21 OTTOBRE 2006

I comitati contro la “Ederle-due” invadono l’aeroporto Dal Molin
Dieci boati contro Prodi: «A casa...»

I comitati contro la “Ederle-due” invadono l’aeroporto Dal Molin
Conferenza pacifica nell’area di rifornimento contro il progetto d’ampliamento

di Federico Ballardin

Hanno occupato per una mezz’ora, dalle 15,15 alle 15,45 circa l’area di rifornimento dell’aeroporto civile di Vicenza. Lo hanno fatto per sottolineare ancora una volta il loro dissenso all’ampliamento della base americana a Vicenza illustrando punto per punto le ragioni delle varie componenti che si sono riunite da poco sotto un unico movimento. In questa occasione infatti non c’era soltanto l’area no global del movimento del “no” alla base Usa, ma un eterogeneo gruppo di persone aderenti a vari comitati cittadini, al mondo studentesco e sindacale. Erano circa settanta, unificati sotto l’unica sigla di “Assemblea cittadina permanente contro la nuova base militare Usa”, per partecipare alla conferenza stampa durante la quale sono state anche annunciate una serie di iniziative da attuare nella prossima settimana tra le quali spiccano il presidio davanti alla prefettura, organizzato per mercoledì, e la manifestazione di piazza dei Signori in programma giovedì proprio durante il consiglio comunale che dovrebbe dare l’assenso al progetto di ampliamento. L’invasione temporanea dell’area civile del Dal Molin è stato un gesto improvviso e inaspettato visto che in programma c’era soltanto un incontro con la stampa, ma ha avuto un carattere soltanto simbolico «per sottolineare che si può fare qualcosa di illegale a scopo di protesta senza scatenare chissà quale sommossa come paventavano pure i Ds» spiegava un esponente dei “Disobbedienti”. La manifestazione è stata tenuta d’occhio da un buon numero di carabinieri, uomini della questura e della polizia municipale che sono accorsi dopo che il personale di stanza all’aeroporto civile si era visto sfilare davanti il corteo dei comitati. Non ci sono stati momenti di tensione nemmeno all’arrivo delle forze dell’ordine che hanno invitato i cittadini che occupavano l’aeroporto a trasferirsi nell’area del parcheggio. L’“occupazione” temporanea dell’aeroporto è stata anche filmata dalla Digos, come sempre avviene in casi di questo genere. «Non dateci degli estremisti, non siamo un’orda pronta a calare sulla città ma un numero di cittadini che vogliono esprimere la loro opinione contro l’ampliamento della base americana» hanno precisato le esponenti di due comitati cittadini che non vogliono che siano pubblicati i nomi per confermare il carattere popolare e non politico della protesta. «Siamo contro l’amministrazione comunale - hanno precisato - ma anche contro questo governo perchè sulla vicenda del Dal Molin sono allineati sulla stessa posizione senza lasciare margine ai cittadini di esprimere la loro opinione». Dopo aver concluso la conferenza stampa gli esponenti dei comitati cittadini si sono assembrati per qualche minuto nel parcheggio esterno dell’aeroporto civile per qualche commento e per consegnare qualche volantino e poi, intorno alle 16, il corteo si è sciolto senza incidenti o disagi per il traffico.

Il movimento nato contro la base in via Moro si aggiunge alle altre organizzazioni
Il dissenso ha un nuovo alleato Comincia la settimana “calda”

(g. m. mas.) È nato nei giorni scorsi un nuovo comitato di cittadini in opposizione alla realizzazione Ederle 2: il comitato No Vicenza Est, che raccoglie cittadini residenti a San Pio X, Stanga e Bertesina, Bertesinella, Casale, Settecà e San Pietro Intrigogna. Sorto inizialmente in opposizione alla proposta della Provincia di ampliare la base Usa utilizzando l’area in via Moro, ora sono confluiti nell’unico fronte formatosi contro il raddoppio della Ederle. «Gli Usa dicono di volere solo il Dal Molin, ma poiché nelle questioni di carattere militare le smentite sono all’ordine del giorno, noi del comitato mettiamo le mani avanti e ci opponiamo a chi vorrebbe spostare la questione Ederle 2 a Vicenza Est facendo due proposte irricevibili: i terreni Ipab a San Pietro Intrigogna oppure l’area di via Aldo Moro» dichiara Olol Jackson, consigliere di Circoscrizione 3 per i Verdi e tra gli ispiratori del nuovo soggetto di protesta. Il variegato fronte del No alla Ederle 2 si predispone dunque a una marcatura a zona. E nel lanciare un calendario di iniziative di protesta che sfocerà con una manifestazione in piazza dei Signori giovedì sera, in concomitanza con il consiglio comunale che metterà ai voti la questione Dal Molin, non risparmia stilettate al governo: «Potevano dircelo prima che “riconsiderare” la questione basi americane significava “allargare”». Quanto ai vertici Setaf, il comitato prima si affida all’ironia «hanno inaugurato la strategia del sorriso, presentando la Ederle come un villaggio modello o un parco divertimenti» poi va al cuore della questione: «Si vuole collocare a Vicenza la più grande base dell’esercito americano (certo, non dell’aeronautica) che esiste fuori dai confini Usa. Si vuol far credere che in tempi di allarme terrorismo la nostra città diventerà la culla della sicurezza. Noi pensiamo che Vicenza come basi militari sia già a posto così: ci sono la Ederle, Site Pluto a Longare, la base del Tormeno e c’è pure il Coespu (la Gendarmeria europea) alla caserma Chinotto. Non è questo lo sviluppo che la maggioranza dei vicentini si augura per una città d’arte, che ha una grande tradizione di pace». Intanto il fronte del No presenta il calendario delle prossime iniziative: domani sera parteciperà al consiglio della Circoscrizione 5 (Laghetto), martedì alle 21 si riunirà nella sala della Circoscrizione 2 in Riviera Berica e mercoledì alle 17,30 effettuerà un sit-in davanti alla sede della Prefettura «perchè è l’ufficio territoriale dello Stato - precisano i comitati del No - e sarebbe ora che il nostro Stato rendesse finalmente noti gli accordi bilaterali Italia-Usa risalenti agli anni ’50, tutt’ora secretati e inaccessibili perfino ai parlamentari italiani».

La proposta di Mancini
«Il referendum popolare è la soluzione migliore»

Giovedì il consiglio comunale dovrà pronunciarsi sulla vicenda del Dal Molin, interviene sulla questione anche il segretario generale della Cgil Vicenza, Oscar Mancini con un comunicato: «Un ingiustificato e artificioso clima di tensione pervade la nostra pacifica e democratica città in vista del consiglio comunale di giovedì sul Dal Molin. Ad alimentare la “strategia della tensione” sono state alcune sconsiderate dichiarazioni di personaggi estranei alla cultura della città di cui il forte, pacifico e democratico coordinamento dei Comitati per il No si è fatto interprete». «Il sondaggio promosso da Ilvo Diamanti lo conferma - continua Mancini nella nota - Non saranno certo i proclami di qualche isolato ed irresponsabile personaggio ad impedire che giovedì si svolga una grande, pacifica e tranquilla manifestazione di cittadini democratici. A rasserenare gli animi potrebbe contribuire in modo decisivo una scelta bipartisan del Consiglio Comunale su un tema così delicato per il futuro della città». «Per questo ritengo utile rilanciare la soluzione indicata per primo dal sindaco Hüllweck: quella del referendum. È la stessa soluzione indicata dal comitato dei cittadini. Perché allora non praticarla? Tanto più oggi che il quesito referendario è stato depositato. Suggerisco quindi al Consiglio comunale di incoraggiare la campagna referendaria e di attenderne l’esito. Al punto in cui sono giunte le cose mi sembra doveroso un pronunciamento del Consiglio volto a consentire ai cittadini di esercitare il loro diritto a decidere sul futuro della loro città». «Avanzo questa proposta con l’intento di rivolgere un appello alla città perché prevalga il senso di responsabilità e ciascuno operi per stemperare le inevitabili tensioni».


Umberto Bossi chiama l’applauso per l’«amico Silvio» e rispolvera lo storico «ce l’abbiamo duro» Più di quattromila militanti in piazza da tre regioni per trasformare Vicenza da Sacrestia d’Italia a Santuario della fedeltà berlusconiana
Dieci boati contro Prodi: «A casa...»

di Antonio Trentin

Dieci volte evoca il nome del Nemico, per farlo gridare al "popolo di centrodestra" e farlo coprire di vergogna e ludibrio. E altrettante volte i quattromila e passa di piazza dei Signori gli rispondono come chiede, ripetendo quasi come in un gioco perverso quel nome e imputandogli le sventure nazionali presenti e future (dovesse durare al governo, s’intende). «Chi è il premier che ci accusa di immoralità politica?» inizia Silvio Berlusconi dentro il microfono che fa rimbombare la piazza dei Signori a metà mattina di un sabato plumbeo e piovoso. «Prodi!» urla il mare di ombrelli gocciolanti. «Chi è il premier che ha promesso che mai avrebbe aumentato la pressione fiscale?». «Prodi...» lo rassicurano tutti. «Chi è l’unico premier europeo che ha perso il 18 per cento dei consensi?». «Prodi...» si sgola la "piazza dei moderati». E avanti con il duetto palco-piazza fino alla fine di Dieci Comandamenti peccaminosi lanciati dal Cavaliere contro il Professore. Militanza in visibilio e missione compiuta. Così, con un grandioso colpo scenico che ha messo a tacere i dubitosi sulla sua efficacia comiziale in piazza, Berlusconi ha marcato il ritorno a Vicenza e ha rimesso il suo cappello sulla leadership dell’ormai ex-Casa delle libertà, puntando tutto su un patatrac prodiano a breve scadenza. L’ha fatto, stavolta, davanti a un pubblico scontatamente amico: non aveva industriali da convincere, come nella magistrale "uscita" di primavera in Fiera, ma militanti da galvanizzare. Niente di più facile, stante il momento politico. Ma grande riuscita: una dozzina di applausi - più i boati anti-Prodi - in otto minuti di discorso. Si sono ritrovati tutti insieme in comizio per la prima volta dopo la sconfitta, i capi di quella che è diventata opposizione per un soffio di voti. Li ha fatti arrivare Giancarlo Galan, presidente forzista in Regione, per un’adunata trasformatasi da «protesta dei veneti contro una Finanziaria scritta contro il Veneto» in primo assaggio della campagna d’autunno della coalizione. Li ha salutati Manuela Dal Lago, presidente leghista in Provincia, in versione "Pasionaria del centrodestra": «Non passeranno!» ha tuonato contro Prodi e l’Unione. Li ha accolti Enrico Hüllweck, sindaco forzista, che ci ha messo appena dieci parole per arrivare, non unico ma primo, all’inesorabile battuta politico-meteorologica: «Piove, governo ladro». Una concentrazione di leader unica e irripetibile per Vicenza definitivamente trasformata nell’immaginario della politica da Sacrestia d’Italia a Santuario delle fedeltà berlusconiana. Anche se il Tridente di centrodestra modello berico visto ieri non è più quello delle elezioni: Pierferdinando Casini latita e a Vicenza non è venuto, mentre il suo segretario nazionale Lorenzo Cesa tiene l’Udc collaterale e non più "organica". Anche se Gianfranco Fini medita traslazioni para-centriste per giocarsi il futuro da leader e ogni tanto si smarca: ieri l’ha fatto parlando molto di lavoro e di equità fiscale nei pochi minuti concessigli dal copione del grande raduno. Anche se adesso c’è la Lega di Umberto Bossi a fare da fedelissima: «Facciamo sentire a Silvio come ricambiamo gli amici...» è stato il ripetuto invito strappa-applauso del capo lumbàrd (previo un sapido ritorno alle origini: «Silvio, ti devo dire che ce l'abbiamo duro ed è per questo che qui è pieno di donne...»). Ricette alternative di governo, per il momento, nessuno ne detta, a centrodestra. Il farmaco che prescrivono Forza Italia, Alleanza nazionale e Lega Nord - più l’ex-ministro democristiano Carlo Giovanardi arrivato a dire che naturalmente anche l’Udc è all’opposizione - è soltanto uno e urgente: «Mandare a casa Prodi». Esattamente quanto hanno proclamato decine di cartelli inalberati dagli aficionados di tre regioni e dalle avanguardie militanti dei «tartassati da questa finanziaria» che il centrodestra patrocina, i redditi da 40 mila euro, gli autonomi degli "studi di settore" in revisione, i professionisti "liberalizzati" dal decreto-Bersani. «Siamo per l’Italia del lavoro contro l’Italia dei sindacati». «Il lavoro è con il centrodestra, il privilegio è a sinistra». «Pagare le tasse in ragione di un principio di equità». «Abbassare il carico fiscale per far emergere il sommerso». Queste sono solo alcune delle parole d’ordine buone a centrodestra per distinguersi da quei «loro» - e il Cavaliere ha preso dentro nella maxi-categoria degli avversari anche Giorgio Napolitano presidente della Repubblica - che «devono tornare a casa». Le hanno rinnovate Berlusconi, Fini e Rosi Mauro, leghista alla quale Bossi, affaticatissimo per la malattia, ha lasciato la parola. Da Vicenza, proclamata dall’ex-premier «simbolo dell’Italia che ci piace», contano tutti insieme che parta la riscossa: «Se siamo uniti - parola del presidente di An - il conto alla rovescia per la fine del governo Prodi è già cominciato».

Tormentone prima e dopo l’arrivo dei big nazionali sul palco
Una fetta di Lega fa sabotaggio con i fischi all’inno di Mameli
Zaia: «Volevamo anche “Va’ pensiero”...». Ma non è bastato

Fischi leghisti all’inno di Mameli. Una volta, due volte... tutte le volte. Come ai bei tempi della secessione nordista. Partono sparsi dalla piazza, pochi rispetto alla quantità di chi (non leghista) intona "Fratelli d’Italia". Salgono tra gli ombrelli su cui sventolano le bandiere crociate e quelle col liòn serenissimo, dove i cartelli - dopo cinque anni di governo - sono tornati a tuonare "Basta tasse. Basta Roma". Alle prime bordate il palco dei big è ancora sguarnito e nessuno sente né dice niente. Alle ultime, un’ora dopo, i capi di Forza Italia e Alleanza nazionale non ci badano: non hanno certamente la voglia di rovinare la festa né di prendersela con gli amici di Umberto Bossi che chiede l’applauso per «l’amico Silvio». Il tormentone degli inni comincia verso le dieci e mezza, mentre i manifestanti s’infradiciano sventolando vessilli. Forse Berlusconi e gli altri leader stanno per scendere dal municipio, forse la regìa è fuori tempo. Partono le note dell’inno nazionale ed è subito "caso". Per capirsi: in piedi uno accanto all’altro sotto la loggia del Capitaniato, l’aennista Adolfo Urso e il leghista Stefano Stefani ascoltano e uno canta e l’altro no, ma tra la folla succede di più. Partono i sibili e non si fermano finché il disco non finisce. C’è chi dice di non essersene accorto: forse è per spirito di coalizione, che già ha i suoi problemi e non è il caso di aggiungerci quelli musicali. Fatto sta che le italiche note appena finiscono inaspettamente ripartono con un bis: una risposta immediata ai fischi? Se davvero è così, ecco che questi, implacabili, ripartono anche loro e che poco dopo non risparmiano neanche l’europeo inno alla Gioia. Poi va avanti così ogni volta che tocca a Mameli e Beethoven: il sottofondo è fatto di contestazione sibilata. La scampa, più tardi, solo il Va’ pensiero suonato dopo che ha parlato Rosi Mauro con accanto il Capo nordista. E la scamperanno, alla fine, gli inni di Forza Italia che metteranno il timbro alla mattinata vicentina. A quel punto ai leghisti "duri & puri" che si erano organizzati per esserci - e i vicentini coinvolti l’hanno fatto sapere poi in giro - non interessava più farsi ascoltare: l’obiettivo l’avevano raggiunto. Intanto i risvolti sono corsi veloci lontano da piazza dei Signori: la notizia è finita in internet subito, nelle pagine dei quotidiani nazionali on-line, e fioccano i commenti, compreso quello illustrissimo del Montezemolo presidente confindustriale («una cosa vergognosa, una forma di populismo che non ci piace, una cosa non da paese moderno»). Ci mette una pezza, a spiegazione, Luca Zaia, vicepresidente leghista della Regione: «Abbiamo fischiato - dirà alla fine - perché volevamo ascoltare anche "Va’ pensiero"». Vero così così, perché di fischi ne erano volati anche dopo il Verdi padano. Ma lo spirito di coalizione è salvo. Come ribadito anche dal portavoce di An, Andrea Ronchi: «Deprechiamo e condanniamo i pochi fessi che hanno fischiato l’inno di Mameli, ma con questo episodio la sinistra non tenti di annullare il grande valore politico della manifestazione».

La fantasia della folla vista dai piani alti della città
Da “Mortadella scaduta” a “Settimo, non rubare” ecco gli striscioni in libertà

(ma. sm.) Com’è colorata la folla vista dai piani alti della Basilica Palladiana. La pioggia ce la mette tutta per stendere una patina di grigio sui vessilli dei partiti di centrodestra, ma gli ombrelli si vendicano sparando le tinte più disparate contro il cielo plumbeo. Che fatica, però, arrivare in vetta. Se non ci fossero stati il presidente del Consiglio provinciale, Paolo Pellizzari, e il difensore civico, Massimo Pecori (che ha l’ufficio con vista piazza), però, questo resoconto non sarebbe stato possibile, visto che dal recinto riservato alla stampa, all’interno della Loggia del Capitaniato, non si poteva certo apprezzare il quadro d’insieme e il genio dei compilatori di striscioni. La curiosità, per la verità, è partita proprio al piano terra, lungo il tappeto azzurro che conduceva gli illustri oratori sul palco principale. Su quel percorso Forza Italia di Schio aveva esposto un lenzuolo con stampato un ipotetico sito internet: "www.mandiamoloacasa.gov". Visto che la fantasia degli anti-Prodi sembrava non aver limiti, non è restato che arrampicarsi sul tetto della città e scandagliare la grafomania della Casa delle libertà. Proprio sulla sede di Alleanza Nazionale, al lato opposto del palco, i seguaci di Fini hanno sentito il bisogno di ricordare un comandamento al governo attuale: «Settimo: non rubare». Ogni riferimento alla finanziaria è puramente voluto. A Berlusconi, poi, non sarà sicuramente sfuggito il toccante invito, esposto a caratteri cubitali sulle finestre di un’altana poco sopra la stessa sede di An: «Silvio adottami». Dolori della solitudine, acuiti dalla beffa elettorale dell’aprile scorso. In mezzo alla folla, invece, campeggiava un "Mortadella scaduta", che è parso più un auspicio che una segnalazione ai carabinieri del Nas. E mentre si cercavano altri poeti e autori, dal palco veniva in aiuto Umberto Bossi: «Una volta c’era l’esproprio proletario, oggi c’è l’esproprio ai proletari». Annotate, ragazzi, annotate. Potrebbe venir buona per il prossimo appuntamento in piazza. Un altro striscione, ispirato probabilmente da Standard & Poor’s, riassumeva così la situazione economica del nostro Paese: «L’Italia oggi declassata domani Schioppa». Non che fili benissimo, ma rende l’idea. Chiusura con una lenzuolata letteraria griffata Itc Rossi: «Noi con Silvio, tre metri sopra il cielo». Un cielo dispettoso che ieri continuava a mandare su piazza dei Signori acqua a catinelle, senza però stingere i colori della folla.