21 OTTOBRE 2005

dal Giornale di Vicenza

«Hüllweck nella sede di Forza nuova? Si dimetta»
Usavano i tossici come infiltrati Arrestati due marescialli dei Cc
Ater, l’asta per dieci alloggi sfitti porta in cassa 250 mila euro in più

Verdi e Comunisti
«Hüllweck nella sede di Forza nuova? Si dimetta»

Richiesta di dimissioni nei confronti di Enrico Hüllweck: l’hanno firmata le federazioni provinciali di Verdi, Pdci-Comunisti e Prc-Rifondazione ed è argomentata in base alla visita fatta sabato dal sindaco vicentino alla nuova sede di Alternativa sociale, l’abbinata d’estrema destra tra Forza nuova e Azione sociale che ha come leader nazionale Alessandra Mussolini. Hüllweck era passato a salutare la neo-inaugurata base operativa in contrà Fascina: pochi minuti al termine del pomeriggio di confronto a colpi di slogan tra gli opposti cortei “nero” e “rosso” che si erano fronteggiati a distanza (e reciprocamente ben protetti da polizia e carabinieri...) in piazzetta delle Poste e piazza dei Signori. Lo aveva accompagnato - dai leader regionale e provinciale presenti all’inaugurazione, Roberto Bussinello e Alex Cioni - il dirigente neomussoliniano Renzo Piccolo. I tre partiti dell’opposizione qualificano come «politicamente sconcertante» la scelta del sindaco di recarsi nella sede di Alternativa sociale: «Una legittimazione di questo gruppo che predica la continuità con gli orrori del fascismo, che rivendica e pratica l’intolleranza nei confronti di chi considera “diverso”, immigrati, studenti di sinistra, omosessuali». «Questa visita ai nostalgici delle camicie nere - prosegue la dichiarazione delle federazioni rette da Erasmo Venosi (Verdi), Giorgio Langella (Comunisti) e Enzo Lovato (Rifondazione) - fa il paio con la scelta di Hüllweck di affidare al presidente del consiglio comunale Sante Sarracco, esponente di spicco di Alleanza nazionale, il ruolo di oratore alle celebrazioni del 25 Aprile. Un filo nero che ci indigna e preoccupa». I tre partiti avevano in piazza sabato - durante la manifestazione contro l’apertura della sede dei mussoliniani - Olol Jackson funzionario del gruppo regionale e riferimento per l’area dei centri sociali che controlla buona parte dell’organizzazione verde in Veneto, Giorgio Langella consigliere in Provincia e segretario politico, e Carlo Pertile segretario a Vicenza-città. E ora ribadiscono che, per quanto li riguarda, la sede di Alternativa sociale non dovrebbe essere tollerata. In questo distinguendosi dal resto del centrosinistra riformista che invece non intende obiettare («con un ingiustificato richiamo alla libertà d’espressione» attaccano Verdi, Pdci e Prc) e lascia alla coscienza democratica dei vicentini la ripulsa verso il razzismo e il neofascismo.


Clamorosa inchiesta del pm Giacomelli su alcune operazioni antidroga illegali
Usavano i tossici come infiltrati Arrestati due marescialli dei Cc
Accusati di concorso in spaccio, falso ideologico, violenza e favoreggiamento

di Ivano Tolettini

Un’indagine choc. Due marescialli dei carabinieri, Francesco Menolascina e Andrea Marcon, sono stati arrestati dai colleghi perchè avrebbero istigato al crimine. Sarebbero stati spregiudicati nel condurre indagini antidroga violando il codice penale e diventando a loro volta, più o meno consapevolmente, spacciatori. A tal punto da impiegare tossicomani come “agenti infiltrati” per incastrarne altri. Una catena dell’illegalità, che si è trasformata in un clamoroso autogol giudiziario. È emerso che in certe occasioni sarebbero stati usati soldi falsi, in altri soldi veri e veicoli privati messi a disposizione da un imprenditore chiacchierato come Riccardo Bauce di Sovizzo. Egli era poi stato ammanettato per traffico di rifiuti. In cambio era protetto. Ieri i due sottufficiali in servizio alla compagnia di Valdagno all’epoca dei fatti incriminati, tra la metà del 2004 e la primavera di quest’anno, sono stati privati della libertà. Godevano della piena fiducia dei superiori e invece l’hanno tradita. Nei pasticci fino al collo sono il maresciallo Francesco Menolascina, 41 anni, residente a Castelgomberto, fino alla scorsa estate comandante del nucleo operativo e il collega Andrea Marcon, 48 anni, di Altavilla, per anni stimato responsabile del nucleo radiomobile della compagnia valdagnese e da poche settimane trasferito alla stazione di Montecchio Maggiore. Il primo è in carcere, il secondo ai domiciliari. Sono stati arrestati ieri dai colleghi della sezione della procura e del Reparto operativo. L’ordine di custodia è stato firmato dal giudice per le indagini preliminari Agatella Giuffrida su richiesta del pubblico ministero Vartan Giacomelli, che d’intesa col procuratore capo Ivano Nelson Salvarani ha condotto per mesi la complessa e non certo agevole inchiesta visto che si trattava di perseguire investigatori con i quali lavorava a stretto contatto. Una pagina amara, dunque, per l’apparato investigativo, ma nello stesso tempo, come non ha mancato di sottolineare con orgoglio il procuratore Salvarani, è il segnale che le istituzioni, a cominciare dall’Arma dei carabinieri con in testa il suo comandante provinciale Silvestro Piacentini, sono molto vitali e non lesinano intransigenza con chi sbaglia. Menolascina e Marcon, che hanno nominato di fiducia gli avvocati Tiburzio De Zuani di Verona e Lucio Zarantonello, non sono gli unici a essere finiti sotto inchiesta. Ci sono un altro paio di militari indagati. Riservatezza, per ora, sui loro nomi. Anche loro erano in servizio nella stessa compagnia. Ma quali vantaggi avrebbero avuto dalla loro presunta attività illecita? Visibilità dentro e fuori l’Arma, riconoscimenti sul territorio e giovamenti futuri per la carriera. Anche perché in un anno d’attività la squadra guidata da Menolascina, il quale da settembre è in servizio al battaglione mobile di Mestre, aveva compiuto più di 80 arresti. Un’enormità. Tuttavia, la sua frenesia investigativa gli ha fatto pigiare troppo sul piede dell’acceleratore, fino a farlo sbagliare in diverse occasioni. Infatti, i due marescialli devono rispondere di induzione allo spaccio di sostanze stupefacenti con l’utilizzo di soggetti non autorizzati e falso ideologico per avere contraffatto i rapporti di una decina di arresti inviati alla magistratura. Il solo Menolascina, invece, è accusato anche di violenza privata perché avrebbe preso a schiaffi un indagato e di favoreggiamento personale nei confronti dell’imprenditore Riccardo Bauce per avere chiesto ragioni delle indagini condotte dalla Forestale sulla ditta dell’amico. Inoltre, di omessa denuncia per avere chiuso gli occhi sul fatto che Bauce impiegasse manodopera clandestina nella propria attività. E il caso è ufficialmente scoppiato quando la Forestale si è imbattuta nello strano rapporto tra Bauce e Menolascina. I loro contatti erano troppo frequenti. Quando poi il maresciallo avrebbe cercato di mettere il bastone tra le ruote delle indagini il sostituto Giacomelli ha subito informato il procuratore, che ha ordinato di agire con inflessibilità. Da quel giorno il maresciallo, che frequentava quasi quotidianamente gli uffici della procura, è finito nel mirino. Bauce avrebbe addirittura aperto il portafoglio per finanziare le operazioni antidroga di Menolascina. Com’era possibile che un carabiniere con 23 anni di servizio effettivo come lui, dunque non un pivello, potesse accettare una cosa simile? Non bastasse, subito dopo è emerso che i militari per arrestare alcuni spacciatori avrebbero usato come agenti provocatori niente meno che dei piccoli tossici, i quali avrebbero indotto altre persone a reperire e vendere droga sotto la supervisione dei carabinieri, che poi facevano scattare le manette, falsificando i rapporti alla procura. In talune occasioni, come il 9 maggio 2005, un cittadino straniero sarebbe stato riempito di calci e pugni. Ma non sarebbe stata l’unica occasione. Per settimane i militari del tenente Graziano Ghinelli e dei luogotenenti Lorenzo Barichello e Graziano Zanini, hanno interrogato numerosi testimoni per ricostruire l’avvilente vicenda. Un ruolo importante, come hanno sottolineato gli inquirenti, l’ha avuto il capitano di Valdagno Andrea Massari. Avendo ereditato la compromessa situazione, non appena ha saputo delle presunte illegalità commesse dai suoi collaboratori, si è dato da fare per fare emergere la verità. Non poteva immaginare che in diverse occasioni ciò che risultava nei rapporti consegnati all’autorità giudiziaria era diverso dalla realtà. Se è vero, c’era materiale sufficiente per far arrestare i responsabili. Ieri, puntualmente, la conferma.


Alloggi pubblici. Tolettini: «Premiata la strategia della Regione»
Ater, l’asta per dieci alloggi sfitti porta in cassa 250 mila euro in più

«Mercoledì l’Ater di Vicenza - riporta un comunicato - ha venduto all’asta 10 alloggi sfitti e giudicati non più strategici per l’attività aziendale in quanto avrebbero necessitato, per poter essere riutilizzati per il medesimo scopo, di ingenti interventi manutentivi». «Nella sede dell’azienda vicentina ha avuto luogo, con grande successo, la nuova tornata d’asta svoltasi tramite offerta scritta per la vendita di queste unità immobiliari di proprietà dell’azienda nei Comuni di Vicenza, Altavilla Vicentina e Creazzo, alloggi che sarebbero dovuti rientrare in un piano di manutenzione straordinaria con costi decisamente elevati e che, invece, si sono rivelate ottime occasioni per chi la casa la voleva acquistare. Le offerte pervenute - precisa Marco Tolettini (nella foto), presidente dell’Ater - sono state ben 60». «I dieci alloggi, sette dei quali siti nel capoluogo in via Monti, via Fantoni e via Baracca, rispetto ad un prezzo base d’asta complessivo di 635 mila euro, sono stati aggiudicati a circa 887 mila euro con una differenza, quindi, di oltre 250 mila euro ed un incremento di circa il 40% rispetto al prezzo di base. Due alloggi sono stati acquistati da cittadini extracomunitari». «Nell’ipotesi che gli alloggi in questione fossero stati venduti agli assegnatari, l’incasso aziendale sarebbe ammontato a soli 300 mila euro in quanto il prezzo di cessione sarebbe stato stabilito in base ai valori catastali e non a quelli di mercato. Evidenzio, quindi, con favore - continua Tolettini - la scelta fatta dalla Regione Veneto, prima Regione in Italia ad aver adottato, su sollecitazione delle Ater del Veneto, la nuova norma che prevede che per gli assegnatari che acquisteranno, in futuro, gli immobili dell’Ater il prezzo di vendita sia stabilito non più dai valori catastali ma dal prezzo di mercato ridotto del 20%». «Questo successo è anche il frutto di un’efficace campagna di comunicazione che ha consentito ai cittadini di conoscere le nostre vantaggiose offerte in campo immobiliare e più in generale la nostra attività rivolta sempre a favore di coloro che non possono permettersi i costi proibitivi del libero mercato. Risulta evidente - conclude il presidente - che l’importo ricavato verrà reinvestito per la realizzazione di nuovi alloggi di edilizia sociale da assegnare in locazione tramite graduatoria»