzazione del progetto. In questa prima fase, già approvata, il tunnel non c’è. Ci sarà in una seconda fase, ancora tutta o in gran parte da definire. Il tunnel si articolerebbe fra Ponte Alto, dopo la zona di interconnessione, e la zona compresa fra Settecà e Lerino. Nella seconda fase verrà anche raddoppiata tutta la linea fra Vicenza e Grisignano. I costi. Va precisato che il Cipe ha approvato il progetto preliminare, ma non lo ha ancora finanziato. In ogni caso, il costo di tutta la tratta Verona-Padova è di 3.300 milioni di euro, che saliranno a 4.400 quando sarà condotta a termine anche la seconda fase. Il 2006 verrà speso per unificare e completare i progetti, e per finanziarli: senza soldi, non si fa nulla. Dal 2007 si dovrebbe entrare nella fase operativa. L’obiettivo enunciato a Roma, infatti, è di completare la tratta veneta entro il 2013. «È una grande vittoria per tutti i vicentini. In questo modo Vicenza non resta esclusa e non viene consumato territorio», esulta Cicero, che ringrazia Tav, Rfi, ministeri, Regione, partito e categorie economiche per averlo sostenuto. «Questa è una pietra miliare nella storia di Vicenza - chiosa il sindaco Enrico Hüllweck - è stato un percorso sofferto, ma alla fine abbiamo portato a casa il risultato». Lo spauracchio dei binari sopraelevati, appesi a 18 metri di altezza sopra l’autostrada e la basilica di S. Agostino, appare definitivamente scacciato. Ieri il Cipe ha approvato il progetto preliminare per la parte in variante della tratta Verona-Padova, vale a dire il segmento fra Montebello e Vicenza. Rispetto ai piani originari di Rfi, viene cancellato dalle mappe progettuali l’affiancamento all’A4 e si prosegue ora lungo la linea storica. Come spiega l’assessore vicentino alla Mobilità e ai Trasporti Claudio Cicero, la nuova versione della tratta prevede l’interramento nella zona dell’attuale casello di Alte Ceccato, destinato come noto ad essere trasferito. Da Alte i supertreni proseguiranno verso il capoluogo infilandosi in un tunnel di 4 chilometri e 150 metri che attraverserà sottoterra tutto il territorio di Altavilla. Le locomotive rimetteranno il muso all’aria aperta nella zona di Ponte Alto, per proseguire in superficie in direzione della stazione di Vicenza, dove transiteranno alla velocità “moderata” di 100 chilometri orari. Da qui, i binari si dirameranno in due direzioni: le merci verranno spedite verso Treviso, i passeggeri verso Padova. Nella prima fase, quella approvata, da Vicenza a Grisignano si proseguirà lungo la linea storica; da Grisignano, invece, verranno raddoppiati i binari. La seconda fase, ancora da definire, prevede invece il secondo tunnel, quello sotto Vicenza, che si aprirà dopo Ponte Alto e fra Settecà e Lerino. Il progetto è questo: ora serve il finanziamento.


Le scritte
Acab ora ha un nome Denunciato studente
Caserma Chinotto: identificato anche un altro vandalo

(d. n.) Identificato e denunciato uno dei giovani che ha tinteggiato i muri della città con gli slogan di Acab, che si dichiarava in lotta contro i “servi” del sindacato, contro Gianfranco Fini e a favore dell’antiproibizionismo. La Digos ha segnalato in procura P. V., 18 anni, studente del Lampertico, che abita in zona Anconetta. Frequenta il Capannone sociale, partecipa alle iniziative dell’Unione degli studenti e del Coordinamento studentesco, non ha precedenti penali ed è accusato di imbrattamento e danneggiamento per le scritte comparse sulla sede della Cgil in via Vaccari, su quella di An in piazza Biade e su parecchi altri stabili, da Anconetta a corso S. Felice. La polizia sta cercando almeno un altro complice. Era la notte del 18 febbraio scorso quando alcune persone, con pennarelli indelebili, vergarono sul portone di An e quindi in via Vaccari delle scritte contrarie alla nuova legge sulla droga e di attacco politico al sindacato, meritando parole pesanti da parte degli esponenti politici. Successivamente si scoprì che analoghe frasi, sempre firmate Acab (con la dicitura Achab è il capitano che voleva ammazzare la balena bianca Moby Dick nel celebre romanzo di Melville, ma in realtà è acronimo di All cops are bastard, cioè letteralmente “Tutti i poliziotti sono bastardi”), campeggiavano in altri muri di Vicenza. La sigla non era sconosciuta in questura: scritte analoghe però risalivano al biennio 1996-98. Quella notte le telecamere installate dal Comune in piazza dei Signori e in altri punti del centro storico filmarono almeno un paio di persone impegnate a scrivere davanti alla sede di An. Le registrazioni però non permisero di riconoscere gli autori, anche perché erano coperti dal cappuccio e l’oscurità non permetteva una visione chiara. Grazie alle riprese, però, i poliziotti della Digos, guidati dal vicequestore Eduardo Cuozzo, riuscirono a farsi un’idea dei movimenti dei writers nostrani. Gli investigatori costruirono una mappa delle scritte riuscendo a scoprire come i giovani fossero partiti da viale dell’Industria per concludere l’opera in zona Anconetta. Come a dire che erano arrivati a casa. I sospetti si concentrarono su V., e i poliziotti ottennero dal pm Barbaglio un mandato di perquisizione. In casa non furono trovati pennarelli, ma un foglio di quadernone in cui campeggiava la scritta Acab, vergata con le stesse caratteristiche grafiche: a tradire V. sarebbe stato il tratto con cui legava la seconda A con la B. Identico, secondo gli inquirenti, sia sui muri che sul quadernone. Il vicentino È stato denunciato e nelle prossime settimane sarà sentito. Nel frattempo proseguono gli accertamenti per individuare il complice. Un secondo ragazzo, D. S., 17 anni, studente residente in città, è stato denunciato dalla Digos alla procura dei minori per imbrattamento. Gli agenti lo hanno riconosciuto dai filmati fra le 7-8 persone che il 19 gennaio scorso, durante la manifestazione dei Disobbedienti con Luca Casarini davanti alla caserma Chinotto con la Gendarmeria europea, mentre scriveva sui muri alcuni slogan, fra cui “Stop global war”. È stato riconosciuto fra la folla di giovani grazie al fatto che portava un casco e un passamontagna che poi si è tolto. Gli altri sono ancora in via di identificazione.


Il Lisipo chiede aiuto alla Regione per la questione degli appartamenti delle forze dell’ordine
«Sfratti? Scriveremo a Galan»
«Dovevano avvisarci prima: molti si troveranno su una strada»

«Scriveremo al presidente Galan e al Ministero per chiedere consiglio e aiuto: la situazione per molti nostri colleghi è pesantissima». A parlare è Tonino Curci, segretario provinciale del Libero sindacato di polizia (Lisipo), che è intervenuto sulla questione degli appartamenti agli appartenenti alle forze dell’ordine. In città sono centinaia gli operatori della sicurezza che vivono in abitazioni dell’Ater e che pagano un affitto proporzionato al reddito. L’azienda territoriale ha comunicato a coloro che sono andati in pensione o alle famiglie di coloro che sono mancati che devono lasciare gli appartamenti. Lo prevede la legge regionale, quando si sia conclusa l’attività di poliziotti, carabinieri, finanzieri o agenti di polizia penitenziaria. «Non vogliamo certo violare le leggi ma chiedere aiuto per i nostri colleghi - precisa con pacatezza Curci -. Ad una certa età, fra i 50 e i 60 anni, non c’è nessuna banca che dà un mutuo per comprarsi una casa, per la quale i pensionati hanno tempo un mese. Ci chiediamo perché la comunicazione non sia arrivata prima (è arrivata anche a chi è in pensione da 10 anni), perché al momento della stipula del contratto questo aspetto non sia stato evidenziato maggiormente. Il mutuo sarebbe stato fatto prima. Senza dire che a tutt’oggi ci sono degli alloggi sfitti: perché non occupare quelli prima di mandare via chi vive da decenni in un appartamento? Molte famiglie sono molto preoccupate, non sanno dove andare a vivere. Cerchiamo una soluzione condivisa».


Alessandra Mussolini ha presentato i candidati vicentini di Alternativa sociale
«Leggi Biagi e Bossi-Fini: con noi Berlusconi è deciso a cambiarle»
L’accordo con il premier prevede una revisione delle due normative

(a. t.) Conterà anche meno dell’1 per cento elettorale - come misurano i sondaggi del Cavaliere diffusi dai suoi aficionados, quando si tratta di minimizzare l’accordo di febbraio - ma è una percentualina comunque importante, tra venti giorni alla conta dei voti per il Parlamento, quella che Alternativa sociale apporta alla Casa delle libertà. Il premier lo ha riconosciuto e ha dato spazio ai numeri (piccoli) e alle idee (pugnaci fino al confine della conflittualità con chi nella coalizione già c’è da sempre) dell’estrema destra. Ed è proprio per questo che la federazione imperniata sul nome di Alessandra Mussolini può oggi vantare ed esibire almeno un paio di potentissimi e controversi propositi programmatici firmati con Silvio Berlusconi: il primo è la modifica della legge Biagi («con noi il premier si è impegnato a cambiarla») e il secondo un ritocco nel concreto della legge Bossi-Fini («una legge di sinistra, è stata una sanatoria»). Se ha ragione la Mussolini - che ieri era a Vicenza per una tappa del suo tour d’incontri con la stampa e la militanza nel Nord Est e in Lombardia - due punti-chiave dell’attività di governo del centrodestra nel passato quinquennio verranno messi in discussione. Il primo nel senso dell’apertura al “sociale”: «Restiamo colpiti quando incontriamo le famiglie che hanno in casa giovani di trent’anni col lavoro precario». Il secondo nel senso di una chiusura restrittiva delle norme: «A partire dall’espulsione nei paesi d’origine dei detenuti extra-comunitari perché scontino lì la pena». Mussolini & C. a Vicenza, dunque, accolti dalla dirigenza di Azione sociale e Forza Nuova (manca qui il Fronte nazionale, terza componente del trifoglio della «Destra che non rinnega il passato» e resta fedele al non nominato ma incombente messaggio politico post-fascista) e venuti a spiegare il perché della ’normalizzazione’ che li ha portati in uno schieramento elettorale che contestano («c’è troppo centrismo»). La leader ha fornito così la spiegazione: «Perché Silvio Berlusconi ha stretto con noi quel patto. Perché portiamo nel centrodestra una caratterizzazione di destra. Perché sono state accolte le nostre idee sulla difesa della famiglia, dell’identità nazionale, dell’intervento sociale dello Stato». In contraccambio? Praticamente niente, se si misura con l’abituale metro delle poltrone: «Noi non abbiamo posti sicuri garantiti nelle liste di Forza Italia, come fanno i segretari di qualche altro partito» ha punzecchiato la Mussolini contro i democristian-socialisti di Gianfranco Rotondi e Gianni De Michelis o i repubblican-forzisti di Giorgio La Malfa. O praticamente molto, se si considera l’eccezionale sdoganamento politico che porta - caso più unico che raro in Europa - l’estrema destra accusata di xenofobia e nostalgie “nere” in un’alleanza di governo.

«Siamo contro il centrosinistra che è il Male Assoluto e l'Antivalore per eccellenza. Combattiamo le Sacre Battaglie su patria, tutela sociale, famiglia, religione» dichiara Roberto Bussinello, capolista al Senato nel Veneto, presente ieri a Vicenza con Alessandra Mussolini. «La nostra presenza, con nostre liste, nella coalizione è un fatto importantissimo - aggiunge Paolo Caratossidis, multicandidato alla Camera in giro per l'Italia, con una sfida a Alleanza nazionale - perché siamo catalizzatori di una Destra che non accetta di finire nel pantano centrista». «Quello per Alternativa sociale - completa Alex Cioni andando in cerca di voti degli aennisti meno morbidi e meno finiani - stavolta è un voto utile». Utile anche se l'obiettivo elettorale è difficile: Alternativa sociale ha come speranza principale quella di raggiungere la 'soglia minima' del 2 per cento nazionale, che vorrebbe dire una dozzina di deputati (ma niente senatori, che 'costano' proibitivamente in termini di voti). «Possiamo farcela, sarebbe una sorpresa che farebbe venire un attacco a qualcuno che so io...» profetizza la Mussolini. In alternativa, l'estrema destra può sperare nelle bizzarrie di una legge elettorale che non le piace («è altamente penalizzante per le formazioni che si presentano fuori dagli schieramenti maggiori»): in pratica che i concorrenti diretti nella classifica dei 'migliori perdenti' di centrodestra (il tandem Dc-Autonomisti/Nuovo Psi) facciano loro il 2 per cento e lascino al marchio-Mussolini il posto in graduatoria come 'miglior perdente' della coalizione. Una sconfitta? No, un guadagno, perché il piazzamento a ridosso dei vincenti varrebbe comunque una decina scarsa di posti a Montecitorio. Come? Proprio grazie a uno dei marchingegni della «porcata» congegnata dall'ex-ministro leghista Roberto Calderoli.


Nel 2001 gli scontri fra no global e polizia
Genova, la testimonianza di un geometra scledense al processo sui fatti del G8

(m. sar.) Un pomeriggio di follia, sfociato in una carica delle forze dell’ordine che provocò un fuggi fuggi generale e una ventina di contusi solo fra i partecipanti alla manifestazione partiti da Schio. Al processo per i fatti di Bolzaneto, risalenti al 21 luglio 2001 durante il G8 di Genova, ieri l’attivista scledense di Rifondazione Comunista Claudio Benetti, 49 anni, geometra con la passione per il volontariato nell’Agesci, associazione dei boy scout, è stato chiamato a testimoniare su quanto accadde nella caserma. Ma anche a rammentare quel terribile sabato in una Genova assediata da no global e polizia, mentre ancora l’Italia e il mondo intero erano scossi dalla morte di Carlo Giuliani in piazza Alimonda. «Pensavamo che la tragica fine di Giuliani provocasse defezioni nella nostra comitiva - ricorda Gianmarco Anzolin, attuale segretario dei “rifondatori” e uno dei promotori della spedizione scledense -. Invece siamo riusciti a riempire ben quattro pullman in partenza da Schio. Tutto è filato liscio al mattino, ma al pomeriggio, quando eravamo in corteo e stavamo pacificamente cantando “Bandiera rossa”, siamo stati imbottigliati e caricati dalla polizia. La maggior parte di noi è riuscita a fuggire, ma almeno una ventina di persone ha riportato ferite e botte. Claudio è rimasto intrappolato». «Non sono riuscito a scappare - conferma Benetti, raggiunto ieri pomeriggio al telefono mentre stava ritornando dopo aver deposto al tribunale genovese -. Mi sono ritrovato schiacciato addosso a un muro, coperto dai gas dei lacrimogeni dai quali mi sono difeso indossando un passamontagna bianco. Un poliziotto mi ha accusato di essere un lanciatore di pietre e, nonostante i miei dinieghi, sono stato condotto alla Fiera per essere perquisito, insultato e colpito con calci alle gambe. Quello più tremendo è stato un pugno allo sterno che mi ha lasciato boccheggiante. Il mio medico a Schio ha riscontato un ematoma di sei centimetri di diametro». Secondo quanto racconta Benetti, le percosse e le sopraffazioni continuarono a Bolzaneto, dov’egli è rimasto fino al pomeriggio del giorno successivo, quando è stato tradotto al carcere di Alessandria, da cui è stato liberato in tarda serata. «Ci siamo trovati sulla strada, senza la notifica di un capo d’accusa, senza mai aver potuto telefonare ad un avvocato: solo dopo ho saputo che i compagni di Schio ne avevano già messo al lavoro uno». Nella deposizione di Benetti non ci sono solo ricordi dolorosi: «All’inizio della notte sono stati di guardia i carabinieri - ha riferito ieri ai magistrati - ed è stato il periodo migliore. Ci hanno lasciati per qualche tempo seduti, ci hanno portato dell’acqua, qualcuno di loro è venuto anche in seguito a confortarci. Si vedeva che soffrivano più di quanto soffrivamo noi. Vorrei conoscere i loro nomi per ringraziarli personalmente. Quelli che ci bastonavano erano della polizia e della guardia carceraria o penitenziaria».