Il bilancio slitta fino a settembre
Fuoco incrociato su Tapparello
di G. M. Mancassola
Non si sono lasciati con l’augurio di buone vacanze, l’altra sera, i quaranta consiglieri comunali del capoluogo. L’ultima seduta prima della pausa è finita fra le urla, con Alleanza nazionale arrabbiata con Forza Italia e più ancora con sé stessa. Sullo sfondo, un bilancio consuntivo 2005 che viene rinviato a settembre, ben oltre il termine del 30 giugno stabilito dal Testo unico per gli enti locali; e una maggioranza in affanno, che non riesce a garantire il numero per rendere legali le sedute e che quando ci riesce si perde in sgambetti e ripicche.
Proprio come accaduto l’altra sera, con l’aennista Giuseppe Tapparello che non ha accettato gli accordi sotto banco che una parte di Forza Italia stava cercando invano di concludere con Equizi (Gruppo Misto). Infuriato per un atteggiamento che a suo dire faceva venir meno «la dignità politica», Tapparello si è assunto la responsabilità di far mancare la sua presenza e quindi il quorum, con l’intento di denunciare quanto stava avvenendo in aula. Molti, però, non gli hanno creduto, a partire dal collega di partito e presidente del consiglio comunale Sante Sarracco, che lo ha aggredito, intimandogli un aut aut: «O te ne vai tu, o me ne vado io».
«Non accetto - replica Tapparello - di sentirmi dire che sto tramando per far cadere l’amministrazione comunale, dopo che da anni mi faccio il mazzo per condurre la commissione Territorio».
Gli osservatori più maliziosi, tuttavia, vedono proprio nella gestione della commissione l’origine del gesto di giovedì sera. Non sono un mistero le tensioni fra Tapparello e l’assessore all’Urbanistica Marco Zocca, successore di Maurizio Franzina, con cui Tapparello aveva ben altro feeling. Il fatto è che Zocca è anche assessore al Bilancio, così l’episodio dell’altra sera è stato interpretato come un’ulteriore prova dello scarso amore fra i due. Più o meno questa è anche la lettura data da alcuni esponenti di An, dove i vertici hanno preso le distanze dal comportamento di Tapparello, pur stigmatizzando anche le scelte di quella parte di FI caduta in tentazione. Non a caso, da giorni il presidente della “Territorio” era stato messo sull’avviso, in particolare da quando aveva ingaggiato uno scontro istituzionale senza precedenti con Zocca sulle responsabilità per il flop urbanistico di fine giugno sui Piruea.
La conseguenza a breve termine sarà con tutta probabilità un richiamo formale da parte della segreteria cittadina: una sorta di ammonizione per cercare di ricomporre le fratture ed evitare alla maggioranza di perdere altri pezzi per strada.
Nel frattempo, l’opposizione si è messa al lavoro per aprire una breccia amministrativa sull’impasse scaturita intorno all’approvazione del rendiconto, una delibera che dovrebbe essere una mera formalità. «Il testo unico - analizza il diessino Ubaldo Alifuoco - parla chiaro: il termine perentorio per approvare il rendiconto è il 30 giugno dell’anno successivo all’esercizio. Non sono previste sanzioni, ma il termine deve essere rispettato. Una delle conseguenze, ad esempio, è l’impossibilità di applicare l’avanzo di bilancio. Per queste ragioni sono intenzionato a raccogliere adesioni per inviare una lettera di segnalazione al prefetto. Contemporaneamente, si sta valutando l’ipotesi di un ricorso al difensore civico regionale, che ha il potere di fissare un nuovo termine entro il quale il documento deve essere approvato. La realtà è che ci troviamo di fronte a una stasi totale, per colpe politiche di questa maggioranza».
La data più probabile per la conclusione della sofferta maratonina del consuntivo è il 12 settembre, prima seduta utile al ritorno dalle vacanze.
«L’assessore Zocca replica ostentando serenità: «Abbiamo già contattato il difensore civico regionale. Non ci sono problemi, anche Padova andrà a settembre. Il bilancio è già stato discusso, basta votarlo. Quando il consuntivo è regolare e corretto, nessuna amministrazione è andata a casa».
Scontro in aula sull’Ici: la consigliera Equizi attacca Piazza. La videoregistrazione in Procura
«L’assessore è un evasore». Ed è bagarre
Annunciate denunce «per diffamazione»
La consigliera dà dell’evasore all’assessore e scatta una bagarre a base di denunce e segnalazioni in Procura. Accade nel consiglio comunale di Vicenza, dove ormai si è creato un clima tale per cui non passa seduta che da qualche microfono non parta l’annuncio di passare le carte alla magistratura. L’ultimo episodio in ordine di tempo si è verificato giovedì sera, quando sulla tavola era stato imbandito il bilancio consuntivo. Nel suo intervento, la consigliera del Gruppo misto Equizi ha attaccato le politiche dell’Ici, finendo per citare la lista di accertamenti avviati dagli uffici che si è fatta consegnare dall’assessorato alle Finanze. In questa lista c’è anche il nome dell’assessore agli Interventi sociali Davide Piazza, a cui a un certo punto la consigliera ha dato dell’evasore.
Dura la reazione del diretto interessato, che minaccia denunce. E dura la reazione anche della collega Linda Favretto, assessore alle Finanze, che ieri ha indirizzato una lettera al sindaco Enrico Hüllweck e al presidente del consiglio comunale Sante Sarracco, per inquadrare il problema: «La richiesta della consigliera riguardava la lista di tutti gli accertamenti fatti fra il 2003 e il 2006. Per quanto riguarda la posizione del collega, è un adeguamento di parametri: non è vero che non pagava, semplicemente pagava erroneamente cifre diverse rispetto ai parametri decisi dal Comune e per questo ha liquidato la differenza».
«In ogni caso - prosegue la Favretto - i dati consegnati non sono stati utilizzati per espletare il mandato di consigliere comunale, ma sono stati usati per denigrare e diffamare. Per questa ragione ho chiesto di verificare se vi siano gli estremi per dare corso ad azioni amministrative e penali».
Da parte sua, il presidente Sarracco ha chiesto copia della videoregistrazione della seduta, che verrà inviata alla Procura della Repubblica.
Marzotto, intesa sugli esuberi
Due anni di cassa integrazione e piano di ricollocamento
di Marco Scorzato
Accordo raggiunto. Ieri nella sede del ministero del Lavoro a Roma la firma dei rappresentanti dei sindacati, dell’azienda e del governo ha messo la parola fine alla delicata vertenza in casa Marzotto, che si era aperta nel marzo scorso con la presentazione del piano di ristrutturazione aziendale. Un piano che prevede, per lo storico stabilimento valdagnese, la chiusura definitiva dei reparti di filatura, mistificio e tintoria (una parte), oltre a depurazione acque e pulizie. A casa 146 lavoratori, per la cui uscita “morbida” si è ora trovata l’intesa.
Due anni di Cassa integrazione. Ieri a Roma, ad una settimana dal precedente incontro “tecnico” si sono ritrovati attorno al tavolo i rappresentanti nazionali e territoriali dei sindacati - Sergio Spiller e Mario Siviero della Cisl, Giampaolo Mati e Maurizio Ferron della Cgil, Pasquale Rossetti e Antonio Visonà della Uil - Massimo Lolli, direttore risorse umane della Marzotto, il dottor Salomon per Assindustria e il dottor Mastropietro, funzionario del ministero. Sciolte le ultime incertezze, hanno posto la firma in calce ad un accordo che garantisce la cassa integrazione straordinaria per 96 lavoratori a partire dal primo di agosto, oltre alla mobilità per una cinquantina di dipendenti: tra questi, i volontari e coloro che andranno in pensione nei prossimi mesi.
«Per quanto riguarda la cassa integrazione - spiegano i sindacati - è stato importante strappare il sì sul prolungamento fino ai 24 mesi. Se i primi 12 sono previsti per legge, non è così per quelli successivi. Eravamo preoccupati perché il ministero ci aveva informati che non c’erano risorse. Ma ora abbiamo ottenuto l’impegno del governo ad emanare un decreto per il rifinanziamento». I soldi non ci sono, ma ci saranno dunque. Il secondo anno di cassa integrazione scatterà a condizione che, nei primi 12 mesi, almeno il 25% dei lavoratori sia ricollocato.
Cinque mesi di trattative sofferte. Subito dopo la presentazione del piano di ristrutturazione, nel marzo scorso, fu netta l’opposizione sindacale. Cgil, Cisl e Uil definirono il piano «una minaccia alla natura strategica dello stabilimento valdagnese». Tuttavia, di fronte alla ferma posizione dell’azienda che non ha mai ritrattato la chiusura dei tre reparti, i sindacati non hanno potuto far altro che limitare i danni. Il che significava, persi i reparti, cercare le soluzioni più indolori per i 146 esuberi. Così, l’11 maggio scorso si è arrivati all’apertura della mobilità per 175 lavoratori ed oggi alla firma dell’accordo.
Massimo Lolli, direttore risorse umane Marzotto, si dice «soddisfatto dell’intesa. È vero - aggiunge - che l’impianto del piano industriale non è stato modificato. A cosa sono serviti i mesi di trattativa? A far capire al sindacato che la cessazione di alcuni reparti era compensata dalla rivalutazione della competitività dell’intera azienda. Peraltro viene ribadito il ruolo importante di Valdagno: occorre lavorare affiché questo sito sia all’altezza delle aspettative di performance industriale». Ora, chiusa una fase delicata, «se ne apre una altrettanto impegnativa - concludono i sindacati -: l’attuazione del piano di ricollocazione in parte all’interno del gruppo, in parte all’esterno».