23 MARZO 2005

dal Giornale di Vicenza

Gli operai rimangono senza stipendio.
MONTE DI MALO. Incatenati a palazzo Nievo

Teatro . Cgil contro Comune
Gli operai rimangono senza stipendio
«Sciopero e decreto ingiuntivo»

di Chiara Roverotto

Il giorno 20 è trascorso senza che gli operai della Cogi, l’impresa che ha vinto l’appalto per la costruzione del teatro, ricevessero lo stipendio di febbraio. Busta paga che, sulla base del capitolato, dovrebbe essere liquidata dal Comune visto che l’impresa è inadempiente da tempo. In effetti l’Amministrazione ha versato ai dipendenti i corrispettivi di dicembre e gennaio, ma ora pare ci siano problemi con la Direzione provinciale del lavoro, pertanto le buste paga relative a febbraio sono state “congelate” in attesa di ulteriori verifiche. « Di fatto - spiega la dott. Leonardi - l’ispettorato deve accertare se sono stati eseguiti all’interno del cantiere di viale Mazzini lavori che giustifichino il pagamento degli operai da parte del Comune ». E qui il problema si fa serio anche perché il cantiere è bloccato dallo scorso 20 gennaio, data in cui i lavoratori scioperarono perchè non avevano ricevuto lo stipendio. Non solo, decisero di manifestare in Consiglio Comunale e in seguito a quest’iniziativa l’amministratore unico della Cogi, Giuseppe Coccimiglio, decise di licenziarli. La Fillea-Cgil, con i propri legali, impugnò il provvedimento e dopo un paio di settimane ottenne una sentenza favorevole: il giudice del lavoro, Luigi Perina, infatti, decise non solo per il reintegro degli operai all’interno dell’impresa, ma nel cantiere di Vicenza. Da allora, il Comune dovette farsi carico degli stipendi, ma ora la situazione si complica ulteriormente anche perché il Comune ha rescisso il contratto con l’impresa fiorentina per la costruzione del teatro e le motivazioni sono state spiegate dall’assessore Ancora nel corso del Consiglio comunale della settimana scorsa. In sostanza si tratta del mancato versamento dei contributi alla Cassa edile che rappresenta una palese violazione degli obblighi contrattuali: in assenza dei versamenti, infatti, non vengono riconosciuti gli stati di avanzamento dell’opera. La sospensione dei lavori da parte dell’appaltatore senza alcun motivo apparente, o meglio senza che venisse giustificata. Il ritardo nell’esecuzione dell’opera rispetto ai cronoprogrammi fissati dal direttore e, quindi, la mancata retribuzione degli operai. Se questo è quanto sostiene l’assessore Ancora, i sindacati dall’altra parte continuano a dire che i lavoratori devono essere pagati, dal momento che la rescissione avverrà il prossimo 5 aprile, pertanto i dipendenti restano in carico all’azienda che li ha assunti. « Non solo - aggiunge Antonio Toniolo, segretario della Fillea Cgil - non possiamo nemmeno ricorrere alla cassa integrazione straordinaria visto che di fatto gli operai sono stati sì licenziati, ma anche reintegrati dal giudice. Senza dimenticare i problemi che ci potranno essere con permessi di soggiorno e via di questo passo. La maggior parte dei lavoratori arriva dalla Moldavia piuttosto che da altri Paesi d ell’Est e la legge al riguardo è chiara: senza contratto non si rinnova il permesso. E poi ricordiamoci che si tratta di famiglie che devono pagare l’affitto e altre spese ». Cosa cosa fare? Secondo i legali della Cgil quello dell’Ispettorato del lavoro è un falso problema dal momento che la ditta rimane ancora legata al Comune. « Ciò non toglie che se la situazione non si sblocca - interviene Danilo Andriollo della segreteria provinciale della Cgil - potremmo anche pensare ad un decreto ingiuntivo contro il Comune per costringerlo a pagare i lavoratori. Ma potremmo anche decidere per uno sciopero della categoria. Sta di fatto che siamo di fronte ad un paradosso, dal quale dobbiamo uscire e questo lo diciamo da tempo ». Nel frattempo il presidio del lavoratori del teatro davanti a palazzo Trissino prosegue.


Monte di Malo. Arriva in Provincia la protesta contro la miniera
Incatenati a palazzo Nievo
La presidente: «Ci attiveremo con la Regione»

( g. p. ) Prima sulla loro proprietà, poi davanti al municipio di Monte di Malo, ieri a palazzo Nievo a Vicenza. La terza puntata della protesta dei coniugi Silvano Vanzo e Maria Berlato ha avuto per scenario la sede della Provincia. Da quindici anni i coniugi, proprietari di sei ettari di terreno in contrà Vanzi, aspettando una risposta definitiva su una questione complicata: il loro terreno si trova all’interno della cava “Scarsi”, di cui è già stata sancita la fine dell’attività, oppure ricade nel perimetro della miniera “Canova”, dove si sta ancora scavando? Vanzo e Berlato sostengono la prima ipotesi, quindi chiedono che venga imposto lo stop a ogni ulteriore attività estrattiva. Di parere opposto è Silvano Nordera, rappresentante dell’industria mineraria “Quartiero”, secondo il quale il lavoro si sta svolgendo nel totale rispetto delle norme. Ieri a Vicenza i coniugi Vanzo hanno incontrato l’architetto Andrea Turetta, del Dipartimento territorio e lavori pubblici della Provincia, che ha riferito la loro situazione alla presidente Manuela Dal Lago. «Ci sono due autorizzazioni che si sovrappongono - spiega Turetta - Non è affatto semplice capire dove passino i rispettivi perimetri delle zone di cava e di miniera, anche perché negli anni la conformazione dei luoghi è cambiata notevolmente». «Ho chiesto ai nostri uffici di attivarsi con la Regione - aggiunge la presidente della Provincia - perché vengano fatte tutte le verifiche necessarie affinché sia chiaro, una volta per tutte, fin dove arrivi esattamente la concessione mineraria. Sulla quale, peraltro, la Provincia non ha competenze, diversamente da quanto accade per le cave». Intanto Silvano Vanzo e Maria Berlato non hanno alcuna intenzione di fermarsi e annunciano una prossima trasferta a Venezia, per portare la loro protesta sotto le finestre del presidente della Regione.