22 NOVEMBRE 2004

dal Giornale di Vicenza

"Poveri,il cibo scarseggia"
Volare, mistero da 500 milioni.
"Troppo cemento mancherà il verde.

Aumentano le richieste. «Se le famiglie chiedevano soldi, ora dobbiamo pensare anche ai pacchi di pasta piuttosto che al latte per i bimbi». Il problema riguarda gli stranieri ma anche molti vicentini. Sabato la giornata del Banco alimentare. Volontari anche in città
«Poveri, il cibo scarseggia»
In città le “mense” non bastano per rispondere a tutte le esigenze
di Chiara Roverotto

Gli anelli della catena della solidarietà a Vicenza si fanno sempre più fitti, ma non sono sufficienti. Le richieste aumentano: i pasti, i pacchi con generi alimentari che vengono distribuiti giornalmente, non sono che la cartina di tornasole di una città che deve fare i conti con immigrati senza lavoro, clandestini, con famiglie vicentine o immigrate che non ce la fanno a pagare le bollette ma, soprattutto, non sanno che cosa mettere in tavola. « Dallo scorso settembre - ammette don Giovanni Sandonà, direttore della Caritas diocesana - quelli che vengono a bussare allo sportello ci chiedono anche un chilo di pasta, piuttosto che una scatoletta di tonno. Questo non era mai accaduto prima: lo scorso anno abbiamo raccolto quasi 9 tonnellate di cibo grazie alle donazioni di ditte o di singoli. Ora, non ce la facciamo, le richieste sono aumentate... ».
L’ennesimo appello è stato lanciato ieri sulle pagine del nostro Giornale, ma fa parte di un cammino iniziato ancora lo scorso novembre, quando si sono aperte le porte del ricovero notturno di contrà Torretti che, ogni notte, permette a circa settanta persone (tra loro molte donne ucraine, moldave bielorusse) di dormire al coperto e di poter avere un pasto caldo. « Niente di impegnativo - spiega don Sandonà - una pasta con il tonno oppure con i piselli, un pezzo di pane e acqua in tavola... ». Ma carne, piselli, tonno, pasta e uova scarseggiano. « Ci siamo impegnati con la raccolta di vestiario anche per i carcerati e di questo dobbiamo ringraziare la generosità di moltissimi vicentini, ma l’emergenza ora riguarda i generi alimentari... ». Insomma, il cibo per i poveri non basta più. E a dirlo sono anche le statistiche nazionali: cinquantamila in più rispetto allo scorso anno. Salgono ad un milione 217.414 le persone che ogni giorno in tutta Italia ricevono un pasto caldo grazie alle associazioni e a quello che è stato creato, ancora nel 1988, da mons. Luigi Giussani e da Danilo Fossati presidente della Star, cioè il Banco Alimentare. « I nuovi poveri sono aumentati - ha ribadito Marco Lucchini, direttore del banco che ha una sede a Verona - i l cibo a disposizione non cresce in proporzione e le organizzazioni di carità ormai si trovano a dipendere quasi e soltanto dalle nostre donazioni ». In città chi utilizza i prodotti del Banco alimentare sono i frati di S. Lucia, che preparano il pranzo per una cinquantina di persone tre volte la settimana (lunedì, mercoledì e venerdì), mentre il mercoledì pomeriggio viene distribuito il pacco alimentare. « All’interno - spiega uno dei frati - ci sono olio, zucchero, pasta, pelati, scatolette e via di questo passo. Ne distribuiamo più di cento alla settimana a persone che conosciamo e sappiano qual è il loro livello di indigenza . Per quanto riguarda gli stranieri si tratta solo di regolari. Situazione peggiorata? Lo diciamo da un pezzo, fortunatamente possiamo contare sul Banco alimentare, altrimenti non riusciremo ad offrire l’assistenza che abbiamo messo in piedi fino a questo momento ». Tra chi si appoggia all’associazione di don Giussani anche il Mezzanino gestito con l’associazione Ozanam e la S.Vincenzo. « Dal banco ci arrivano grossi quantitativi di pasta riso, latte, sulla base della disponibilità che hanno - spiega l’avv. Enrico Vettori, presidente del centro - per il resto contiamo sulla generosità dei vicentini e delle ditte che ci vengono incontro. Senza dimenticare che qui arrivano immigrati che magari hanno trovato il primo impiego e non hanno i soldi nemmeno per pagarsi l’autobus. A loro anticipiamo qualcosa: dai 100 ai 150 euro al mese in base a dove devono andare. Al centro di contrà Fascina distribuiamo una media di 140 pasti serali in tre turni e le colazioni tutte le mattine sono più o meno altrettante. Fortunatamente contiamo su oltre un centinaio di volontari ». Le suore dorotee si arrangiano con i soldi della congregazione e anche loro lunedì sera, venerdì, sabato e domenica dalle 17.30 alle 18 distribuiscono una sorta di cestino. « Si tratta di un panino, di una scatoletta di tonno, due formaggini, di più non ce la facciamo ...».
«Stiamo tentando di separare l’emergenza della cura della povertà vera e propria - dice don Agostino Zenere, delegato vescovile per la Caritas di Vicenza - s i tratta di due cose diverse e molte parrocchie lo sanno bene, tra queste S. Bertilla che due venerdì al mese distribuisce generi alimentari e poi c’è tutta la rete assistenziale che si crea con l’assessorato agli interventi sociali. Sta di fatto - conclude don Agostino - che la crisi si fa sentire non solo per gli immigrati che non hanno parenti, ma anche per gli altri: famiglie che fanno fatica ad andare avanti» . Un piccolo aiuto al Banco Alimentare lo si potrà dare sabato prossimo, 27 novembre, davanti ai supermercati e ai centri commerciali dove decine di volontari, anche in città, distribuiranno ai vicentini che andranno a fare la spesa un sacchetto del Banco e un volantino che spiegherà con che cosa riempirlo: beni durevoli, che poi finiranno sulle tavole dei poveri anche a Vicenza. « A questo punto, non ci resta che contare sulla sensibilità della gente comune... ».


Volare, mistero da 500 milioni
La procura chiederà il fallimento?
Un buco occulto fa decollare le indagini della magistratura di Busto Arsizio

di Ivano Tolettini

Il fallimento è nei numeri dell’ennesima disfatta sull’altare del gigantismo senza conti in ordine. La procura di Busto Arsizio, che indaga su Volare, potrebbe chiedere entro breve lo stato d’insolvenza. Le possibili conseguenze da qualche giorno sono al vaglio del magistrato. Siamo ai primi capitoli di un altro crac con il solito corollario di polemiche e accuse reciproche dei protagonisti, consolidate da 320 milioni di debito (più 90 pare di occulti) e 60 di perdite solo per la gestione corrente. Quasi 500 milioni di euro che costituiscono un mistero. Gli aerei usati da Volare sono negli hangar e l’unico kerosene disponibile, invero abbondante, è quello che fa decollare col turbo l’inchiesta. L’ipotesi al momento è quella di falso in bilancio, ma visti i chiari di luna del fine settimane presto potrebbe infittirsi la lista delle accuse. Che la prospettiva sia la bancarotta, almeno come ipotesi di lavoro, è nella logica delle cose visto a che punto si è giunti. Del resto, com’è stato possibile in presenza di bilanci certificati che un rapporto di revisione di metà estate stilato da Kpmg sui rendiconti del triennio 2001-2003 mettesse in luce un ulteriore grave buco e irregolarità che soltanto sei mesi prima sembravano una bestemmia contabile?
Perdite derivati. A questa domanda in molti rispondono con un sorriso malizioso e allargando le braccia come per dire che anche di conti fasulli vive l’economia come insegnano i disastri Parmalat e Cirio. Per fortuna dei risparmiatori le ambizioni di Zoccai di atterrare in borsa nel 2003 sono rimaste al ceck-in. Così quando lo scorso settembre l’allora presidente di Volare group Giorgio Fossa lesse le conclusioni dei revisori di Kpmg non ebbe più dubbi e rassegnò le dimissioni. «Le carte e i rapporti d’inizio anno dicevano una cosa, ma la realtà è ben diversa, in senso negativo. Non me l’hanno raccontata giusta e qui si finisce in guai grossi», disse l’ex presidente di Confindustria a un fidato collaboratore che chiede l’anonimato. Oltre tutto, Fossa non appena spulciò i conti della compagnia vicentina-lombarda avrebbe scoperto una perdita secca in borsa con operazioni sui cosiddetti “derivati” tra i 15 e 18 milioni di euro e presunte doppie fatturazioni con Alitalia. Quest’ultime, in base alle analisi della magistratura inquirente, sarebbero state usate per una cosmesi di bilancio e per continuare ad avere credibilità con il sistema bancario e con potenziali creditori. Non è un caso che in base ai conti 2003 Salvatore Ligresti e Giovanni Perissinotto a febbraio investirono 21 milioni di euro in Volare. E adesso sono molto arrabbiati per il pessimo affare. Per non parlare del finanziere argentino Edoardo Eurnekian che di milioni ne ha investiti 80 per ricapitalizzare una società che, col senno di poi, già all’inizio del 2004 mostrava la corda. Ecco perché Fossa a settembre pochi giorni dopo avere letto il rapporto di Kpmg lo faceva trasmettere alla procura della repubblica di Busto come propellente dell’inchiesta del pm Roberto Craveia.
Sospettati. Come sempre avviene in queste traumatiche situazioni contabili in cima alla lista dei possibili sospettati ci sono vecchi e nuovi amministratori. Si parte dal fondatore di Volare group Gino Zoccai, presidente della compagnia fino all’inizio del 2004 e l’ex ad Vincenzo Soddu, che ha tolto le ancore in giugno. Nei suoi confronti la nuova dirigenza minacciava azioni di responsabilità civili. Ma l’azione degli inquirenti analizzerà anche il comportamento successivo di chi ha messo le mani sui conti di Volare, a cominciare dallo stesso Fossa per finire all’attuale amministratore Mario Gambaro. Il setaccio formale analizzerà ogni singola posizione, compresa quella di Giorgio Ciria di Interbanca, socia con il 12,3% del vettore per 20 milioni. C’è poi la questione della vigilanza del collegio sindacale. Tutte questioni che sono all’attenzione del pm Craveia.
Legge Marzano. Già quest’oggi il consiglio d’amministrazione della compagnia aerea convocato per l’aumento di capitale potrebbe invece chiedere lo stato di insolvenza per accelerare le pratiche per beneficiare della legge Marzano sui grandi crac industriali. Su questo punto ieri il ministro del walfare Maroni ha detto che dovrà intervenire il consiglio dei ministri con un decreto apposito perché i limiti fissati dalla normativa attuale non farebbero rientrare l’azienda fondata a Thiene da Zoccai e Soddu. I presupposti della legge salva-imprese è che la società in default abbia più di mille dipendenti e un debito di almeno 1 miliardo di euro. La compagnia ha 1400 lavoratori, ma il debito complessivo raggiungerebbe “solo” i 4-500 milioni. Perciò cambiando i parametri anche i dipendenti di Volare utilizzerebbero gli ammortizzatori sociali.
Lista accuse. Il rapporto di 70 pagine di Kpmg contiene capitoli che entro breve potrebbero far parte di un capo d’imputazione. Si parla di operazioni fittizie sui ricambi degli aerei con fatture ballerine per svariati milioni di euro. Ancora, si fa riferimento a prezzi esagerati per l’affitto di aeromobili dalla spagnola Lte, nel cui consiglio d’amministrazione siedono il consigliere di Volare Giuliano Martinelli e uno dei figli di Soddu. Si tratta di operazioni che qualora fosse dichiarato il fallimento sarebbero subito catalogate come ipotesi di distrazione fraudolenta.
Competenza. Il fallimento viene dichiarato dal tribunale del luogo dove la società ha la sede legale. A fine settembre da Thiene era stata trasferita a Gallarate in provincia di Varese, nell’ambito della procura di Busto. Tuttavia, che rilievo ha il trasferimento della sede attuato nell’imminenza dell’apertura della procedura di insolvenza? È pur vero che nel Varesotto c’era la principale sede della compagnia. La battaglia tra i vecchi soci vicentini e i nuovi azionisti lombardi è già iniziata, e fior di consulenti legali sono al lavoro. Spenti i motori degli aerei, sono assordanti i rumori del decollo investigativo. Intanto, è probabile che entro le prossime quarantotto ore si arrivi alla nomina del commissario straordinario di Volare sul modello Bondi per Parmalat. Con tutti i rischi penali per vecchi e nuovi amministratori.

Il segretario provinciale della Filt-Cgil Massimo D’Angelo lancia accuse contro il management del passato. E intanto dal palazzo di corso Garibaldi appare un lenzuolo con la scritta «Senza sede, senza stipendio, per salvare Volare continuiamo a lavorare». Prevista per oggi un’iniziativa sindacale a Thiene
«Qualcuno ha voluto gestirla in maniera disonesta Alla fine ci hanno rimesso soltanto i 60 dipendenti»
di Marino Smiderle

Thiene. Dalle finestre del bel palazzo di corso Garibaldi, a Thiene, penzola il lenzuolo della dignità. La dignità dei dipendenti di Volare Group, che da mesi dimostrano senso del dovere ricevendo in cambio pesci in faccia. «Senza sede, senza stipendio, per salvare Volare continuiamo a lavorare». E a poche centinaia di metri di distanza, campeggia ancora il poster gigantesco di un aereo con l’emblema del Leone sulla coda. È appeso sulla parete di un edificio che avrebbe dovuto diventare la nuova sede della compagnia. «I dipendenti erano 60 ora sono rimasti in 32 - spiega Massimo D’Angelo, segretario della Filt-Cgil -. La metà che se n’è andata ha preferito seguire l’ex amministratore delegato, Vincenzo Soddu, nella nuova compagnia di voli low cost che ha la sede alle Piramidi di Torri di Quartesolo».
- Veramente Soddu non compare tra i soci o tra i dirigenti...
«Sì, sarà tutto formalmente legale, perché Soddu ha l’impegno di non fare concorrenza. Ma, insomma, si capisce che dietro questa nuova compagnia c’è il suo zampino. E il fatto che si sia portato via una trentina di giovani dirigenti e quadri da Volare la dice lunga sullo stile».
- Per lei è Soddu il responsabile di questa grave crisi?
«No, io non faccio nomi. Però mi sembra evidente che qualcuno, tra gli imprenditori locali che hanno gestito la compagnia thienese, abbia agito in maniera disonesta. Per di più arricchendosi personalmente. Non è accettabile, specie di fronte ai tanti giovani che per Volare hanno lavorato, con grande dedizione e impegno».
- Ma che faranno adesso i dipendenti di Volare? Andranno ancora in ufficio oppure possono considerarsi a tutti gli effetti senza lavoro?
«La situazione è gravissima. Pensi che il giorno prima del blocco degli aerei, quando i ragazzi sono andati a lavorare alla sede di Thiene si sono trovati senza telefono. Il mancato pagamento delle bollette li aveva privati dello strumento principale di lavoro».
- Ma come siamo arrivati a questo punto? Il sindacato se ne sta occupando da mesi: pensavate ad un epilogo del genere?
«Lo temevamo. Da Vicenza siamo scesi in campo quando il nuovo management dichiarò che voleva chiudere la sede thienese. A quel punto per i 60 dipendenti, ma non per tutti, si trattava di scegliere: o licenziarsi, o trasferirsi nel Varesino».
- Voi cosa avevate proposto?
«Noi, dopo aver interessato del problema il sindaco di Thiene, Attilio Schneck e l’assessore provinciale Testolin, puntavamo sulla tipologia del lavoro: una sede amministrativa poteva funzionare dovunque. Stavamo trattando, quando la situazione è precipitata».
- E adesso?
«Domani (oggi per chi legge) saremo a Thiene, per dar manforte a questi giovani lavoratori che, per la specificità della professione, sono difficilmente ricollocabili. Forse andremo in municipio, anche se sappiamo che, a livello locale, il sindaco ha ben pochi poteri».
- Quante possibilità ci sono che l’azienda abbia un futuro?
«A questo punto il fascicolo Volare è sul tavolo della politica nazionale. Anche la nostra segreteria nazionale ha fatto le sue mosse. Si tratta di aspettare gli sviluppi. Che rabbia, però, vedere questi bravi giovani lavorare in mezzo a tanta disonestà...».


Quartieri “soffocati”
«Troppo cemento mancherà il verde»
Volantinaggio dei Ds davanti alla chiesa di S. Paolo

di Chiara Roverotto

« Un’assemblea fantasma, problemi reali ». Il consigliere Antonio Dalla Pozza dei Democratici di sinistra, che ieri mattina ha scelto la chiesa di S. Paolo per distribuire volantini contro « migliaia di metri cubi di cemento che porteranno soltanto problemi nei quartieri di S. Paolo, S. Bortolo, Laghetto e Polegge », vestiva un po’ i panni di Peppone, protagonista con don Camillo della fortunata serie di Guareschi: lo scontro tra due culture opposte che, proprio negli anni '50, proponevano diversi modelli di vita. Gli anni non sono proprio quelli, ma i problemi riguardano una sorta di boom urbanistico che ormai non sfugge più a nessuno. « Quest’estate - interviene il consigliere - avevamo chiesto al presidente della Circoscrizione 5 di indire un’assemblea pubblica per parlare di quanto accadrà in zona, ma nulla è stato fatto. Quindi riteniamo che i cittadini debbano essere informati, debbano sapere che cosa sta accadendo in una delle zone più verdi e vivibili della città ». Antonio Dalla Pozza non va tanto per il sottile; con lui ieri mattina c’era anche Cristina Mulinari copogruppo della quercia all’interno del parlamentino della 5. Un volantino che non lascia dubbi, almeno nel titolo: “ Quello che vogliono “loro” e quello che vogliamo noi” . Ma andiamo con ordine, i problemi sul tappeto sono molti e riguardano più zone all’interno della stessa Circoscrizione. Si parte con l’area dei Paolini che costeggia la chiesa di S. Paolo, dove secondo i programmi della Provincia verrà realizzato un nuovo polo scolastico superiore e la nuova sede della Cisl provinciale. « A tutt’oggi non sappiamo nulla sulle questioni viabilistiche e dei parcheggi che si creeranno. I Ds al riguardo propongono la realizzazione di una pista ciclabile in via Carducci verso il centro, il potenziamento delle aree di sosta e dei servizi pubblici ». A S. Bortolo, invece, il problema più sentito riguarda il destino dell’area della Centrale del latte e del Piruea di via Monte Asolone. « Noi proponiamo la creazione di un parco pubblico, con spazi a servizio del quartier e. Le risorse - continua Dalla Pozza - potrebbero essere reperite o direttamente dal bilancio comunale, oppure ricorrendo alla cessione di una minima quota dell’area da rendere edificabile con l’Erp . Senza c ontare che il Piruea porterebbe, su via Monte Asolone, altri quattro condomini con un centinaio di nuovi residenti e nuovi problemi viabilistici in zona ». A Laghetto, secondo i Ds, si sta assistendo ad una progressiva cementificazione. « Attendiamo ancora l’esame del nuovo Pp10, che pare non discostarsi molto dall’altro mentre si è dato il via libera ai piani di lottizzazione come il “Benaco” ed altri sono in attesa di presentazione in Circoscrizione ». Al riguardo i consiglieri chiedono la presentazione di un piano organico dello sviluppo del quartiere che indichi il numero massimo sostenibile di abitanti con la salvaguardia del verde e degli standard abitativi. Infine, non resta che Polegge che ormai non è più una frazione, ma un quartiere vero e proprio soffocato e stretto tra due arterie con un traffico molto sostenuto. «D a una parte c’è la strada di S. Antonino, dall’altra la Marosticana : ne sanno qualcosa - dicono i consiglieri - gli abitanti di via Gessi e Cecchi che alla mattina impiegano anche 20’ per uscire di casa ed immettersi lungo la Marosticana . Inoltre, resta da attuare il piano Frazioni proprio per Polegge, con un miglioramento anche dei trasporti pubblici ». Alla fine i consiglieri chiedono che il Consiglio di Circoscrizione si riunisca periodicamente nei quattro quartieri n modo da portare il parlamentino più vicino ai cittadini. « La richiesta infatti - conclude Antonio Dalla Pozza - nasce da una promessa, non mantenuta da Marco Bonafede, che quest’estate si era impegnato, in un incontro pubblico, a partecipare ad un’assemblea per spiegare ai cittadini le priorità della Circoscrizione in materia di opere pubbliche, al fine di raccogliere suggerimenti e, soprattutto, per concordare con i cittadini a quali opere dare la precedenza. Ma quell’assemblea rimane un fantasma ...».